sabato 8 ottobre 2011

Experimentum moltinpoesia
Trasformare Tranströmer


Su, chi osa  prendere questa mia poesia  (sono l' ultimo Nobel, perdio! Un poeta-feticcio! ) e correggerla, cambiarla, rimaneggiarla? Chi di voi comincia? Che lo fulmino... [E.A.]
 
Una notte d’inverno di
Tomas Tranströmer


La tempesta poggia la sua bocca alla casa
e soffia per emettere un suono.
Dormo inquieto, mi giro, leggo
il testo della tempesta assopita.
Ma gli occhi del bambino sono spalancati al buio
e il temporale mugola per lui.
Entrambi amano le lampade che dondolano.
Entrambi sono a metà strada dal linguaggio.
La tempesta ha mani infantili e ali.
La carovana si lancia verso la Lapponia.
E la casa avverte la sua costellazione di chiodi
che tiene insieme le pareti.
La notte è immobile sul nostro pavimento
(dove tutti i passi attutiti
riposano come foglie affondate in uno stagno)
ma fuori infuria la notte!
Sul mondo passa una piú grave tempesta.
Poggia la sua bocca alla nostra anima
e soffia per emettere un suono – temiamo
che la tempesta soffiando ci svuoti.


Dal Corriere della Sera
 MILANO - Il Nobel per la Letteratura 2011 è stato assegnato all'ottantenne poeta svedese Tomas Transtroemer. Lo ha reso noto l'Accademia Svedese a Stoccolma e l'annuncio è stato accolto con un boato di applausi nella sala stracolma di giornalisti. Transtromer è stato premiato, si legge nella motivazione, «perché attraverso le sue immagini condensate e translucide ha offerto un nuovo accesso alla realtà». Considerato il più importante poeta svedese contemporaneo, Tomas Tranströmer, nato nel 1931, è passato da ispirazioni mistiche al surrealismo, mentre la produzione più recente affronta le tematiche dell' inquietudine e della solitudine umana, come in Poesia dal silenzio, edito in Italia da Crocetti. Nel 2004 , in Italia gli era stato conferito Il Premio Nonino che gli era stato consegnato da Claudio Magris con questa motivazione: «Fonda un’arte poetica basata essenzialmente sull’immagine, unificando così l’io e l’altro, l’interiore e l’esteriore, il tempo e lo spazio, il visibile e l’invisibile. Tranströmer cancella i limiti e apre un orizzonte unico per meglio superare le contraddizioni dell’esistenza, per comprendere meglio se stessi e dunque anche l’altro»

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Sì, vi è la bellezza di certi quadri, perlopiù surrealisti.
Talmente visivo e sensoriale che le parole smettono di darsi arie da intellettuali.
Ti accomodi davanti al testo e sei servito, come al cinema.

Il silenzio più grande è nel lettore zittito che leggendo guarda.
Eppure è pensato, sente che queste parole sono rivolte anche a lui.
Più che ai molti sono per tutti, uno ad uno.
E' come vedere le foglie cadere in un libro.

Non so se possa essere per me un riferimento, non lo so ancora.
Ci sento l'eternità nel presente, la fantasia che viene addomesticata
e non gli prende la mano,
istanti come carte divinatorie combinati dal caso che diventano racconti, collane, anzi collier.

Eppure è realtà, quella con cui si sentono in gara tutti i poeti,
siano essi degli asciutti orientalisti, scrittori di haiku, oppure
occidentali nevrastenici e mega-pensanti.

Non so se possa essere per me un riferimento, non lo so ancora.
Ho bisogno di chiacchiere perché ci vivo dentro così come c'è vento
e pioggia, come c'è traffico e musica di canzonette. Direi,
rubando un titolo alla Yourcenar, come l'acqua che scorre.

Non c'è poesia nel silenzio. Il silenzio è sguardo senza confini
tra dentro e fuori, è puro ascolto. E' il grande assente, lo disse bene
anche Fellini nel suo ultimo film "La luna".

mayoor

Unknown ha detto...

