martedì 1 novembre 2011

Lucio Mayoor Tosi
Smettano di scrivere i Poeti



Credo che i poeti dovrebbero far sentire di più la loro voce. E il modo migliore per farlo potrebbe essere quello di mancare, di rendersi assenti all'umanità. 
Per una settimana o per un mese non teniamo reading, presentazioni di libri, spettacoli, dibattiti. Non si scriva di poesia sui giornali e sulle riviste, anche quelle specializzate. Nulla di nulla.

SCIOPERO!

Rendiamo evidente l'assurdità del vivere di soli affari. 
Rendiamo chiaro col nostro silenzio che il mondo non è più a misura d'uomo ( se mai lo è stato). 
Inventiamoci una manifestazione silenziosa di protesta per tutto ciò che manca.
Mi piacerebbe che si organizzasse una manifestazione senza slogan ne' versi, con cartelli lasciati bianchi, senza scritte, a cui partecipino tutti i poeti, noti e meno noti.  E' davvero impossibile?

Lo propongo qui, agli amici del blog, nella speranza che ne possa nascere qualcosa, un passaparola che si concretizzi in gesto solidale verso tutti coloro che stanno pagando per una crisi assurda, disumana.




Ai poeti tocca di dare voce alla complessità umana, formulare pensieri, trasmettere emozioni, occuparsi di tutto ciò che resta trascurato dall'ignoranza, dalla superficialità, dall'indifferenza. Trasformare in bellezza anche le brutture. Ricordare la luna, il vento, la Terra. Dare parole all'indignazione, all'infelicità come alla gioia. Dare importanza all'inutile, a ciò che è immobile e al fulmineo, a ciò che accade nell'universo fuori e dentro ogni uomo e donna…

Sarebbe comprensibile credere che in tempi difficili come questo si possa formare un sotterraneo bisogno di sognare… vedrete, vedrete se la pubblicità e la televisione non cercheranno di farlo sempre più spesso. Eppure qualcosa mi sembra stia cambiando, che insieme al sogno stia nascendo la coscienza che serva più realismo, più concretezza. 

Sogno e concretezza. Sogno per poter vedere oltre e concretezza per poterci arrivare. 


Mi guardo intorno e non vedo crisi nelle stelle, nella morte e nella vita. Non vedo crisi negli alberi, nell'inverno, nel cielo, negli animali. E nemmeno nella poesia, nella sua forza e nella sua bellezza. 



9 commenti:

fiorellaangelafrancesca ha detto...

Mi ha emozionato, condivido in pieno l'afflato e il contenuto. Condivido sul mio blog collettivo.
(fiorelladerrico.wordpress.com)

Anonimo ha detto...

Rita Simonitto

"Ai poeti tocca di dare voce alla complessità umana, formulare pensieri, trasmettere emozioni, occuparsi di tutto ciò che resta trascurato dall'ignoranza, dalla superficialità, dall'indifferenza. Trasformare in bellezza anche le brutture. Ricordare la luna, il vento, la Terra. Dare parole all'indignazione, all'infelicità come alla gioia. Dare importanza all'inutile, a ciò che è immobile e al fulmineo, a ciò che accade nell'universo fuori e dentro ogni uomo e donna…"

E come potremmo noi stare in silenzio/tenendo stretta dentro il cuore/ questa voce amica che parla di passione?/.
Sto parafrasando il Quasimodo del "e come potevamo noi cantare..."
E, infatti, come si può lasciar passare 'sotto silenzio' quella spinta emotiva espressa con così tanta forza poco sopra?
Lo sentirei come un silenzio 'colpevole', così come il silenzio proposto da Mayoor Tosi.
Forse perchè ci attribuiamo colpe non nostre, equivocando la naturale difficoltà a coniugare il "sogno" con la "concretezza" con una 'colpevole impotenza' perchè la poesia non riesce ad incidere e a trasformare l'ignoranza, l'indifferenza, e una regressione che viene scambiata, ahinoi, per mutamento antropologico? Eh, no. Siamo sempre noi. E la poesia è sempre lei, che non ha il compito di cambiare il mondo bensì di 'rappresentarlo'.
Non possiamo sentirci puniti per il nostro essere umani, e quindi adottare il silenzio artistico come il silenzio scelto dal monaco iconista Andrej Rubliov la cui storia è raccontata nello splendido film di Tarkovskij (Film assolutamente da vedere!).
Andrej però alla fine si riscatta, e riscatta la sua arte, stimolato dalla spinta viva, ingenua,appassionata e mentitrice (caratteristiche anche della poesia, come di ogni arte)del ragazzino che si inventa capace di fare la fusione della campana (= Sogno e concretezza che coincidono?).
La "forza e la bellezza della poesia" hanno a che vedere con un discorso che 'parla' mutuando i linguaggi silenziosi e profondi di ciò che ci sta intorno, nel bello e nell'orrendo. E noi dovremmo metterci in ascolto di quel suono le cui vibrazioni non è semplice nè riconoscere nè riprodurre (come il giovane, nel film succitato, che 'ascolta' il suono dell'argilla sotto i suoi polpastrelli!).
E' un compito difficile, bisognerà trovare le strade... ma le strade scelte 'per negazione',
pacifismo, digiuno, silenzio a mio avviso non portano da nessuna parte.
Riconoscere i limiti, non implica passare dall'altra parte...

