sabato 28 gennaio 2012

Ezio Partesana
Sette poesie




Uomini vanno


Uomini vanno di mente perduta
a picco nell'acqua sottile:
lava loro la mano.
E il male fanno o non fanno
appena, come cosa
che tra le altre smarrite cade.

Ma dei servi la miseria
ma colpire con il dorso il viso
questo sì che non c'è sangue
sullo stipite che l'angelo possa fermare
quando verrà.

  

Così vecchio


Passi l'angelo ancóra
divida il seme dell'uomo,
riporti ognuno a giudizio
e la grazia concessa l'annulli.

Rifaccia pure la conta
non importa...

Tanto vecchio e così solo sono
che mi basta dormire
e per piangere sogno.



Derivate I


La legge del trenta di Giuda
- vorreste capissi,
è il canto del cigno di uno
che ha perso le ali...

La cura del ferro alla gola
- vi lascio sapere,
è invece il rovescio
di chi le ha ritrovate.



Dona ferentes


Tutto il giorno le bestie hanno pianto
soffocate dalla polvere sotto un cielo
opaco e gonfio scuro di temporale.
Ma solo a notte s'è levato Iddio
a benedire la terra con acqua
salata e grandine dal mare.

Adesso piange
l'uomo seduto la luce del giorno
e la vecchia asciuga l'orlo della veste
sulle ciocche di grano nel fango
che furono i campi a maggese.

Il Signore è potente.
Non perdonate ai potenti.



Evidenze


I poveri sono poveri
anche di spirito
cattivo esempio e stento.

Escono dai loro rifugi
a portar via male
un'elemosina e fan paura
a vederli
così come sono.

Orribilmente malati
i poveri dànno il contagio
un odore che non si vuole
vedere salire le scale
e invece monta.

Non guariscono i poveri.
Sono cattivi e vivono
nelle fogne
senz'arte, lavoro, fatica
o parte.

Banditi.

I poveri sono ladri
e per un nulla
ti mostrano i denti.

Partigiani del brutto.

Disprezzano i servi
e temono la frusta.

Ma moriranno.

È così.

I poveri sono
poveri.



Imitazione


Fanno l'elogio del dubbio i maestri
predicano l'incertezza e sorridono.
Ma se al buio mi si perde la strada
sono più lontano da casa, non più saggio.

Dirò dunque che dubitare va bene
e il sospetto aiuta, ma quando c'è una via
e una meta da raggiungere, la verità
aiuta più del dubbio e non sbagliare.



Settimo giorno


L'orbo vede poco
il sordo non ci sente
lo storpio incespica sulla strada
e non parla il muto.
L'idiota non può sapere niente.

Va tutto bene.
Hanno riparato il guasto
e il pericolo è passato,
s'è fatta la pace,
il terreno verrà sminato.
Nell'ospedale è tornato l'ossigeno
i volumi sugli scaffali
la carne nel supermercato.

Persino l'idiota sorride
e sbatte le manone sull'acciottolato
nuovo di zecca
appena inaugurato.

Va tutto bene amore
torna a dormire.


*Ezio Partesana è nato a Milano nel 1963. Laureato in filosofia con una tesi su Adorno, vive tra la sua città e Venezia e lavora come traduttore e autore di testi per il teatro. Tra le sue pubblicazioni Critica del non vero (La Nuova Italia, 1995).

51 commenti:

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

In quale mondo ci fanno entrare queste poesie così meditate, scabre, cariche di echi biblici?
Direi in un mondo intravisto da chi che sa guardare in faccia i milioni di uomini morti, i "poveri"; e che misura le azioni di intere vite cogliendo (giudicando? non mi pare…) “il male che fanno o non fanno” da “servi”, da umani sottoposti a destini opprimenti.
Qui si incontrano angeli e servi, giudicanti e giudicati; e in conflitto muto tra loro (Come lo sono “Il signore” e “i potenti”).
Ci sono in queste poesie immagini violente (“colpire con il dorso il viso”; “La cura del ferro alla gola”). I paesaggi evocati sono astratti, da deserto (“ tutto il giorno le bestie hanno pianto/ soffocate dalla polvere”). Ricorrente la volontà di risvegliare, di scuotere (“- vorreste capissi”; “vi lascio sapere”) un’umanità fatta - appunto - di poveri (di spirito?), incastrati in una condizione irriscattabile (“Ma moriranno”) e deforme del vivere, anche quando i guasti sono continuamente riparati (“il pericolo è passato/ s’è fatta la pace/ il terreno verrà sminato”).
Sono presentati questi umani con toni acidi, brechtiani (“orribilmente malati”, “cattivi”, “ladri”, “partigiani del brutto”).
In “Settimo giorno” si dice: “L’orbo vede poco/ il sordo non ci sente/ lo storpio incespica sulla strada / e non parla il muto”. Trovo qui una sintesi estrema delle miserie umane, che a me richiama l’allegoria visiva di un famoso quadro di Brueghel (Lo qui: http://www.trasgressione.net/pages/Gruppo/Pittura/Bruegel/ciechi580.jpg.)
Eppure come mai non si cede al pessimismo e alla disperazione? Perché da quest’altezza di pensiero, dove anche il dubbio elogiato dai Maestri (qui ancora l’ombra di Brecht) è accantonato, una tensione (una fede?) guida la mente: “c’è una via / e una meta da raggiungere”.
E la poesia la raccoglie pienamente in versi ambiziosi e lucidi.

Unknown ha detto...

"devo" sicuramente approfondire quest'autore. da semplice lettrice di poesia dico mi attrae parecchio quanto riversato in questa creazione lirica apocalittica della creazione come "ripetizione " della Storia senza che ne venga evoluta la storia stessa se non per "bellezze" apparentemente escluse, "ma " piu semplicmente sottese o "derivabili" per opposto alle derivate di uno dei giorni sempre uguali della marmotta . Che la si chiamasse "poveri" , materiali E immateriali, ed ora si aggiorni con la parola preberlusconista, berlusconista, postberlusconista "sfigati" , poco conta. Il senso della vita( "ma" anche della morte) dalle caverne ad oggi va oltre la linea storica catastrofica , apocalittica quotidiana, in cui le singole masse o agglomerati di masse specifiche , hanno sempre perso , essendo piu forte di qualsiasi altro rapporto , quello della dominanza dei forti sui deboli .La lirica lo mette bene in luce perchè anche se ilPoeta non parla di un paradiso perduto o meglio, di una cosmogonia dove aveva piu parte la parte creativa rispetto a quella distruttiva ,la prima componente della Genesi è ben presente in ogni contemporaneità, in un filo lineare del caos, periodo a periodo dal paleolitico al fantascientifico di oggi.. di contrasto l'inferno della condizione collettiva in cui al massimo ti puoi consolare di quei "poveri" che non vogliono essere servi , piuttosto senza spirito piccoli criminali della cui "morte", già nella loro vita, puoi piangere sovraumanamente prendendo le distanze siderali dai veri criminali del potere che contemporaneità su contemporaneita tutto hanno fatto per farli a loro immagine e somiglianza,per farli vivere in condizione di miseria, "ma" alle apparenze , truccando le carte, si spacciano per nobel o professori.

