mercoledì 28 dicembre 2011

Felice Accame
Nuovi fatturanti e vecchie libidini

Olindo Guerrini, noto con gli pseudonimi di «Lorenzo Stecchetti», «Argia Sbolenfi», «Marco Balossardi»,«Giovanni Dareni», «Pulinera», «Bepi» e «Mercutio» (1845 - 1916)

Oggi sono stato alla Libreria Odadrek di Milano,  vero e quasi unico covo carbonaro contro il mercantilismo culturale nella città della  Grande Finanza trionfante su Tremonti e Monti vari, e Felice Accame, che insieme a Carlo Oliva conduce quasi tutte le domeniche  a Radio popolare la trasmissione La caccia. Caccia all'ideologico quotidiano (informazioni qui), mi ha segnalato questo suo dotto e irriverente testo. Bersaglia soprattutto  gli psicanalisti, ma anche  una certa tipologia di poeti. E, perciò, lo riprendo su questo blog anche per il preciso riferimento alla notizia polemicamente commentata mesi fa in Miss Poesia e Miss Pecunia (qui). (Tra parentesi. Pare che la Casa della Cultura - o Cucchi stesso?-  abbia rinunciato all'incestuoso matrimonio tra le due miss). [E.A.]


Rifugiatosi a Bruxelles, il rivoluzionario Giuseppe Ferrari scrisse I filosofi salariati, un’opera in cui accusa i filosofi francesi in particolare e i filosofi in genere di essere pronti a cambiare filosofia a seconda di chi sale al potere. Anni dopo, il poeta Olindo Guerrini, in arte Lorenzo Stecchetti, gli dedicò una poesia:

 

 

I FILOSOFI SALARIATI

 

Or non più tra le rabbie e le contese

Povera e nuda va filosofia,

Ma fa la ruota a scuola e per la via,

Tira la paga e noi facciam le spese.

 

Se regnano la forca e il crimenlese

Di San Tomaso fa l’apologia,

Se torna in alto la democrazia

Inneggia alla repubblica francese.

 

Ah, panciuta camorra di ruffiani

Che della verità strame vi fate.

Ogni giorno che splende ha il suo domani

 

A rivederci, maschere pagate,

A rivederci, illustri mangiapani,

A rivederci sulle barricate!

Nel suo studio dedicato a La curiosità nei mondi antichi, Geoffrey Lloyd ricostruisce i rapporti tra istituzioni e scienziati mettendo a confronto Grecia e Cina. Il risultato è chiarissimo: mentre in Cina qualsiasi forma di sapere era sotto il controllo più e meno diretto dell’imperatore, in Grecia le interazioni dirette tra sapienti e potere erano piuttosto rare. E’ vero che Carneade e Posidonio furono ambasciatori, rispettivamente, di Atene e di Rodi; è vero che Platone tentò variamente di influenzare potenti e che Aristotele fu maestro di Alessandro, ma è anche vero che, in genere, scienziati e filosofi – che per lungo tempo sono rimasti difficilmente distinguibili, un po’ come gli astronomi e gli astrologi – dovevano pensare da sé a sbarcare il lunario. Le “posizioni salariate” furono  riservate a “un numero molto limitato di coloro che insegnavano la filosofia platonica”, per esempio, e, dunque, la maggior parte delle scuole filosofiche “dipendevano, per la loro sopravvivenza, dalla ricchezza dei loro membri e dalle quote versate dagli allievi”. Perfino l’Accademia di Platone – fa notare Lloyd – “finì per riscuotere quote dai suoi allievi”, nonostante Platone facendo dell’ironia su quei filosofi – come i sofisti - che si facevano pagare, fa dire a Socrate – allo stesso Socrate che stima per la gratuità del suo insegnamento - “di non sapere nulla della correttezza dei nomi” perché “ha assistito solo alla lezione da una dracma di Prodico” e non all’intero corso da cinquanta dracme.

