martedì 28 febbraio 2012

Giorgio Linguaglossa
La poesia della superficie superficiaria.
Su Michael Krüger.



Michael Krüger, Il coro del mondo Milano, Mondadori, 2010

Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità. Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Michael Krüger. Scrive Yeats: «Eliot has produced his great effects upon his generation because he has described men and women that get out of the bed or into it from mere habit; in describing this life that has lost at heart his own art seems grey, cold, dry. He is an Alexander Pope working without apparent imagination, producing his effects by a rejection of all rhythms and metaphors used by more popular romantics rather than by the discovery of his own, this rejection giving his work an unexaggerated plainness that has the effect of novelty».

«A noi, residuo plurilingue», scrive Krüger spetta un linguaggio poetico talmente logorato dalla civiltà mediatica da essere un qualcosa di assolutamente inutilizzabile (non-orientabile, come il nastro di Moebius), un qualcosa: «che era già stato scartato» scrive il poeta tedesco, secondo il quale il linguaggio poetico è qualcosa che proviene già da uno scarto di qualcun altro e di qualcosa d’altro. Ed è proprio questo il particolare, diciamo così, statuto del linguaggio poetico contemporaneo. Quasi che una posizione di autenticità sia possibile soltanto aggiudicandosi dosi massicce di «scarti»; quasi che la situazione di attesa dell’uomo contemporaneo sia analoga a quella  di chi, poiché «tutti gli aerei atterravano con ritardo/ e non c’erano più decolli», a cui spetta «l’odioso posto in mezzo»; un’attesa che è un intermezzo, un interludio, un interspazio-temporale tra decolli annunciati e cancellati. Come se la cancellazione fosse la spia di una condizione oggettiva per ristabilire il giusto ordine delle cose; è una poesia questa che non deriva più da alcun ordine delle cose, perché non c’è alcuna ragione di un tale principio nella società dell’organizzazione totale e della globalizzazione amministrata. Ciò che spetta alla poesia è esplicitamente indicato nella poesia intitolata «Discorso di un viaggiatore», dove il «viaggiatore», dopo il viaggio, si rende conto che non gli è restato nulla: «Se lei permette, prendo un pezzo di pane e un po’ di vino. Grazie. Adesso mi sento quasi come a casa».
Diciamo che è la condizione dell’uomo del tardo Moderno quello che sta a cuore a Krüger, e la poesia è soltanto uno strumento (sofisticatissimo) per la rilevazione delle quantità di isotopi di uranio e di cesio che si trovano nell’atmosfera (nella biosfera) dell’ambiente umano. Assodato che la democrazia del tardo Moderno è quella che reclama a gran voce che tutte le arti siano eguali, eguali in quanto tutte inessenziali; inessenziali in quanto tutte decorative… e che la tendenza al decorativismo costituisca il piano inclinato di tutta l’arte del tardo Moderno, è un dato difficilmente oppugnabile. Addirittura, risulta problematico financo discorrere di arte nel «reale» del villaggio globale e del villaggio mediatico, che conosce soltanto, come è stato detto,  la diffusione dell’estetico, dato che se ne è perduto il concetto; senza contare che un’arte senza stile quale è quello della poesia del tardo Moderno ricade e rientra nell’estetico per la porta di servizio (non certo per la porta principale). Direi che un’arte senza stile è quella che richiede la diffusione dell’estetico in quanto: che cos’è l’estetico se non un «servizio» che la diffusione dell’architettura e del design permettono all’arte della democrazia dispiegata? Anche se è vero che tutte le filosofie che discettano di un’arte senza stile non sanno quello che fanno (impegnate come sono nell’eutanasia della libertà), in verità, essa sta incondizionatamente dalla parte della comunità servile, orgogliosamente partigiane della techné dei medaglioni.
La poesia del poeta tedesco ha questo di vero, che si occupa dell’amministrazione degli «scarti» come un amministratore del condominio si occupa dei rapporti millesimali tra i condomini. Il poeta come amministratore del condominio dei propri «scarti», di tutto ciò che è scaduto da tempo ed è perciò inutilizzabile (inutilizzabile innanzitutto per i lettori della borghesia illuminata). Una poesia che cerca se stessa nella discarica indifferenziata dei rifiuti è una «cosa» talmente ostica e inafferrabile da determinare un rifiuto istintivo, lo capisco…  così, la migliore poesia per la Germania è quella che descrive la perdita dei foglietti sulla quale la poesia era stata vergata; analogamente, la migliore poesia per descrivere l’«inverno» è quella che «narra» il fatto che il proprietario dell’agenzia di viaggi «ha preso la cassa e ha tagliato la corda», e che «la nettezza urbana» dichiara di non avere problemi, etc. E come vanno le cose con il «quotidiano»? Beh, i rapporti che il poeta tedesco tiene con questa inafferrabile entità sono rapporti del tutto fortuiti, spastici e apotropaici: «In casa tengo la porta solo accostata», per favorire l’entrata della persona che si aspetta, perché «potrebbe darsi che tu venissi. Posso aspettare./ Posso aspettare…». Ed ecco che la poesia si compone più che di esperienze vissute, di mancate esperienze; ovvero, è propriamente la mancanza di esperienza quella che fornisce il paradigma e il pentagramma entro i quali far svolgere gli avvenimenti del poetico.
Se prendiamo atto del retroterra da cui muove questa poesia, allora apparirà chiaro che la forza espressiva dei componimenti di Krüger deriva proprio dalla grande consapevolezza che l’autore ha del demanio di rottami e di scarti entro il quale la poesia deve provare a rovistare e saccheggiare: le esperienze significative saranno, appunto, quelle che abitano stabilmente il demanio dei rifiuti indifferenziati delle esperienze attingibili dalla generalità, ovvero, attingibili soltanto nella loro manifestazione fenomenica di indirezionalità.
Da quanto precede risulterà chiaro che la poesia di Krüger intende porsi come una zona refrattaria alle tendenze apologetiche del minimalismo europeo proprie del tardo Moderno, che personificano l’esigenza di razionalizzazione del «reale» (che è affetto da quella sorta di dimagrimento permanente che sono le esperienze de-realizzate di cui esso è costituito). « È tutto tranquillo. Non è successo niente», scrive Krüger. Siamo già dentro la dimensione della superficie superficiaria, della direzionalità indifferenziata, della stagnazione permanente.
È chiaro che il non-stile del tardo Moderno sia anche uno stile, anzi, lo stile par excellence del tardo Moderno: lo stile del beota, lo stile omiletico. Forse nessuno come Montale ha compreso così a fondo le questioni legate allo stile da «ectoplasma» nell’epoca della pinguedine dello stile che caratterizzava gli anni Settanta; ma oggi, in pieno tardo Moderno (che più tardi non si può), lo stile omiletico trova il suo corrispettivo sintagmatico nello stile ironico colloquiale che prende in prestito dalla oralità del telefilm e del cabaret la pinguedine della propria irresponsabilità estetica.
Da questi pochi cenni apparirà chiaro come Krüger sia uno tra i pochi poeti europei contemporanei che scriva una poesia  di grande responsabilità estetica, che ha il coraggio di addossarsi tutta la responsabilità derivanti dallo statuto del proprio atto linguistico. Di qui il mio augurio di leggerlo e meditarlo. A lungo.

