martedì 20 marzo 2012

Roberto Bertoldo
La polis che non c'è (6)
Poesia civile della rivendicazione



Concludendo il discorso  su La polis che non c’è. Tre modi di interrogarsi in poesia sul venir meno della polis e della società civile pubblico gli appunti di lettura di R. Bertoldo su Il disgusto di Gianmario Lucini [E. A.] 

Gianmario Lucini, Il disgustoEdizioni CFR, Piateda (SO) 2011.

La parola poetica di Lucini ne Il disgusto viene lasciata libera, almeno questa è l’impressione di lettura, di adattarsi alla volubilità emotiva dell’autore. Ne viene fuori un’espressione variegata che contempla tanto il linguaggio lirico elitario, esito dell’ampia apprensione culturale e poetica di Lucini, quanto quello prosaico popolare, esito dell’umano civismo dell’autore. Forte della pregnanza poetica presente in genere nei poeti della sua generazione ma, rispetto a questi, capace di restare libero da influenze ideologiche, Lucini riesce a guardare le nostre colpe sociali dal di dentro. La poesia civile di Lucini è dunque poesia della rivendicazione, non tanto però nei riguardi dei poteri quanto, come il Foscolo disgustato, nei riguardi del popolo. Un popolo “di lacché” (p. 57), un popolo che non è un “popolo” (p. 58); così come i poeti sono senza civiltà (p. 40 e p. 41), sono “mercenari” (p. 44), portati solo a un canto utilitaristico (p. 53); insomma, un popolo che è “nemico”, ma un nemico con «mie sembianze» (p. 39).
Lucini non si pone al di fuori, in una posizione privilegiata autoassolvente, la sua ricchezza umana si esprime nell’umiltà dello sguardo, nonostante l’affilato disgusto, ma nei fatti la sua poesia si autoassolve perché non rivendica nulla per sé, come invece fanno coloro che cantano «per rapinare legalmente» come i loro «padri» (p. 53).
E ha ragione il prefatore Nunzio Testa a parlare «di disincanto e di smascheramento» come prima necessaria mossa per ripudiare, anche stilisticamente, «la connivenza» degli stessi poveri e «il pietismo dei poeti» e non solo. L’imborghesimento è in fondo l’esito più disgustoso del «pianto di secoli / che mi opprime e mi ossessiona» (p. 9).
L’autore fa parlare il passato (la mummia, pp. 17-19, l’uomo del Similaun, p. 20) di un mondo già crudele, disprezza il pubblico che è decerebrato (p. 32), distingue la gente dal popolo (p. 12), vede la corruzione del popolo (p. 30) e la povertà (p. 19) che deriva dalla propria stoltezza («loro sanno / che voteranno sempre chi maneggia / spesso (p. 13), insomma ci propone tutto ciò che ci minaccia all’orizzonte (p. 10) e che chiede “giustizia e vendetta” (p. 21).
Per essa, per questa «giustizia e vendetta», Lucini illustra il mondo deturpato che ci circonda e lo fa con versi “umani”, come direbbe Vittorio Sereni, che mi pare l’autore italiano più prossimo al Nostro.
La poesia di Lucini è poesia di immagini e chiarimenti, poesia moderata, in essa «ogni evento ha un suo racconto» (p. 46) e non ci si può sottrarre, come non ci si dovrebbe sottrarre al canto «contro una civiltà» che abbandona i deboli (p. 53). E questo raccontare veicolato dai fatti, unito all’espressione poetica dell’emozione, costituisce la forma della denuncia, la sua analitica riprovazione, che ha in Lucini un cantore senza fronzoli.


4 commenti:

Anonimo ha detto...

