lunedì 21 maggio 2012

Paola Loreto
Quattro poesie


In chiave minore

Quando scopri che il Tutto
non è tutto e ha dei limiti
l’infinito, allora non lo vuoi
davvero tanto. Lo coltivi,
non rinunci, ma fai altro
contemporaneamente.
Liberi la mente dai falsi
pensieri, la lasci vagolare
illusa di una buona solitudine,
ottundi i sensi all’abitudine
e tiri avanti, convinta, giunta
adesso nel posto che cercavi,
dov’è ancora, molto, da fare.


Corpo a corpo

Perché quando procedi con fatica
su un sentiero che si inerpica sul monte
spazzato dal vento sferzante,
i capelli appiccicati alla fronte
e le dita intirizzite,
sei vicina alla vita.
E non lo so perché lo sei
anche quando ti si piagano le mani
alle manopole per il sudore
e i capelli ti si incollano al viso
per un’altra ragione, ma tu sai
che sei felice ugualmente
perché è tutto reale, inquestionabile,
e puoi restargli addosso, dentro,
consumarti finalmente,
e non serbarti per quello
che magari non c’è.


Lembo di lago

Vedi come incontra l’acqua la roccia,
che le si getta dentro, come se ci
fosse sempre stata. Come se fosse
sua, e lei viva. E non si chiede cosa
viene domani, se tira il vento e
increspa la superficie e sciaborda
scaglie a riva. O se tutto resterà
perfettamente fermo, liquido,
e il silenzio assoluto.


Distinto sentire

Non ci confonderemo.
Il tuo senso delle cose è tuo
e me ne innamoro. Ma
quanta grazia quanto
desiderio di individuazione.
Non sparire d’amore
perché amare è fare,
stare per qualcuno. Tu solo
hai l’orecchio dei crotali.
Io ascolto il silenzio di casa.



Ti guardo la pelle
liscia all’innesto
del muscolo del braccio
dove si innalza
la forza. Riposa.
In completo abbandono
nel sonno che abbatte
la lotta, vedo quello
che amo. Natura
di un uomo capace,
paura del filo di sbrego
del sogno adempiuto.



Paola Loreto

Nata a Bergamo, insegna Letteratura Angloamericana all’Università di Milano. Ha pubblicato In quota (Interlinea, 2012), La memoria del corpo (Crocetti 2007; Premio Alpi Apuane 2008), Addio al decoro (LietoColle 2006, Premio Calabria-Alto Ionio 2007), L’acero rosso (Crocetti 2002; Premio Tronto 2003), la plaquette Spiazzi dell’acqua (pulcinoelefante, 2008), le sillogi Conoscenza della neve (Poesia 267, gennaio 2012) e Transiti (Almanacco dello Specchio Mondadori 2009), oltre a una silloge di poesie sulla montagna (Premio Benedetto Croce 2003) e numerosi testi in rivista (Il segnale, ClanDestino, Ciminiera, La mosca di Milano, La colpa di scrivere) e in volumi collettanei.  Traduce i poeti americani. Come studiosa è anche autrice di tre libri sulla poesia di Emily Dickinson, di Robert Frost e di Derek Walcott. Collabora a Poesia e a varie riviste di studi americani italiane e straniere.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Sento queste poesie molto mie . S'affacciano volti,cose,orizzonti messi lì a fermare come una preziosa pietra il tempo trscorso e forse da trascorrere come allora? Complimenti .Emilia Banfi

Anonimo ha detto...

Ciò che mi sorprende nel femminile è la capacità di avere sguardi volti all'universo tenendo saldo il micro universo personale. Anzi, è proprio da lì che sembra partire ogni osservazione, dalla minuziosa osservazione della complessità del privato. Come dire che non ci può essere teoria senza esperienza. Altrimenti che valore avrebbe?
Dopo aver redatto la teoria della relatività, Einstein avrebbe dovuto conseguire l'illuminazione, e con lui, se non proprio l'umanità intera, almeno la comunità scientifica. Ma la teoria della relatività ha generato gli studi sul nucleare con le conseguenze che sappiamo.

Avrei da obiettare sulla prima poesia perché i limiti non sarebbero del Tutto, ma sono nostri. Comunque sia, il giusto richiamo al fare resterebbe invariato.
Poesie di contenuto, molto interessanti, che non escludono amore e sentimenti. Insegnamenti che mi rimandano alla Szymborska, ma con altro stile. Esteticamente meno bizzarro ( meno bello?), ma ben vengano le diversità!
Grazie.
mayoor

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Mayoor:

Sul tema dell'esperienza suggerisco la lettura di un post di Casadei a questo link:
http://www.leparoleelecose.it/?p=5117
Sempre nella logica di ficcare il naso in altri "recinti" e approfondire spunti interessanti suggeriti dai testi poetici.