 

Nei suoi monumentali Fondamenti della tecnica psicoanalitica lo psicoanalista argentino R. Horacio Etchegoyen dedica un capitolo al contratto psicoanalitico fra terapeuta e paziente. Chiarisce subito che, “in quanto norme che stabiliscono la relazione tra le parti”, “le direttive del contratto (…) devono adeguarsi agli usi culturali”. Guai se la  psicoanalisi si collocasse “fuori dalle norme generali che reggono i rapporti delle persone nella nostra società”. Se ogni relazione è regolata dal denaro, insomma, lo psicoanalista – anche se obtorto collo – deve “rispettare” quelli che, in quanto “usi culturali”, avrebbero il dono di una indubbia “validità”. Il passaggio di denaro sarebbe pertanto una sorta di garanzia preventiva dell’efficacia della cura cui lo psicoanalista stesso non può sottrarsi. Più avveduti, più furbastri, gli psicoanalisti rispetto ai filosofi: l’universo non cambia in rapporto alle teorie che gli esseri umani producono nei suoi confronti, ma senza mercede, niente guarigione, la terapia risulta inefficace: niente transfert, niente proiezione positiva del paziente sul terapeuta – come se questo transfert designasse essenzialmente un passaggio di denaro da un conto all’altro e non sentimenti.

Tuttavia, com’è noto, tutto scorre. In un’intervista a “Le nouvel observateur”, lo psicoanalista Jean Pierre Winter prende atto che, poffarbacco, “sempre più ci sono psicoanalisti che non esigono più il pagamento delle sedute mancate da parte dei pazienti”. La crisi, si sa, rende più radi i clienti – meglio tenerseli stretti anche a costo di incassare qualcosa di meno. “I pazienti non lo capiscono più”, dice Winter, invece di dire che semplicemente non ne vogliono sapere di pagare anche per gli appuntamenti mancati, e da ciò trae il destro per un aggiornamento dell’intera teoria psicoanalitica: “i transfert di oggi non sono più quelli di un tempo”

 

Dopo tanta anticamera – un’anticamera di secoli: dopo aver visto saltuariamente passare alla cassa i filosofi e sistematicamente gli psicoanalisti – sembrerebbe esser giunto il momento di una nuova categoria di fatturanti. Galeotta in proposito la Casa della Cultura di Milano, è possibile oggi per “poeti” e “aspiranti poeti” di “ogni età”, previo invio dei propri versi e prenotazione di almeno una settimana prima, incontrarsi individualmente con un “interlocutore valido” per trenta minuti trenta e ricevere “indicazioni concrete su come procedere e migliorare, per sfruttare al meglio” ovviamente non le risorse altrui ma le “proprie”. Va da sé che l’interlocutore valido è qualcuno che si autocategorizza come “poeta” – e non come “aspirante poeta” – e va da sé che è lui a passare alla cassa, perché per interloquire validamente ha bisogno di ottanta euro a interlocuzione valida.

Senza che nessuno riuscisse a spiegarmi la differenza fra loro, mi son sorbito le lamentele dei poeti e degli aspiranti poeti fin dalla più tenera età. Sarebbero ignorati dalle istituzioni e facilmente obliabili, mai pagati per il bene che fanno all’umanità scrivendo i loro versi, evitati da quegli stupidi degli editori che, rifiutandoli, non saprebbero fare il loro mestiere. Dopo tante lamentele ecco, allora, lo spirito imprenditoriale che, con il suo esempio, dà respiro nuovo all’intera categoria. Se mai c’è stata, l’epoca del poeta maledetto – della coscienza inquieta dell’ordine sociale, della ribellione pagata di persona – è conclusa; oggi è il tempo del poeta con la partita iva.

Il poeta Stecchetti – oggi lo si direbbe “indignato” - sfidava i filosofi salariati a ritrovarsi sulle barricate erette contro il potere: non poteva immaginare che, poco più di cent’anni dopo – su barricate sempre più deserte -, avrebbe potuto dare lo stesso vano appuntamento ad un esimio collega.

