domenica 26 giugno 2011

SCRIVERE AL PRESENTE
Ennio Abate
poesia, guerra, poesia, guerra...



10 dic. ’04

 [Leggendo "Le monde diplomatique/il manifesto" novembre 2004]

dovrà pure un poeta occuparsi dei mercenari
che oggi in Irak fanno  gli assassinii chiamati «sporchi»
dovrà pur rivedersi adolescente dallo sguardo perso
di fronte alle illustrazioni di Giovanni Acuto
o del corroso marmo (bronzo?) del Gattamelata,
quando l’amore per l’arte e la bellezza
gli celavano su quanta morte e luttuosi eventi
poggiava la bella forma immobilizzata
del cavallo che avanza e del suo eretto condottiero


ah compagnie di ventura che avete figliato
società militari private (in sigla: smp)
-leggo- in Colombia, in Africa, nell’Irak
nel subappalto globalizzato della guerra
e quei tre (il quarto fatto fuori)
tornati quasi eroi, pedine «esternalizzate»
dei grandi eserciti che risparmiano
stipulando contratti con questi «mercenari d’impresa»
oh che bella la privatizzazione della guerra, madame d’oré
oh che canaglie e brutti ceffi a bassa intensità
a scorazzare  per villaggi e foreste,
mentre noi sotto la lampada insistiamo a informare i poeti
che la guerra è tornata, è tornata
a cancellare anche i loro versi...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

entrare come un cuneo nell’iconografia tradizionale ribaltandola come se ci fosse bisogno di ripensare alle immagini cosi come si sono depositate nella nostra mente, analizzarle quindi sotto una nuova luce. Riconsiderare "le belle forme" imponenti di Paolo Uccello o di Donatello pur riconoscendo le grandi abilità di questi formidabili artigiani . Giovanni Acuto e il Gattamelata nient’altro che mercenari, come dire precursori ! Ricostruire quindi l’immaginario pensando alle morte, agli eventi luttuosi alla luce di una analisi sulla guerra in outsourcing, figlia di una spietata globalizzazione.Una guerra che si insinua nella mente del poeta che avverte la sua pericolosità. Testo molto poetico! Enzo Giarmoleo

Anonimo ha detto...

Un modo diverso di guardare il mondo : “Neanche qui” è il titolo dell’acquaforte di Francisco Goya abbinata da Ennio Abate alla sua poesia che nasce leggendo “Le Monde diplomatique”. Un presunto guerrigliero pende impiccato con la sua cintura da un albero secco con gli impiccati sullo sfondo. “Neanche qui” nel racconto pittorico di Goya è preceduta da un’altra acquaforte il cui titolo è “Non si può sapere perché” in cui ancora un gruppo di spagnoli viene giustiziato con la garrota. Goya ironizza sulla presunta giustizia francese i cui propositi sono "che i buoni riposino protetti dalle leggi, che i cattivi temano il castigo e ciò serva a tutti da esempio" (Gaceta de Madrid, 8 febbraio 1810). Nonostante la capacità di ironizzare anche da questa piccola opera risalta la drammaticità della guerra. Sicuramente quello di Goya è un modo diverso di guardare il mondo, un modo rivoluzionario che ha influenzato generazioni di artisti. Da Picasso a Bacon da Max Klinger a Félicen Rops etc….. Sotto uno dei suoi “Disastri della Guerra”, Goya aveva titolato “Non si può guardare” ma poi in calce a tutta la serie di tutte le sue punte secche e acqueforti scriverà “Io l’ho visto” per dire che poi aveva preso coraggio e aveva guardato “tutto lo schifo del mondo, gli inermi sull’inutile via della fuga, i corpi fatti a pezzi, le donne violentate, le madri uccise, il sangue scuro della terra”. Goya ha sabotato i luoghi comuni della pittura tradizionale così come Cervantes aveva sabotato il romanzo bucolico. Guardando e raccontando, Goya ci coglie alla sprovvista fornendoci notizie inedite sul mondo che abbiamo innanzi agli occhi annientando con grande coraggio le menzogne consolatorie sulla realtà. Il sangue di Goya non è retorico come quello di dipinti quasi seriali, è sangue umano secco, scuro, sudicio come quello di un animale sgozzato in un mattatoio.. niente di asettico o di chirurgico. Splatter e pulp contemporanei impallidiscono di fronte a “Saturno che divora il figlio” dello stesso Goya. Enzo Giarmoleo

Anonimo ha detto...

Forza commentatori di "moltinpoesia". Impariamo da Enzo!

Anonimo ha detto...

La bella e angosciante poesia, trova nei commenti di Enzo Giarmoleo la giusta identità, rivelata attraverso Goya nel suo "modo diverso di guardare il mondo" e nel suo coraggio d'espressione. Un modo diverso per un mondo di guerre sempre uguali. Emilia Banfi