mercoledì 29 febbraio 2012

Ennio Abate
I moltinpoesia (1)


Dialoghetti a puntate tra Samizdat e il Poeta Invisibile
sul ‘noi’ che non c’è e alcuni modi  provvisori per edificarlo
(Prima puntata: Gerarchie poetico-politiche) 


Samizdat - Ti vedo mogio. Hai perso l’ispirazione? Non hai vinto il concorso di poesia di Vattelapesca? L’editore (X, Y, Z, ecc.)  ti ha chiesto troppo per la pubblicazione dell’ultima plaquette? Al reading della Casa della poesia, mentre leggevi, la gente s’è stufata ed è uscita?


Poeta Invisibile - Anche tu a bastonarmi? Che  tempi! Ce l’avete tutti con me!


 Samizdat  - No, no…Sono un bastonato dalla Storia io pure, quanto e più di te. Maneggio le rovine del Novecento. Vedi, questo è quel che resta del Progresso, questo del Socialismo, questo del Comunismo,  questo  del Marxismo e della Dialettica, questo della Teologia della Liberazione. E nel mio armadio poi, al posto degli abiti, ho solo pacchi di manifesti ingialliti, tazebao del ’68 e i miei saggi politici inediti.




Poeta Invisibile - Ah, te la passi male anche tu! Io mi sono ridotto a parlare col mio cane o con il muro di fronte o con  quel tiglio oltre la cancellata. Non frequento neppure gli amici. Sono tutti poeti laureati loro. Di serie A. E ce l’hanno con me e i miei simili. Noi saremmo di B o C, l’eterno sottobosco della Poesia, i similpoeti, gli invisibili appunto. Toh, leggi ‘st’articolo. Parlano di noi. Con fastidio. Saremmo cresciuti come funghi dopo un temporale. Ci dicono narcisi, anestetizzati, accecati, presuntuosi. Mi si torcono le budella dalla rabbia!


Samizdat - Lontani i tempi di Castelporziano, eh!  Tutti pentiti negli ultimi tempi. Oggi il loro cuore batte altrove. Fa’ un po’ vedere… Eh, sì...(legge i nomi e canticchia sfottendo)… Madamina, il catalogo è questo/ delle belle che amò il padron mio…


Poeta Invisibile – E non basta. Dicono che, se vuoi essere poeta, come minimo devi aver scalato la  Montagna degli Spiriti Magni.


Samizdat – E cioè?


Poeta Invisibile - Beh, mi pare di aver capito che Magni siano i poeti che  si studiavano o si studiano nei licei bene: Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Foscolo, Leopardi e via  elencando. Le loro opere avrebbero formato ‘sta montagna. E, secondo loro, adesso, per essere “veri” poeti, ci tocca scalarla.


Samizdat – Ma loro l’hanno davvero scalata? E sono arrivati in cima? Non prenderli sul serio. Anche il più dotato dei Magni odierni potrebbe vincere in duello Leopardi solo sperando  che la gobba  gli sia d’impedimento. Rabbrividisco  al pensiero  che Cucchi osi svegliar Foscolo, mentre a sera il suo spirto guerrier ch’entro gli rugge si sta appisolando!  E  sfido chiunque a vedersela con  nonno Dante. Non son cose per loro e neppure per noi. Non ti struggere con falsi problemi.


Poeta Invisibile - Ne dubito io pure. Le arrampicate più documentate  sono quelle per le scalinate della Mondadori, della Einaudi e dei vari Assessorati alla cultura. Ma, pur di umiliarci, dicono di averla scalata quella montagna.


 Samizdat -  Forse  hanno scambiato le cattedre universitarie o le redazioni dei giornali per la montagna.


Poeta Invisibile - Eppure mettermi a studiare i classici mi piacerebbe. Non mi pare un esercizio da necrofili. Non intenderli più mi rode.


Samizdat -  Caro mio, il sugo della  Tradizione, dei Classici è scolato via. Hai voglia di colmare le lacune, come diceva la mia maestra. Oggi la scuola è un colabrodo. E poi il tempo dove lo trovi? Ahò, siamo in piena globalizzazione! I palloncini della disoccupazione e  dei lavoretti precari sono gonfi come la luna piena!


