sabato 4 febbraio 2012

Marcella Corsi
Una poesia

Marc Chagall


il prolungato non uso rende impossibile
lo scatto, peccato: immobile inaspettata
un’ innocenza incoerente allarga lo sguardo
al risveglio – 4 febbraio, anno duro di crisi

ma una sposa incauta ha steso la sua gonna
sulle chiese di Roma, adesso in silenzio
riposa il respiro nel respiro fermo degli alberi
finché piede di uomo non calpesti –

e la rabbia che corrode il mattino non regge
a tanto immacolato splendore

(come si conserva il volo dei passeri
sotto una notte di venti
centimetri di neve 



(4 feb. 2012)

58 commenti:

Anonimo ha detto...

Una grande nevicata per la grande Marcella. Quasi abbagliata ammiro. La natura quando viene così descritta fa davvero bene.Emy

Anonimo ha detto...

Abbiamo nella neve un'alleata!
Grazie Marcella.

mayoor

Unknown ha detto...

condivido con piacere la mia emozione con questa trasmessa da Marcella. "Di norma" ( la mia "interiore") porto a divulgare i miei pensieri vagamente,molto vagamente, poetici, solo al pezzo di foglio che è come la neve, bianco..ma vista l'eccezionalità del fenomeno- fenomeno in quanto vero e autentico spettacolo rispetto a quello orwelliano sistema mondo in cui viviamo- sporcherò spero meno possibile questi " centimetri" diciamo "Alti" di Marcella Corsi. Del resto ho già fatto eccezione trasferendoli in un altro blog .
Lo faccio ancor più volentieri, perchè si aggancia il tutto come un doppio giro dell'orologio ad altre conversazioni di questo blog, in cui ci si poneva questioni di a capo e preghiere. La cosa che mi ha sorpreso fuori da ogni emozione che per ora non so mettere nemmeno vagamente in poesia, è che quella di ieri si concludeva come vedrete. Nessuna "sicurezza" in meteo dava bianco per Milano. Dopo i sogni mi alzo, poco fa .Faccio le solite cose, liquidi diversi, fra cui scrivo caffè. nelle abitudini mi appoggio distrattamente come al solito ai centimetri di cielo oltre vetri e tende. Fra un cielo quasi sole, mai visto, mi rapisco da sola in filtri e raggi di luce, da cui precipitano "ancora un po' ". quella di ieri sera Preghiera Esaudita? solo smisurata preghiera, de andrè docet.

----------------

E finalmente era arrivata,

non ne eravamo sicuri.

E giusto il tempo di accoglierla

E la chiamano.

Nome incolumità,

...

come?

I-n-c-o-l-u-m-i-t-à,



in un mondo di sopravvisuti,

fa ridere più dei suoi pupazzi



Altri cristalli,

scambi velocissimi

e…..

e diventa SS-i-c-u-r-e-z-z-a,

ma eravamo sicuri che venisse?

siamo sicuri che ritorna?



Altri nomi:

preparazione,

piani,

prevenzione,

sgombri,

scatoletta?

morti,

cadute,

e pale...

tante pale

a Roma dicono duemila,

piazze in manifestazioni di ferro,

esclusi soffitti e ventilatori.

Ma Lei..

vanga cosmica di ghiaccio...

fra una parentesi e l'altra

sapeva il suo nome.

Sicuro?

.(((Bellezza))).

Si, Si curò la periferia più oscena..

rinata splendida.



Della natura forza

non andartene,

aspetta

rimani

poco

poco poco

solo ancora un po'.



Milano,4 feb 2012- rò

siamo sicuri che viene?

Anonimo ha detto...

A Marcella Corsi, grazie per l'emozione e la riflessione suscitate dai suoi versi.
La neve è arrivata anche a Milano e..fuori Milano

Il Calicanto

Nel giardino tutto quel bianco.
Spicca sui rami nudi il viola
penitenziale del calicanto.
Dentro la casa dai mazzi
un pizzicore di spezie
e vino cotto.
Stiamo al sicuro
le mani al fuoco del camino.
Chiuse là fuori le risse,
la guerra ,le miserie.

Non fosse quel passero
che becchetta frenetico la neve
un seme ,uno solo per la sua fame.
Maria Maddalena Monti

Anonimo ha detto...

Bella la poesia, ma la neve non mi affascina più. Nessuna emozione! Riesco ad associarla solo a danni e guai. Però si potrebbe fare qualcosa per i passerotti e quei pettirossi affamati che ho visto stamane nel parco. Una iniziativa per distribuire semi in tutta la città, ovviamente senza strafare. Dicono che lavorare in comune produca democrazia. enzo

Anonimo ha detto...

Dolcissimo Enzo! Politicamente generoso! Emy

Anonimo ha detto...

Crudeltà

Ticchetta, saltella, rimbalza
sulle ondulate lamiere dei capanni
gnaula come un gatto arrabbiato,
pigola nel secchio non ancora pieno
o senza freni scroscia dalla gorna
bucata allagando i passaggi.

Si diverte così l’irriverente
pioggia segnando ghirigori sulle
unte lastre, vetri dove è lo smog
a definire strade incrostate
tra polveri di ciminiere e sotto
i trabiccoli che sfrecciano lucidi
verso un solo, unico finale.

Datemi pure la silente neve
la sua panna acquosa di nuvola
ribaltata sulle cose effimere
del mondo. L’ingannevole
bianco della neve, infida
coltre che cela voragini profonde
però non ci induce a inganni
perchè via non lava niente.
Fatela passare lercia per le strade
della grande città o fatela ghiacciare
lungo i marciapiedi pronta a falciare
vecchietti spavaldi.
Lasciatela ricamare trine nei parchi
per la gioia dei bimbi che ancora
non hanno avuto il bisogno
di scoprire la pietà.


