mercoledì 14 marzo 2012

Emilia Banfi
Della guerra restano avanzi



Della guerra restano avanzi
di tutte le guerre come pasti
scaduti avvelenati dai comandi
dalle prese di potere che non rispondono
ai figli che stanno a guardare come forme
iniettate di sangue infetto nelle piccole vene
avanza lo stupore il malore il sempre come
chiodo nelle piccole mani -Come Gesù- dice la nonna
-Vieni qui non guardare non è per te questo morire-.
I fiori nascosti a marcire sulle grigie tombe seccano
al sole d’agosto al passante che guarda che non ha visto
il fondo dei fondi lo sguardo sospeso tra il monte e il mare.
Non capire non leggere il nome guarda solo la pietra
perché solo di questo si tratta.

13 commenti:

Massimo Caccia ha detto...

Un bel testo. Forse, l'incipit non invita alla lettura, ma proseguendo, si schiude in una musica che sommerge. Tornerò a rileggere.

Anonimo ha detto...

Cara Emilia, ti stai cercando, facendo saltare la punteggiatura, incalzando (“scaduti avvelenati”, “lo stupore il malore”, “il fondo dei fondi”): “non guardare non è per te questo morire”…Hai ragione, non è per noi morire di guerra; per la specie umana, dovrebbe diventare un tabù. Già tumori, infarti, ictus, aneurismi e mille altre malattie ci regalano la morte. Non è troppo aggiungervi anche la guerra?...”guarda solo la pietra / perché solo di questo si tratta”. Brava.
Donato

Anonimo ha detto...

Dura questa requisitoria di Emilia contro la guerra, contro tutte le guerre ivi comprese quelle cosiddette ‘preventive’, ‘umanitarie’ (e anche le guerre ideologiche, aggiungo io, altrettanto micidiali). Il suo lamento, chiuso tra il drammatico incipit e un finale che non lascia speranze, si snoda toccando quei punti *avvelenati dai comandi/ dalle prese di potere*, quei *fiori nascosti a marcire*, dove vediamo come le risorse vitali (i figli, il passante “che guarda”) rimangono a loro volta avvelenate (“di sangue infetto”) o rese cieche (il passante “che non ha visto”). Intensamente brava.
Rita S.

Anonimo ha detto...

Sì Rita proprio così. Ciao Emy

Anonimo ha detto...

Poesia che non fa sconti .Nessuna parola o verso di consolazione,neppure quando la penna si sofferma su figure che dovrebbero suscitare compassione e tenerezza (banbini,nonna). Anche le scelte linguistiche,lessicali in particolare, sono orientate a creare un sentimento di ineluttabilità e disperazione,senza scampo.
Maria Maddalena Monti

Anonimo ha detto...

ad integrazione del commento:
Macerie e Gibigiane

E non mi riesce di saltare
su queste macerie.
Mattoni rossi,impolverati
calcina,una tinta data malamente
da un imbianchino improvvisato.
La bambina fantasiosa
balla sul pietrisco disuguale.
La donna canta,
forse è una principessa
Un vetro rotto la spada aguzza.
e nello specchio gibigiane, arcobaleni
illudono un pulviscolo dorato.
M. MontiMaddalena

Anonimo ha detto...

...E tu hai invece voluto aggiungere speranza ai miei avanzi. Il tuo è un dopoguerra che sorprende, dolcemente come una consolazione per chi ancora crede nella vita, nel rinnovamento.Grazie e complimenti. Emilia

Anonimo ha detto...

Carissima Emy. Molto belli questi versi. Avrei preferito vederne alcuni declinare di rigo. Ma gli ultimi sono
note bellissime di poesia.CAR

Anonimo ha detto...

Sei Caimi Armando? Ciao ti abbraccio grazie .Emy

Anonimo ha detto...

Grazie ad Ennio e a tutti per avermi letta e regalato la vostra preziosa attenzione. Emy

Annamaria ha detto...

Della guerra restano avanzi...molto vera la tua poesia Emy..basterebbe la malattia a trasmetterci tante sofferenze: ha ragione Donato. Mi permetto di trascrivere di seguito un testo scritto di recente...scusami

Quando la malattia...

I suoi orrori equiparano quelli della guerra...
La natura contro se stessa ed é guerra civile senza pari
dove il tutto e le parti, ribelli e secessioniste,si affrontano
ferite sanguinanti, escrementi e carni disfatte...
Nel corpo a corpo attentata l'integrità, disfatta l'unità
le parti in libera uscita senza capo o generale
come formiche fameliche lasciano il putrido cibo
per ricongiungersi con la sfera universale...resa incondizionata
Ma chi ci unisce e poi ci disfa?
Fa male!

Quando l'angoscia é una guaina stretta sulla pelle
e poi diventa la pelle
non c'è doccia per levarsela
non c'è abito di seta per celarla
Scorticarla?
Inutile, ha già intaccato scheletro muscoli vene
una sola roccaforte, anch'essa assediata, resiste
ci prova a contrastare l'invadente melassa
la lava travolge sommerge...
Negli scavi di Pompei
tra i calchi vuoti ti troveranno
forma priva di ogni sostanza

Dentro si soffre e si muore
fuori, nei giardini dell'ospedale,
anche quest'anno é esplosa la primavera

Annamaria

Anonimo ha detto...

Scusa?!?! La tua importante riflessione chiusa in questa bella poesia mi fa anche pensare a tutti quei malati che hanno anche subito la guerra, terribile.
Mio padre che aveva fatto la guerra ,5 anni al fronte diceva:-A che server parlare della mia guerra, delle mie paure, delle mie disperazioni, degli orrori, lasciatemi in pace.- Non gli abbiamo più chiesto nulla. Voler dimenticare il male per non soffrire, forse per questo prima o poi la guerra ritorna per lasciare solo "avanzi". Grazie Annamaria. Emy

Annamaria ha detto...

Ti ringrazio Emy...la natura, come la primavera ogni anno, ci restituisce alla vita, ma dimenticare é impossibile,neanche tuo padre, anzi soprattutto tuo padre non ha potuto..
Annamaria