 

 

Come vanno le cose


 

È tutto tranquillo. Non è successo niente.
L’errore di scoprire il mondo lo rimpiangiamo da un pezzo.
Ogni colpo di vanga, ogni osso ritrovato, ogni speranza dissepolta:
la loro inefficacia è dimostrata da un pezzo. Le rovine
si edificano su progetto, anche questa una vecchia soluzione per dopo.
Sulle macerie artificiali abitano famiglie, accanite
a distribuire foto a colori: istantanee senza garanzia.
Si parlava di una piccola lista di obiezioni,
ridicolaggini, non mette conto di parlarne: non mette conto
comunque d’interrompere gli altri.


Tutto è tranquillo. Non è successo niente.
Le piccole ferite sanguinano come al solito, i ritardi
non hanno motivo. In altre parole, in altro modo,
detto altrimenti: il caso ne esce di nuovo vittorioso,
la ragione è battuta: nemmeno questo
le si vede addosso. Il suo profilo si è fatto più morbido
da quando parla solo di se stessa, i suoi occhi sono
più accademici, ogni sua uscita è facilmente scusabile.
E’ uno spasso diabolico starla a guardare: le soavi
drammatizzazioni della sua indifferenza.


E’ tutto tranquillo. Non è successo niente.
I sentimenti si sono fatti meno vistosi, era da aspettarselo, l’odio,
si è mutato in invidia. Non vi eccitate,
niente storie, niente malinconie: il finanziamento dell’apatia
è assicurato. L’export si sta riprendendo. La vita
è ora capace di miglioramento, finalmente
gli sforzi sono valsi la pena. Al museo, indifese,
le timide ambizioni dei passati:
a ognuno si fa chiaro come il sole su cosa si è infranta la storia.


Non è successo niente. È tutto tranquillo.
L’alfabeto è di nuovo in uso, le tabelline,
il dialogo ha congiuntura. I vecchi cappelli,
le vecchie profezie, i vecchi fenomeni: tutto
sembra nuovo. Ognuno da ieri ha la chiara sensazione
di esserci. Ognuno si presenta bene. Ognuno guarda ognuno
con interesse. Le conversazioni balbettanti
sono ammutolite, tutto scorre, fluisce, gli intimi
deragliamenti non ci sono più. L’oscuro è stato eliminato:
aforismi descrivono il mondo con mortale chiarezza.


 

*


So già cosa mi aspetta, oltre alla pioggia,
novembre. Il futuro non conosce
nessuna nicchia, anche le domeniche occupa
fino a tutto settembre. Bisogna essere
bambini, per gioire del prossimo aprile,
e maggio, anche se misurato, è pieno
di false attese. E giugno?
Imbrattato di scrupoli,
le circostanze inevitabili della vita.
Ad ore mi si consuma
il tempo, anche ad agosto. Se resto
in vita ci vedremo a dicembre,
non dimenticarti quello che volevi
chiedermi. C’è ancora un giorno libero,
poco prima la fine dell’anno.
Per sempre resterà il desiderio
di non volere sapere quando
ci raggiungerà la disgrazia, che non
è segnata sul calendario.


 

*


Nel cortile, presso i bidoni della spazzatura, nell’angolo oscuro,
dove gli ubriachi del bar “Miracolo” vomitano
quando le parole nella giungla
dei loro ruvidi trionfi, hanno massacrato uno a calci,
alle quattro del mattino, lo potevo sentire. E ho visto
come la sua testa rimbalzava sull’asfalto bagnato
e come le sue gambe dondolavano al ritmo
dei calci. L’importante è non sporcarsi le mani.
Lui giaceva là. appallottolato e gettato via
come molte altre cose che ci danno fastidio,
il pugno come duro cuscino sotto la testa.
Quando mi avvicinai alla finestra, la luce alle spalle,
e alzai la mano, la cui ombra stranamente lunga
si proiettò tremolante sulla vittima, gli aguzzini
guardarono in su: se voglio continuare a vivere qui
in zona di guerra, dovrò cambiare nome.
Capita spesso ora da queste parti,
dice il poliziotto, che piegato sulle ginocchia traccia un cerchio
col gesso attorno all’uomo ancora vivo, scatta una foto, poi
lo gira a fatica sulla schiena, in modo che la sua testa
guardi verso l’alba, la lotta dei vivi 
si fa più dura. Vogliono la guerra. La inscenano
per essere pronti in caso di emergenza.
Così come nel corpo del potere cresce l’impotenza
e nel linguaggio dell’ordine un altro linguaggio,
che si rifiuta di formare le frasi giuste
che ognuno capisce, così cresce dietro il muro
della pace una piccola guerra. E’ un fatto,
è così com’è, e adesso se ne torni su a letto,
e se suonano, non apra
la porta.


 da Il coro del mondo, Mondadori 2010 

 *Michael Krüger, sassone, è nato a Wittgendorf nel 1943 ed è cresciuto a Berlino. Attualmente risiede a Monaco, dove dirige la casa editrice Hanser e la rivista “Akzente”. Poeta e romanziere, in Italia ha pubblicato le raccolte Di notte tra gli alberi (2003) e Poco Prima del temporale (2005). Fra le traduzioni italiane delle sue opere ricordiamo Perchè Pechino (1987), Il ritorno di Himmelfarb (1995), La fine del romanzo (2000), La violoncellista (2002) e La commedia torinese (2007).