Poeta Invisibile - E poi  ci fosse un classico adatto al mio poetare  flessibile e intermittente! Un classico che stia giusto giusto nelle pause  che strappo al lavoro, al sonno, alle fatiche quotidiane, alla depressione che mi prende di fronte alle brutte notizie! Sono stufo dei paroloni tonanti. Ce li vomitano addosso per farci sentire ancora più nani di quel che siamo! Sono stufo pure della biblioteca di Babele che Internet squaderna davanti ai miei  stanchi occhi.


Samizdat – Giusto, ragioniamo con la nostra testa né magna né nana. A me pare che troppi bacchettoni  della Poesia si pavoneggiano con gli Spiriti Magni semplicemente perché l’Ordine Poetico Corporativo, che ha ben poco di Magno, lo impone. È la loro divisa d’ordinanza. E noi  dovremmo essere pubblico plaudente e pagante. A loro l’arrosto della Scrittura (sempre più bruciacchiato). A noi il suo fumo (sempre più nauseante). È un Ordine Poetico-Politico che, con buona pace di Gramsci, nuovo non è. Puzza pure di sacrestia.


[Continua]

32 commenti:

Anonimo ha detto...

Ogni chiesa ha i suoi sacerdoti. Non c'è sorpresa in questo, e forse neppure scandalo. Essere ultimo fra i Molti dà qualche piccolo vantaggio: ascoltare solo quando se ne ha voglia, fregarsene delle beghe di condominio, non dovere nulla a nessuno, essere liberi di rispettare chi pare rispettabile. Tutto il resto cade nell'indifferenza. Al massimo una lieve nausea, qualche volta. Niente più.
Ciao
Flavio

fiorellaangelafrancesca ha detto...

Quoto Flavio.

Anonimo ha detto...

A ciascuno il suo, e senza invidia per nessuno.

Anonimo ha detto...

Beati gli ultimi se i primi sono onesti. Vero? . Emy

Anonimo ha detto...

Sai Samizdat, secondo me c'è sovrabbondanza di parole. Ne scrivi una che arriva dal tuo silenzio e subito te ne arrivano altre che ti rapiscono. E il silenzio è bel che andato. Succede anche ai poeti noti, l'ho notato leggendo le loro poesie sull'ultimo almanacco Mondadori. Però poesie lunghe... negli ultimi anni non era così. Dopo lo sperimentalismo m'ero abituato a leggere cosette da dieci righe al massimo. Poesie lunghe dove m'è sembrato si finga di dire cose importanti, almeno il tono sapiente è quello. E' proprio vero che in cima alle più alte montagne non c'è nulla?
C'è sovrabbondanza di parole, e forse non è solo un vizio dovuto al ritmo della scrittura, ma perché non parliamo più in quanto siamo parlati. Non ce ne accorgiamo, e scrivere sapientemente ci illude ancora più d'essere soli e unici.

mayoor

Anonimo ha detto...

Siccome sono per lo più della generazione anni '50, alcuni si sentono in dovere di parlare di internet, magari tentandone il linguaggio. Ma in questo non c'è novità, al contrario... i poeti degli anni 60 non scrissero libri dedicati ai 45 giri o alla macchina da scrivere Olivetti, e i giovani di oggi fanno lo stesso perché con il pc ci sono nati. Per loro è poco più che una penna biro. Quindi solo i vecchi ci perdono tempo tentando di afferrare novità che novità non sono già più. C'è poco da dire.

mayoor

Anonimo ha detto...

Lo strazio è aver poco da dire avendo a disposizione moltissime parole.
m.

Anonimo ha detto...

Mayoor, vi sto seguendo, ma posso chiederti di dove sei? Sembreresti piemontese. Mi sbaglio? Simonetta

Unknown ha detto...

OT

..e prima Annalisa, e poi Lucia, e ora Simonetta...e nel mentre vari conflitti irrisolti, incomunicabilità, complicazioni affari semplici, supercazzole e scappelamenti a destra come Antani,

dunque è possibile chiedere a Simonetta ,tanto così,così per pura generosita e gratuità, un farsi carico "straordinario", di pura gentilezza d'animo, dello scenario in cui ha calato il suo saluto?

faccio finta per un attimo che la frase "vi sto seguendo" sia in buonafede, sia in profondo ascolto di questo insieme di persone( ultimi e/o prime a me poco importa chi vuole sentirsi superiore o inferiore, non si possono risolvere in queste pagine soluzioni che liberino vagamente dalla propria condizione di schiavi verso la liberazione di piccole o grandi servitù da se stessi o altri).