Anonimo ha detto...

Grazie per la segnalazione, Ennio. Trovo condivisibili le tesi di Casadei sul significato dell'esperienza in ambito artistico, che è esperienza particolare perché estetica. Lo si ammette già nell'introduzione, citando Benjamin, e anche poi, dove viene detto che è possibile trasmettere la propria esperienza solo se ri-vissuta, e poco importa se solo immaginata. Quindi parliamo di un aspetto particolare, quello che avviene quando l'esperienza si fa messaggio. Ed è altro, secondo me, perché l'esperienza resta individuale, in chi scrive come in chi legge.
Casadei riduce l'esperienza al "fatto traumatico" (l'esperienza nel suo farsi), senza addentrarsi nelle dinamiche psichiche - dio ce ne scampi - e saltando a piè pari l'individuo. Lo sguardo sociale è sempre rivolto altrove, guarda lontano, l'insieme, mentre la poesia può vedere le cose più da vicino, e anche dentro. Le due cose naturalmente non si escludono.
mayoor

Anonimo ha detto...

... e un po' Casadei si contraddice quando afferma che "L’inesperienza non è concepibile nel fare artistico" e aggiunge "se è diventata tema, ciò è avvenuto per motivi storici e sociologici da analizzare in dettaglio, ma certamente non accettabili a livello ermeneutico." Dunque, di quale esperienza si sta parlando? Certamente Paola Loreto sa che questo è un divagare al maschile.

Vedi come incontra l’acqua la roccia,
che le si getta dentro, come se ci
fosse sempre stata. Come se fosse
sua, e lei viva. E non si chiede cosa
viene domani, se tira il vento e
increspa la superficie e sciaborda
scaglie a riva. O se tutto resterà
perfettamente fermo, liquido,
e il silenzio assoluto.

mayoor

Moltinpoesia ha detto...

Ennio a Mayoor:

Eh, sì, l'acqua incontra la roccia e le si getta dentro... e non si chiede cosa viene domani etc.
Ma noi?
Tutto vano questo interrogarsi, progettare, lottare gli uni contro gli altri?
Meglio fare come l'acqua?

Anonimo ha detto...

sì, l'acqua non si pone domande. Forse per questo è così sorprendente, ci dà la misura di quanto e da cosa ci siamo allontanati. Non vedo un controsenso tra osservare (essere) e capire ( voler essere ). In fondo, ammettiamolo, non si vive di solo pensiero e l'indagine andrebbe fatta, tu m'insegni, a 360 gradi... poi, stabilire cosa sia importante sta a ciascuno. La ragione fa la sua parte, ma a che scopo?
mayoor

Anonimo ha detto...

... a che scopo se non per poter scorrere con fiducia e naturalezza nella vita?
m.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a m.:

"scorrere con fiducia e naturalezza nella vita"?
Dove?
A Brindisi? a Gaza? in Afghanistan? in Yemen? negli Usa? in Cina?
Indicatemi il Paese dell'Elegia, per favore!
E parto, anzi partiamo subito!

Anonimo ha detto...

a Brindisi, a Gaza... non hanno bisogno di persone che stan male già dove stanno. E prima di partire facciamogli una telefonata, non è detto che gli vada. Il Paese deturpato dell'Elegia è anche in ciascuno. Dove ti volti lo puoi vedere, dove vai te lo porti con te. In Afghanistan tu probabilmente apriresti un blog, io dipingerei mattoni. Sappiamo tutto dell'infelicità, non sappiamo niente del suo contrario. Nessuno ha ancora scritto un libro sulla "Storia degli errori dell'umanità", ma ci vantiamo della nostra storia! Spero che lo scrivano tra cent'anni, quando non ci saremo, altrimenti sai la vergogna... con questo voglio dire che nessuno può dirsi maestro di libertà se non l'ha sperimentata prima su di se'.
mayoor

Anonimo ha detto...

... poi sì, può andare anche... in Afghanistan, e sarebbe davvero una persona pericolosa.
m.

Anonimo ha detto...

Nooo! Restiamo in Italia , qui c'è di tutto! Emy

Anonimo ha detto...

davvero interessante questa POETESSA. Ha versi che non stancano e lasciano una dolcezza sorprendente.
raaf