Il "ma" del Poeta mi ha molto colpito ..è in una cascata avversativa come le avversità che hanno colpito (deformandola e alienandola , con o o senza marx) la possibilita unica di salvezza dal rapporto e relazione forte e debole, che passa ben al di la della fede , in quella liberta interiore , individuale, e solo dopo collettiva, di ricerca del senso..energetico, psichico,critico, autocritico, storico, esistenziale in un tuttuno di autocoscienza della propria e altrui creazione-distruzione-rinascita.

Unknown ha detto...

PS
rileggendomi avrei fatto meglio forse a dire in sintesi in altro modo con altro autore...questi versi contengono l'implicito, di fede,speranza o meno,individuale o meno, anche se ripeto apparentemente l'uomo sembrebbe condannato ed esclusa qualsiasi altra sua capacita creativa dell'uomo e il suo tempo...è questo molto noto:

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio." le citta invisibili-I.Calvino

Anonimo ha detto...

Non abbiamo più bisogno di far somigliare le poesie alle preghiere che una volta si recitavano nelle chiese. Basta! Dobbiamo avere il coraggio di passare ad altro. Là servivano gli a capo perché gli analfabeti poveri avevano quell’unico misero modo per esercitare la memoria e cadenzare il tempo della loro vita.
Penso che la poesia, fino a poco tempo fa, seguisse proprio il ritmo delle preghiere che si facevano in chiesa e per questo motivo avesse bisogno di a capo. In genere si studiava a memoria come le preghiere ed è superfluo dire che seguisse un ritmo orale. Il poeta trascriveva un ritmo familiare a lui stesso e a al lettore che aveva come riferimento poetico soltanto le invocazioni. Ciò che riguardava lo spirito, l’emozione, l’ALTO era segnato dal ritmo del tempo. Ma non è detto che tale scansione ritmica corrisponda alle pause del pensiero. Il pensiero ha una sua continuità che somiglia più alla prosa che alla poesia tradizionale. Che bisogno c’è degli a capo per scandire un pensiero? Un pensiero poetico è un pensiero poetico, sia esso scritto con gli a capo sia esso scritto con continuità. È la prosa che porta con sé elevati livelli di poesia perché si avvicina di più al morbido fluire delle idee che hanno una successione ininterrotta tutta naturale. Si tratta soltanto di abituarsi ad una estetica delle parole scritte in una successione piuttosto che in un’altra. Quindi condivido quanto ha detto Erminia: “il ta tan….dell’endecasillabo a monte partiva per cantare o cantilenare o scandire o battere un pensiero e comunicarlo poi trascritto…ma era un modo di memorizzare il pensiero, non necessariamente una estetica di come debba apparire un testo x sulla pagina per essere inteso come poesia”.
g.b.

Unknown ha detto...

G. B. Vedo che hai risposto al mio commento ma non capisco il tema del tuo rispondere visto che non era nel mio pensiero, nè nella mia parola, la preghiera e gli a capo, o alcun elemento di critica poetica che non è il mio mestiere . Ciao

Anonimo ha detto...

Non è questione di essere tuo mestiere o meno. Mi piacerebbe sentire dai MOLTI delle riflessioni più approfondite sulla “grafica” del poetare, prima di tutto. Su questo blog si è discusso spesso di prosa e poesia, ma non è mai venuto fuori un concetto ben preciso sul modo odierno di fare poesia. Mi piacerebbe riaprire il tema.
g.b.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a g.b.:

Ho cercato di dare alcuni spunti di questa riflessione ( da mantenere aperta!) nel post di giovedì 26 gennaio 2012:
Ennio Abate, Poesia/prosa. Qualche ipotesi a partire dalla poesia di Anna Cascella Luciani. E' troppo chiederti o chiederle di rileggere e commentare?

Unknown ha detto...

GB .. Hai usato il rispondi per una risposta senza risposta... Le domande su cui tu interroghi presumo a questo punto, fuori tema in tema o comunque la metto, siano diverse dallle mie .. Le domande vanno al di la del mestiere a questo punto, ergo unica punto per ora interrogabile , FORSE d interesse comune . Ciao

Unknown ha detto...

EC
Ti interroghi

Anonimo ha detto...

Interessante dibattito, ma non riesco ancora a trarre conclusioni nette. Vanno bene tutte le belle considerazioni su io/poesia/noi/prosa/lirismo/razionalità/etc…, ma benissimo l'intervista a Fortini (ma il tempo passa), ribadisco, non è più momento di far somigliare le poesie alle preghiere. Troppa contaminazione è sempre arrivata dalla chiesa che ha propinato preghiere e implorazioni. La poesia si è sempre nutrita di chiesa, contaminata/infestata, avvelenata/sporcata……di chiesa perché i poeti studiavano nelle scuole cattoliche, scrivevano per mestiere, erano controllati, non dalla cultura, ma dal cattolicesimo. Come già detto nel post sopra, la chiesa voleva gli a capo per controllare meglio i poveri analfabeti alla base della società. Il tempo non apparteneva alle loro vite, ma alla menzogna, alla vita ultraterrena. La poesia seguiva il ritmo della preghiera recitata nelle chiese perché era sua una appendice orale, sebbene scritta in forme di alto livello. Il confine tra poesia e preghiera non si è mai chiarito. Ora che la gente non prega più, la poesia prende le distanze e si fa prosa. Si fa puro flusso di pensiero. Non si chiama più poesia. Non c’è più bisogno di imparare a memoria perché internet è fatto di sprazzi minimi, brevi, immediati. La poesia tradizionale si è esaurita, va prendendo strade nuove, più esplicite, meno ammanettate. Si è trasformata in prosa. La scansione ritmica non rende ALTO il pensiero. Il pensiero ALTO non si identifica più con quello spirituale contaminato dal Dio cattolico. È libero flusso, è sciolto dalle regole della metrica perché non ha più bisogno di bavagli o regole repressive. Non ha bisogno di pause per comunicare un pensiero forzatamente interrotto, ma fluisce ininterrottamente come fluiscono le idee, con la continuità tipica della riflessione.
g.b.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a g.b.:

Ma perché deve “trarre conclusioni nette”? A volte le cose sono complicate. E poi non è che i destini della poesia dipendono da queste nostre discussioni. O che esistono schiere di poeti in attesa delle nostre conclusioni. Lei mi pare troppo affezionato alla sua tesi anticlericale (“ non è più momento di far somigliare le poesie alle preghiere”). Nei secoli passati sicuramente la chiesa (cattolica in particolare) ha influenzato la cultura e anche la poesia. Ma l’illuminismo c’è pur stato e le avanguardie storiche del Primo Novecento pure. E non è soltanto con gli ‘a capo’ che la Chiesa ha controllato i poveri analfabeti. Né mi pare che quelli che apprezzano la poesia di Dante siano solo i cattolici. E poi, al di là che le forme di “preghiere” possono essere mascherate in mille forme, come fa a dire che “la gente non prega più”. Se per ‘gente’ lei intende tutti o la maggioranza, non credo che la sua affermazione apodittica sia valida. Né è vero che oggi tutta la poesia “si è trasformata in prosa”. Al massimo ci sono tendenze in tale direzione. E ancora: non è che le regole metriche le abbia fatte la Chiesa cattolica. Ci vengono dal mondo antico. Semmai ci vengono da una cultura sacerdotale precedente quella della chiesa. Inoltre, in anni più recenti, il “libero flusso […]sciolto dalle regole della metrica” (si pensi a un Sanguineti e a tanta neoavanguardia) è diventato per tanti giovani poeti un altro canone, un’altra regola, spesso anch’essa imbavagliante o repressiva. Che poi il pensiero fluisca ancora oggi “ininterrottamente” come - immaginiamo - nella testa di un antico filosofo greco, è tutto da dimostrare. Perché oggi siamo tutti mille volte, in una sola giornata, interrotti dall’esterno da centinaia di stimoli a cui siamo costretti a rispondere, interrompendo i nostri pensieri (ammesso che pensiamo di continuo…).