 

In quella sua meticolosità che giusto qualche psicoanalista potrebbe definire “anale”, Etchegoyen si occupa anche delle forme del pagamento. L’analista, dice, “ha tutti i diritti di chiedere ai pazienti il pagamento in contanti”, ma lui, a differenza d’altri, non vede nulla di male nell’accettare assegni. Se un analista gli dicesse che “non prende assegni perché l’assegno serve a negare il legame libidico con il denaro”, lui gli direbbe che si sbaglia: “se un paziente pensa che, pagando con un assegno, non paga, o denigra il rapporto analitico (…) occorre analizzare queste fantasie e il difetto di simbolizzazione implicito, e non modificare le modalità di riscossione”. Se un analista esigesse il pagamento tramite assegno affinché il paziente non pensasse che lui evade le tasse – e qui dobbiamo toglierci il cappello per l’abilità con cui una vigilanza sociale viene trasformata subito in sintomo di malattia – sarebbe “giusto” analizzare il “perché” a questo paziente viene in mente che il suo analista possa evadere le tasse.

Etchegoyen non prende in considerazione il pagamento tramite bonifico bancario e, dunque, non sapremo mai la misura del legame libidico tra noi e il denaro che questa forma di pagamento implica. Possiamo accontentarci dei relativi rendiconti bancari – qualsiasi legame avessimo con quel denaro – sia vaporizzato in contanti o in assegno, sotto forma di carte di credito o di bonifici – quel denaro non c’è più o, come potrebbe dire con metafora pro domo sua chi quel   denaro ha ricevuto, da quel denaro siamo guariti. Il poeta scrutatore e correttore – il poeta che aspetta al varco il suo cliente – comunque, qualche problema psicologico – psicologico nella misura in cui la cautela nei nostri comportamenti rivela un nodo politico irrisolto – ce l’ha e, per togliere se stesso e il cliente dall’imbarazzo degli ottanta euro che passano da una mano all’altra – con l’eventuale gravosissimo prosieguo di un resto da venti euro -, indica il proprio codice iban. Così che il bonifico – se non proprio i versi poetici – migliori, prima ancora che abbia inizio la qualità della relazione umana che in nome della poesia sta per imbastire. Bancariamente, d’altronde, si dice “disporre” un bonifico – in questo caso potremmo  anche dire che, così facendo, si è reso “ben disposto” il bonificato.

 

F.A.

 

 

Nota

 

Cfr. Giuseppe Ferrari, I filosofi salariati, a cura di Leonardo La Puma, Milella, Bari 1988. La parola                          “crimenlese” deriva latino crimen laesae(maiestatis), con cui si indica il delitto di lesa maestà, o, più brevemente, il delitto di maestà.

 

Cfr. Geoffrey E. R. Lloyd, La curiosità nei mondi antichi, Donzelli, Roma 2003, pp. 151-177.

 

Cfr. R. Horacio Etchegoyen, I fondamenti della tecnica psicoanalitica, Astrolabio, Roma 1990, pp. 91-92. Perché mai costui firmi con una “R” davanti e non si accontenti di metterla in mezzo come gli altri non lo so, ma sospetto che, presumibilmente, si tratti dell’esito di un trauma infantile.

 

Ah, dimenticavo il nome del poeta che beneficia della fattura. E’ Maurizio Cucchi. Chi lo sa che non si meriti una citazione ne La curiosità nei mondi antichi del Lloyd del 4003. Della segnalazione ringrazio Ennio Abate.

 

La poesia di Lorenzo Stecchetti è tratta da Postuma, raccolta pubblicata nel 1877.


ogni domenica dalle 12.30 alle 13.00

a cura di Felice Accame e Carlo Oliva

20 commenti:

Anonimo ha detto...

La Casa della Cultura ha rinunciato?!?! Ma va?!?!? Ghera trop de laurà! (c'era troppo da lavorare!) Ah ah ah!Emy

Anonimo ha detto...

