venerdì 7 ottobre 2011

Gianmario Lucini
Avevano una speranza
alla macchia


Avevano una speranza alla macchia
- mio padre, Luciano, il Moro, i quattro slavi
dei quali più nulla si seppe -
poter cogliere in pace il frutto
delle proprie fatiche,
falciare il prato,  andare
per il mondo con la vita in mano
ancora da iniziare sui vent'anni,
un amore sereno, una pace
fatta di casa, di pane e qualche chiacchiera
di domenica con gli amici all'osteria;
ma poi venne la politica a schierare
gli uni contro gli altri,
una magia nera venuta dal passato,
dal pensiero contorto dei poteri.
Mio padre amava i russi e il comunismo e
quando mi sorprendeva con Dostoewski o Soljenitzin
ironico chiedeva
"cosa dice, il russo, cosa dice?"
- ancora non sapeva del GULAG,
questo acronimo strano
ma conosceva il soldato americano,
la sua ferocia bambina
la fredda natura dei suoi calcoli,
sapeva la spietatezza del fascista
ma non quella del potere comunista;
in un luogo segreto, pronta all'uso,
teneva la sua mitraglietta partigiana
(dopo la sua morte qualcuno la bruciò,
gettando la ferraglia fra i rifiuti).


1 commento:

Anonimo ha detto...

Poesia non scontata, poesia come storia senza retorica alcuna . Dentro il pathos ottiche differenti fanno riflettere. Enzo