14.05.2011

Rita S.

Anonimo ha detto...

....continuo
quella pietà che solo la neve
rende inoperosa per quella
gioia fatta di guance rosse
e piccole mani brucianti
e tutto il resto così bianco
da temere anche un solo passo
una ruota,la cacca di un cane
silenzio
puffff
cade la neve da un ramo
puff puff
passa sorpreso un gatto
puf strasc puf strasc
lo zoppo chiede una moneta
la fontana è ghiacciata
troppo ghiacciata.
Emy

dai che mi perdoni Rita!

Anonimo ha detto...

E come non perdonarti, cara Emy: se mi introduci un gatto vado in deliquio e abbandono tutti i miei propositi antibuonisti!
Grazie per il tuo 'spirito libero'.
Rita

Anonimo ha detto...

Ringrazio tutti per i commenti e prendo spunto da quello di Enzo per domandarvi se, dietro alla neve e ai passeri, in questa poesia non sia possibile intravedere qualcos'altro...
sia nei contenuti che nel modo di usare le parole e di posizionarle sul foglio.
Scusate la piccola provocazione ma non è gratuita.
ciao
Marcella

Anonimo ha detto...

La neve copre, Marcella copre, copre, copre. Emy

fiorellaangelafrancesca ha detto...

Cara Marcella, leggo ora questa tua e resto incantata dalla levità e dalla sapienza, come gli altri commentatori. Un'ombra però, in tutto questo fulgore, mi assale (forse sbaglio) leggendo di quella gonna di sposa che resta pura "finché piede di uomo non calpesti", e poi quella crisi"dura" che viene evocata. Non parli solo della neve, qui.
Un carissimo saluto.

Unknown ha detto...

@ MarcellaFeb 5, 2012 12:36 PM

La poeta , FORSE, al suo risveglio corre a prendere i suoi attrezzi..per me leggendola (leggendoti) non ha avuto importanza chiedermi se ti riferissi a quella fotografica per l'istante poetante in te poetico fuori, o se invece fosse quella speciale "macchinetta" detta ispirazione poiche "il prolungato non uso rende impossibile lo scatto, peccato" è più ampio e a me ha significato meglio quanto precipitato nei versi successivi. ergo siamo ormai impreparati alla "innocenza incoerente" della natura , che implica saper prendere con tutta la nostra forza la sua bellezza e la sua bruttezza, rischi e danni compresi ... ovviamente sapendo distinguere chi lucra sugli "eventi naturali" , cosi chiamati dall'uomo bianco, per una parvenza di scienza che però possono permettersi, come al solito, solo quelli che possono strapagarsi case sicure, o lontane da luoghi insicuri, che non crollino..l'esempio è per la nota questione sismica, oppure quella idrogeologica..tipica di ogni sud del mondo in cui come haiti anche noi siamo.

Il/la poeta in tutto questo "uomo bianco", che non è il pupazzo di neve, sempre pu sradicato dalla prima fonte, inalienabile, che compone la sua stessa forza ( incoerenza innocenza compresa ), e che si chiama natura, è ormai il piu delle volte impreparato, per fortuna non sempre come dimostra Marcella.



la dea madre è piu forte di qualsiasi chiesa e anche qulsiasi uomo, anche se entrambi (poteri temporali e spirituali tutto compreso ) si sono creduti e si credono insuperabili,tanto che appena succede qualcosa, come ne giorno della marmotta, si ripetono sempre le stesse scenette, da un uomo all'altro a scaricare qualcosa cosi malamente di potere ridicolo ..per dircene, bastano le polverinate fino ad alemanno in un modo, e al papa che augura la primavera nell'altro ...penosi, grotteschi di fronte ai quali chi vince la partita è la sposa ,infatti : "la rabbia che corrode il mattino non regge
a tanto immacolato splendore?


nel finale tutta la parte segnalata anche da ezio"come si conserva il volo dei passeri sotto una notte di venti centimetri di neve " ..in cui però io non ho visto solo "un genere" , ma ogni molteplicita di quel genere , compreso l'uomo. ed è quella parte che da quandoesiste il mondo, l'uomo ha creduto di dominare , la cd tempesta rispetto alal quiete, la bruttezza rispetto la bellezza della natura..ma credendo di dominarla , ha perso ogni contatto sacro compreso quello con se stesso, la sua poesia in senso lato , inclusa la possibilita di stare fermo, immobile, a contemplarne i due lati(incoerenti bellezza bruttezza) mentre precipitano come i cristalli.

Anonimo ha detto...

Una crisi politica,una crisi d'amore, una notte che ha fermato un volo , copre la neve anche la tua poesia lenta come una nevicata timorosa perchè in attesa del disgelo. Emy

Unknown ha detto...

".... Al mio paese ho visto poca gente camminare a piedi.
Tutti chiusi in casa a vedere la neve alla televisione più che quella intorno alle proprie case.

L’Italia non è seppellita dal bianco ma dall’irrealtà.

Un evento atmosferico eccezionale dovrebbe riconciliarci con la geografia, dovrebbe rimetterci in contatto con la terra.

Esiste il freddo, il vento, il caldo, esistono delle cose che possiamo percepire prima ancora che
eventi su cui imbastire discorsi. Io mi sento a posto con la coscienza. Prima di scrivere questo articolo sono stato tutto il giorno fuori a guardare la neve che ha coperto il paese che non c’è più.

Parlo del mio, ma forse è l’Italia intera che sta sparendo sotto il gelo dell’egoismo e dell’indifferenza......."

Franco Arminio, 5 feb. 2012

Anonimo ha detto...