 

29 commenti:

Daniela Quieti ha detto...

Il tuo pregevole contributo critico all’opera di Michael Krüger è davvero apprezzabile, caro Giorgio. Come sempre, con passione e competenza sedimentate sul campo, offri spunti di lucida e intensa riflessione sul percorso poetico del tardo Moderno e sui relativi esiti, etici ed estetici. Grazie e un caloroso saluto.

Anonimo ha detto...

- prego, citare la fonte da cui si è rilevata la citazione di Eliot verso Yeats.

Per favore, spieghi il Liguaglossa cosa intende con questo augurio !A lungo". Quanto "a lungo", esattamente?

Il suo commentario è una parafrasi di quello che dice lo stesso Krüger, non una virgola di più. Egli cerca di fare esattamente quello che Yeats accusa Eliot di fare: abbassa il soggetto, il genere e dunque anche il linguaggio.Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Linguaglossa.

E' dunque da Krüger che il Linguaglossa ha preso i paletti per la sua "originale" teoria del linguaggio poetico che ha propinato in questo articoletto al lettore di blog semignaro.

Una domanda: a cosa gli servono questi articoletti al Linguaglossa? Il credito di quale genere di lettore ricerca?

Sorvoliamo su questo, in quanto il dilemma è di semplice risposta.

E' una chiosatura insomma come le tante che fa e che propina incollando una estesa citazione ad un'altra, come si fa nelle tesi di laurea triennale, senza aggiungere nulla di suo.

Inoltre, delle citazioni da Krüger mancano i dati bibliografici (le pagine?) e soprattutto, essenziale specificare quale edizione e di chi sia il traduttore.

Per leggere e sapere da dove originino queste idee e da quali esatti autori non citati, ma da Linguaglossa omogeneizzati a pappa, passati qui dopo 20 anni per "originali", consultare prego i seguenti autori, delle cui idee Linguaglossa si propone come il vetriloquo: Julia Kristeva, Jean Baudrillard,Hans Jonas, Gilles Deleuze e Félix Guattari, Paul Feyerabend, Gerhard Anna Concic-Kaucic, Paul de Man, Donna Haraway, Huston Smith, Cornel West, Ken Wilber.

Non si capisce infine se per Linguaglossa Eliot e Krüger siano autori d'eccellenza o precursori proprio del tipo di linguaggio e del tipo di prospettiva che egli continua qui e là a disprezzare.

Per finire, nessun dovuto, atteso, insopprimibile riferimento è fatto a nomi ed opere di critici che abbiano già scritto e teorizzato su Krüger e a cui l'articoletto di Linguaglossa si rifà (si spera li abbia letti, quanto meno, il che renderebbe implausibile il non citarne le idee e la fonte).


Stefano G.

Anonimo ha detto...

Chi è il traduttore? Di chi è questa traduzione da Krüger? Non penso che al traduttore farà piacere vedere la sua opera ristampata in questa sede senza accreditare il nome del copyright per la traduzione. Sono atti di pirateria del web questi belli e buoni e Linguaglossa non si toglie il vizio di appropriarsi della 'intellectual property' degli altri senza accreditare le fonti e gli autori. A B C della correttezza critica. (S.G.).

Anonimo ha detto...

Magari, quando ha tempo, mi farebbe piacere sapere anche qual'è la sua opinione sulla poesia di Kruger. Qualcosa che derivi dalla sua fonte personale, per capirci. Grazie

mayoor

Anonimo ha detto...

Rifacendoci allora al titolo si potrebbe dire: "La critica della superficie superficiaria."
Buona questa!
Leopoldo Mastella

Anonimo ha detto...

Dovrei volerlo fare, sarebbe idoneo farlo, mi piacerebbe forse farlo, ma non investo energie in questo genere di sforzi a vuoto, non su un blog, almeno, e non a questo punto. Inoltre non offro gratis in pasto le mie idee a chi potrebbe farne un copia e incolla e ripubblicarlo altrove senza citare la (mia) fonte, appropriandosene, o peggio ancora riassumendo le idee ma ad un livello inferiore da quello in cui queste idee sono state generate : scusi se è poco, come spirito di motivazione a desistere dall'elargire idee potenzialmente originali su un sito non protetto. Stefano G.

Anonimo ha detto...

.. e quindi? Se non scende in campo non ha senso avanzare pretese. Inoltre mi sembra che lei abbia un'idea sommaria di questo blog, ma è vero che qui la critica si confronta con persone diverse instaurando dove possibile un rapporto colloquiale. Utile alla critica forse, ma senz'altro utile anche a chi scrive poesia. Insomma, qui la critica non fa spettacolo di se' ma si rende utile.

mayoor

Anonimo ha detto...

... almeno fino ad oggi è stato così.
m.

Anonimo ha detto...

A Linguaglossa

Il suo inizio di articoletto francamente non ha senso.

Come si legano le due frasi a e b? Sono Yeats and Eliot sullo stesso livello o meno?

La prima frase di Linguaglossa li direbbe entrambi moderni e ''sofisticatamente colloquiali'', associandoli (chi cita?)