Amo i fulmini
..e i provocatori costruttori,
Montecristo trasformano
di bellezza in altra e più bellezza,
ancora e ancora,

balene in baleni
verso in viceversa

di lampi accoglienti
magiche percussioni

che al semplice tocco,
in terra "molta",
quasi deserta,
eccole abitate:
archi,tasti,bacchette e fiati,
uno ad uno nel quadro si r-accolgono,


Il pentagramma vuoto
disperava il loro pianto,

loro?
si,le teste di marmo,

altre lacrime,
da invisibile a invisibile
di pietra,
deglutiscono

ma ora guardano,
a certi molti sorridono
invisibili ne fanno gocce morbide
le ciglia si sciolgono di pietra .

Nei loro incubi,
i feticci umani
si scambiavano
altre statue,
chiamandoli sogni,
chimica (di) pace

molti-tudini entravano
dentro quell'accia-io

nell'era di una volta
anch'esso era pietra.

Ma in un baleno ,
nella memoria di altre pietre
molti ne uscirono,
con E senza acciaio.

Colpiti dai fulmini
di altre chiavi,
fra un rigo e l'altro,
davanti a quel marmoreo baleno spazioso,
comodamente seduti,
fu banchetto di poeti,

lacrime di pietra,
musica fra a_m_i_c_i,
comodi per strada..

sono

sono rap-so-die con fulmini d'autunno.
ro


ps ...credo che anche Tomas Tranströmer abbia dedicato nel suo grande cuore musicale lontano dalle scene show nobel, un pensiero grande ad ogni suo poeta , di cui sicuramente per festeggiare lui in altro modo rispetto alla mia non poesia su baleno del carissimo Ennio, lascio questa,non come segno di colto, nè di nobel, nè di altro..mi è solo facile perchè le sono particolarmente affezionata, cade a fagiuuuolo visto il mio parlare di sogni scambiati per incubi, o per inutili misurarsi con titani mediatizzati oltre l'inverosimile contemporaneo etc etc,
riporta le cose terra terra della terra del cielo e degli uomini e delle primavere VERE ( sia poetiche che politiche) visibili, invisibili, vivibili, sognabili e sparse in ogni autunno, fulmine e stagione.

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Tutti i miei castelli d’aria si sono sciolti come neve,
tutti i miei sogni defluiti come acqua,
di tutto ciò che ho amato mi rimane
un cielo azzurro e qualche pallida stella.
Il vento si muove piano tra gli alberi.
Il vuoto riposa. L’acqua è silenziosa.
Il vecchio abete sta sveglio e pensa
alla nuvola bianca baciata in sogno.

Edith Södergran - Primavera Nordica

Anonimo ha detto...

Transtomer. Metafisica, realtà, misticità, umanità tutto tutto ciò che mi aspetto dalla poesia che credevo moribonda. Questa passa dal cervello al cuore ai nervi alle ossa e soprattutto allo sguardo come in un film,per dirla alla Mayoor o alla Fellini. Ci siamo ragazzi ,ci siamo. Deve servire da lezione, una grande lezione per tutti ma proprio tutti. Ora :
al vento affido
la mia sostanza
impietrita guardo
al cielo e vedo
passare chiodi
e lumi di speranza.

Byemy

Unknown ha detto...