Parto dal fondo. Da quella parentesi non chiusa (refuso o no, poco importa)e l'evocazione de "i passeri del cielo non seminano, non raccolgono in granai..." suggerisce a qualcosa che si apre alla speranza.
Questo fa da contrappunto ai primi quattro versi dove invece la sottolineatura dell'estote parati è incalzante e minacciosa, rimarcata anche dal reiterarsi del prefisso "in"(immobile, inaspettata, innocenza, incoerente).
Nel rapporto uomo-natura c'è un interessante gioco di alternanza sopra/sotto (la gonna stesa sulle chiese, il respiro sugli alberi finchè piede d'uomo non calpesti, ovvero non sovverta questo ordine). Sarebbe come dire che la natura è "domina" anche nella sua innocenza e che la cultura non può che tacitare la sua rabbia invidiosa per cotanta bellezza (l'immacolato splendore)?
Domande mica da poco. Domande da anno di crisi!
Rita

Anonimo ha detto...

Parto dal finale, da quella parentesi lasciata aperta (se refuso o meno poco importa) e dall’evocazione “i passeri del cielo non seminano, non raccolgono in granai…”: ciò sembra aprire ad una speranza.
A questo fanno da contrappunto i quattro versi iniziali, che sembrano esprimere invece un senso di inadeguatezza, un estote parati che ha fallito e di cui si pagano le conseguenze. Ciò è reso ancora più angosciante dal reiterarsi del prefisso “in” (immobile, inaspettata, innocenza, incoerente).
E’ interessante il gioco di alternanza sopra/sotto: la gonna che copre le chiese, il respiro posato sugli alberi finchè piede d’uomo non calpesti, non sovverta quest’ordine.
Nel rapporto uomo-natura, la natura è “domina” anche nella sua innocenza, nel suo immacolato splendore. Riuscirà la cultura a contenere la sua rabbia di fronte a cotanto potere?
Domande non da poco. Domande da anno di crisi.
Rita

Anonimo ha detto...

Scusate il doppio inserimento che vi dovrete sciroppare due volte (in questo caso repetita non juvant)e tre con questa precisazione.
Sono poco pratica con questi marchingegni.
Rita

Anonimo ha detto...

... cara Fiorella, hai ragione. E la mia piccola provocazione chiedeva proprio di esplorare le direzioni di senso che le parole organizzate in quei versi invitavano a percorrere. I commenti di In soffitta (che in modo molto efficace ha usato anche uno scritto di Franco Arminio) e di Emy hanno percorso una buona parte del cammino sul versante dei contenuti.
Il mio contributo, che parte da questi versi ma credo possa avere applicazione più ampia, vorrei darlo invece sul versante della forma. Più in particolare sul fine verso.
Portate per favore l'attenzione sui versi dal 5° al 7° e sugli ultimi tre della poesia, e notate come la scelta di finire il verso lì dove finisce aumenti l'ambiguità del testo, attribuendogli un in più di senso: si indica una direzione di significato che l’inizio del verso successivo in qualche modo contraddice, dando luogo ad una serie di piccole sorprese, o se vogliamo piccoli ‘inganni’ ma poeticamente fertili. Se ci fate caso, sono proprio questi i versi su cui a mio parere converge il piacere della lettura.
Quando nel 5° verso leggiamo che una sposa incauta ha steso la sua gonna, le direzioni che il pensiero prende possono essere più d’una ma ci sono pochissime probabilità che vadano a finire sulle chiese romane (con le loro scomodissime cupole). Questa è la sorpresa che porta l’inizio del 6° verso, che di suo (rimanendo entro i suoi confini) ci presenta un’immagine di basiliche e cappelle del tutto silenziose. Nonostante la virgola, che però indica anche, invece, che adesso in silenzio è lei, la sposa che riposa il respiro nel respiro degli alberi (ed è la deviazione di cammino percettivo introdotta dal verso successivo).
Ancora più evidentemente negli ultimi tre versi: nel terz’ultimo la domanda senza risposta orienta verso molte direzioni, ideali e/o invece molto concrete (su questo versante, indotti dal verbo, perfino ai barattoli di vetro per le marmellate), il verso successivo (proprio perché finisce dove finisce) ci conduce in una notte di maestrale, di tramontana (o greco magari), per poi scoprire nell’ultimo che non di soffio si tratta ma di misura, e di neve. E il fatto che solo ora si attesti che di neve si tratta ci ha magari indotto a pensare anche in modo diverso quell’immobile inaspettata innocenza incoerente, quella sposa incauta…
Non vi pare?
Un caro saluto a tutti e la buonanotte
Marcella

Anonimo ha detto...

Cara Rita,
non avevo visto il tuo commento in risposta alla mia sollecitazione. Grazie di essere intervenuta arricchendo le direzioni di significato.
ciao, buonanotte
Marcella

Anonimo ha detto...

Caspita se mi pare Marcella! Io non avrei saputo fare questo dettagliato lavoro che tu hai fatto, ma davvero la mia sorpresa è iniziata dal quinto verso. Grazie e buona giornata di sole oggi qui forse inizierà il disgelo spero anche da te. Emy

Anonimo ha detto...

... ah, Rita, la parentesi finale mancante non è un refuso. Ho la speranza anzi che le considerazioni sul finale della poesia ti siano state propiziate proprio da quella mancanza.
ciao
(sempre io, marcella)

Unknown ha detto...

..grazie Marcella!con la tua ricca analisi sulle forme,mi hai aperto altre chiavi di lettura sui contenuti, "molteplicità" in un tuttuno a più punti di osservazione dello stesso centro del discorso, come nelle letture dei sogni che perlomeno per me sono la forma piu primitiva e permanente di Poesia.buona giornata.rò

Anonimo ha detto...

(come si conserva il volo dei passeri
sotto una notte di venti
centimetri di neve...
a loro serve il volo
come a noi il passo
quell'andare oltre
la terra e il cielo
fatti e nuvole mossi
dall'uguale destino sempre
attendono un raggio di sole.