Poi subito dopo, incongruentemente, li disunisce, citando (senza dettagli dell'opera, come ho detto) il noto giudizio molto negativo di Yeats sul linguaggio moderno di Eliot.

Inizio citazione da Linguaglossa

"a) Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità.

Cosa intende per linguaggio "nuovo" e cosa intende per "sofisticatissima colloquialità rispetto a Wordworth". Sono cose così approssimative sulla poetica di entrambi da fare cadere le braccia perfino ad un insegnante di liceo.

Quali opere, per formulare una domanda esplicita, di Yeat esattamente il Lingaglossa ha in mente rispetto a questa colloquialità...si può ottenere una risposta, un titolo, un anno di pubblicazione relativo ad una fase storica, si potrebbe avere un giudizio comprensibile e non confuso ed approssimativo sulle fasi e sui suoi tempi?



b) Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Michael Krüger."

(Fine citazione da Linguaglossa)

Allora sono o no sullo stesso livello antiromantico e moderno. E perchè nella prima frase li si premia per una qualche sostanziale somiglianza e poi si cita, di palo in frasca, il giudizio terribilmente oppositivo di Yeats su Eliot?

Risolva, il Linguaglossa, le sue contraddizioni logiche.

Rilegga, prima di spedire, le cose che scrive a vanvera.

Spieghi, a parole sue, al lettore (noi), che chiama in causa, cosa distingue, esattamente, Yeats da Eliot, tematicamente e stilisticamente, al punto
(a) (sempre che ne conosca l'opera e non sia andato a leggersi solo qualche introduzione da raccolte)


e spieghi soprattutto visto che è in ballo, perché Yeats, che Linguaglossa pone sullo stesso livello di modernità nella frase (a) poi critichi così duramente Eliot nella frase (b)(la citazione da Yeats è una delle più note che circola sul web e basta fare un copia e incolla per trovare saggi in cui autori come Michael o'Neil ne discutono i contenuti).


Ringrazio e colgo l'occasione per scoraggiare vivamente i miei studenti ad andare sui siti internet a raccogliere le loro notizie.

Si muovano da casa, vadano in biblioteca a consultare i testi invece di fare ricorso a questi bignami approssimativi della cultura.



S. G.

Anonimo ha detto...

Senta Mayoor,non inizi a fare il paladino sulle roccaforti del blog: qui si mette in rete qualcosa e qui la si critica a parità di voci. Smettetela altrimenti di avere un blog aperto e chiudetevelo solo agli amici: è una prerogativa dei blog potere mettere limiti all'accesso dall'esterno. Io sto facendo la critica della critica, la conosce questa disciplina? Una sorta di controllo -qualità: non sto facendo la gara a chi sa meglio la poetica del soggetto trattato. Quindi, sia gentile, scenda dalla torretta di vedetta e legga i miei commenti critici al testo di Linguaglossa, attentamente, se davvero è interessato alla dialettica e non al monologo di un sedicente esperto di poesia inglese e tedesca (che è tutto da provare, con titoli di opere che il Linguaglossa ha prodotto in questo campo). O sta facendo una chiosatura delle sue a qualche libro letto al mare?

Non può nemmeno protestare contro il fatto che ho messo in evidenza la mancanza di citazione del traduttore: potrei o non potrei essere, ad esempio, io quel traduttore e risentirmi della pirateria del Linguaglossa? Dunque sia aggiunga il nome del traduttore per correttezza.E bastaaa, adesso!

Anonimo ha detto...

ma lei non sta confutando le argomentazioni di Linguaglossa adducendone altre. Capisco la correttezza, meno la sua isteria. Tanti auguri.
m.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Stefano G.:

Preferirei che lei, ammesso che sia davvero Stefano [Nota. Sono costretto a questa formula dato l'uso e abuso di nickname], si firmasse per esteso, ci dicesse parcamente del suo lavoro e magari delle ragioni che l’hanno spinto ad affacciarsi su questo blog. Insomma, dialogasse o polemizzasse con noi, ma uscendo dall’ombra.
Non l’ha fatto, non lo fa. Non per questo ci mettiamo a bacchettarla, a insinuare sulla sua persona, a farle le pulci con acrimonia.
Perché, invece, lei si permette proprio questo e *soltanto e soprattutto questo* con l’articolo dell’amico Giorgio Linguaglossa?
Lei ha fatto alcuni rilievi condivisibili. Ad es., anch’io avrei voluto che della citazione di Eliot Giorgio indicasse la fonte e magari la traducesse. O che le citazioni da Krüger avessero «i dati bibliografici» a posto. Ma non ne faccio un problema o IL PROBLEMA. Linguaglossa, come tutti, è preso da varie faccende e la fretta a volte è cattiva consigliera. Non voglio giustificarlo. Ma sottolineare alcuni limiti della sua recensione va bene. Non mi va invece la demolizione da parte sua del suo lavoro di assiduo osservatore della produzione poetica contemporanea con un’animosità eccessiva e ricorrendo a malignità di vario tipo («a cosa gli servono questi articoletti al Linguaglossa? Il credito di quale genere di lettore ricerca?»; « E' una chiosatura insomma come le tante che fa e che propina incollando una estesa citazione ad un'altra, come si fa nelle tesi di laurea triennale»; «consultare prego i seguenti autori, delle cui idee Linguaglossa si propone come il ventriloquo»; «sempre che ne conosca l'opera e non sia andato a leggersi solo qualche introduzione da raccolte»).
Non credo che la reputazione di Krüger o dei suoi traduttori sia danneggiata da questo post. Gli abbiamo offerto la nostra vetrina, magari non perfetta, e facciamo conoscere il suo nome a un'altra fetta di visitatori. C’è qualche approssimazione? La correggeremo col tempo e l'aiuto di amici e amiche benevolenti.