E spendiamole due parole sul denaro: nella società dei consumi ( ne esistono altre?) se una cosa costa poco vale anche poco. Questa mi sembra l'opinione corrente.
Se lo psicanalista non si facesse pagare, il paziente, alla prima difficoltà troverebbe una scusa e non si sentirebbe abbastanza motivato a proseguire. Se paga, ancor più se profumatamente, magari imprecando, prosegue e s'impegna.
Se mai, per quanto attiene alla psicanalisi, dovremmo domandarci perché le terapie, sia quelle Junghiane, froidiane, o quelle basate sulla bioenergetica, sono tanto lunghe. Non tutti sanno, ad esempio, che anche a Milano si possono trascorrere piacevolissimi week end dedicati all'introspezione tenuti da validissimi terapisti, e che la psicanalisi moderna offre soluzioni mirate assai efficaci, con risultati certi anche se uno ci va per soli due giorni. Provare per credere.
Tutto ciò con i poeti non c'entra, so di parecchi artisti che sono stati in terapia, e so quando hanno fatto dannare i loro psicanalisti... o perché puntualmente se ne innamoravano, oppure perché mentivano spudoratamente per mantenere viva la loro psicosi, alla quale si son affezionati per continuare a creare.
Il sintomo ha valenze sociali in quanto si ritiene, in generale, che della ricerca interiore se ne può fare tranquillamente a meno. Col risultato che le storture caratteriali (e la sofferenza) sono dovunque.
Sono assolutamente certo che in un futuro prossimo, se ci sarà come spero, queste dinamiche verranno trascritte nei libri di storia.
A quanto pare invece prosegue la febbrile attività di Maurizio Cucchi (che secondo me non c'entra con la psicanalisi). Non so, io dopo Il disperso, e per aver letto anche Le meraviglie dell'acqua, non so più chi sia, ne' se possa essere ritenuto un valido esempio. Ma è certo un laborioso intellettuale e conosce l'ambiente, per così dire, meglio di quando lo possono conoscere i tanti debuttanti o aspiranti tali, di cui farei parte anch'io, non fosse che non mi interessa. Però dai, non costa poi molto.

mayoor

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Mayoor:

Il tema psicanalisi e danaro (ma anche Miss Poesia e Miss Pecunia)è vastissimo e controverso.
Ho fatto una piccola esplorazione.
T'incollo uno stralcio paradossale e interessante e alcuni link da esplorare.

Lo stralcio:

http://www.psychomedia.it/pm/indther/psan/benvenuto.htm

Mentre una valanga di scritti predica o critica la separazione tra la pratica dell'analista e quella del medico, quasi nessun articolo paragona la pratica dell'analista a quella della prostituta. Solo Elvio Fachinelli osò questo accostamento, nell'articolo "Il danaro dello psicoanalista" (1975) - ripubblicato in inglese sul Journal of European Psychoanalysis, n. 18 (www.psychomedia.it/jep). Eppure in molte analisi emerge la fantasia del proprio analista come puttana. In effetti l'analista, come la meretrice, si fa pagare a ore (i lacaniani preferiscono un pagamento a cottimo) per prestazioni non utilitarie ma che sollecitano qualcosa dell'ordine del godimento: sia con la prostituta che con l'analista è possibile portar fuori desideri e fantasie proibite, e sperimentare una relazione inaudita nella vita normale. La differenza è che mentre la prostituzione è il più antico mestiere del mondo, l'analisi è un mestiere moderno. Eppure, di fronte ad ambedue queste attività la società politica e civile si trova imbarazzata, perplessa: occorre riconoscere giuridicamente i rapporti di prostituzione e quelli analitici? (Un problema un po' simile si pone oggi anche per i rapporti omosessuali: è ammissibile un matrimonio gay?) E, in caso affermativo, fino a che punto questo riconoscimento deve implicare un controllo, una limitazione, o addirittura una repressione nei confronti di chi non è riconosciuto?