Non chiudo la parentesi
si sà mai...

Emyperdoni

Unknown ha detto...

eh eh eh eh ehmy .-)

Unknown ha detto...

ps non chiudiamola, così precipita ancora un po'

.-)

Anonimo ha detto...

Un grazie a Marcella per la sua generosa disponibilità a dipanare per noi il gioco dei versi nella sua poesia.
Mi sento di sottolineare la fecondità nell'uso di termini che si prestano alla doppia lettura simbolica e/o concreta
("peccato", che può essere letto sia come sostantivo - suffragato dal successivo accenno all'innocenza incoerente - e sia come esclamazione; "conserva", dalla doppia lettura come Marcella stessa rileva, e anche "venti").
Accanto a questo, la significatività dell' "a capo": il verso finisce dove la cesura è necessaria per aprire ad una
polisemia non scontata.
Questo è quanto il testo poetico dovrebbe fare: portare il lettore alla sorpresa, alla meraviglia. Svelare qualche cosa che prima non si vedeva, anche se era presente, e adesso si vede.
Un'ultima cosa: il concetto dell'ex post. Alla fine ("è di neve che si tratta", ma non si tratta solo di neve) possiamo rileggere l'inizio con tutt'altra ricchezza.
Ancora grazie.
Rita

Anonimo ha detto...

la potenza della parola! e poi quando le parole crescono, aumentano, svelano i pensieri, i pensieri tuoi, ma anche quelli di chi ti legge, e a ogni lettura si scopre (o ti sembra di capire) qualcosa di nuovo o meglio: qualcosa che ben sai ma credevi di non sapere.
E questo dopo due volta che la ho letta, e cosa capirò dopo averla letta per terza o quarta volta ?

Ciao M.

Anonimo ha detto...

E' la potenza della parola che circola, che si fa narrazione e apre ad altre narrazioni.
E' l'io che si apre all'altro, al noi.
H.Von Hofmannsthal, ne "Il libro degli amici" dice: "L'uomo scopre nel mondo solo quello che ha già dentro di sè; ma ha bisogno del mondo per scoprire quello che ha dentro di sè...".
Rita

Anonimo ha detto...

Quanto chiari, importanti, vicini, questi commenti. Nulla prevale e nulla viene sottovalutato. Uno scambio utile e intelligente. Grazie Emy

Anonimo ha detto...

...scusandomi per l'assenza di pomeriggio e serata, mi sento ora di condividere con voi un brevissimo scambio di mail avuto con Ennio a proposito di questo testo.
Lo riporto qui sotto:

> Il 04/02/2012 20:54, Marcella Corsi ha scritto:
>> caro Ennio,
>> stamattina ho scritto una poesia sulla quale vorrei un tuo veloce parere. mi sembra che ci sia dietro questi versi (poi li trascrivo) il ricordo dello scambio via mail avvenuto a partire dalla vicenda di Pippa Bacca, con la sua carica di utopia. non è certo evidente. io so che c'è ma tu (che fosti l'iniziatore dello scambio) ce lo senti? sotto sotto lo avverti? non è quesito inutile, mi pare. perché se in qualche modo questo si avverte la poesia non è ferma dentro i suoi contenuti espressi, vicini, diretti ma si allarga ad altro come vorrebbe. se no, fallisce uno dei suoi obiettivi. dev'essere indiretto il riferimento ma dev'esserci, almeno per chi abbia un certo tipo di sensibilità. (come dire tra le altre cose: la crisi come opportunità...
>> dimmi.
>> ciao
>> un grazie per tutto
>> marcella

Il 04/02/2012 22:00, Ennio Abate ha scritto:
> Cara Marcella,
> ma sai che sei più sorprendente e complicata di quanto pensassi?
> Sinceramente, imbeccato da te, sì, il legame tra questa tua "sposa incauta" e Pippa Bacca ce lo vedo.
> Senza l'imbeccata non so. Forse mi sarebbe saltato in mente lo stesso, ma non sono sicuro.
> Resta il fatto che, si colga o non si colga questo legame ( credo che altri difficilmente lo coglierebbero se non indirizzati...), la poesia regge.
> A me resta solo un po' oscuro " il prolungato non uso rende impossibile/lo scatto". Ipotizzo: dell'utopia? ( Ma mi pare ancora un riferimento che deduco dalle tue parole di accompagnamento della poesia). O di un'innocenza incoerente?
> Trovo invece delicatissima, bella e surreale (chagalliana?) l'immagine della sposa incauta etc.
> "finchè piede di uomo non calpesti" ha per me doppio significato: - atto di violenza o aggressività (maschile) verso il femminile ( la sposa, l'utopia, Pippa Bacca, ecc.); - anticipazione del dato realistico successivo, quando si chiarisce che quella "gonna/ sulle chiese di Roma" può essere anche un manto di neve di "venti/centimetri".
> Un'ultima mia difficoltà: non ho elementi per capire a cosa attribuire "la rabbia che corrode il mattino". Forse all'"anno duro di crisi"? O c'è un legame con "il prolungato non uso"?
> Qui annaspo.
> Dai, pubblichiamola sul blog! Così sentiamo altre reazioni...
> Ciao
> Ennio
>

[continua]

Anonimo ha detto...