Nelle poesie di contenuto, quindi anche nelle poesie di impegno sociale, l'appagamento estetico è strettamente collegato all'equilibrio logico. Venendo meno a questa necessità anche il giudizio estetico ne risentirebbe perché l'eventuale mancanza di chiarezza logico-sintattica potrebbe arrestare il flusso di coscienza nel lettore attento.
Le poesie di Lucini ne sono una chiara dimostrazione. Rinunciando alle irregolarità ed agli imprevisti della scrittura creativa non corre il rischio di cadere o sollevare equivoci. Questa linearità, ma parlo per me, non basta però a darmi l'emozione estetica che cerco solitamente nelle poesie che leggo. Cioè alla lunga, e paradossalmente, mi sento impoverito dai contenuti stessi che per altro non sempre condivido.
Diversamente da Ennio Abate che offre qualità emotive più variegate, e pur controllandole nella consequenzialità mi sembra sappia anche quand'è il momento per uscirne con versi esteticamente, per me, più appaganti.
E diversamente ancora le poesie di Bertoldo, che inseguono il contenuto unicamente affidandosi a parole pure trattate mi sembra in forma ideale, dove però una sorta di instancabile motore interiore ne fa emergere la disperata necessità.
Tre esempi interessanti, assai diversi, per cercar di unire tra loro l'emozione intellettuale con l'emozione estetica.
mayoor

Anonimo ha detto...

sentirei l'esigenza che al commento sulla raccolta di un autore si affiancasse una scelta di poesie tratte da quella raccolta fatta dall'autore del commento... altrimenti è difficile situare il commento, e comprenderlo fino in fondo.
ciao
marcella

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

Una scelta di poesie da "Il disgusto" di G. Lucini era presente nel post precedente:
http://moltinpoesia.blogspot.it/2012/02/ennio-abate-la-polis-che-non-ce-2-su-il.html

Anche di "Pergamena dei ribelli" di Bertoldo alcuni stralci di poesie si trovano qui:
http://moltinpoesia.blogspot.it/2012/02/ennio-abate-la-polis-che-non-ce-su.html
e una anche qui:
http://moltinpoesia.blogspot.it/2011/11/segnalazioni-ennio-abate-elio-franzin.html

AldoPagano ha detto...

Ho conosciuto Moltinpoesia soltanto oggi, attraverso una ricerca su Roberto Bertoldo dopo aver letto su Google libri alcune pagine del libro Anarchismo senza anarchia - Idee per una democrazia anarchica, libro che mi propongo di leggere quanto prima, e a tutt’oggi ancora non ho letto gli scritti di Giananantonio Lucini pur se ad essi dovrei essere molto vicino dal momento che anch’io sicuramente mai ho scritto “per rapinare legalmente” al modo dei “padri”… Proverò a conoscervi meglio nei prossimi giorni, intanto riproduco qui di seguito due miei componimenti.

TRA L’UTILE E IL FUTILE
I QUOTIDIANI MILLE TRAVESTIMENTI
DEL NIENTE

Ovvero

L’AN-ES-T-ETICA ID-ENTITA’

Ovvero

LA FABBRICA DEGLI SCHIAVI

° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° °
Tra l’utile e il futile
la quotidiana finta solidarietà
di lamenti intessuta
e di sterili racconti
ovvero
la monoteistica e delinquenziale
triade mistica e nichilistica
dell’assoluzione
deresponsabilizzante
cioè nell’ordine
soltanto espositivo
il padre illegittimo e geloso
assoluto e asessuato (1)
l’utile1 – o unico principio
il figlio castrato
il futile – o perfetto subordinato
e lo spirito santo (2)
o an-es-t-etica ID-entità
del puro e adialogico formalismo
essenza del millenario dominio
pigramente
affettuosamente
ed acriticamente legittimante
il disordine costituito

Aldo Pagano - aldo.pagano.ywmr@alice.it

Udine, 19 ottobre 2007
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Annichilimento delle energie mentali
attraverso 4 formule magistiche e 4 procedure ritualistiche...

°°°°°°°°°°°°°°°°
...Ma com'è possibile
tu che eri tanto "bravo" (1) in tutte le "materie" (2)
- o è forse proprio perciò ???... -
"bravo" perché da esse/attraverso esse disciplinato
Iper-materializzato (3) despiritualizzato (4)...
al punto che adesso
compitamente
cioè economicisticamente (5)
sei ormai imbrigliato
soltanto da quattro formule (6) e da quattro procedure
che a mestiere hai imparato a recitare e ad eseguire (7)
sulla piazza del dominio
dove perfino quando qualcuno muore
si specula e si contabilizza
manicomialmente a iosa
intorno a masse saccenti (8) e inebetite
farneticanti d'omaggio
proprio laddove - invece
è massimo l'oltraggio
???
Udine, 28 settembre 2011
Aldo Pagano

aldo.pagano.ywmr@alice.it