lunedì 10 gennaio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Lucio Mayoor Tosi
Senza titolo




Berlusconi è morto.  In Alasca gli Aleuti si fanno un bicchierino
filosofando nel bagliore del ghiaccio. 

E' morto mentre le streghe nella piazza sfogliavano libri di cucina medioevale. 
Il cane del mio vicino era triste nel suo cappottino nuovo. Ma lo sai?  

E' morto Berlusconi. Fischiano gli aerei giocattolo nel cielo guerreggiante
le ballerine TV sono alte una spanna e mezzo.  Piove. Tira fuori il crem caramel.

Berlusconi è morto. Mia zia tiene la carne in ghiacciaia, quando fa il brodo 
di solito pensa a certe piazzole d'erba sulle Dolomiti e a quando ci andava 
con lo zio, in camporella. 

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Berlusconi è morto travolto dalla drammatica indifferenza da lui creata. Il pensiero alla zia mi piace tanto. Bravo Mayor! qui trovo poesia. Ciao Emy

Anonimo ha detto...

Ennio Abate:

Caro Lucio,
penso che tu abbia avuto notizia dell’iniziativa "CALPESTARE L’OBLIO Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale: una grande opera di poesia civile". (Cfr. http://www.nazioneindiana.com/2010/11/12/calpestare-loblio-2/) lanciata qualche anno fa ed ora antologizzata e pubblicizzata ampiamente.
Io decisi di non partecipare. E per una ragione che è la stessa che ora mi fa criticare questa tua poesia “antiberlusconiana”. Che è questa: i cento poeti di cui sopra (e ora tu con loro) si limitano ad appiccicare al loro modo consueto di far poesia un “distintivo antiberlusconiano”, fornito dalla fallimentare Azienda Partitico Politica PD- Rifondazione- Micromega-Santoro-Travaglio e da loro accettato o esibito senza stare troppo a discutere politicamente (come si è sempre fatto per tanti “appelli degli intellettuali”…).
Sulla base dell’andamento piatto, viscido e corrotto della vita politica italiana degli ultimi anni ritengo questa politica della cosiddetta “sinistra” (e ogni iniziativa che in qualche modo l'affianca "in mancanza di meglio" e "per evitare il peggio") del tutto sterile, succube a Berlusconi e incapace di scalfire il suo sistema di potere. Perché ignora le reali forze che si stanno avvantaggiando della gestione della crisi nazionale e mondiale (nonsolo economica) o teme di contrastarle.
Questa leggerezza o assenza di riflessione politica da parte dei poeti sulla reale e pesante situazione in cui ci ritroviamo mi pare il tratto peggiore di questa “poesia civile”.
E mi pare esemplificato con chiarezza nella tua poesia.
Se si eliminasse il mantra “parapolitico” ripetuto all’inizio di ogni strofa («Berlusconi è morto», etc.), questa sarebbe una delle tue tipiche poesie-poesie.
E se al posto del nome ‘Berlusconi’ ci mettessi un altro nome, la differenza sarebbe millimetrica.
Scusa queste acide ma sempre amichevoli critiche.

Anonimo ha detto...

Chiedo ad Ennio:assenza di riflessione politica? Leggerezza? Ma non ti pare che il tratto peggiore di una poesia sia quello di non essere poesia? Certo una poesia civile richiede molta applicazione non è facile argomento, qualcuno riuscirà a scriverne una degna d'interesse, ma nelle righe di Lucio io trovo poesia , che c'entra poi se non soddisfa l'argomento. Dobbiamo onorare la poesia se amiamo la poesia.
Chiediamolo a Ceriani presentato come il grande poeta oscuro, forse lui la sa fare.Ciao Emy

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Emy:

Mettiamola metaforicamente: se pianto un albero (un poeta) in un certo terreno sociale le sue radici (dell'albero, del poeta) si nutrono di certi elementi e , quando darà i frutti le poesie), qualcosa di quel terreno e di quel nutrimento in esso contenuto si vedrà. Se lo pianto in un altro terreno, si avranno SEMPRE NON MECCANICAMENTE (precisiamo per i pignoli!)altri risultati.

Mettiamola terra terra: se i poeti che scrivono "poesia civile" s'imbevono il cervello (e l'anima) di molto 'rancume'(rancore+pattume) [omaggio al tuo amico Ceriani] televisivo, giornalistico, libresco solo di un certo genere (per me pseudodemocratico), faranno SEMPRE NON MECCANICAMENTE un certo tipo di "poesia civile".