(continua dal post precedente)


Il 04/02/2012 22:200, Marcella Corsi ha scritto:

annaspare dentro una poesia ... mi sembra una esperienza augurabile (nel senso che i versi dovrebbero riuscire ad ampliare il significato di parole e frasi e quindi un pò far perdere il lettore in direzioni inaspettate e non univoche). per questo una poesia non dovrebbe essere spiegata dall'autore se non dopo che molti altri vi si sono dispersi in direzioni diverse da quelle originarie. non è oscurità quella nella quale ti lascio...
se vuoi usarla fai pure ma cerca un modo per non fare riferimento a Pippa Bacca, non inizialmente almeno.
[ah, non era importante che ti saltasse in mente, l'importante era che toccasse qualcosa nel tuo profondo capace di indurre un collegamento anche non consapevole: sto cercando dei modi per fare una poesia d'impegno che non abbia la pesantezza della poesia d'impegno, che possa essere apprezzata anche (soprattutto) per la sua leggerezza/ bellezza/ pulitezza/... (leggerezza/ bellezza/ pulitezza/... che però non sono fini a se stesse, rimandano invece sempre anche ad altro) ... forse un modo potrebb'essere quello di indurre collegamenti anche inconsapevoli ]
ciao
>
>>

Al di là della specifica questione legata alla vicenda di Pippa bacca (artista che volle portare per il mondo la sua 'utopia' in abito da sposa, la cui morte diede luogo ad un notevole dibattito entro la redazione di "Poliscritture"), chiederei anche a voi un parere su questo mio modo di concepire la poesia...

un abbraccio

Marcella

Anonimo ha detto...

La Poesia è pronta a tutto, così come ogni forma d'arte. La tua trova il mio entusiasmo perchè è molto vicina al mio stato d'essere. Chiara e piena di te ma anche enigmatica , di quegli enigmi che vorresti risolvere subito, che ti sembrano facili, invece hanno una storia da proporre,da capire, una bella interessante storia da offrire, una caccia al tesoro, che una volta trovato, vicino ad esso, ci sarà anche il nostro. Emy

giorgio linguaglossa ha detto...

... commentare una sola poesia rischia di essere da parte di un critico un atto davvero precipitoso e spocchioso, ma in questo caso non ho difficoltà ad ammettere che la composizione di Marcella Corsi mi convince per il tono e il ritmo prosodico, per le numerose smarcature dall'ovvio e dal prevedibile senza mai inerpicarsi in difficoltà e oscurità eccessive, per la distanza di sicurezza dal paesaggismo... come molta poesia che vuole apparire intelligente e scaltra.

Anonimo ha detto...

Questa sequenza di precisazioni va via ad arricchire le vie e vicende che hanno toccato personalmente Marcella e, nello stesso tempo, oscurare (per chi non sa chi era Pippa Bacca. Che ci fa qui il suo personaggio?) la lettura di una poesia che apparentemente parte da un anonimo (si fa per dire) 4 febbraio di un anno di crisi.
Il dialogo tra l’autrice ed Ennio si fa serrato “La poesia non è ferma dentro i suoi contenuti espressi, vicini… ma si allarga ad altro… dev’essere indiretto il riferimento, ma dev’esserci”, dice Marcella.
In controcanto, Ennio risponde sottolineando l’oscurità che percepisce (sei più complicata di quanto pensassi) e tenta di agganciarsi, per chiarirla, alle ‘chiarificazioni’: che cos’è questo, che cos’è quello. Come se fosse sgomento – “annaspo” - di fronte a tanta audacia della scrittrice nell’andare a fondo toccando qualche cosa di inconsapevole e di enigmatico (modalità ‘femminile’) e volesse invece aggrapparsi ai dati realistici (modalità ‘maschile’)
[in questo contesto mi è emersa la scena del film l’Atalante di Vigo – scena che tutti ricorderanno perché era stata riproposta, alcuni anni fa nella sigla di Fuori orario su Rai 3. Ovvero la sposa nell’acqua. - Film assolutamente da vedere!].
Questo scambio di battute ci mostra anche come l’emergente del momento, la nevicata a Roma, abbia attivato nella potenzialità poetica di Marcella tutta una serie di movimenti che si collocano su vari strati.
La cosa buffa, che mi ha colpito, ha a che vedere con la reazione di Ennio. Il quale pur avendo la capacità (stupefacente, secondo me) di adattare le figure ai testi, e pur avendo scelto un quadro di Chagall così pregnante e significativo, annaspa di fronte alla “delicatissima, bella e surreale (Chagalliana?) immagine della sposa incauta..”. Che mai vorrà dire?
Rita

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Rita:

No, non annaspo di fronte alla "sposa incauta".
E infatti ho scritto:

"> Trovo invece delicatissima, bella e surreale (chagalliana?) l'immagine della sposa incauta etc.
> "finchè piede di uomo non calpesti" ha per me doppio significato: - atto di violenza o aggressività (maschile) verso il femminile ( la sposa, l'utopia, Pippa Bacca, ecc.); - anticipazione del dato realistico successivo, quando si chiarisce che quella "gonna/ sulle chiese di Roma" può essere anche un manto di neve di "venti/centimetri".

Annaspo su altro:

1.

"> A me resta solo un po' oscuro " il prolungato non uso rende impossibile/lo scatto". Ipotizzo: dell'utopia? ( Ma mi pare ancora un riferimento che deduco dalle tue parole di accompagnamento della poesia). O di un'innocenza incoerente?


2.> Un'ultima mia difficoltà: non ho elementi per capire a cosa attribuire "la rabbia che corrode il mattino". Forse all'"anno duro di crisi"? O c'è un legame con "il prolungato non uso"?
> Qui annaspo.

Il maschile/femminile mi pare c'entri poco (qui!) con i miei
annaspamenti.

Anonimo ha detto...

Ennio, mi sbaglierò ma secondo me Marcella non risponderà a questi tuoi interrogativi, la poesia non avrebbe più il suo senso,il suo mistero che Marcella ha voluto dare. Un poeta non deve rispondere atutto, non sarebbe poeta... . Il femminile c'è e c'entra. Sento di non sbagliarmi. Ciao Emy

Anonimo ha detto...