per Emy e May

stavo riascoltando le vostre note , bellissime!
poi ci abbino una musica dopo il mio ciao no bel si bel, visto che è lunedì meglio la più gioiosa possibile visto che è già un bel dramma il ritorno al lunedì, scelgo questa perchè è di certi signori abbastanza nordici al tema...il problema forse tabù o forse no, che volevo porvi, è il seguente,spero possiate perdonare la sfacciatagine se così sembrerà l'invito.
Mi sembra di percepire una certa spaziosità tema per tema proposto a cui corrspondono le vostre com/posizioni così come le chiamerebbe un grande poeta tuttora vivente a cui non credo daranno mai un nobel che è Juan Gelman(che peraltro in una delle sue ultime raccolte sceglie o è messo in condizione di scegliere una casa pressoché sconosciuta con pochi mezzi ma superaltiva, per la sua evidente umanità senza prezzo migliore di qualsiasi circo barnum e business).
il dubbio che mi viene, passando in questo belvedere spaziosissimo, a volte maestoso,altre spassoso,altre contemplativo, primaverile,invernale etc è quello sul silenzio..voi che conoscete meglio questo arcipelago lo sentite come in musica ,pieno della qualità della pausa o di altra natura?
se si fosse in questa seconda ipotesi,le altre note sanno di questa vostra "maconda radio out"?
cioè mi immagino se Peppino e/o Mauro avessero avuto a loro tempo un arcipelago di questo tipo, con questo mezzo, che sarebbe successo?
altro che macondo, immagino un morimondo finimondo .-)...non oso immaginare l'avanti e indietro, fuori e dentro certi mezzi, reti, pensieri,sperimentazioni,fermenti musicali diversi...è pur vero che io non sono poeta, quindi forse sto sbagliando tutto e una delle qualità essenziali di questo canale lirico è la solitudine contemplativa, ma se posso: potete descrivermi meglio il clima di questa silenziosità? oppure forse no, poeti e non poeti,non sanno di questo pentagramma e occorre solo avvertirli perchè ne sono ignari?

attendo vostri lumi ( scusate se non ero al momento ispirata per scrivere il tutto in forma a voi più consona e ispirata in alfaversi più adatti alle vostre conchiglie)

Buon sibelunedì!ro
http://www.youtube.com/watch?v=QCZuonTZvGQ&feature=fvst

Anonimo ha detto...

Cara Ro,
le parole (e tu ne usi tante) contengono grandi silenzi, che i grandi poeti catturano. Il mio pensiero fisso è sempre stato questo: la poesia è la voce di tutto ciò che umilmente tace. Bisogna , secondo me, rispettarlo questo silenzio, facendolo parlare solo con le sue parole , volte anche urlate,farlo piangere se ha ferite, farlo combattere se è soprafatto, farlo ridere se ne ha voglia, insomma farlo vivere. Non posso dirti di più il silenzio un giorno verrà a trovarti. Ciao ti abbraccio Emy

Anonimo ha detto...

sopraffatto! correggo

Anonimo ha detto...

"... io quello / infinito silenzio a questa voce / vo comparando"

A questa voce, dice Leopardi. Nessuna parola può essere detta silenziosa. Le parole, scritte dette o pensate, interrompono il silenzio. E poi parliamo e leggiamo in fretta, pensiamo in fretta...
Ho fatto pratica di meditazione per vent'anni. Durante la meditazione ho potuto osservare le parole che arrivavano componendo pensieri, pensieri che si svolgevano compiutamente per poi andarsene.
Dieci anni fa, non senza una qualche preoccupazione, decisi di darmi frequentemente alla poesia. Il fatto è che fino ad allora avevo scritto assecondando quella che chiamavo ispirazione, una specie di bisogno impellente di lasciar bruciare qualcosa scrivendo. Poi però osservavo che nelle ore successive alla scrittura mi sentivo svagato, etereo, poco concludente e fattivo negli impegni e nel lavoro... inoltre capivo che scrivere era in netto contrasto con il vuoto mentale creato dalla meditazione. Quindi lo presi come un gioco, un modo per ubriacarmi anch'io coi pensieri.
Ora le cose sono cambiate, non aspetto più l'ispirazione. Mi fermo e scrivo, qualcosa salta sempre fuori. Le parole aiutano, anche quelle degli altri, quelle che sento.
Pensare che si scriva utilizzando il silenzio, come sul pentagramma usando punti e virgole, secondo me, deriva dalla meraviglia per qualcosa che prima non c'era e ora c'è. Prima era silenzio poi è di nuovo silenzio, esattamente come succede nella meditazione. Tra una parola e l'altra non c'è silenzio, le parole scritte sono segni densi di storia, ce n'è dentro ogni singola lettera, è arte del pensiero, che si fa arte nello scrivere. Ma non c'è silenzio in poesia. Trovo che ce ne sia di più in un libro lasciato chiuso.

mayoor

Anonimo ha detto...