Un grazie per aver sollecitato questi pensieri.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:


Caro Lucio,
io condivido solo l’afflato, per usare il termine di Fiorella. O meglio l’intenzione di scuotere lo stagno poetico. Poco del contenuto, che mi pare adagiarsi nelle illusioni ormai standard dei “moltinpoesia” e cancellare la realtà, invece di partire da essa.
Se lo sciopero è un’arma spuntata per i lavoratori, figuriamoci per i poeti! Da “invisibili”, come correttamente ci ha etichettati Giorgio Linguaglossa, non diventiamo visibili rinunciando «per una settimana o un mese» a reading, presentazioni di libri, spettacoli o dibattiti (“armi” del resto spuntate quanto lo sciopero). Ce ne accorgeremmo solo noi!
E può darsi che tu non veda «crisi nelle stelle, nella morte e nella vita […]negli alberi, nell'inverno, nel cielo, negli animali», ma nella poesia, che risente come l’economia, la politica, la cultura, il vivere sociale della crisi ( e che crisi! Tanto che viene il dubbio che questo termine sia adeguato…) DEVI vederla.
Comunque,vogliamo fare questo “esercizio spirituale” di astensione dalla routine scrittoria o declamatoria? Bene, facciamolo. Ma sarà un fatto “privato” e niente affatto disprezzabile di digiuno igienico o di meditazione diciamo pure spirituale sulla miseria della poesia e della sua inadeguatezza di fronte all’orrore del mondo in cui ci troviamo. Che è per me il vero problema. Come era evidente nel film “Andrej Rubliov” che anche a me impressionò molto ( trattandosi forse della vicenda di un monaco ed essendo io Abate!).

Unknown ha detto...

http://mexicokafkiano.com/wordpress/?p=6073
http://www.juangelman.net/

Dall'amore per l'amore: una nota sulla poesia di Juan Gelman

Nel 1968, Juan Gelman, in Poesie di Sidney West, ha coniato uno dei verbi divenuto poi più frequente nella sua poesia: l'amorar. Questa parola è quasi diventato un luogo comune quando ci si riferisce alla sua poesia.Per esempio, il poeta Eduardo Hurtado, in un articolo intitolato "Contro la morte pura", 2000, propone la seguente interpretazione:

L'amorar non è cosa facile. Colui che amora cammina dal filo della perdita, e deve assumere le stanchezze che la persistenza nell'amore causa . Il poeta rifiuta le comodità di sinonimia con questo verbo essenziale. Amorar non è desiderare , volere, nè è affetto. Amorar di Juan Gelman traccia la mappa puntuale delle sue ossessioni: la poesia, la donna, l'erotismo, i compagni, il quartiere, l'infanzia, dio, la sua assenza, la patria, le intemperie e la bellezza di questo mondo ancora.. Amorar è anche il nucleo per affrontare le calamità che mettono a disagio il poeta fornendogli una contro-lingua per: l'ingiustizia, l'oblio, il silenzio obbligatorio ..la sconfitta.
Amorar è anche il nucleo di una contro-linguaggio elevato per soddisfare le calamità che ci sopraffanno: l'ingiustizia, l'oblio, il silenzio richiesto, la sconfitta, …la "barbarie" di tristezza.