... forse hai ragione, Emy, però mi sembra che le parole di Ennio siano una precisazione rivolta all'ultima parte del commento di Rita, piuttosto che una richiesta di chiarimento a me (che tuttavia su quel punto non avrei difficoltà a precisare che "la rabbia che corrode il mattino" ha a che vedere sia con l'anno duro di crisi, che con il prolungato non uso, e con altro ancora, e ancora).
ciao
Marcella

Anonimo ha detto...

Ieri sera ho dimenticato di dire che sullo scatto ha espresso una sua articolata interpretazione In soffitta (ma, In soffitta, mi piacerebbe poterti chiamare per nome: il tuo nome di battesimo qual'è? Ro....?). Le sue parole insieme con le tue, Ennio, mi sembra chiariscano a sufficienza.
Di questa poesia un punto in particolare è rimasto per me non risolto. Se a qualcuno interessa lo chiarirò, ammettendo una piccola sconfitta (ma non è detto che in futuro non...). Per ora... Emy ne ha la chiave.
Vorrei da ultimo ringraziare Giorgio Linguaglossa per il suo commento. Ammetto naturalmente che la valutazione positiva del testo mi ha fatto piacere (avevo quasi avuto la sensazione che nessuna delle mie poesie potesse sembrargli del tutto degna) ma delle sue parole mi rimane anche un dubbio: la poesia che vuole apparire intelligente e scaltra è quella che non si distanzia dal paesaggismo, vero? o è quella che se ne tiene ben distante e attraverso questa scelta...
un caro saluto a tutti
Marcella

Unknown ha detto...

ciao (fi)occhi marcellando poeta...sono ro' per esteso rosanna..prima di tutto ti ringrazio ancora di questa tua ad album..l'articolare fotografico me lo hai regalato tu ,sc-atto per sc_atto del tuo quattro februare ( purificare?rimediare? co-reggere errante? ....) ..sono io che ringrazio la tua aria ,musicale poichè andante da un tipo di ghiaccio (medioevo sociale crisi etc ) ad un altro che scioglie il primo?
ovviamente la mia risposta è sì, perchè del vero "fare " ,ne è pregna questa tua in modo che l'indispensabile venga fatto; un po' come "la sposa" saprebbe fare neve , possiamo dire che sul piano crisi di un'altra sigizia o matrimonio, ti è chiaro e molto come si potrebbe fare antigelo specifico di anticrisi ,come per opposto i venti della neve cucinati da un'altra innocenza ,di nuovo fra noi, seppur consapevoli delle sue incoerenze.

Il movimento che dai è per forza a te o ad altri come dici sconfitto, di cui dai la chiave dell'enigma giustamente ad Emy
la sconfitta pur in presenza di quella parentesi senza chiusura , equivalente di speranza, si sente perchè eravamo impreparati alal stessa come infatti, nell'allegoria di apertura, allo scatto.e così in apparente chiusura del tuo febrare, aperto interrogativo senza punteggiatura interrogante finale, ma implicita alla sospensione , affindando non a una semplice illusione di speranza, la sua pratica attiva di "ma non è detto che in futuro.."
sapere della sconfitta,prenderne atto,come l'impreparazione che riveli fin dal primo scatto, senza voler ricalcare studiosi lacaniani come recalcati , è un elogio del fallimento utile ad un surplus, sopravvenienza attiva di stato di coscienza incontaminato come quel manto che descrivi,paesologia dell'anima senza alcun connotato diverso da quello naturale in cui risiede come quella sposa.
un caro saluto a te

Unknown ha detto...

ps
la sincronia di un certo tipo di inverno in cui siamo alla tua poesia è pazzesca ..molto junghiana

se l'e-vento naturale si fosse verificato in un altro periodo , sempre invernale, ma piu vicino o piu lontano dalla prima-vera, ora che ci penso avrebbe avuto valenze diverse ,sia di crisi sia anticrisi.

la tua parentesi aperta è in questo tempo.

Mario Mastrangelo ha detto...

Marcella, hai scritto una poesia molto bella. L'immagine della gonna stesa sulle chiese di Roma - come è già stato detto - è magnifica. Il pensiero finale agli uccellini è un, per te, doveroso omaggio al mondo animale. Brava!
Se il mutato corso delle stagioni ti ispira così bene, prepariamoci a leggere altre tue belle cose. Magari sul deserto.
Mario

Anonimo ha detto...

Trovo affascinante il dialogo che ha seguito la poesia di Marcella, perché profondo. Mi servo della sottile interpretazione di In soffitta (mi piace troppo chiamarla così) per i primi due versi. Un'incapacità di esprimere, ma certo anche la creazione di una contrapposizione tra lo "scatto" che fa pensare alla tecnologia e l'innocenza immobile, inaspettata incoerente (notate come l'uso reiterato delle parole che cominciano con la i tende a reiterare l'emozione?..) che è l'elemento su cui si allarga lo sguardo e che sanziona l'affermarsi dentro di noi di un evento naturale cospicuo. Bellissimi questi versi!
Bella anche l'immagine della sposa che ha steso la sua gonna sulle chiese - come avete già notato tutti voi -. Sono le spose che si vestono di bianco - ancora l'immagine di innocenza della prima strofa. L'insistere su questa innocenza mi rinforza lo stupore di fronte ad un evento raro, profanato solo dall'uomo? Credo che qui possiamo intendere dalla civiltà o inciviltà dell'uomo di cui fa parte pure la donna. Allo stesso modo interpreterei come frutto di questa civiltà manchevole la rabbia del mattino in cui tanti e tante vanno incontro ad azioni non sempre desiderate. Uscire con il freddo, salire su un autobus affollato, iniziare un lavoro che non piace o cercare lavoro... bastano a spiegare la rabbia. Trovo un po' enigmatico il volo dei passeri che sta "sotto una notte di venti / centimetri di neve". Sembra che la neve abbia cancellato i normali riferimenti dei passeri, ma quella parentesi aperta li abbia lasciati liberi di cercare, di volare in cerca di qualcosa. Certo si nota una preoccupazione per il volo di quei passeri che l'innocenza della natura non basta da sola a garantire. Una poesia piena di echi, lieve, che sono sicura susciterà in noi altri pensieri.
Anna Maria Robustelli