[Continua]

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate [Continua]:



E poi poteva fare le stesse obiezioni a Linguaglossa ma con altro stile.
Lei, a intuito, potrebbe essere uno studioso di letteratura, magari è un docente universitario. Ci fa piacere che si affacci su questo blog. Ma, quando commenta, non potrebbe mettere da parte la bacchetta e strapparsi all’ossessione degli apparati critici rigorosissimi?
Inoltre, se la sa più lunga di Giorgio e dei frequentatori di questo blog su Yeats o Eliot o sullo stesso Krüger, perché, invece di sottolineare con la matita blu «l’inizio dell’articoletto» di Giorgio, non mette a disposizione le sue competenze, dandoci, come richiede Mayoor, «la sua opinione sulla poesia di Krüger»?
Eviterebbe così la brutta impressione che lei, no, non può sprecarsi a nostro vantaggio («non investo energie in questo genere di sforzi a vuoto, non su un blog, almeno, e non a questo punto»), ma il tempo per bacchettare Giorgio lo trova, eccome!
Diamine, un po’ di generosità nella distribuzione dei saperi da parte di chi li ha verso chi non li ha o ne ha di meno dovrebbe essere opera meritoria. E non guasterebbe in questo momento in Italia!
Orsù spezzi anche per noi il pane della sua sapienza letteraria, prof. Stefano G. !
Eh no, lei è di quelli che non offrono «gratis in pasto» le “sue” idee! Se le tiene ben strette, le “privatizza”. Forse sarà anche nemico dei sostenitori del no-copyright e storce il naso di fronte alla problematica (per me interessante) dei *Creative Commons*. Forse scrive solo su siti protetti o in ambienti accademici iperprotetti, dove «elargire idee potenzialmente originali» fa crescere la fama e il conto in banca. Ma allora - mi tolga la curiosità - perché viene qua sul blog dei “moltinpoesia”?
Lei ha tutto il diritto di fare «la critica alla critica» su un blog, appunto, aperto. (Ma spero che non si astenga dal farla anche nei suoi ambienti protetti. O lì tace e acconsente e qui spara a zero e si sfoga?).
La faccia questa critica, ma con più garbo, senza isterie e non con la spocchia sadica di chi deve mettere in castigo o prendere in castagna il reprobo di turno, che osa parlare di Krüger o di Yeats o di Eliot senza avere tutte le carte (accademiche) in regola.
Io, da lettore meno prevenuto e che pure non faccio mancare le mie critiche all’amico Giorgio, il senso generale del suo articolo l’ho capito e apprezzato, malgrado alcuni punti oscuri o discutibili e persino qualche contraddizione logica. Lei perché solo su questi si è fermato?

[Fine]

Anonimo ha detto...

Perchè? Gentile Abate, ma perché il web è la morte per gli studenti, e la morte della cultura. Abbiamo noi sistemi di alta precisione per sapere esattamente gli "studenti" da dove prelevano le loro spesso strambe idee. E le ho detto tutto.
Grazie della pazienza. Lei ha perfettamente inquadrato il mio attuale umore verso queste operazioni che andrebbero limitate all'età di 20-25 anni al massimo e non oltre. Le astuzie del web e le pochezze della sua disponibilità andrebbero lasciate ai pulcini che beccano i semi ed estraggono vermi dal suolo, per sopravvivere. Altro è il tempo quando si diventa onesti ed adulti verso la materia per cui o la padroneggi davvero o la lasci perdere: non so se mi sono spiegato!
Stefano G.

Anonimo ha detto...

Cito la frase (a) del Linguaglossa:

"Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità. "

Procediamo con l'analisi sommaria degli enunciati: questa frase sciocca ci dice che:

1. il tempo di Yeats e Eliot è lo stesso quando non lo è se non per una breve sovrapposizione generazionale

2. quello precedente, di Wordsworth, era un tempo di uomini "comuni"
( Wordsworth pur non essendo un uomo comune, come figlio del suo tempo parlava un linguaggio comune poi mutato durante l'epoca successiva?)

3. Si dice che il linguaggio in voga al tempo di Wordworth era un linguaggio degli uomini comuni. Si dice contemporaeamente che il linguaggio mutato all'epoca Yeats ed Eliot non era più il linguaggio degli uomini comuni. Poi ci dice che appunto il loro linguaggio era di ''sofisticatissima colloquialità''. Ma l'uomo comune non parla notoriamente un linguaggio colloquiale per eccellenza e non formale? Il linguaggio comune non corrisponde alla colloquialità?)

4. Yeats e Eliot sono automaticamente uomini non comuni semplicemente per essere non più uomini del tempo precedente e tuttavia parlano un linguaggio colloquiale. Da cosa si distacca allora il loro linguaggio da quello dell'uomo comune dell'epoca di Wordsworth?

5 Yeats e Eliot parlano quel linguaggio (che è assimilato dal tempo e suggerito come avente prerogative comuni di ''sofisticatissima colloquialità'') non per la loro genialità e la loro ricerca ma semplicemente per essere uomini di quel tempo.

4 gli ''uomini comuni'' del tempo precedente a quello di Yeats e Eliot (che è detto essere erroneamente lo stesso) non aveano colloquialità, ma parlavano un linguaggio altro dalla colloquialità (quale?)

Ecco, mi fermo qua : fermo qua lo stupidario.

Non so quale sia la università frequentata da Linguaglossa. Vorrei che ci dicesse se era Lingue e letterature Straniere. Qui sembra essere all'opera una persona che non sa nulla di ''Letterature Straniere''. Ha frequentato o meno questo genere si Facoltà? Legge le opere in originale come fanno rigorosamente tutti quelli che si occupano di Letterature Straniere? Oppure le legge in traduzione?

Qualche domanda per lo spettro di Yeats.

Chiudo qui perché effettivamente mi pare chiusa la questione dell'attendibilità minima richiesta di questi pensierini messi insieme dal Linguaglossa su Wordworth, Yeats, Eliot e Michael Krüger ed i loro distinti linguaggi poetici. L'operazione disinforma, sottrae piuttosto che aggiungere.

Unknown ha detto...