[continua]

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate [continua]:


Altro che “continuità tipica della riflessione”!
Se può, rilegga “Il controllo dell’oblio”, uno scritto di Fortini del 1982 (pagg. 131-137 di “Insistenze”, Garzanti 1985). E in particolare questo passo:

“È quasi inutile rammentare che questo processo [Fortini si riferiva alla “giustapposizione schizoide fra universo del ‘ricordo’ e universo della ‘memoria involontaria’; e comunque a quel fenomeno di “frammentazione” coatta, di cui sono un esempio gli “sprazzi minimi, brevi, immediati” dettati dallo “stile Internet”, che s’impongono anche nei nostri commenti da blog e che a lei paiono segno di libertà, mentre io resto più dubbioso] - altra volta ebbi a chiamarlo ‘surrealismo di massa’ - ha una sua sorgente nei modi di produzione della fabbrica moderna (si vedano le pagine di Braverman) […]. Ridicolo pensare di sfuggirvi passando dal tempo coatto [quello sociale, insomma - nota mia] a quello privato della contemplazione e della meditazione. È proprio quest’ultimo ad essere definitivamente imbevuto dai ‘tempi’ forniti dalla fabbrica, dal mercato e dalle fabbriche del consenso. Qual è, oggi, la durata media di una lettura continuata? [ancora nota mia: potrei chiederle:… di un pensiero continuato?] Quale la capacità di attenzione sostenuta? […] La congerie dei frammenti memoriali emergenti da esperienze scomparse diventa medium delle nostre giornate, un glutine attraversato da pulsazioni e da soprassalti. Quando ci illudessimo di poterne elaborare un frammento, interrogarlo (come Proust ha fatto) fino in fondo, ci dovremmo accorgere che il tempo di contemplazione di cui si dispone si esaurisce rapidamente, come in certe affollate esposizioni o nei dibattiti televisivi dove, ben presto, ‘il tempo sta per scadere’ “

Se ne deduce, secondo me, che la questione degli ‘a capo’, se teniamo conto del contesto sociale e politico in cui ci troviamo, diventa davvero questione secondaria. E che l’influenza della Chiesa cattolica (o, come lei sostiene, l’imposizione autoritaria degli ‘a capo’ da parte della chiesa) è stata sorpassata da controlli sociali ben più potenti e capillari da parte del sistema capitalista (a cui la Chiesa s’è abilmente e opportunamente adeguata col “gattopardismo” tipico delle aristocrazie di epoche tramontate).
E se ne deduce pure che, in una situazione del genere, non è affatto detto che siano liberatorie
le interruzioni sistematiche del pensiero, apparentemente spontanee ma in realtà corroborate, stimolate, condizionate dai nuovi media (Internet e la comunicazione alla Facebook o Twitter). Il che permette - questa è la mia tesi - di mantenere aperta la discussione su poesia/prosa e non darla per risolta dalla “modernizzazione” del Web.

[Fine]

Unknown ha detto...

Sto riflettendo da ieri su quanto avvenuto di fronte a queste poesie..

la situazione che mi faccio ogni volta, nella "visione" ovviamente laica, è quella più semplice possibile,visione esclusivamente mentale(emotiva-intellettiva), non cerebrale,non intellettuale:
ogni volta che leggo un post , qui o altrove,di contenuto poetico o non , ascolto /osservo i passanti...chi fornito di megaspaziale intellettualità come in questo caso Ennio o GB, chi meno, chi con altri spunti, chi a tabula rasa (estremizzo per rendere) come me..

la tabula rasa la intendo come quello stato emotivo-psichico-mentale in cui è possibile non avere strutture intellettuali molto preziose ma dal risvolto a volte troppo ingombrante per poter deh-gustare la visione centrale di volta in volta in questione(in questo post della forza della parola, in un altro di uno scatto fotografico o in un altro ancora di altre visioni a seconda dei temi)

eppure nella tabula rasa vi sono alcune regole essenziali fra cui anche la contemplazione,il tempo , la pausa, l'ascolto ( elementi messi in luce anche nell'intervento di Ennio laddove ha parlato ovviamente dei limiti "alfabetici" contenuti nei nuovi luoghi di incontro della parola telematica, fessbukara etc etc)

in questa tabula rasa, una delle regole è quella di rimanere di fronte al s-oggetto parlante, in questo luogo il Poeta, di volta in volta proposto

e la deregulation non ha solo un effetto nefasto socioeconomicoculturale da quando reagan tatcher l'hanno imposta a tutto il globo per parlare di libertà truffandola..ergo le regole essenziali del dialogo in ogni luogo ( compreso il web) vanno interiorizzate, pena non poter fiatare su un piano piu ampio poetico-politico..perche nella tabula rasa, pienamente anarchica in questo risvolto, occorre un profondo rispetto delle parti senza attivare l'antagonismo ormai endemico ( il duello a cui mi sono opposta era anche perquesto motivo) e usato peraltro non per la ricerca delle propri radici, identità, esperimenti etc etc..ma piu semplicmente per la riconferma della propria forza

l'autoregolazione non comporta autocensura o diminuzione della propria forza vitale;se so attivarla ri-conoscendo al centro del discorso il protagonista(poeta di volta in volta al centro di quella situazione visione),FORSE potrò pensare nelmio piccolo di trasferire nella "situazione" ciò che quel Poeta mi ha o non mi ha trasmesso ..ma se salto questo passaggio, come in questo caso ha fatto GB, di GB stesso mi rimarrà l'idea che è solo un attaccabriga come tanti altri che si incontranno nella rete e che in ambienti piu politici e meno poetici, fa parte dell'industria di distrazione di massa, che media mangia media, si sono trasferiti anche nel nuovo.

Inoltre se all'alba del 2012 il senso LAICO del sacro deve essere ancora confuso con Vaticano Spa, buonanotte ai sonatori..anche perchè se per un'ignorante tabula rasa come me, è addirittura presumibile e assodata in quel "raso" la distinzione "netta" fra potere religioso e bisogno di sacro, figuriamoci quanta nitidezza fra i due ambiti ne sanno in più fior di intellettuali (come sicuramente sarà GB, tanto come Ennio o Linguaglossa o Partesana e la maggior parte di voi).