Tuttavia, amorar, non è il potere di nessuno e la cosa più vicina all'amorar è dentro la sua poetica vissuta in prima persona e poi nei suoi versi.

Unknown ha detto...

anche se alcune persone vivono e muoiono senza conoscere le chiavi dell'amorar("dare /ricevere ciò che non si ha e ciò che non è dato" per dirla come il Poeta), il verbo implica un sentimento che appartiene a tutti tempi e luoghi

--
ec
di un contro...

Anonimo ha detto...

Il discorso di Mayoor mi fa battere forte il cuore e quello di Ennio il cervello.

Silenzio poetico
nulla è più silenzio
Condanna a morte
Sarà tolta al poeta
la parola e ciò che importa
sarà tolta al mondo
una benigna sorte
resta al monte col suo fiume
al mare e al suo ondeggiare
al cielo agli astri al fiore
proferir parola e sarà urlo
sarà l'eco del tornare
sarà la forza dell'amare
quell'amare che più non sa
qual'è la strada da trovare.

Emy

Anonimo ha detto...

Via, come non capire che il mio altro non vorrebbe essere che un accorato appello ad uscire dall'ovattato chicchierio con cui i poeti, tra versi coloriti e critiche sol di penna pungenti, solgono intrattenersi evitando di fatto qualsiasi contatto umano e terrestre?

Non di poesia ho parlato, ma di poeti!
Quindi di persone tra le persone. E certo lo so anch'io che l'impatto numerico di una manifestazione di protesta ad opera dei poeti potrebbe essere pari a quella, che so, degli apicultori.

I poeti sì, sono invisibili, ma lo sono anche perché il pensiero, l'emozione e tutto ciò che ha a che fare col privato e con il singolo individuo, oggi fa sorridere. Contano i numeri, i grandi numeri dell'economia. Numeri che sono denaro. Denaro che sacrifica, santifica e sancisce su ciò che ha valore. Tutto il resto non conta o conta pochissimo. Briciole.

Il mio accorato appello manca di concretezza perché ho ritenuto (sperato) che gettando un sasso nello stagno (nella rete), anche con poca emozione si possano attrarre somiglianze capaci di rimbalzare ben oltre me che son nessuno.
L'ha capito Fiorella D'Errico che l'ha immediatamente inserito nel suo blog.

Ne servirebbero molti altri. E servirebbe buona volontà. Cominciando col parlarne. Poi, se s'agita lo stagno (la rete) tanto meglio per tutti. Almeno non si continuerà a dire che siamo invisibili… come lo sono di fatto le nostre poesie in massima parte… ancor più se tenute all'ombra di ciò che sembra contare nell'oggi.

Poi, che sia più giusto imbavagliarsi o che altro non so. Da qui non si vede nulla.

mayoor

Anonimo ha detto...

Caro Mayoor,
io ho un serio dubbio che è quasi certezza: la poesia davvero sta morendo e se così fosse che la nostra Casa resti sempre aperta per quei poeti che passeranno di lì . Certo diventerà una Casa di Cura ma che importa... se riusciremo a salvarla. Ciao Eny

Anonimo ha detto...

Qui da noi , in uno dei Paesi più corrotti del mondo , non si è mai visto un festival o reading di poesia civile / antagonista che desse conto dei "lavori in corso" di quanti scrivono versi sentendosi spettatori e soprattutto interpreti responsabili dei conflitti , della negatività e dei drammi che occupano la nostra società . Da noi le adunate di poeti si riducono ad effimere occasioni per apparire e non per "essere".
Al che mi sembrerebbe producente proporre una manifestazione nazionale a cadenza annuale con precise connotazioni di "sana igiene sociale ", coinvolgendo autori e tematiche mirate , a prescindere da ideologie , matrici ,correnti e appartenenze . Ma dare un respiro nazionale ed un adeguato risalto mediatico ad un evento del genere , ( o il soltanto concepirlo ) non credo rientri nei ristretti / provinciali orizzonti di una società letteraria ostaggio degli uffici stampa delle "grandi" case editrici . Ci vorrebbe un'altra Italia , un sano orgoglio nazionale , un diverso senso di appartenenza ; e - come detto - meno provincialismo e meno desertificazione ( tuttora in atto ) della coscienza civile degli italiani e dei poeti italiani .

leopoldo attolico