Buongiorno Stefano G.
non intervengo sulla questione di merito poiché non ho gli strumenti culturali di stretta competenza sulla questione deotonlogica,critica letteraria etc etc da te sollevata,

condivido l'argomento piu spicciolo o ABC, che nulla ha a che fare con i diritti d' autore che esulano da un regolamento di mercato. Mi spiego subito. Ti è stato sollevato da E.A. l'argomento "creative commons". Ma il problema è diverso e molto più semplice . Chi sostiene come BENE COMUNE la diffusione senza sfruttamento commerciale o scopo di lucro, del proprio e/o altrui prodotto "immateriale"(culturale è riduttivo per la teoria del bene comune), NON sostiene MAI MAI MAI l'appropriazione inconscia, conscia, o addirittura indebita, di contenuti altrui, di cui ne è molto molto rigoroso. Questo è un punto di partenza e di arrivo per l'umanesimo sottostante a tale pratica: il riconoscimento del soggetto che dà a quello che riceve.
Ciò indifferentemente o tanto quanto per autori diciamo di arte,talento, o fama, etc etc che per autori perfettamente signori nessuno, fra cui commentatori,passanti, perfetti anonimi sconosciuti. L'uguaglianza in questo caso è praticata e regna sovrana, al contrario del noto fenomeno di mercato dei ghost-writer, poichè il rispetto/riconoscimento "valore INDIVIDUO" ne è uno dei cardini, pena rientrare nel qualunquismo e individualismo tipico di un mondo di ladri, a diversi livelli di crimine, in cui il criminale (o, vista la fattispecie in cui ci troviamo: il pirata) conviene confinarlo ad una sola casistica classica del corrotto, o del mafioso, o al massimo del colletto bianco che ne è sempre il più immune.Mentre invece la societa criminale parte da quella che normalmente si autodefinisce "onesta".

in realtà è spesso tutto un gioco degli specchi di una societa violenta, che sarebbe quindi anche fra i primi capoversi del suo primo intervento (§abbassa il soggetto, il genere e dunque anche il linguaggio.Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Linguaglossa§) a cui seguono altri di identico contenuto sul piano delle contestazioni fino a quelle sulla mancanza del "soggetto" che ha tradotto.
Il problema è "abbassare il soggetto" e ridurlo esclusivamente ad oggetto da cui ricavare un qualsiasi vantaggio personale.

I fantasmi in ballo in realtà sono tanti..e di molti non ho titoli per cui dire ..è come nelle conversazioni su Fortini di qualche post fa...riaffermare che se con i vivi occorre andarci con i piedi di piombo, con i morti ancora di piu e visto che non possiamo fare sedute spiritiche con loro per farli ritornare in vita, occorre molta attenzione a non distorcere nemmeno di una virgola il loro nome e il loro pensiero...

Purtroppo però da quanto leggo nelle dinamiche di questa comunità , tu ti stai ponendo con le stesse armi di chi ne ha cura ...E.A. può prendere a pesci in faccia sotto la veste della "critica", rigirando le frittate e dare a te anche della donnetta ..oppure altri sostenerlo sperticandosi sulla buona educazione quando per primo lui o altri l'hanno sforata...tu ti stai mettendo sullo stesso loro piano poiche costretto o meno allo stesso piano, usi la famosa parola cultura come un'arma...ovviamente hai delel motivazioni diverse dalla mie..io mi sono sentita manipolata su un piano relazionale piu ampio, tu invece su un piano relazionale piu specifico, ma credi che in queste condizioni di totale incomunicabilità si possa confliggere per riportare il soggetto al centro e cuore del discorso, chiunque esso sia, in cui poter comprendere quindi, consecutio, anche questo o quell X= Yeats o quell'Y=signor nessuno ?

Unknown ha detto...

Il "so-trarre", anziché il sottrarre, riguarda un ABC preliminare che appunto moltiplica,in quanto pre-vale l' identica sostanza di riconoscimento tanto a un perfetto anonimo(pensatore, scrittore traduttore o semplice lettore), quanto per proprietà transitiva, rafforzata dalla natura talento musicale, riveste la qualità di particolare faro, patrimonio dell'umanità e di quella stessa umanità.
ciao

Anonimo ha detto...

Ad Ennio: citi i "Creative Commons", ma ti invito a notare che il testo che Linguaglossa ti ma inviato potrebbe essere quello di Mondadori da cui la traduzione è tratta senza citare il copyright del traduttore o semplicemente riconoscerne la degna esistenza. Non mi risulta che Mondadori abbia messo in circolazione questa opera sotto il "Creative commons." Mi informerò con una semplice telefonata e ti farò sapere. Altra soluzione è che tu ti faccia dire da Linguaglossa chi sia il traduttore, e lo aggiunga tu come di dovere, magari telefonando a Mondadori per informarti se è ok pubblicare questo testo dalla loro antologia. Se gli altri se ne fottono di queste semplici regole di internet, tu come gestore del sito fai bene a cautelarti e verificare se la versione che il Linguaglossa ti ha chiesto di postare sia effettivamente quella che è nel volume Mondadori. La superficialità degli altri non sia la tua.
Saluti, Stefano

Anonimo ha detto...