Si' Mayoor, il silenzio siamo noi. Emy

Unknown ha detto...

La mia domanda era più terra terra,ma troppe o tante parole sicuramente mi sono spiegata male io.
Interessante comunque leggervi a parte quel commento del correggo soppraffatto che non ho capito, ma fa nulla, perchè può darmi notevole spunto per una foto molto surreale il cui titolo non avevo ancora trovato.
Ciao e alla prossima[pausa o battuta, dipende .-)]

Anonimo ha detto...

come in musica ,pieno della qualità della pausa . Ma dopo, dopo che mi sono sorpreso.

Unknown ha detto...

Ci riempia la tempesta
soffiando pioggia
a molteplici suoni
in sinfonie.
Non temiamo per la nostra anima
nuda e cruda,
cosi come dev’essere,
ognuno capitano al canto,
Mandela on our mind.
Al mondo nato e vissuto in tempeste,
altre ne sono giunte,
se fuori infuria la notte
ribelle luce imprigionata
scatta in bagliore il buio.
Foglie
di mille arcobaleni
si riuniscono,
nella carovana lampo
cerniere come germogli
di candele umane ,
itaca all’orizzonte kavafis,
nella bussola nordica
guardiano e mozzo
il pianista poeta,
veliero
alle molti colora(s)te llà la là a zioni
sì cantanti si
del genius di Diogene,
abbandonate in un pozzo
co'le ali arrampicate al lampo
prese al filamento
ricamate alla cerniera .
---
senza firma perchè la poesia è quella del Tranströmer;la mia è un es-perimento,quasi di climbing poetico,nel senso lato di poetico..è, dicendola in movimento "metàfisico", una risalita corpo a corpo con salto al fulmine: per con su da tra in etc etc di cui alla trasfigurazione formativa in oggetto al post sperimentale , se è così come ho capito l'invito lampo al tuono di Ennio...fra le mie tante parole, risegnalo solo per chi fosse interessato, che non sono poeta; quasi inutile precisarlo vista per giunta la mia assenza totale di tecnica, in buona parte anche voluta...in questa ginnastica non da camera,ma nemmeno d'assolo,almeno spero, l'esperimento ha richiesto un totale di 4 minuti, ma senza svelto o sveltine , ci sto mettendo di più a descriverlo.Scusate il doppio senso voluto ma solo per deh-pistare,ovviamente allabbuona e terra terra .
Infine,ultima segnalazione, non c'era ispirazione a cercare un linguaggio quale quello che volevo dire ieri mattina;con la parola ispirazione mi sono incartata da sola, su un foglio di carta of course viene facile .-) ...volevo solo dire che mi scusavo nel momento in cui non uso geometrie liriche o espressive in cui la vostra comunità trova le sue musicalità o identità in versi e che rischio di non far cadere in alto...sento sicuramente alcune voci più nitide, altre per ora almeno a me limitatamente a questo quaderno o spazio o luogo, del tutto mute..senza altri linguaggi di segni o colori etc etc si rischia cio' che in musica non è pausa o in altre forme espressive non è blocco in una qualche forma già in essere nella visione,o altrimenti detto da scolpire..
ora mi assento per un po', spero che con quest'ultimo esperimento ne vengano fuori di mille e più infiniti rispetto al mio cazzuto esperimento o rispetto al mio salto qui fra voi,perchè siete voi i molti,mica io col mio piede .-)


buon si-bel a tutte/i)))
ro
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non ho dato il titolo , potrebbe essere:
SorPrima,Dopo e SorDurante....titolo sor-andante e sor-provvisorio di altra presa,a rimbalzo,piedi mani,ali pedali,metà-fisica come sor-presa che se proprio ne volessi una da vivere ascoltare vedere incidermi della memoria di questo luogo, sarebbe quella di vedere i molti,uno a uno, nel tenere per mano il feticcio fatto uomo in mezzo a loro nel loro riversarlo ancora e ancora , bocca a bocca, come l'ossigeno,parte del corpo di questa poesia che non ho baciato volutamente,bambynescamente concentrata pedali e tasti di un altro organo,dal mio trapezio ridotto a un tri-ciclo lasciandone il piu bel boccone ai molti,uno a uno, a prenderlo a piene mani, come il fulmine al tuono, esperimento su esperimento.