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a In soffitta:

"la tabula rasa la intendo come quello stato emotivo-psichico-mentale in cui è possibile non avere strutture intellettuali molto preziose ma dal risvolto a volte troppo ingombrante per poter deh-gustare la visione centrale di volta in volta in questione".

Faccio notare che parlare di tabula rasa e attribuirsi
uno "stato emotivo-pischico-mentale" non ingombrato da "strutture intellettuale" è solo un artificio retorico senza fondamento e che viene usato solo per polemizzare DA INTELLETTUALE contro altri intellettuali che avrebbero invece "strutture intellettuali molto preziose" eccetera.
Tu sei intellettuale quanto me, Linguaglossa o Partesana o altri. Altrimenti neppure verresti a scrivere su questo blog. Del resto lo mostra il tuo stesso linguaggio, a suo modo provvisto di "strutture intellettuali molto preziose".
Perciò non prendiamoci in giro. Siamo tutti/e intellettuali
e in inevitabile contesa fra di noi. Per affermare - spero al meglio, cioè con onestà, rigore nella scelta delle parole e voglia di farci capire dall'altro/a - quello che ci pare una verità o un modo di vedere le cose che crediamo più giusto.

Unknown ha detto...

Ennio,io rispetto il tuo pensiero, "ma" rispetto al tuo pensiero, appunto " non prendiamoci in giro" :-) ...

io non ho i tuoi ferri del mestiere , esplorati assimilati portati ricercati sia con fatica continua ( vedi anche i discorsi del non piacere della lettura) sia con dovere/piacere della fatica della stessa..

io sono qui perchè Poesia è il perno di questo luogo , e lo è in senso ampio tanto che possono rientrarci anche semplicissimi lettori come me a cui può strabattere nulla ( questo il senso della tabula della rasa) se Partesana o Cascella o qualsiasi altro, vada a capo o non vada a capo, faccia o non faccia la preghiera, sia avanguardia o non lo sia , et cetera et cetera..tuttalpiù una tabula come la mia( e spero tanti altri nessuno come me ) può "intuire" o meno grazie a una sua guida, perchè lo sguardo proprio di quel Poeta lo ha rapito o meno , lo ha scosso o meno, lo ha provocato o meno, lo ha trasformato o meno et cetera et cetera o insomma cosa mi ha combinati addosso cosi vicino o cosi lontano ..

l'intellettualità dà una certa liberta ma al contempo la toglie ,
cosi pure è, ma al contrario, per chi non ha i ferri di quell'intellettualità .Per gli aspetti di cui l'intellettuale è piu vincolato (dallo stesso carico di tutte le biblioteche del mondo), il non intellettuale può attenersi solo alle regole relazionali, mentre quelle della forma non lo vincolano , nè l'opprimono, nè per esprimersi ha bisogno di ricorrere a tutto quanto è stato detto scritto riscritto dal suo simile nei milenni ..

non è libero come l'intellettuale ma lo è per altri versi ..

entrambi hanno come punto in comune la schiavitù o la libertà ma è difficile vivere insieme la condizione di partenza di schiavitù verso un piccolo orizzonte comune itaca kavafis

a proposito di intuito come guida interiore per i non intellettuali , vi sono guide vere e voi "dovete" esserlo ...è inutile dire che siamo tutti uguali , non lo siamo e con questo non sto dicendo che tu hai valore e io e i miei simili non lo abbiamo. sono solo condizioni diverse.

tu sei guida e lo sei stato in questo post, lo è stata Erminia pochi giorni fa , piuttosto che altri e lo stesso Linguaglossa.. in modo "intellettuale" come io non saprei "fare" , quell'esempio magnifico fatto in un suo recente commento(le tante domande da lui fatte forse a loro volta un po' troppo chiuse , ma comunque utilissime , che ho reinterpretato dentro me come un lasciare altre domande aperte e altre risposte aperte al Poeta e quindi implicitamente al suo lettore)
ciao

Anonimo ha detto...

Ci sta che qualche poeta abbia interesse per argomenti social-religiosi, o che abbia vocazione per la predicazione. Mi pare che il parallelismo istantaneo con la chiesa addotto da g.b. derivi da questi ingredienti. E queste poesie di Ezio Partesana ne sono ampiamente farcite. Se si aggiunge il fatto che la poesia nasce nella solitudine ( non è dialogo, ancor meno se non lo si tenta idealmente), ecco che ciascuno può sparare le proprie cartucce come gli pare. Qualcuno sarà d'accordo qualcun altro no. Ad esempio la poesia dei poveri: anche sforzandomi di voler scorgere aspetti satireggianti, non la posso condividere, in nessuna maniera.

mayoor

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a In soffitta (Ro o Rosanna):


Non mi pare positiva neppure questa promozione a "guida" di chi esprime il suo pensiero in modo più articolato (non in modo "intellettuale") di come tu o altri facciano.
Tanto più che molte delle cose scritte su questo blog da alcune delle "guide" da te indicate entrano da un orecchio ed escono da un altro o non vengono neppure commentate
o i commenti deviano del tutto dai temi introdotti.
E perciò l'"onorificenza" del titolo "guida" mi pare
fasulla.
Il vero problema è confrontarsi e dialogare entrando nel merito delle cose che uno/a dice e non mettere uno/a
sul falso altarino di "guida" e porre se stessi ( o altri/e silenziosi o assenti) invece nel più comodo
angolino del "non intellettuale".
E'la distinzione intellettuali/non intellettuali che resta falsa. Reali sono certo le differenze di conoscenza, esperienza, reti istituzionali o meno, in cui ciascuno/a di noi è inserito. E questo si sente anche nell'uso del linguaggio. Ma in genere quelli/e che intervengono su questo blog vogliono valere per QUEL CHE DICONO non
per le lauree o le posizioni di potere istituzionale che
hanno.
E' su QUEL CHE SI DICE che bisognerebbe riportare l'attenzione e non su CHI LO DICE o sul pulpito o cattedra da cui lo direbbe.

Unknown ha detto...

impostata così , sicuramente d'accordo con te ..è il tema che deve interessare per essere ascoltato, scandagliato in se stessi o assieme...non ho detto che le due parti e piu ( intellettuali o no, o altre) sono separate, non assegnarmi che non ho "detto" anche perche non le penso.
Peraltro ne ho dette altre che "sul tema" hai preferito escludere :-) e che sono le differenze qualificanti e che arricchiscono una parte con l'altra , anche perchè di base la/il poeta non esiste senza il suo lettore e anche non lettore , altrimenti sarebbe cosa onanistica.

per ora sul tema a cui richiami , c'è stata solo la tua attenzione e la mia..l'intervento di Mayoor non mi è chiaro quindi chiedo lui di approfondire possibilmente senza assegnare etichette a prescindere , tipo barocco, o predicatore, o socialreligioso che purtroppo o meno male mi fanno pre-giudizio senza leva su argomenti emozionali intellettivi intellettuali , ma anche viscerali o altro ancora, che riescano a raggiungermi.

ciao
ro -rosanna- in soffitta

Anonimo ha detto...