Se Simonetta "sta seguendo", avrà notato una incapacita ( sottoscritta compresa) delle varie componenti a mettersi in profonda = intima connessione l'una all'altra , dimostrando dunque che la poesia rimane teoria se non può essere vissuta nella pratica , con costanza prospettica di fatica volonta e affetto all'infinito, di trama filati tessuti umani in relazione un filato all'altro... il duale menù occidente si (im)pone anche in queste filigrane di conversazioni fra profughi, con ogni sua sovrastruttura, che sia intellettiva, alternativa,accademica, non accademica, o addirittura anche piu semplicemente emotiva,dietro cui trincerarsi per complessi e tabù di superiorita o inferiorita, oppure piu semplicemnte ma non meno grave, senza alcun conflitto, perchè c'è ben altro ( stile o non stile Uolter) , c'è ben altro da fare e la vita altrove.


dunque chiedo a Simonetta: da quando certo tipo di incomunicabilità è emerso in questo insieme non insieme di persone, quale è per lei il punto centrale dell'avvitamento ?
è il dove? il come ti chiami? il piemonte?

ps
siamo su scherzi a parte per non prenderci troppo sul serio?

Anonimo ha detto...

Un poeta di terra profonda é diventato una villanella in versi, una signora polacca e infine (o da sempre) Samizdat
misteriosa entità cullata ed illusa dagli "ismi". Ora si sente vittima e - in mancanza del necessario fisiologico dialogo di coloro che sono avanti nell'età - s'inventa un "Poeta Invisibile". Un espediente per continuare i modi che conosce e arare l'inaridito campo della critica e delle presentazioni che interessano - ad andar bene - 10 persone. 10? Ma é già un successo! diceva una famoso e celebrato temporaneo critico a pagamento. Un alibi.

Ieri é morto Lucio Dalla e quasi nessuno dice che era un poeta. E' morto il cantante e compositore che scriveva versi bellissimi sopravanzati da musica squisita.
Senza fare nomi e paragoni con i semisconosciuti poeti contemporanei invito a riflettere su cosa scriviamo. Con un atto di modestia dovremmo tacere più spesso, scrivere meno e magari alla fine cestinare.
Io ci provo.

Beppe Provenzale

Anonimo ha detto...

....Dice che era un bell'uomo
e veniva veniva dal mare
parlava un'altra lingua
però sapeva amare...

da Lucio D. a Beppe

da Emilia

Anonimo ha detto...

Invisibile - Forse il problema è che i bacchettoni stanno troppo attaccati agli Spiriti Magni e all’Ordine Poetico Corporativo e questo non consente loro di girarsi, di scivolare lungo la cascata di rifiuti guardando il cielo. Non sanno che a volte il contatto con il mondo esterno misero e sporco che li circonda ha un suo fascino e può riservare delle sorprese.... enzo

Unknown ha detto...

Non credo che ritirare in ballo "un morto" faccia avanzare di un passo verso il miglioramento di un dialogo...là c'era un morto ( Fortini) , ora ne mettiam di mezzo uno un po' più caldo,appena morto ( Dalla) , ma il muro contro muro non cambia di una virgola, e tanto meno cambia se ogni parte, non uno di meno, non si fa la sua autocoscienza, possibilmente non quella di moda in moda, un tempo femminista e ora pseudo-umanista.

Se non si prende atto, in ogni parte di un determinato insieme, quindi anche questo ambiente, di quanto l'impero mediatico abbia vinto persino nei confronti dei suoi piu visibili e privilegiati, nel senso migliore del termine, fra i quali si sentiva anche Lucio Dalla, senza bisogno dell'ufficializzazione della sua poesia, non possiamo fare /vivere poesia per la quale non c'è nemmeno bisogno di scriverla, o di audience, o di misurazioni moderne, industriali, postindustriali, numeriche..

A chi conviene opporre o opporsi a questo o quel professor, oppure a questo o quel poeta invisibile?
..nel doppio significato rappresentato anche dal poetico Lucio, laddove amava gli uomini confusi e non conclusi), forzare sul numero è essersi fatti assorbire dalla farsa del teatro/tatrino mondo e sua rappresentazione che tutto punta a dare i numeri e nemmeno a farli.