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Marcella:

Aggiungo alla tua altra neve, un po' diversa, di un'epoca lontanissima ('77-'78). E'l'ultima parte di un pezzo troppo lungo per questo spazio- commento, intitolato "Nevicata di assemblee" da "Prof Samizdat". Ciao

A Samizdat con perfidia piacque, là, misurare il fallimento dell'allarmato consesso di presidi e vice e genitori lavoratori, dove di rapinate scarpe nuove si era a lungo trattato. Ora i docenti, caldamente invitati a contenere l'esuberanza dei demolitor di sedie cattedre e valori, a sedare urla e rumori, abituali borborigmi della scuola in iperideologico, eppur materialissimo, bollore, ristavano spossati, raffreddati, a termosifoni troppo tiepidi incollati.
Poi dal mazzo scorbutico si staccò per corridoi, a squadrare con amarezza bidelli e bidelle. [Cumme e foglie, Assuntì! Ca’ fra poche chiove e nui simme debboluccie assaie. Arrivane chill’e da graduatorie, e a nui chi nge aiuta?A nuie o viente nge scioscia fore annure, cu na mane annanze e un’arrete1]. Gironzolavano, condannati e svagate, in assenza di regole e autorità, fra i muri di cartapesta, lavorati – riferirono – da coltellini e mani furenti d’adolescenti, tanto che, in seconda Emme, durante la lezione, senza più estorcere ipocriti permessi, gli studenti diminuivano, evadevano e svanivano attraverso un comodo, procurato varco, per gironzolare però appena più là, vuoti nel vuoto, fra cessi e corridoi, puliti a malavoglia dalle reduci schegge del gran precariato, che a scuola, dalle fabbriche sconfitte, era approdato.
Fuori fitta continuava a cadere la neve; assieme a quella ideologica che si posava dentro l'impazzito alveare, tutto in diarroico spasmo parolaio, ormai evacuato di ogni miele culturale.

1 [Siamo]come le foglie, Assuntina! Qua fra poco piove e noi siamo troppo deboli. Arrivano i bidelli in graduatoria, e a noi [precari] chi ci aiuta?A noi il vento ci soffierà fuori nude, con una mano davanti ed una indietro [in segno di estrema difesa]

Anonimo ha detto...

... oh, oh, sono quasi commossa: anche Ennio con questa ruspante, saporosa, bellissima nevicata di assemblee (penso che dovresti recuperarle queste prose iniziali, per pubblicarle). Davvero grazie. A te, ad Annamaria per il commento così partecipe e competente (liberi di piegarsi a loro piacere in realtà sono bellissimi i tulipani), a Mario che mi augura di scrivere anche di deserti.
Io però vorrei continuare a giocare e ripropongo la domanda di stamattina: qual'è il punto che nella mia percezione è rimasto non risolto? Come chiave vi fornisco la prima versione del testo, spedita a Emy in risposta ad un suo saluto in versi:

il prolungato non uso rende impossibile
lo scatto, peccato: immobile inaspettata
un’ innocenza incoerente allarga lo sguardo
al risveglio – 4 febbraio, anno duro di crisi

ma una sposa incauta ha allargato la sua gonna
sulle chiese di Roma, adesso in silenzio
riposa il respiro nel respiro fermo degli alberi
finché piede di uomo non calpesti –

e la rabbia che corrode il mattino non regge
a tanto immacolato splendore

(come si conserva il volo dei passeri
sotto una notte di venti
centimetri di neve

Così non dovrebb'essere difficile ipotizzare... E vorrei anche vedere se insieme riusciamo a risolvere l'irrisolto.

ciao

Marcella

Unknown ha detto...

Grazie AnnaMaria:-).. un piacere condividere "il gioco" nel gioco di questi centimetri riflessi in commenti,in cui appunto precipitano cristalli come quelli dentro i versi di Marcella..cosi preziosi proprio per quella cosa che dicevo e che rilevi anche tu, delle "mille e piu una notte " di storie,riflessi,echi.Una scatola magica di Shéhérazade in Shéhérazade ma anche Samizdat.

Infine un vero piacere notare la dissonanza musicale armonica perfetta, fra il mio cognome di fantasia e il sottile "robusto" nella tua lievietà , come i versi di M.Corsi , in contrasto e maggior ri-salto delle leggi di gravità (di certe precipitazioni e crolli a crisi) .
Spero di rileggerti ancora e ancora.

Anonimo ha detto...

le ali ghiacciate non muovono voli,
e il raggio sarà di marzo o d'aprile
- basterà?-
solo è un passero dalla terza ala
un prestito, un dono, per caso,
attento sotto a un tetto di casa
un caldo rifugio dove dormire
nel tempo del freddo e della fortuna
lui sì che al volo ci pensa e gli basterà.

Emy continua

Anonimo ha detto...

... e dunque dove sta l'irrisolto, oltre che fuori dai versi?
:)

mayoor

Anonimo ha detto...