Gli altri link:

http://www.radiopopolare.it/trasmissioni/la-caccia/2007/2522007/il-salario-della-paura/stampa.html

http://priory.com/ital/intvoltolin.htm#dono

Intervista ad Adriano Voltolin*, a cura di Anna Grazia**

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Mayoor:

Questo (http://www.psychomedia.it/isap/saggi/benvenuto2.htm) è ancora più preciso...:

In un convegno milanese del 1975, Fachinelli lesse un testo sul denaro in analisi(28). Fece notare con impertinenza che, prima o poi, emerge in tanti analizzanti l'identificazione dell'analista con una prostituta. Questo non solo perché l'analista viene pagato a ore, per una prestazione in fondo fugace; ma anche perché, come con una puttana, con l'analista si dà sfogo a qualcosa dell'ordine dell'Eros. Egli faceva discendere l'equivalenza tempo-danaro che regola gli onorari all'analista dalla estraneità di Freud alla dimensione del dono. L'analista, come la battona, eroga un servizio sostanzialmente piacevole, ma spesso non dona nulla(29). Con questo intervento Fachinelli spezzava un tabù. E difatti in quel congresso intervennero azzimati verdiglioniani rampanti che, manco a dirlo, riportarono tutto al Dio Linguaggio: "il danaro è simbolico, tutto nell'analisi è linguaggio!" Spazientito, Fachinelli rispose "riportare tutto al linguaggio è idealistico! A me interessano i soldi che si rifilano all'analista."
In fondo, a Fachinelli non dispiaceva del tutto l'idea che l'analista fosse uno che si offre in un trivio di una metropoli industriale per permettere ad uno, per un tempo limitato, "di essere un po' finalmente se stesso". Ma dovette presto riconoscere che il rapporto analista-analizzante non è più simile a quello puttana-cliente. Altro che!, le analisi moderne sono veri e propri matrimoni, ci manca solo il sindaco con la fascia tricolore per sancirle (ma oggi la legge Ossicini può farne le veci): spesso durano un numero di anni probabilmente non inferiore a quello in cui dura in media una coppia concubina.
Quando lo informai che avremmo intitolato La bottega dell'anima il libro che raccoglieva varie testimonianze e riflessioni sulla formazione degli psicoterapeuti(30), insorse dicendo: "Ma quale bottega! La psicoanalisi è ormai passata alla produzione industriale. Sarebbe meglio 'La Fiat dell'anima'". Ancora oggi penso che esagerasse; oggi più che mai la psicoanalisi sopravvive in una dimensione di botteguccia artigiana, che a stento resiste all'impatto del Supermercato Antidepressivi e delle Nuove Tigri Cognitiviste. Ma per lui la minaccia per la psicoanalisi non proveniva dalla sua umiltà artigiana - che lui praticava - bensì dall'incastrare analista ed analizzante in un rapporto di tipo coniugale. Oppure la minaccia veniva dai prestigiosi conventi psicoanalitici - tipo Tavistock Clinic a Londra - dove tutti gli orologi, quando ci sono, sono fermi.
Comunque, prostituzione o matrimonio che fosse, nel rapporto analitico tradizionale Fachinelli vedeva la mancanza della dimensione del dono gratuito, e correlativamente della accettazione grata. Questo non significava che l'analista dovesse lavorare gratis. Aldilà della regolare erogazione di onorari coglieva la protocollare avarizia - anche teorica - dell'analista "normale".
Ciò emerge già dai suoi commenti al Kindergarten di Porta Ticinese,(31) ben lontani dal tono decantante di tanti aedi della pedagogia alternativa, dai Summerhill alle Bonneuil-sur-Marne. Fachinelli nota che i bambini, lasciati liberi, tendono spontaneamente, irresistibilmente, a costituire tra loro, al più presto, rapporti genuinamente mafiosi, e aggiunge

Anonimo ha detto...

che peccato l'ultimo verso: era superfluo, ed implicito.