... angeli... la legge dei trenta di Giuda, s'è levato iddio, il Signore è potente, i poveri e l'elemosina... ce l'ha con i maestri che predicano l'incertezza, che altro?
Gli oggetti son questi. Ci ho sentito un fastidioso (per me) richiamo alla moralità, un'indispettita propensione al giudizio... ma come ho detto, e senza scomodare Ezra Pound, o perché no per altre faccende il giovane Van Gogh, non è certo il suo conflitto social-religioso che metto in discussione... tra l'altro leggo versi di ottima poesia (sempre per me), tra gli altri: "e per piangere sogno".
No, era per dire che non mi meraviglia che a g.p. (mi pare ) sia venuto in mente quel parallelismo con le tradizioni ecclesiastiche, fa niente che poi si sia attardato, e forse perso, sulla questione dei versi a capo.
Ma tutto questo va limitato alle poesie che ho letto qui, conoscendolo meglio potrei cambiare idea. Per ora m'è parso il linguaggio stizzito di un idealista. E piuttosto infelice di suo.

mayoor

Unknown ha detto...

Mayoor osservi "i giudizi universali" ma anche tu non è che non ne fai , se vuoi te li elenco :
infelice
stizzito
moralista
indispettito
etc etc

anche in altri commenti ti ho letto con assegnazione di valore giudizio di questo tipo
ehehehehehe e quindi chi giudica chi ?
:-)

a parte che solo un pazzo può dire, guardare, ascoltare , vivere concludendo che questo mondo, nelle sue diverse contemporaneità lungo i millenni, può andare/andargli "bene" cosi come è ,

a parte che occorre conoscere meglio questo poeta,

la cosa strabiliante è come ogni testa sia veramente un tribunale (noto proverbio siciliano), in questo caso a prescindere da questo sito o dalla poesia, o da questo o quel tema, la rete è veramente terapeutica in questo..sicchè, a proposito del significato "Calvino" molto lucido , che ho intravisto in queste sette poesie, il tragicomico ne consegue non solo per opposto o implicito paradiso sottostante al testo , ma addirittura nel dibattito stesso , GB compreso. Un assurdo reale incerto paradiso.

ultima cosa:
Sottarsi al tema del bene e male per assegnazioni improprie di "religione" a qualcosa che avvien molto prima della religione stessa , è estremamente pericoloso tanto come lo è l'est-etica necessaria a non fare nè la fine dei servi nè quella dei padroni ( che infatti non significa poveri o ricchi)

Anonimo ha detto...

:) il tragicomico è inevitabile se ognuno dice quel che ne pensa, magari dio una visione oggettiva da offrire ce l'ha. Aspetterem pazienti va.

may

Anonimo ha detto...

Scusate se interrompo questo dibattito appassionato. "Il Signore è potente non perdonate ai potenti" una forza eccezionale in questo verso.La religione entra in queste poesie come un giudice nel quale si è sempre creduto e che ha messo l'uomo al seguito. La religione non ne è sta l'ispirazione ma il mezzo per raccontare tutto ciò che si è fatto o si è permesso di fare in nome di Dio. Argomenti difficili da tradurre in poesia, certo a volte , per certe cose è meglio la prosa , ma qui ci troviamo davanti a dei piccoli capolavori che riempiono l'anima perdon "l'animo" di sete di giustizia ed anche di amore. "Animo" "amore" parole che non s'usano più, ma qui ci stanno , sicuramente ci stanno . Mi diverte quasi, il fatto che davanti alla parola "religione" ancora qualcuno teme di essere bigotto, da un intellettuale questo non me lo aspetterei mai. Per quanto riguarda la poesia = preghiera, vi dirò , mi son fermata a pensare, qualcosa di vero forse c'è, ma che importa , poeti atei hanno scritto fregandosene di questo particolare e poi la poesia parla come vuole a chi vuole, mi piacerebbe leggerne una di G.B.. G.B. scrivi poesie? se è no mandaci una poesia che incontra il tuo interesse,così tanto per capire meglio. Emy

Anonimo ha detto...

Il mio modo di scrivere poesia è questo:

Si sarebbe visto meglio il tuo corpo ben fatto se non avessi indossato quelle gonne un po’ sformate e di tessuto scadente cucite alla meglio dalla zia Gaetanina. Saresti stata bella, se le fatiche non avessero sciupato enormemente i tuoi lineamenti gentili e gli sforzi fatti nella campagna non avessero ingrossato rudemente le tue braccia fino a renderle sgraziate.
I tuoi capelli erano rossicci, non erano molto folti ed erano raccolti a treccia arrotolata sulla nuca tenuta da una striscia di stoffa rossa. Non era facile darti sedici anni, le ristrettezze ti avevano schiacciata, lo sforzo aveva indurito il tuo corpo e sciupato la tua anima. Avevi il modo di fare timido, il sorriso stringato di quelli che cadono in continuazione sulle privazioni e si rialzano senza appoggiarsi. I denti non erano belli bianchi, né dritti, ma c’era qualcosa di particolare, qualcosa di barbaramente bello in quel grezzo tuo sorriso. Un tremore timoroso ti rendeva unica. Gli occhi grandi ed espressivi guardavano sempre verso il basso ed erano velati dalla cupa incertezza dei bisogni. C’era un invisibile steccato dentro e fuori di te e non so se fosse caparbia rassegnazione o ignara sottomissione.
Io ricordo la tua assenza.
g.b.

Anonimo ha detto...

Il mio modo di scrivere poesia è questo:

Si sarebbe visto meglio il tuo corpo ben fatto se non avessi indossato quelle gonne un po’ sformate e di tessuto scadente cucite alla meglio dalla zia Gaetanina. Saresti stata bella, se le fatiche non avessero sciupato enormemente i tuoi lineamenti gentili e gli sforzi fatti nella campagna non avessero ingrossato rudemente le tue braccia fino a renderle sgraziate.
I tuoi capelli erano rossicci, non erano molto folti ed erano raccolti a treccia arrotolata sulla nuca tenuta da una striscia di stoffa rossa. Non era facile darti sedici anni, le ristrettezze ti avevano schiacciata, lo sforzo aveva indurito il tuo corpo e sciupato la tua anima. Avevi il modo di fare timido, il sorriso stringato di quelli che cadono in continuazione sulle privazioni e si rialzano senza appoggiarsi. I denti non erano belli bianchi, né dritti, ma c’era qualcosa di particolare, qualcosa di barbaramente bello in quel grezzo tuo sorriso. Un tremore timoroso ti rendeva unica. Gli occhi grandi ed espressivi guardavano sempre verso il basso ed erano velati dalla cupa incertezza dei bisogni. C’era un invisibile steccato dentro e fuori di te e non so se fosse caparbia rassegnazione o ignara sottomissione.
Io ricordo la tua assenza.
g.b.

Anonimo ha detto...