In un volume di un dato testo in traduzione il copyright del contenuto del volume è doppio ed è tributato sia all'autore del testo originale sia a quello del testo in traduzione per le note questioni su cui vi ha gentilmente illuminato la signora Francesca Diano in qualche post precedente a questo.Non mettere il nome del traduttore e pubblicarne una poesia senza contattarlo e chiedere il permesso di utilizzare la sua opera è grave.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

@ Stefano

Lei ha eluso un buon 70% dei problemi posti nel mio commento precedente (a partire da quello importante della sua identità, che permetterebbe di guardarci negli occhi e di calibrare meglio il confronto). Comunque, io non sono così apocalittico: non credo che il Web sia la morte per gli studenti e la morte della cultura. La cultura si uccide in tanti luoghi, anche nelle università e nei libri prodotti dalle università. E le “strambe idee” si prelevano da ogni dove. Spazzatura c’è n’è per tutti i viali, vialetti e vicoli della “Polis Culturale”. Ma per i medesimi viali, vialetti e vicoli (anche sul Web) s’incontrano pure idee interessanti e ben pensate. Posso simpatizzare con l’esigenza di rigore e di pulizia etica dei suoi commenti, ma non spinta fino al puritanesimo sprezzante o alle bacchettate da Orbilius verso la “plebe internettara” paragonata a «pulcini che beccano i semi ed estraggono vermi dal suolo, per sopravvivere». La mitologia dell’Università Apollinea (o della Laurea Giusta per parlare di Yeats, Eliot o Krüger) è l’altra faccia della medaglia dello Spontaneismo più o meno dionisiaco. Entrambe le mitologie bloccano ricerca, dialogo e critica. Sui “Creative Commons” aprirei il discorso in una prossima occasione. Mi pare giusto individuare il traduttore dei testi di Krüger. Da una veloce indagine proprio sul Web ( e senza telefonare a Mondadori e compiuta non per “cautelarmi”) trovo la notizia che si tratta di una traduttrice e poetessa: Anna Maria Carpi. Quindi a Cesare quel che è di Cesare, ma non ce la meniamo troppo. E, come dicevo, un po’ più di generosità e meno acrimonia.

@ In soffitta

Cara Rosanna, queste punture ormai fisse ad ogni commento contro E.A., il “padrone di casa”, quello che predica bene e razzola male, quello che prende a «pesci in faccia sotto la veste della "critica"» mi stanno stufando. Non entri neppure in questa occasione nel merito del tema del post perché dici di non avere «gli strumenti culturali di stretta competenza sulla questione deontologica,critica letteraria etc etc», ma quelli per azzannarmi post dopo post, sì?
Se le «dinamiche di questa comunità» non ti vanno e ti sei «sentita manipolata su un piano relazionale più ampio», trovane un’altra che ti soddisfi di più e non ti manipoli. Non ho nessuna voglia di cancellare i tuoi commenti. Ormai ci sono quasi affezionato. Non capisco neppure le ragioni del cambiamento di tono per cui dalle stelle in cui mi avevi collocato quando ti sei affacciata su questo blog sono finito nelle stalle. Ma non importa. Però non abusare così tanto della mia pazienza. Ignorami, non mi citare, parla dei temi affrontati nei post. (E se ora vuoi rispondermi a tono, usa la posta elettronica o il telefono - indirizzi e numeri li hai - e non lo spazio commenti). Grazie.

Anonimo ha detto...

Chi vuole sapere il nome del traduttore lo può cercare su internet. E' un'operazione semplice! Visto che Linguaglossa ci ha fornito il titolo del libro "Il Coro del mondo " Mondadori 2010. Internet serve anche a questo. Se volessimo essere proprio ligi dovremmo descrivere la fonte nel seguente modo anche se sa troppo di pubblicità.
Dettagli del libro
Titolo: Il coro del mondo. Poesie 2001-2010
Autore: Michael Krüger
Curato da: Carpi A. M.
Editore: Mondadori
Collana: Lo specchio
Data di Pubblicazione: Dicembre 2010
ISBN: 8804606789
ISBN-13: 9788804606789
Pagine: 201
Formato: brossura
Reparto: Studi letterari > Poesia > Poeti

Non si può dire in assoluto che il nome del traduttore sia stato occultato poichè in questo momento serviva di più la fonte cioè il titolo del libro. Strano sarebbe stato non citare l'opera che comunque contiene il nome del curatore e del traduttore che in questo caso sono la stessa persona.
E’ vero anche che troppo spesso appaiono descrizioni di libri che debordano quando si tratta di descrivere con solerzia libri di amici o di autori importanti che si scambiano favori.
C’è il sospetto che in qualunque caso Linguaglossa sarebbe stato oggetto di critica. C’è del marcio in questa storia! Enzo

giorgio linguaglossa ha detto...

... scusatemi se intervengo ma nella mia qualità di imputato è regola delle democrazie che l'imputato conosca il nome e il cognome del pubblico ministero che lo accusa (e lo ingiuria). In mancanza delle generalità della pubblica accusa, non intendo conferire con una persona che si trincera dietro lo schermo dell'anonimato; e poi non intendo rispondere agli insulti (non mi abbasso al livello del signor Anonimo). Ciascuno resti sul piano che più gli si addice: al pubblico ministero gli insulti a me (in qualità di imputato) la normale prosodia.

Anonimo ha detto...

Strana richiesta Linguaglossa di identità dell'accusatore, tu che ritieni superfluo non citare per nome e cognome l'artista traduttore della poesia che hai postato e mantenerlo nell'anonimato. Dunque, mi dispiace ma la richiesta non sarà soddisfatta perché giustificata da comportamento e filosofia equivalente.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Anonimo/Stefano G:

Ha ragione Enzo: c'è del marcio in questa storia!
Prof. Stefano G. siamo su un blog non all'Università. O meglio potrei dire: venga fra noi, nell'università dei "moltinpoesia"!
Anche Dante passò dal Latino al volgare.
E si ricordi il Fra Cristoforo di Manzoni:
" - Fate luogo voi, - rispose Lodovico. - La diritta è mia.
- Co' vostri pari, è sempre mia.".
Trovato subito sul Web, eh!
Oh, cosa mi tocca fare! Citare persino Manzoni!
(Mi scuso per non poter aggiungere l'edizione...)

Anonimo ha detto...

A casa mia quando apro la finestra di solito chiudo la porta per evitare aria corrente che fa male alla salute. Beati voi che siete così colti ed informati! Nessuno vi può fregare , forse contraddire. Quelli meno informati, tipo me, che passano ogni tanto per ascoltare, capire e che soffrono tra le arie fredde di questa corrente si ammalano e poi se ne devono andare per ragioni di salute. Per fortuna ogni tanto Poesia riscalda e chiude a volte una finestra a volte una porta, ne abbiamo bisogno ora più che mai. Invitiamola. Ciao Emy

Anonimo ha detto...