Anonimo ha detto...

a volte i poeti non hanno l'arte dell'autocensura nel senso dell'economia del verso, del detto, e questo è il caso per il verso sulla "barricate": che sia la rivoluzione il prossimo passo, va da sé, no? l'ultimo verso inspessisce il dettato, lo depaupera.

Anonimo ha detto...

Caro Ennio, davvero mi piacerebbe che questa "tua" interpretazione (ma anch'io potrei trovarne altre cento a sostegno) fosse la registrazione di un soliloquio fatto sul lettino dello psicanalista. Ti accorgeresti che, credendo di parlare a qualcuno, stai invece parlando a te stesso (principalmente).
Credo sia questa la ragione per la quale le terapie in genere son tanto lunghe (e dispendiose). A risveglio avvenuto la terapia non ha più ragione d'essere.

mayoor

Anonimo ha detto...

In tema di economia e psicanalisi mando questa poesia:



Cornacchie che si cercano sono dentro
i miei occhi dove non ci sono riflessi
e la luna non si sa dove sia.
Tace.



Di solito ha un cuore che batte
un ticchettio meccanico a casaccio.



Di solito a quest'ora passa una ragazza
nuda con le cavigliere piene di sonagli.



Aspetto alla fontana davanti al Castello.
Poi chiudo gli occhi.



Le case si fanno nere. In mezzo ci passa
una scrittura. Tre righe una sull'altra:



Amore mio non posso nel caso in cui
e qualora se tutto è troppo vedi tu
la possibilità lei potrebbe e le resterebbero
naturalmente altrimenti entro 60 giorni
dalla presente.



Le cornacchie ridacchiano gobbe
e pare che pensino. Aspettano che mi tolga
per impossessarsi del materasso.


mayoor

Anonimo ha detto...

...e sempre a proposito di psicanalisi:
un anonimo (che non sa firmarsi), dopo centocinquant'anni da che è stata scritta una poesia, s'indispettisce per un verso che ritiene superfluo... :)

may

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Mayoor:

"Caro Ennio, davvero mi piacerebbe che questa "tua" interpretazione (ma anch'io potrei trovarne altre cento a sostegno) fosse la registrazione di un soliloquio fatto sul lettino dello psicanalista" (Mayoor).

Nessuna "mia" interpretazione. Per alimentare la discussione, ho solo riportato
quella di Fachinelli, che a me piaceva (piace ancora adesso, tant'è vero che ho riproposto su questo blog anche il suo scritto "Gruppo chiuso gruppo aperto?") per la sua capacità di porre problemi "scomodi" sia agli psicanalisti che ai politici.
Parliamo di quelli liberamente anche senza sdraiarci sul famoso lettino o altro giaciglio.
E - per carità! - non mettiamoci a "psicanalizzarci" tra di noi...

Anonimo ha detto...

"E - per carità! - non mettiamoci a "psicanalizzarci" tra di noi..."

Pienamente d'accordo, anche perché alla nostra età, forse, i giochi sono fatti. Ti ricordo però che sei stato tu a sollevare l'argomento, probabilmente pensando che se ne possa parlare da fuori e senza scottarsi. Tipico della conoscenza intellettuale.

mayoor
ps. Ho anche scritto:
Sono assolutamente certo che in un futuro prossimo, se ci sarà come spero, queste dinamiche verranno trascritte nei libri di storia.

Anonimo ha detto...