Superare il duale, esposto con evidente con_fusione e dolore in questo scritto/post di E.A., è la sfida poetica, in pratica e non in teoria...opporre un altro opporre nell'opporre, addirittura iperbole un'altra volta nei vivi e nei morti, è muro,tipicamente menu occidente..

contestare un con-testo di minoranze , anche fosse solo fatto di 3 Mondi= 3 Persone, sul fatto che farebbe solo tre e non milioni, stadi, segmenti di mercato, in una parola Volume, significa accettare "il successo" come parametro contemporaneo di possibilita di esistere (da Uno a piu molteplice )..facendo indirettamente vincere due e piu volte chi ha impostato l'alfabeto dei numeri primordiale, rovesciandone il significato primordiale del numero stesso, e aggacciando i suoi contenuti piu profondi ma capovolgendoli,in modo che uno o milioni, diventassero tutti contro tutti, caos,caos ordinato però, da volumi più significativi alle leggi di mercato, da "onorare" non con la qualità che ogni numero è ed ha, ma piu semplicmente come quantità.

Anonimo ha detto...

Il mio era solo un piccolo piccolo pensiero. Emy

Unknown ha detto...

non certo volevo offenderlo, tranqui Emy ...il senso del mio discorso non è duale . bacione.r

Anonimo ha detto...

poeta visibile/invisibile, di serie A e B, diplomato e no, e altre distinzione ancora. Ma se non sei poeta, scrivere in versi o in prosa, a poco serve la fatica. Se il vino è buono,no problem!!!!!!

Anonimo ha detto...

Non farci caso Simonetta, ma ro. ha ragione a precisare che questa non è una chat. Per chiarimenti o contatti di qualsiasi tipo basta scrivere a moltinpoesia@gmail.com
questo perché altrimenti qui diventa un casino.
Siccome però ro. avrebbe anche potuto contenersi (che non mi sembra proprio il caso perché sarebbe bastato un semplice suggerimento) ti rispondo che sono di Milano, a Torino ho letto qualche volta e ci ho vinto l'ultima edizione del Premio Marello per la poesia. Ciao

m.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

Scopo di questi miei dialoghetti è chiarire cosa possa voler dire oggi ESSERE MOLTINPOESIA.
Grazie dei commenti, di cui farò tesoro. Ma siamo appena al primo. Risparmiatevi un po' il fiato...

Anonimo ha detto...

A proposito della "cascata di rifiuti" Enzo mi ha fatto venire in mente il corto di P.P.Pasolini, “Che cosa sono le nuvole” (1968, nel film a episodi “Capriccio all’italiana”) che consiglio a tutti di vedere e, a chi lo conosce già, di rivedere. E’ un film magicamente poetico, oltrechè attuale, perché parla della difficoltà a liberarci dalle nostre “inquadrature” nel vedere le cose del mondo, ad accettare che non c’è solo il davanti scena ma anche una complessità dietro la scena. Quando la marionetta Otello dice alla marionetta Jago – impersonata da Totò – “mi faccio schifo… perché dobbiamo essere così diversi da come ci crediamo?”, Totò (uscito dal personaggio Jago e impersonando il pensiero di Pasolini) risponde “Eh…figlio mio. Noi siamo in un sogno dentro un sogno”.
Quando usciamo dal ‘cubo teatro’ delle nostre certezze fasulle, e veniamo scaricati nell’immondezzaio, come accade alle due marionette Otello e Jago linciate da un pubblico che si fa prendere esclusivamente da ciò che appare, entriamo in contatto sia con la miseria del vivere ma anche con la straziante, inequivocabile bellezza del creato che, come scrive Murri (in P.P.Pasolini, Il Castoro, Milano) surclassa perfino la “necessità” artistica. Assistiamo al “ trionfo della gratuità, della caducità e del cambiamento, di tutto ciò che non trova spiegazione se non in se stesso: è solo la morte delle marionette, delle creature del pensiero, che di solo pensiero e di dramma tutto umano sanno nutrirsi, a rivelare improvvisamente la grandiosità dell’assenza di senso, di quell’unicità senza scopo che è l’attimo folgorante della vita”.
Grazie per avermelo fatto ricordare.
Rita S.

Unknown ha detto...