Ecco il particolare rimasto irrisolto:
Rileggendo la versione iniziale, in cui il verbo allargare era usato due volte (3° e 5° verso), mi sembrò che, non essendo un testo giocato sulla ripetizione, fosse preferibile sostituire il verbo allargare in uno dei due punti in cui era usato.
L’immagine della gonna allargata sulla città mi piaceva (anche perché indicava con maggiore chiarezza che la gonna era indossata) e dunque ho provato, senza riuscirci, a sostituire con un altro verbo l'allarga nell’espressione "allarga lo sguardo". Solo dopo aver assaporato ben bene la mia incapacità, ho deciso di usare il verbo stendere per la gonna.
Stendere ha sì il pregio, al passato prossimo, di essere in consonanza con sposa, chiese e riposa ma indica secondo me un gesto meno naturale e schietto, che un pò mi dispiace per la gonna indossata da quella sposa.
Ecco tutto.
ciao
Marcella

Anonimo ha detto...

ma va, hai fatto bene.
ciao

mayoor

Anonimo ha detto...

A Marcella: quanta femminilità! Emy

Unknown ha detto...

@Marcella
l'irrisolto che riveli, (e)spande in cerchi concentrici di domande in altre domande..la cosa per come mi emoziono e (mi) rifletto, è pura magia..potresti quasi aprire un "laboratorio",almanacco o blog o zibaldone, fondato esclusivamente sulla cascata di neve altra dalla tua nuvola " una poesia" ...ti lascio una cosa che pochi giorni fa ho letto, visto che sto scavandomi una tana anche fra i pensieri regalati dai poeti di questo blog . E' uno scritto di Giorgio Mannaccio che potresti già conoscere, quindi perdonami se fossi stata ridondante. L'ho trovato, non so per quali altre "associazioni", particolarmente adatto alle associazioni altre su cui ti sei interrogata dandocene il racconto cronologico e non del tuo " fare" poesia.
Nel trasfinito concentrico leggerti allargare ancora un po' e ancora spero.

http://moltinpoesia.blogspot.com/2011/02/contributi-giorgio-mannacio-emozione-e.html#more

Anonimo ha detto...

grazie, Rosanna. leggerò appena possibile lo scritto di Mannacio che mi consigli.
ciao
marcella

Anonimo ha detto...

cara Rosanna,
la tua soffitta è un piccolo prezioso archivio da cui trarre alla bisogna. L'articolo di Giorgio Mannacio che mi consigli ci sta davvero bene in questa riflessione comune che ha messo a fuoco anche qualcosa del mio fare poesia. E' interessante e per di più ben scritto.
Mi colpisce in particolare la raccomandazione di Rilke di rimuovere i ricordi, giacché non sono esperienze.
Dispiace solo che lo scritto (pubblicato nel febbraio del 2011 mi pare) non abbia suscitato commenti.
Grazie di nuovo per avercelo segnalato.
ciao
Marcella

Anonimo ha detto...

(ma come mai un commento inviato alle otto di sera risulta mandato alle dieci del mattino?)

Unknown ha detto...

..a te, grazie a te Marcella cara e al prezioso Giorgio.
a presto
(*_*)

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate ad AnonimoFeb 10, 2012 11:15 AM:

Sì, mi sono accorto pure io che non c'è corrispondenza tra orario d'inserimento del post e orario che "la macchina" gli attribuisce. Ho controllato nella parte amministrativa il fuso orario (Roma etc), ma purtroppo l'orario del blog va per conto suo.
Se qualcuno se ne intende e mi dà qualche suggerimento...

Anonimo ha detto...

... davvero, se qualcuno di noi ha un amico che sa come gestire un sito e potrebbe essere disposto a dare qualche consiglio a Ennio, lo metta in contatto con lui.
Ho riletto l'insieme dei commenti sul blog relativi a questa mia poesia e mi è sembrato un buon esempio di laboratorio. Ringrazio tutti per il contributo dato.
Vorrei da ultimo invitare chi si è affacciato su questo blog ad 'annusare' anche la rivista che alcuni di noi producono - Poliscritture - giacché ospita anche diverse poesie, sia isolate che incluse nei testi in prosa, e talora riflessioni sulla poesia. Tra queste ultime mi colpì lo scritto di Patrizia Villani (Quando il privato si fa politico: etica militante e poesia, lo trovate nel n. 7 a p. 48 ).
Nel n. 7 (trovate il pdf del n. 7 e degli altri numeri andando sul sito, cliccando sulla sinistra sul vecchio sito e poi sempre a sinistra sulla rivista cartacea) potete leggere poesie di Luca (Ferrieri, a p.61), di Mayoor (p.77) e mie (p. 50) ma anche di Fabio Franzin, Stefania Portaccio, Maurizio Meschia, Francesco Dalessandro, Lisabetta Serra e Giovanni Calarco. Poesie sono incluse anche nelle prose di Salvatore (Dell'aquila), di Ennio e nella mia. Cito a memoria, qualcosa potrebbe sfuggirmi.
Del n. 8 non vi dico (perchè ancora non è sul sito ma spero che a breve Ennio riesca a farcelo apparire). Però almeno che il numero si apre con i versi di Rita (Simonitto), questo sì, ve lo dico.
Poesie ne trovate diverse almeno a partire dal n. 3. Aprendo il pdf del numero basta cliccare sull'icona che indica le pagine (sulla sinistra in alto) e, scorrendo le pagine miniaturizzate che si aprono, vedete subito dove sono i vuoti delle poesie (dall'indice è più difficile capire se si tratti di poesie o di prose).
L'unico pdf che non si apre (ma spero che Ennio possa metterci rimedio quanto prima) è quello del n. 5. E dispiace perché tra l'altro ci sono, presentate da me, diverse poesie di Paola Febbraro che vi consiglio vivamente...
Davvero, date un'occhiata a "Poliscritture": può essere interessante da diversi punti di vista.
E un amico o amica per qualche consiglio tecnico ad Ennio sulla gestione dei siti dei Moltinpoesia e di Poliscritture.
Un caro saluto a tutti
Marcella