Ci dev'essere un equivoco g.b., questo tuo è senz'altro un buon modo per scrivere in prosa. Te lo dico con profondo rispetto, e non che io creda di saperne poi molto, ma i sentimenti non bastano. Bastassero, invece che pubblicare libri, i poeti manderebbero i loro testi al festival della canzone partenopea. Magari tu sei un sentimentale e nelle poesie che hai letto hai colto sempre e soltanto questo aspetto. Bene benissimo, ma questa tua è prosa. Poi vabbè, tu puoi dire che me ne frega se è prosa o poesia. Liberissimo, e capisco adesso perché insistevi sul fatto che gli a capo non servono... mai letto un romanzo? Potrebbe interessarti.
Ciao
mayoor

Anonimo ha detto...

l'unica cosa che mi viene da porre e' l'interrogazione: chi sarebbe "l'amore" che se ne puo' andare a dormire perche' e' tutto tranquillo? erminia

Unknown ha detto...

AnonimoJan 30, 2012 09:43 AM
AnonimoJan 30, 2012 03:07 PM

Ciao Mayoor, innanzitutto mi scuso con te e con tutti se non sono in silenzio/contemplazione/ascolto come in altre parti dei post di questo sito. Non so perchè ma non posso limitarmi a fare un capolino e via. Inoltre aggravo la mia posizione perchè devo entrare in aperto conflitto con te, non è spero anche per te un modo per attaccarti o fare duello, o fare narcisistico antagonismo inutile, ma di ricerca di comprensione della distanza che provo ...è il tuo modo di ragionare ed esprimere con la parola che mi inquieta e mi piacerebbe domandarci/capire meglio "insieme".

Il piano della distanza non è nulla di grave, avviene ogni giorno credo in qualsiasi persona, ambiente, argomento, relazione..tu mi dai solo spunto di esporti esponendomi, anche al conflitto con te. Spero sgombrerai da te il fatto che io so di non volerti attaccare sul piano dei tuoi valori e della tua anima.

La distanza che provo al tuo modo che è molto frequente( nel mio vissuto relazionale?) non so se è tipico o meno dell'uomo contemporaneo ai nostri tempi ( sradicato , consapevole o meno, da un FARE relazione anzichè un semplice agirla-reagirla). Io però credo di si e tutti ne ri-sentiamo, piu o meno sofferenti palesemente o inconsciamente.

Il tuo affrontare la tematica bene/male, anima o vuoto, o piu laicamente e oriente-mente, non mi è sufficiente per immedesimarminei tuoi pannidei quali ricordo dicevi di essere zen o buddhista o altro di simile, compreso il "qui e ora" che forse ti aiuta a superare come visione intima/personale, la prima dimensione della realtà che è "dolore", personale e collettivo nel fiume delle sconfitte delle bellezze che poteva vivere l'Uomo rispetto alle bruttezze che mai come in questo periodo, dalla natura/terra a quella umana, sono in un rapporto sbilanciatissimo e di carico sovraumano, come la componente amore/dolore,insita nell'intervento di Erminia.

E Non ha alcuna importanza che dio ci sia o meno, o si interroghi o meno su questo sbilanciamento, perche sulla terra visibili e invisibili ci siamo solo noi a potercelo chiedere.

dunque dopo questo lungo prologo ti chiedo anche alla luce di altri passi e capolini, in cui facevo presente ( ma anche tu lo sei chiesto di recente con risposta di Emy molto ironica sui "professori"):
1 che te ne fai di rispondermi "fatalista", chiudendo così qualsiasi tipo di approfondimento dei temi posti dal Poeta?

2 ma soprattutto, che te ne fai di agire come un professore con un nuovo arrivato , ergo GB?

nella mia distanza dal tuo modo di usare le parole, ritengo hai azionato un "giudizio" assai piu pesante di quello che hai attribuito al Poeta

Posso capire cioè che non trovavi altre parole per dirgli che quel suo atto generoso, di rispondere a Emy , non era poesia ma prosa, ma perchè forzare la "nettezza" di questo confine, con un sarcasmo conclusivo tipico dell'uomo contemporaneo che deve inferiorizzare il suo simile, in questo caso dicendogli se ha mai letto un romanzo? fammi capire la tua coscienza critica sull'uso della parola, tanto piu se il tuo intervento voleva essere "a fin di bene" , dialogico maieutico da Poeta a Poeta.

se puoi poniti anche questa domanda per metterti nei mie panni. Se la sottoscritta non ha azionato/reagito con leve di rivalsa su GB pur essendo stato s-oggetto di una sparata di domande "altre" che nulla c'entravano col tema ( ma erano un suo legittimo bisogno "altro" ), perche deve azionarle un altro soggetto che nulla aveva a che fare con quelle sparate?

vista la tua fede buddista, puo' venirci in aiuto la tua filosofia/religione? poesia? introspezione? senso critico? storico? o cosa?

ciao

Anonimo ha detto...

A G.B.: davvero grazie, mandaci ancora qualcosa. Attendo Emy

P.s: attenzione l'amore esiste ,per fortuna, fa fatica ad entrare nei Moltinpoesia , bisogna solo trovarne la forma o la chiave,insisto- Emy

Unknown ha detto...

Completamente d accordo con te Emy , e all insegna della " pratica " faticosa ( molto più dello studio o del leggere ) che ho fatto quelle domande a Mayoor. .. Altrimenti inutile lamentarsi dei pochi ( in nome di quale sistematici esclusi) ? . .. La nostra relazione è nata da uno scontro , ricordi che bellezza ?

Anonimo ha detto...

Cara Roberta
non hai notato? C'è uno spazio vuoto trai commenti critici che decodificano, interpretano e sanno argomentare, avendo gli strumenti adatti per poterlo fare, e lo sdegnoso silenzio di chi esprime in questo modo il proprio dissenso. A me non basta che questo spazio vuoto venga riempito con complimenti indifferenziati verso tutto e tutti.
Quando una poesia non mi va cerco di dirlo. Sapessi farlo con un linguaggio critico più appropriato lo farei, e lo farei per contribuire a fin di bene sperando che magari possa far bene anche un parere avverso.
Non mi spinge il desiderio di prevalere, se mai quello di andare controcorrente con coraggio e tenendomi affrancato alle sensazioni e alle successive riflessioni che il tal testo ha generato in me. Lo stesso faccio complimentandomi quando una poesia mi piace ( essì, siamo ancora nel campo del mi piace non mi piace), ma anche in questo caso cerco di spiegarne come posso le ragioni.
Credo il mio sia semplice ribellismo, lo stesso che mi esce spesso quando scrivo poesia, cosciente che sto confrontandomi con altri modi di scrivere e di poetare.
I miei sono pareri personali, e vorrei venissero presi per ciò che sono. Dietro non c'è altro te l'assicuro.
Magari cedo al sarcasmo, e qui ti do ragione, come nel caso della mia risposta a g.b. che s'infurierà certo se, come mi sembra, è una persona che ama prendersi molto sul serio. Altrimenti mi darà una bella lezione di gentilezza, che è quella che mi stenderebbe.
Per altro le sue riflessioni sul flusso del pensiero mi trovano d'accordo pur avendo riserve sulla teoria dell'ALTO in poesia che sarebbe da attribuire al sacro religioso, cosa comunque possibile sulla quale non ho mai riflettuto. Fosse vero sarebbe un fenomeno planetario che va ben oltre i confini del nostro paese tanto cattolico. Ma il sacro è altra cosa, giusto distinguerlo dalle religioni.
Il sacro è ciò che non muta. Le verità cambiano ma non cambia la ricerca della verità. Pertanto è sacra la ricerca e non la verità. E' sacra la poesia, non è sacro il modo di scriverla, almeno non lo è fin quando l'autore non abbia incontrato se stesso. Se stesso è sacro.
Il sacro è ciò che non muta, quindi è ciò che è. Quindi il flusso dei pensieri in se' è sacro, ma non è sacro ciò che è pensato.
Paradossalmente possiamo dissacrare solo ciò che sacro non è, altrimenti faremmo del male a noi stessi. Anche per questo vado senza problemi contro corrente.
Ciao

mayoor

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate ai vari intervenuti in questo post:

Scusate, ma se un post deve diventare l'occasione di scambi di opinioni fuori dal tema del post e invece su argomenti vostri perché non comunicate attraverso le mail personali?
Se non volete comunicare pubblicamente a tutti i vostri indirizzi mail fateveli inviare a: moltinpoesia@gmail.com
e io faccio da smistatore.
Questo è un luogo PUBBLICO e la discussione deve riguardare
i TEMI PUBBLICATI.

Anonimo ha detto...

Ok, cero che ci siamo allontanati dalle poesie di Partesana, ma non tanto dai temi che queste poesie hanno richiamato. Ma è vero che si finisce col fare torto all'autore. Ci starò più attento.
Ciao

mayoor

giorgio linguaglossa ha detto...

complimenti all'autore Ezio Partesana di queste poesie, finalmente una poesia che proviene da una riflessione a monte; insomma Partesana è sceso a valle attraverso un passaggio impervio, cioè quello che ha condotto la poesia it. maggioritaria nel vicolo cieco del post-minimalismo e dell'esistenzialismo spicciolo. Come classificare altrimenti una poesia come quella di Mariangela Gualtieri (3 libri editi da Einaudi), una sorta di reflessologia dei patemi d'amor dell'io con un linguaggio telefonico e telepatico. Partesana invece ha un linguaggio poetico frutto di incudine e martello, che batte su una iconologia anche antica (ma non anticata), una poesia "a tesi" come non si leggeva da tempo nella poesia it.na. Una inversione di rotta totale rispetto agli esiti epigonici della poesia maggioritaria. Una poesia che sa coniugare il difficile con la leggibilità...

Anonimo ha detto...

La discussione appunto, era più sulla tesi che sul linguaggio. Ma immagino che questo dia solo spazio a interpretazioni soggettive.

m.

Unknown ha detto...

Ennio senza alcun spirito antagonista , se ci pensi il dibattito, compreso l'apparente fuori tema di gb, era molto speculare al gioco di specchi dentro le sette poesie. Non vuoi " ruoli diversi" , ma le parti diverse attraversano i vetri, liquido soffiano, e s-murano fino all' ottava dello stesso Poeta, parte ..sana.

Anonimo ha detto...

Ad Ennio: fuori tema? Non direi, non siamo a scuola che il componimento lo deve correggere il Prof. le discussioni servono, anche quelle fuori tema, permettono di conoscere meglio la poesia, noi e il poeta e poi anche tu non poche volte hai divagato ma non sono stati certo momenti inutili o dannosi. Uscire dagli schemi spesso, ripeto serve per non far cadere il Blog nella noia, ma senz'altro non sarai d'accordo.
A Mayoor e a Ro : apprezzo la sincerità di Mayoor che esprime sempre il suo punto di vista con molto tatto e se la sincerità qualche volta può offendere, non farà certo quel male che porta sempre con se l'ipocrisia. Emy

Anonimo ha detto...

@mayoor
Bruttissimo il verbo “infuriarsi”, non mi irriterò affatto, né sono qui a dare lezioni di gentilezza o a stendere le persone. Se Mayoor è ancora allo stadio di “stendere” qualcuno allora…. Io non ho toccato l’argomento del “sacro”, lo lascio agli studiosi delle religioni, ma ho espresso un semplice concetto sul naturale innestarsi della poesia sulla cantilena dell’ orazione. Mi sono soffermata sull’aspetto repressivo della metrica che fa capo ad un bisogno di controllo. Avrò la libertà di pensare che oggi la poesia e la prosa si sovrappongono e si fondono!
Provando a scrivere:
“Parecchi di qui sono tedeschi morti sotto i bombardamenti di Dresda e Berlino. Tutta brava gente. A Roma e a Napoli ce ne sono meno qualche artista e qualche menagramo. In Africa quelli che avrebbero voluto scappare ma non ce l'hanno fatta. Gli artisti per bene sono tedeschi di Berlino. Quelli di Napoli son bombardati. Quelli di Milano sono morti che avevano ancora i denti”.
Mai letto un romanzo? Potrebbe interessarti.
g.b.

Ezio Partesana ha detto...

Gentili poeti e lettori,
vi scrivo solo due righe per ringraziare della cura con la quale avete letto i brevi e pochi scritti miei che l'amico Ennio ha voluto pubblicare.
Sarebbe un'azione sciocca da parte mia entrare nel dibattito e perciò non lo faccio, ma lo stesso vorrei sommessamente rassicurare tutti sulla mia assoluta mancanza di fede o spirito religioso... detto così, come se potesse servire a evitare un fraintendimento.
Un sincero augurio di buone letture e studio a tutti voi.

Ezio

Anonimo ha detto...

Ah g.b., la mia sembra prosa proprio bruttina. Grazie.
ciao

m.

Anonimo ha detto...

Vedo che nel testo di Partesana i poveri ne escono assai malconci . Evidentemente la testimonianza di P. è mossa da esperienze negative che però - mi permetto di rilevare - non legittimano un "referto" così radicale / tranchant .
Per tanti anni li ho frequentati e li frequento con il mio laico fai da te e posso dire che in questa moltitudine di emarginati si può incontrare la becera incattivita asocialità ma anche l'innocenza e la disarmante dignitosa umanità di un bambino che chiede solo di sopravvivere .
Generalizzare non credo sia appropriato .
Grazie .

leopoldo attolico -

Anonimo ha detto...

Dunque non sono l'unico ad averlo notato. Di questi tempi poi...
Va bene che far sempre complimenti conviene, ma a tutto c'è un limite.

mayoor

Anonimo ha detto...

@L. Attolico & Mayoor: scusate se m'intrometto, ma siccome l'ultimo scambio di battute un po' mi sorprende, non so se ho capito la vostra perplessità nei confronti della poesia "Evidenze". Se tale perplessità (o meglio, fastidio) è nei confronti del contenuto "denigratorio" a scapito dei poveri, suppongo che bisognerebbe avere capito di chi sia la voce che emette i giudizi (luoghi comuni) sui poveri della poesia in questione. Non credo che sia l'opinione del poeta (non penso che i poeti ragionino per luoghi comuni), ma un suo riportare, nuda e cruda, quella che per molti è una "evidenza". Una "evidenza" che ovviamente non digeriamo. No, neanche un po'.
Ciao!
Flavio

Anonimo ha detto...