Mayoor caro, è proprio un bel problema con- tenersi, rispetto a riduttivo "suggerire" all'altro come deve essere e contenersi.

Se parlo fornisco motivazioni alle mie parole cercando di essere "altro" dal semplice me stessa. Non vivo le parole come uno strazio.

Inoltre se era giustamente tua intenzione ,in quanto diretto interessato all'intervento dialogico con Simonetta, potevi a specchio o riflesso delel stesse parole che rivolgi a me, contenerti nel non tirarmi in ballo, né per ragioni né per torti, o un colpo al cerchio e uno alla botte. Piu semplice ,visto lo strazio da te patito delle parole, quelle a che a te premevano: mail, residenza, n° edizione, premio. Perchè .." perchè altrimenti qui diventa un casino" vale per tutti,corto circuito assicurato.

Anonimo ha detto...

obbedisco. So che neanche sotto tortura ammetteresti di essere stata eccessiva. Ma lo strazio di cui parlavo non l'hai capito, non puoi perché anche a te le parole fuoriescono impazzite, e non è un giudizio rivolto a te questo, bensì a chi scrive (leggi sull'almanacco Mussapi o Minore ad esempio). Ma s'intende che è un parere personale. Questo strazio delle troppe parole che rapiscono io non lo provo, ho appena buttato per questo quasi tutte le mie poesie, soprattutto quelle che ho postato qui, quindi ora io e te possiamo parlarci da non-poeti tranquillamente. Che relax. Ciao
mayoor

Anonimo ha detto...

... cioè ho buttato le poesie perché mi sono reso conto che erano malate, ma in fondo io scrivo con linguaggio popolaresco ( nel senso di annebbiato), per altri più sofisticati il problema potrebbe essere assai più complesso. Bravi sì, ma con poco da dire. E non è un problema strettamente di contenuto, quanto di conseguanzialità estetica che a me appare come fuorviante di se' anche nel caso che si narri di privati dettagli. Insomma mi sto rendendo conto che il dilagar delle parole ( ricordi il messaggio di Fellini ne La luna?) è entrato a loro insaputa anche nei poeti. Perché sia successo non lo so, e le spiegazioni sociali mi sembrano a questo punto piuttosto scontate.
mayoor

Unknown ha detto...

Mayoor caro non seguo la tua logica, mi dispiace. Non è questione di ammettere o non ammettere.Io non so le cose che ammetti o non ammetteresti mai( a male pena mi sorprendo nel mio annettermi, o nel mio ammettermi e/o dismettermi e cosi via)

Però la seguirò la tua logica se mi darai dimostrazione SCIENTIFICA che le parole gli alfabeti o i suoni ,diventano a un certo punto come gli ascensori o altre macchine, e aggeggi infernali di notissimi romanzi e film..ergo prendono e appunto "impazziscono" e/o "fanno impazzire" come si dice vivono di motu proprio. Ascensori che ti portano al cinque quando avevi schiacciato due , per non citare casi di molto piu angoscianti e persino reali.

Dunque, se in tal senso non ritengo impazzita nemmeno la parola "piemontese", tanto come non ritengo impazzita la parola "chat" che tu hai usato , non io che ho fatto altri discorsi , tantomeno posso ritenere "eccessiva " qualsiasi altra parola nelle mie o altri mani, a meno che deliberatamente usassi la parola per uccidere qualcuno.

mi sembra inoltre che il tema ricorrente della pazzia, o impazzire, o impazzimento, vada veramente affrontato , ovviamente senza prendersi troppo sul serio, unico "troppo" che guasterebbe da parte di chiunque.

ultima cosa:
non credo alla dicotomia poeta/ non poeta per fare (di)scorrere parole dentro i propri e altri viali,carraie, sentieri e burroni fra il proprio e altrui fare pensiero.
Per me non ho questo capellino magico e quindi non posso metterlo e toglierlo agli altri in generale, con cui entro in relazione, compreso te, da vivere prima come poeta e ora come non poeta . Per me sei sempre stato "Mayoor",e cosi sei.
ciao

Anonimo ha detto...