Quella dei poeti di CALPESTARE L'OBLIO sarà poesia civile, ma è del tipo ambiguo che non sopporto.
Tu questa distinzione non la fai perché, innamorata anche tu quanto Ceriani della poesia (di un altro tipo di poesia diversa dalla sua), proclami qui"Dobbiamo onorare la poesia se amiamo la poesia" e là, travestendoti da Poesia, " Basta, fatemi vivere!".
Ma la poesia è varia: c'è quella che cerca di "soddisfare l'argomento" e quella che lo usa come semplice pretesto.
A ciascuno la sua scelta.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate chiede ai poeti di essere più precisi, di cercare le parole importanti da dire... quello che faremmo se fossimo al capezzale di un malato che sta rischiando di morire? E' solo una domanda.

Quello che posso dire io è che il benessere consumistico deve aver generato una strettoia nelle coscienze. Il linguaggio dei media ha scavato i suoi tunnel, tanto che oggi si potrebbe dire che chi non legge è perduto. Non era così per gli analfabeti del dopoguerra. E questo la dice lunga sul benessere, che se fosse sano ci renderebbe certo tutti più svegli e vivi. Invece, tanto per cambiare, sarà proprio il malessere a svolgere questo compito?

Non è tanto il linguaggio dei media quello che entra nelle parole dei poeti, ma il suo potere narcotizzante. I poeti non fanno eccezione, in fondo le parole delle poesie hanno a che fare con l'inconscio collettivo... o con le muse che oggi ci sussurrano dai satelliti tra il baccano dei tomtom.
Le parole fanno scintille, ma abbelliscono soltanto il presepe. Di questo mi sembra che Ennio si stia preoccupando, quasi temesse che la poesia abbia a soffrire a causa di quel potere narcotizzante.

La ragione mi porta a distinguere per chiarire che se c'è della narcosi questa non è nelle parole, ma ci arriva se è nelle coscienze. E quindi di un altro lavoro si tratterebbe, non di far poesia ma di ragionare. Credere che si debba poetare ragionando mi sembra un equivoco che andrebbe chiarito.

Questa mia poesia inizia con un assurdo (berlusconi se la cava ancora). Un assurdo non si può tradurre nel linguaggio della ragione, ma posso provarci.
"Berlusconi è morto" è il solo verso che mi è arrivato perentorio nell'associare il suo nome con qualcos'altro. E' infantile certo, ma proseguendo viene detto che b. non è così importante come si crede, che le persone sanno occuparsi anche d'altro. E questo non ciò che gli egoici (di tutte le epoche) si aspettano.

Intanto quelli che ragionano si preoccupino, e scusate se cito Crozza, del fatto che si è preso il "popolo" ( che era di sinistra) e la "libertà" (che era di sinistra). E Dalema, se conosce per davvero "le reali forze che si stanno avvantaggiando della gestione della crisi nazionale e mondiale (E.A)", per favore le dica chiaramente invece di inventarsi tatticismi su tatticismi come quest'ultimo del governo provvisorio. L'anti-berlusconismo non paga perché è sbagliato, o è sbagliato perché non paga?

Il limite di questa mia poesiola, questo lo vedo anch'io, sta nel fatto che forse parla da sinistra alla sinistra ( se mi passate questi termini obsoleti), cioè tra chi non ha certo bisogno di rifletterci più di tanto. Domani sera la leggerò ad uno slam poetry (circolo Romeo Cerizza, via Meucci 2. Ore 21) perché mi sembra la sede più adatta per quando ti arrivano delle poesie scortesi.

mayoor

Anonimo ha detto...

Ennio Abate a Lucio Mayoor:


Chiedo ai poeti di non farsi soggiogare dalla Poesia (con la maiuscola), di non farne un surrogato della religione (Fortini parlava della “sporca religione dei poeti” ricordo…), di farla seriamente stando addosso alla “realtà” come meglio possono, senza sentirsi medici «al capezzale di un malato che sta per morire»: la poesia, oltre a non poter sostituire la religione, non è neppure una medicina.
Quanto pasolinismo, Mayoor, in questa tua invettiva contro «il benessere consumistico» che avrebbe “ristretto” le coscienze e quanta idealizzazione degli «analfabeti del dopoguerra». E pasolinismo fuori tempo, visto che i consumi, tranne che per gli avvantaggiati dalla crisi, stanno riducendosi (proprio ieri a "Prima pagina" di Rai3 ho sentito Ilvio Diamanti, il sociologo, che parlava, sulla base di dati della Caritas, di aumento della povertà anche tra gli italiani e non solo tra gli immigrati «i più poveri dei poveri».
Le prediche sulla parsimonia, il ritorno all’albero degli zoccoli, la decrescita lasciale ai nuovi preti alla Latouche.
«Svegli e vivi» si è, si torna ad essere, solo quando si imbrocca la via della lotta (meglio se assieme) per essere più liberi.
Svegli e vivi sono i giovani algerini e tunisini in questo momento. Anche se rischiano una quasi c ertarepressione. Svegli e vivi furono le minoranze attive nel Risorgimento, nella Resistenza. E costa parecchio essere «svegli e vivi» eh!

Io non faccio una questione di solo linguaggio o di solo «linguaggio dei media» da far entrare o non fare entrare «nelle parole dei poeti». Ieri sera, alla Liberia di Via Tadino, Ceriani in posizione ascetica e la Valduga in posizione schizzinosa prendevano le distanze dal linguaggio dei media (la Valduga ha ricordato anche che Raboni, all’inizio della sua carriera tanto aperto al linguaggio parlato e colloquiale, si era poi ricreduto e si era –dico io – arroccato nel linguaggio “alto” (la «sublime lingua borghese» che Fortini aveva indicato come sua in contrasto con Pasolini), passando pure dal verso libero alla forma chiusa e tradizionale del sonetto.
Queste sono posizioni nobili e rispettabili e difensive. C’è da imparare, ma la soluzione andrebbe cercata fuori da questi nostri "presepi letterari". La poesia oggi sfugge (in genere, in vari modi, marginalizzandosi) alla narcosi dei media, ma può accontentarsi della narcosi “tradizionale”: la Bellezza? La Poesia (con la maiuscola)? La poesia civile (con le ambiguità che ho detto)?
Non ho la soluzione. Ho posto e ripongo solo la domanda: quale poesia oggi? (Cfr.Una discussione sulla poesia nata quasi per caso: http://www.poliscritture.it/article.php3?id_article=429).

E pur ammettendo con te che ragionare e poetare non sono la stessa cosa ( il filosofo non coincide col poeta), non ho la tua preoccupazione di tener separate nettamente le due attività. C’è un tempo del ragionare e un tempo del poetare. C’è un poetare più ragionativo e un poetare più emotivo. Ma mi pare evidente che se un poeta ascolta o fa buoni ragionamenti, qualcosa di quel buon ragionare riaffiora anche quando dovesse parlare soltanto di un‘immagine.

La mia critica alla tua poesia non riguardava l’associazione di B. alla morte (da molti auspicata, da molti temuta). La domanda mia ( e perciò citavo quelli di Calpestare l’oblio) era se, per fare “poesia civile”, oggi basti associare un verso con un qualche aggancio vago al linguaggio politico e alla politica ad altri versi “normalmente poetici” come quelli tuoi tipici.
La mia critica è al fatto che ancora in questo tuo intervento dai retta o prendi sul serio un Crozza o un D’Alema e continui a parlare di «sinistra» ( come quelli di Calpestare l’oblio) pur sapendo quando sia “obsoleta”.
Gli orfani dovranno pur riconoscersi tali a un certo punto della loro vita, no?

Anonimo ha detto...

Ennio Abate [continua 2]:


Queste sono posizioni nobili e rispettabili e difensive. C’è da imparare, ma la soluzione andrebbe cercata fuori da questi nostri "presepi letterari". La poesia oggi sfugge (in genere, in vari modi, marginalizzandosi) alla narcosi dei media, ma può accontentarsi della narcosi “tradizionale”: la Bellezza? La Poesia (con la maiuscola)? La poesia civile (con le ambiguità che ho detto)?
Non ho la soluzione. Ho posto e ripongo solo la domanda: quale poesia oggi? (Cfr.Una discussione sulla poesia nata quasi per caso: http://www.poliscritture.it/article.php3?id_article=429).

E pur ammettendo con te che ragionare e poetare non sono la stessa cosa ( il filosofo non coincide col poeta), non ho la tua preoccupazione di tener separate nettamente le due attività. C’è un tempo del ragionare e un tempo del poetare. C’è un poetare più ragionativo e un poetare più emotivo. Ma mi pare evidente che se un poeta ascolta o fa buoni ragionamenti, qualcosa di quel buon ragionare riaffiora anche quando dovesse parlare soltanto di un‘immagine.