Tutto può essere Flavio, ma non è stata scritta una parola che giustifichi questa tua interpretazione. Sarebbero bastate due righe nella presentazione. No, ma voglio credere che Partesana sia un ricercatore di verità, a costo di apparire sgradevole. In questo caso si tratterebbe cose attinenti alla poetica.
La verità nuda e cruda non andrebbe affidata alle persone prive di saggezza. Poi, la verità dei poeti te la raccomando, a me basterebbe si contenessero nelle bugie.
Ma qui il discorso potrebbe farsi lungo.

mayoor

Anonimo ha detto...

E il discorso sulla finzione non ci sta? Io voglio pensarla come Flavio, altrimenti sarebbe davvero una triste evidenza, ma è comunque la poesia che deve valere. Le verità , solo in poesia, possono anche essere non verità di che ci meravigliano? Emy

Unknown ha detto...

Non sono così "Alta" da analizzare l'avvenuto nel dibattito, rischio sicuramente di essere fraintesa come se tutto quanto ho scritto dal mio primo commento all'ultimo, sia "complimento" ad un Poeta che:

1 non conoscevo

2 tuttora non posso dire di conoscere

3 anche se lo conoscessi meglio, rischierei la sua stessa sorte , ovviamente limitando questa affermazione all'"evidenza" che chiunque si ponga con un forte connotato "pasoliniano", subisce piu o meno la sua stessa tragedia "uomo".

Tragedia nel senso che, potere o meno come PPP comunque aveva, è ancor maggiore e più pesante per uomini (uomini/donne) che , avendo introiettato un forte senso di "passione" completamente laica, "pagana" ma anche sacra( nel senso piu antropologico e mitologico del significato) , sono perfetti signori nessuno sebbene come Partesana anche Poeti,o filosofi etc etc


ciò che Partesana dice è SCO-MODO e lo è ancor più se , ipocrisia o meno( di cui non si vorrebbe soffrire come da societa gravemente malata in cui viviamo) , ideologismi o meno, dice esattamente "il corpo" nel suo intero come è la massa o la folla , al di là di atomi , singoli, unità che nella esperienza di ognuno di noi , si salvano e fanno eccezione ai furbi e ai fessi

dei poveri non attribuisce la loro pochezza di spirito a una loro volonta, ma ben distingue che il pesce puzza dalla testa dei potenti ..cosi poveri ben distingue la condizione di povertà da quella della mafia mentale di essere servo.



solo un pazzo, o un ' ottimista da sorriso durbans, o un comunista fedele adepto per nulla laico come e peggio di un vaticanista o di un ciellino o un 'azionecattolichino , può pensare all'alba del duemiladodici che le masse di un 'unica non classe molto liquida dopo anni di bombardamento ultracapitalistico consumismistico grandefratellato orwelliano, siano in grado di essere " difese " con decrepiti strumenti di analisi e protezione.

Finchè l'essere umano, e tanto piu quello che vuole occuparsi degli "oppressi" per liberarli dai predatori dominanti, non penserà al vero volto degli oppressi, poveri e servi tutto compreso fino anche ai carnefici (vittime a loro volta), tutti saremo sconfitti come le poesie dimostrano per una loro parte rispetto all'altra sottesa che dicevo in altro commento

prendere atto delle vere cause di sconfitta TOTALE , di perdita accelerata nell'uomo contemporaneo da infinite "alien" forme di schiavitu, sarebbe già un passo avanti soprattutto per chi credeva o si crede ,se non comunista, non iperturbocapitalista.

non ci vuole poi molto, basta essere goya essere pensare, quadri di cui al Poeta.

Anonimo ha detto...

(prometto che dopo questa mi conterrò dal commentare. Lavoro molte ore al computer e questo spiega in parte la mia assiduità).
Non c'è nulla di buono, ne' di bello nell'essere poveri. Anche questo sarebbe un argomento da demistificare, ne convengo, le chiese di tutto il mondo hanno costruito le loro cupole sulla povertà. E così i governanti e i detentori della ricchezza ( loro sì veri ladri).
La povertà è un problema quotidiano anche per i poveri, e non solo per l'Andrea Sperelli dannunziano che si sentiva venir meno per il puzzo degli operai.

Mayoor

Anonimo ha detto...

Flavio lavora di fantasia e fa il processo alle intenzioni , ma il testo lo abbiamo letto tutti : le parole sono quelle ed è inutile girarci intorno .
Il poeta - chiunque sia - non la manda a dire ; scrive per esperienza diretta ( o indiretta se ritiene credibile quella che gli viene riportata da altri ) . Certo , può sparar balle se gli fa gioco , se sono funzionali a quello che sta scrivendo . Mi riesce difficile pensare che Partesana si sia espresso - su un tema del genere - facendo ricorso a parole che non gli appartengono .
Partesana sarà anche " un ricercatore di verità " - come postula la buona volontà di Mayoor - ma il testo così com'è non si presta ad interpretazioni "buoniste" : fotografa una condizione umana e la definisce secondo me - ripeto - ingenerosamente , papale papale , facendo di tutta l'erba un fascio .
Qui poi non è questione , almeno per me ( e credo anche per Mayoor ) di essere risentiti perplessi o " infastiditi " : si tratta semplicemente di non essere in sintonia con un testo che propone la sua " verità" come dato di fatto , come "verità" acquisita dal comune sentire .

leopoldo attolico -

Anonimo ha detto...

Il "comune sentire" altro non è che il luogo comune: credo che i poeti non si esprimano per luoghi comuni.
Mi spiace Leopoldo, tu dai per dimostrato ciò che è da dimostrare, e il processo alle intenzioni credo che sia tu a farlo. In ogni caso rispetto la tua interpretazione proprio in quanto interpretazione, non oro colato.
Ciao!
Flavio

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

A me pare che in "Evidenze" Partesana presenti i poveri come sono visti da uno sguardo disumano.
E' questo sguardo disumanizzante o capace di disumanizzare l'altro/gli altri, il centro della poesia. Dopotutto i "poveri veri" sono costruiti dalla disumanità degli "uomini veri".
In altri termini come ci possono essere uomini veri se esistono poveri veri?
In altri termini ancora: è UMANA la condizione dei poveri?

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:
Aggiungo con Primo Levi... Se questo è un uomo...

Anonimo ha detto...

La visione nichilista del poeta nasce forse dalla convinzione-sensazione dell'impossibilità di cambiare le cose, non interessa la visione che hanno i "disumani" dei poveri ed è vero che spesso i poveri possono essere violenti, come una morale che nasce e muta date certe condizioni. Spesso sono portato a credere che elemosinare è un lavoro come un altro anzi si possono dettare le regole per farlo nel migliore dei modi. Si impara anche che si può dare solo se l'altro è disposto a ricevere. Non esiste il dare tout court per liberarsi di ciò che non ci serve. L'elenco delle dinamiche è lungo ma credo che al poeta per ora non interessi la sociologia del o sul povero. Dove non c'è via di scampo, ci sono solo "evidenze". enzo