Sono le tematiche del coinvolgimento nel dilagare della comunicazione, attiva o passiva che sia. Non è così se te ne vai in mezzo alla natura, per quanto anche in quel caso una mente assuefatta avrebbe comunque bisogno di tempo per acquietarsi. Acquietarsi significa riprendere visione di se', avere un centro su cui contare (di gravità permanente). A chi non preferisse affrancarsi ad ideologie questa centratura è immediato sintomo di solitudine. Aver coscienza della solitudine, non intesa come complicanza esistenziale, rende impermeabili alle parole altrui. Un po' come precipitando in se' mentre si guarda un film, in quel momento il film lascia il posto alla coscienza di se', e perde in un attimo ( non è esperienza progressiva) ogni magia attrattiva.
Accade qualcosa di simile mentre si scrive poesia. Già per il fatto che critica e ispirazione si contendono il poeta che avrebbe per questo il suo bel da fare, ancor di più oggi a mio avviso si palesa la difficoltà di sostenere un lessico attivo accettabile in quanto sovreccitato da contaminazioni di ogni sorta. E bada che non è questione di varietà o sovrabbondanza quanto di semplice silenzio mancante, che non c'è anche quando parrebbe esserci. Il silenzio di cui parlo è uno stop, che per il poeta potrebbe significare fermarsi dinnanzi ai propri legamenti espressivi incalzanti. Son questi legamenti che finiscono con l'impedire l'ingresso di parole che abbiano miglior significato. Da qui gli argomenti che son creativi solo nella forma, o di scarso contenuto.
Ora, non essendo io un critico e quindi non potendo convalidare questo mio discorso rifacendomi a fonti più autorevoli, non posso che avvalermi della mia esperienza. In parte perché conosco lo stop per averlo praticato nelle meditazioni, e un po' perché mi sta tornando davvero utile quel risvegliante mantra che dice : "ma che stai a di' ?".
Comunque trovo ottimo il tuo esempio dell'ascensore impazzito, significa che già mi hai capito.
Sto eccedendo. Magari dirò meglio più avanti. Ciao
mayoor

annamaria ha detto...

non si può essere tutti delle montagne però anche il sottobosco fa parte della montagna...mi accontenterei di essere un'erica curiosa.

Unknown ha detto...

Scusa Mayoor , purtroppo io forse sono molto asino ma non ti ho capito...da come cerco di leggerti ,mettermi nei giri della tua testa, intuisco solo che di conseguenza deve essrci un manuale dell'eccedere, a cui attenersi per non eccedere e nel manuale immagino debbano trovarsi tutte le ipotesi a catalogo, che se non previste si presenteranno , tanto per rimanere nell'esempio dell'elevatore, come il piano 15 e successivi di un ascensore che si ferma al 14 ma per questo è detto che finisca la casa di per sè infinita quale è di per sè il Pensiero e i suoi alfabeti, tanto come la natura il cosmo e i molteplici universi paralleli.

Unknown ha detto...

ma NON per

Unknown ha detto...

..anche a me basta, e in quella forma, colore, nascita e rinascita,tutto l'infinito appartenere, come un pezzo di pedale o di una canna a un organo intero, il bosco,i suoi segreti musici, eternamente il suono infinito, perenne aria dentro l'aria fra le tue radici fino alle tue basse cime e ogni eterno fluire di fruscio in fruscio, ago per ago , in miniature di arbusti orchestrali.. come altri tasti per l'organo/bosco

Anonimo ha detto...

se vuoi è solo un percorso possibile a farsi, per me simile ad un risveglio, un cambiamento di prospettiva verso il non perdersi.
mayoor

Anonimo ha detto...

... brava ro'

mayoor

Anonimo ha detto...

( perdersi) esatto opposto di qualsiasi attività legata al pensiero, poesia compresa. Si può solo esperire, dargli un senso è già perderla. Voglio dire che non dovrebbero essere solo le parole a portarti con loro affascinandoti come sirene, ma che puoi fare la tua parte tacendo, sia dentro che fuori. Se taci dentro è possibile che scriverai altre parole. E' una constatazione, ma i poeti lo sanno già benissimo, diranno.

mayoor

Anonimo ha detto...

ROOOOO! il tuo ultimo commento è una bellissima poesia !! Complimenti mi piace tanto. Emy

...Continuo

e la sua musica nel muschio
rallegra le presenze in millesimi
di forme alla luce della rugiada.
Nessuno al mondo li può vedere
lontano nel campo festeggiano le cicale.

Ciao poetessa!