La mia critica alla tua poesia non riguardava l’associazione di B. alla morte (da molti auspicata, da molti temuta). La domanda mia ( e perciò citavo quelli di Calpestare l’oblio) era se, per fare “poesia civile”, oggi basti associare un verso con un qualche aggancio vago al linguaggio politico e alla politica ad altri versi “normalmente poetici” come quelli tuoi tipici.
La mia critica è al fatto che ancora in questo tuo intervento dai retta o prendi sul serio un Crozza o un D’Alema e continui a parlare di «sinistra» ( come quelli di Calpestare l’oblio) pur sapendo quando sia “obsoleta”.
Gli orfani dovranno pur riconoscersi tali a un certo punto della loro vita, no?
[Fine]

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate [continua 2]:

Queste sono posizioni nobili e rispettabili e difensive. C’è da imparare, ma la soluzione andrebbe cercata fuori da questi nostri "presepi letterari". La poesia oggi sfugge (in genere, in vari modi, marginalizzandosi) alla narcosi dei media, ma può accontentarsi della narcosi “tradizionale”: la Bellezza? La Poesia (con la maiuscola)? La poesia civile (con le ambiguità che ho detto)?
Non ho la soluzione. Ho posto e ripongo solo la domanda: quale poesia oggi? (Cfr.Una discussione sulla poesia nata quasi per caso: http://www.poliscritture.it/article.php3?id_article=429).

E pur ammettendo con te che ragionare e poetare non sono la stessa cosa ( il filosofo non coincide col poeta), non ho la tua preoccupazione di tener separate nettamente le due attività. C’è un tempo del ragionare e un tempo del poetare. C’è un poetare più ragionativo e un poetare più emotivo. Ma mi pare evidente che se un poeta ascolta o fa buoni ragionamenti, qualcosa di quel buon ragionare riaffiora anche quando dovesse parlare soltanto di un‘immagine.

La mia critica alla tua poesia non riguardava l’associazione di B. alla morte (da molti auspicata, da molti temuta). La domanda mia ( e perciò citavo quelli di Calpestare l’oblio) era se, per fare “poesia civile”, oggi basti associare un verso con un qualche aggancio vago al linguaggio politico e alla politica ad altri versi “normalmente poetici” come quelli tuoi tipici.
La mia critica è al fatto che ancora in questo tuo intervento dai retta o prendi sul serio un Crozza o un D’Alema e continui a parlare di «sinistra» ( come quelli di Calpestare l’oblio) pur sapendo quando sia “obsoleta”.
Gli orfani dovranno pur riconoscersi tali a un certo punto della loro vita, no?

Moltinpoesia ha detto...

Emy [commento ri-postato da Ennio]:

Carissimi Ennio e Mayoor,
non sono riuscita ad inviare interamente il mio commento sul blog e ve lo mando per posta.

Io ho capito benissimo quello che volete comunicarmi: Non è vero che io non ami la poesia civile(forse non la so fare, ma ci proverò ).Quando leggo gli scritti di Grandinetti, i suoi argomenti mi scuotono e ammiro il suo interesse per il civile, purtroppo però (e non fatemene una colpa), non leggo poesia.Allora, se la poesia civile deve giustamente "soddisfare l'argomento", io pretendo anche che debba essere poesia e non un racconto.Forse non sarò mai in grado di scrivere cose che piacciono a voi o ad altri,ma io quando scrivo, scrivo e poi mi chiedo:ho scritto una poesia o un'altra cosa?
Per quanto riguarda la poesia di Mayoor su Berlusconi, non è di Berlusc. che si parla, in quanto tale, ma di tutto ciò che gira intorno a lui e il poeta lascia questo tutto nel suostato d'essere, nella suavita,riducendo così all'impotenza il personaggio Berlusc. Sarà "infantile" come dice Mayoor, ma è proprio questo che regge e la fa diventare poesia, la contrapposizione dei personaggi e delle loro vite, quasi ingenue,vessate e la potenza egoista e decadente del personaggio.
La poesia civile non deve essere un discorso da comizio di piazza altrimenti Sì che diventerebbe narcotico, leggerezza,strettoia delle coscienze, noia.
Diciamoci invece e soprattutto che la poesia civile è difficile e forse ci capiremmo meglio.
Ciao Emy