Anonimo ha detto...

Lo stesso soggetto, si potrebbe dire più astratto. Insolito per un non-poeta. A meno che non stia accordando gli strumenti per poi concedersi una melodia. Incerto sul da farsi, infinito non-finito, tra significati e sentenze che togliere? Al momento nulla. La forma è significante quasi più del contenuto, come una giacca rovesciata con sopra appiccicate lune, foglie e tempeste.
Jeans sessantottino o nudità climatiche fuori stagione. Non so. I fiumi alla sorgente son giovani torrenti che corrono tra i sassi, poi si fan silenziosi, poi arrivano al mare. Mai stati prima. Eppure era acqua, magari priva di orizzonte ma acqua. Uh che metafora lunga.
Che ne è del post-sperimentalismo? Che ne resta? Jam session, un po' blues e un po' free jazz mentre intorno già invecchia l'Hip hop?
La sostanza è multiforme? Molto dipende da cosa teniamo nel guardaroba. Chissà, magari la critica gioca solo con le apparenze. I versi son poesia, magari senza orizzonte ma poesia. Mai stati prima? Di certo la poesia non è come uno se l'aspetta.

mayoor

Anonimo ha detto...

Giorgio Linguaglossa http://poetrydream.splinder.com/

È fin troppo chiaro che con questo Nobel per la poesia a Tomas Tranströmer, i membri dell’Accademia giudicante abbiano esibito un coraggio insolito, innanzitutto perché Tranströmer era un poeta isolato e non rientrava nel concerto dei poeti di rappresentanza o da vetrina mediatico-culturale oggi di moda in Europa. Di fatto, il massimo poeta svedese vivente è uno sconosciuto in Italia, dove gli editori maggiori non lo hanno mai considerato degno di pubblicazione, in quanto non rientrante nella ristretta cerchia dei poeti sostenuti dal mondo accademico. Del resto, anche il mondo accademico svedese ha faticato non poco per accorgersi della portata del poeta.
Nato a Stoccolma nel 1931, dopo studi di psicologia nell’Università della capitale svedese, è entrato nell’amministrazione pubblica della cittadina industriale di Vasteras. Nulla di più estraneo al mondo degli studi accademici svedesi, Tranströmer è rimasto per lunghi decenni appartato e in solitudine fino al ritratto autobiografico che il poeta ha dato di se stesso nel libro Minnena ser mig nel 1993, tradotto tre anni dopo in italiano con il titolo I ricordi mi vedono.
Traströmer parte sempre da esperienze personali (la casa nel popolare quartiere di Söder a Stoccolma, la figura del vecchio nonno pilota di rimorchiatori etc.) con uno dettato essenziale, diretto alle cose, senza giri di parole e/o filtri letterari. Dal dato biografico Traströmer arriva a tratteggiare la cornice di un quadro di angoscia esistenziale e di disagio della società svedese moderna, l’incomunicabilità dei suoi personaggi, la enigmaticità della condizione esistenziale degli uomini concreti posti in una determinata stazione storica: quella della Svezia del Dopo il Moderno, la violenza e la sopraffazione nascoste dietro il velo dell’ipocrisia e della doppiezza. Si può affermare che tutta l’opera del poeta svedese non è altro che un tentativo di squarciare il velo di perbenismo e di edulcorato ottimismo che si nasconde dietro il fondale di ottimismo di un assetto sociale configurato secondo la finalità del benessere dei cittadini. Traströomer dimostra che c’è una ipocrisia di fondo dietro la soglia dell’efficienza dell’Amministrazione totale volta al benessere dei suoi cittadini.

Anonimo ha detto...

Ecco un altro isolato pacifista spinto a forza di chiacchiere nella vetrina dei trasgressori. Perché non ce l'avete presentato prima del Nobel?
L.T.