Questa ricevuta da Linguaglossa è una stroncatura al suo pezzo "critico". Mi dispiace vedere che tanto scandalo sollevi che uno riceva una legittima stroncatura. Non è una parrocchia dove suore e fraticelli sorgono in difesa di un loro sfortunato confratello, spero. Le stroncature sono dure ma bisogna poterle accogliere così come i complimenti. Quanto alla ipotesi che io sia un accademico (e dunque mi pare di capire "intrinsecamente" odioso), no, non sono accademico, sono un insegnante di liceo.
Stefano Grasso

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Stefano Grasso:

Beh, indipendentemente dall'essere un accademico (che non è cosa "intrinsecamente" odiosa: ci sono accademici rispettabili e seri e altri arroganti e palloni gonfiati) o insegnante di liceo,nessuno ha sostenuto qui che non si debba criticare. Anzi ho riconosciuto che alcuni rilievi fatti andavano considerati. Ma il tono usato all'inizio per "una legittima stroncatura" è parso e non solo a me troppo enfatico e acrimonioso. E poi c'era l'anonimato che è una maschera davvero antipatica, tranne casi di appurata difficoltà o rischi di ritorsione.
Accertata la sua identità ( per essere sicuro mandi una mail a moltinpoesia@gmail.com perché vorrei essere certo che 'Stefano Grasso' non sia un nickname a cui non corrisponde persona raggiungibile almeno per posta elettronica) penso che la discussione possa proseguire.

Anonimo ha detto...

Troppi preconcetti, Ennio, mi creda contro questo e quello. Ho fatto presente la mia critica e la ribadisco. Io ritengo di essere stato anche fin troppo tenero essendo questa frase finale la pi++ stupida e superficiale, come da titolo: "Da questi pochi cenni apparirà chiaro come Krüger sia uno tra i pochi poeti europei contemporanei che scriva una poesia di grande responsabilità estetica, che ha il coraggio di addossarsi tutta la responsabilità derivanti dallo statuto del proprio atto linguistico. Di qui il mio augurio di leggerlo e meditarlo. A lungo." Quali altri poeti europei contemporanei conosce a fondo il Linguaglossa per potere pervenire a questo giudizio? Li elenchi e ne dica le qualità e le carenze rispetto al poeta qui discusso, comparativamente, almeno un paio. La frase non sussiste se non si citano altri poeti. Ma lasciamo cadere un velo pietoso.

Quanto ai palloni gonfiati, gentile Ennio, spero che convenga che ce ne sono tanti, in ogni classe sociale e lavoro e ambiente: nessuno escluso. Ed uno potrebbe essere per esempio proprio l'autore di questo saggio così inconsistente passato per chissà che e chissà cosa, come tono assunto a coprire il vuoto di conoscenze su cui si fonda.
Poi se uno si propone sul web, o nella sfera pubblica, in una qualsiasi forma di contenuto, deve sapere a cosa va incontro, o no?
Arrivederci al prossimo post sulla Letteratura Europea Contemporanea.

Cordiali saluti,
Stefano Grasso

giorgio linguaglossa ha detto...

@ Stefano grasso
effettivamente, nell'inizio della frase c'è un mio refuso dovuto alla fretta con cui redigo a volte gli articoli che vanno sul web. Nella frase: «Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità», al posto di "degli uomini comuni" andava scritto "del linguaggio poetico"... e allora tutta la frase acquista un senso ben preciso.
Per quanto il Sig. Stefano Grasso si sbracci e si agiti per redigere una "stroncatura" (come lui assevera) del mio scritto, io direi molto semplicemente che i lettori di questo blog (come tutti i lettori del mondo) sono ben in grado di leggere il mio scritto e di trarne le dovute conclusioni: cioè se esso sia "stupido e superficiale" come lei assevera e se lo scrivente sia un "pallone gonfiato".
Ho la sensazione, caro Stefano Grasso, che se c'è uno di noi due che si crede Dio in terra questo è proprio lei, che ritiene di dispensare con un linguaggio da trivio e brunettiano delle bacchettate che, peraltro, rischiano di ritorcersi sulla sua stimabile persona.
Per quanto riguarda «quali altri poeti europei contemporanei che conosce a fondo il Linguaglossa», non vorrà certo che mi metta a fare la lista dei poeti stranieri che ho letto (in traduzione e in lingua originale)! o che per ciascuna affermazione che riguarda Krüger io debba indicare i poeti che invece non sono alla sua stessa altezza... veda, scrivere articoli non è come fare i bilanci della contabilità: un tot di qua e un tot di là... lasci che glielo dica con franchezza: a giudicare dal suo linguaggio brunettiano lei deve essere un frustrato, un arrabbiato (e questo lo capisco e lo posso anche condividere) ma così le sue "stroncature" rischiano di diventare "autostroncature" per l'arroganza e il risentimento che le anima e che non la lascia ragionare con serenità.
Personalmente, ritengo che le stroncature siano sempre le benvenute in un mondo letterario così spocchioso e vacuo ma, caro Stefano grasso, mi consenta di replicare che, a mio parere, molte delle argomentazioni da lei addotte a derubricare il mio articolo sono spocchiose, speciose e/o gratuite, sono aprioristiche e mostrano una animosità che non le consentono di argomentare con la dovuta lucidità i suoi scritti se non passando direttamente agli insulti e alle offese.
Una domanda: dato che lei si occupa di "palloni gonfiati" non le passa mai per la testa che anche lei sia un tantino, come dire, "pallone gonfiato"? un savonarola delle patrie lettere? e che voglia auto pubblicizzarsi con "stroncature" arrabbiate, affrettate e discutibili?
E in ultimo, sono davvero contento di aver acquistato, a buon mercato, un lettore così attento come Lei ai miei articoli critici.
Distinti saluti
giorgio linguaglossa