Quando troverò uno psicanalista soddisfatto, contento e senza tabù. comincerò a credere nell'analisi della psiche, per il momento me la lascio fare da quegli amici che ogni tanto sanno dirmi che sono una frignaccia rompiballe e che se continuo così mi mandano a fa 'n....! E devo dire che funziona !!! Emy

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

Beh, visto che siamo soltanto in tre a "scottarci" con un argomento "compromettente" come quello della psicanalisi (e del "sesso"...perché uso tanto le virgolette, eh?) aggiungo:

1. ho fatto molte letture di psicanalisi e mi sono accorto che, se non la si riduce all'aspetto terapeutico (come suggeriva Michele Ranchetti), è una cosa seria quanto la poesia, la politica, l'economia, Marx e la storia e chi vuole aggiunga il resto;
2. mostrare i limiti "tipici della conoscenza intellettuale" (che Mayoor troppo sottolinea) va bene (la superbia intellettuale o intellettualoide va bloccata), ma disfarsi dell'intelletto e della sua capacità di distinguere che A non è B nella vita pratica è un invito al suicidio e alla confusione che produce mostri;

3. Pretendere d'incontrare uno psicanalista ( o un poeta o un qualsiasi altro individuo) "soddisfatto, contento e senza tabù" è nascondersi che siamo uomini e donne storici e che del nostro tempo portiamo tutti le ferite.
E poi perché vuoi sempre trovare qualcosa in cui
"credere", Emy? Noi crediamo già troppo! Siamo davvero dei creduloni! Meno idoli e più rompiballe, per favore!

Anonimo ha detto...

Caro Ennio, una volta era il prete il mio psicanalista e poi scoprii che aveva più problemi e peccati di me , poi la maestre, anch'essa ex fascista , terribile, poi le prof,e i prof. che non hanno capito nulla di me, i miei genitori non parliamone...avremmo dovuta andare tutti dallo psicanalista a farci dire quello che avremmo dovuto fare o non fare. Poi trovai pochi amici che mi aiutarono così bene e così tanto che nessuno mai era riuscito a farlo, forse erano psicanalisti,, ma non mi chiesero un soldo anzi...Perchè non crederci? I rompiballe sono indispensabili. Ciao Emy

Anonimo ha detto...

Distinguere la conoscenza intellettuale dall'esperienza non è rinunciare all'intelletto, anzi. E tra le cose che ho letto di esperienza non ne ho trovata tanta, ma solo opinioni e concetti.
Tra l'altro la poesia di Guerrini a me sembra proprio rivolta a chi parla e parla soltanto. Ennio escluso, è logico, mica ce l'ho con te :)
Ciao

Ciao Emy
mayoor

Anonimo ha detto...

E...ciao Mayoor. Emy

Anonimo ha detto...

... anzi, visto che oggi siamo solo in tre voglio dirlo:
Ennio, trovo che sei tra le persone più simpatiche che abbia incontrato negli ultimi tempi. Non so se te lo dicono in tanti, da esodante sei riuscito perfino ad intrometterti in una discussione sul lesbismo... non so se rendo l'idea. Ma è anche per questo che ti trovo formidabile!

Mah, tra poco avrò in casa un'orda di amici. Spero se ne vadano in fretta, comunque non prima che mi abbiano letto le loro ultime poesie.

may

Anonimo ha detto...

a Mayoor: è il minimo dei minimi postare i propri testi in un blog di conversazione collettiva: sconsiglio di farlo. é farsi "self-important"...

Anonimo ha detto...

Può essere che hai ragione, ma c'est un jeu.
In psicanalisi viene detto Giudice Interiore, quello che ci trattiene in ogni istante con la scusa di valutare prima di agire. Un vero tiranno, e ce l'abbiamo dentro tutti. Ombre dei genitori o della scuola o dell'ambiente in cui siamo cresciuti. Però non mi sembra self-important firmarsi, almeno questo te lo potresti concedere... e poi non li mando solo io i versi a questo blog, lo facessero in molti sarebbe più accettabile? Credi che non lo facciano per modestia? Non credo proprio.


may

Anonimo ha detto...

Rispondere in poesia è qualcosa di più della conversazione e non tutti ci riescono, provaci anche tu..tu chi sei?
A mayoor: il tuo testo come al solito molto tuo ed originale e come al solito mi piace. Emy