venerdì 13 luglio 2012

Eros Alesi
Da "Frammenti"


Ben Shahn - Unemployed
Caro Papà.
Tu che ora sei nei pascoli celesti, nei pascoli terreni, nei pascoli marini.
Tu che sei tra i pascoli umani. Tu che vibri nell’aria. Tu che ancora ami tuo figlio Alesi Eros.
Tu che hai pianto per tuo figlio. Tu che segui la sua vita con le tue vibrazioni passate e presenti.
Tu che sei amato da tuo figlio . Tu che solo eri in lui. Tu che sei chiamato morto, cenere, mondezza.
Tu che per me sei la mia ombra protettrice.
Tu che in questo momento amo e sento vicino più di ogni cosa.
Tu che sei e sarai la fotocopia della mia vita.


Che avevo 6-7 anni quando ti vedevo Bello – forte – orgoglioso – sicuro – spavaldo rispettato e temuto dagli altri, che avevo 10-11 anni quando ti vedevo violento, assente, cattivo, che ti vedevo come l’orco che ti giudicavo un Bastardo perché picchiavi la mia mamma.
Che avevo 13-14 anni quando ti vedevo che vedevi di perdere il tuo ruolo.
Che vedevo che tu vedevi il sorgere del mio nuovo ruolo, del nuovo ruolo di mia madre.
Che avevo 15 anni e mezzo, quando vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare spaventosamente.
Che vedevo che tu vedevi che i tuoi sguardi non erano più belli, forti, orgogliosi, fieri, rispettati e temuti dagli altri.
Che vedevo che tu vedevi mia madre allontanarsi. Che vedevo che tu vedevi l’inizio di un normale drammatico sfacelo.
Che vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare fortemente.
Che avevo 15 anni e mezzo che vedevo che tu vedevi che io scappavo di casa, che mia madre scappava di casa.
Che tu hai voluto fare il Duro.
Che non hai trattenuto nessuno.
Che sei rimasto solo in una casa di due stanze più servizi.
Che i litri di vino e le bottiglie di cognac continuavano ad aumentare.
Che un giorno. Che il giorno. In cui sei venuto a prendermi dalle camere di sicurezza di Milano ho visto che tu ti vedevi solo. Che tu volevi o tua moglie o tuo figlio o tutti e due in quella casa da due stanze più servizi. Che ho visto che tu hai visto che eri disposto a tutto pur di riavere questo.
Che ho visto che tu hai visto la tua mano stesa in segno di pace, di armistizio.
Che ho visto che tu hai visto sulla tua mano uno sputo.
Che ho visto che tu hai visto i tuoi occhi lacrimare solitudine incrostata di sangue masochista, punitivo.
Che ho visto. Che tu hai visto il desiderio di voler punire la tua vita.
Che ho visto che tu hai visto il desiderio di non soffrire. Che ho visto che tu hai visto i litri di vino e le bottiglie di cognac continuare ad aumentare.
Che ho visto che hai visto in quel periodo la tua futura vita.
Che ho saputo che hai saputo che tuo figlio era un tossicomane che tua moglie attendeva un figlio da un altro uomo (figlio che a te non ha voluto dare).
Che ho visto che hai visto 3 anni passare. Che ho visto che hai visto che il giorno 9-XII-69 non sei venuto a trovarmi al manicomio. Perché eri morto.
Che ora tu vedi che io vedo. Che ora il 1° sei tu che giochi questo tresette col morto facendo il morto.
Ma che giochi ugualmente, che ora vedi che io vedo che ti adoro che ti amo dal profondo dell’essere.
Che ora vedi che io vedo che mia madre rimpiange.
ALESI
FELICE
PADRE DI ALESI EROS
Che vedi che io vedo che sono fuggito ancora una volta verso la solitudine.
Che tu vedi che io vedo solo grande grandissimo nero lo stesso nero che io vedevo che tu vedevi.
Che ora continuerai a vedere ciò che io vedo.

* Poesia tratta anni fa dal link che ora non pare più funzionante:
http://audiopoesia.splinder.com/
 
E' riportata anche in G. Majorino, Poesie e realtà 1945-2000, p.343 Tropea Editore, Milano 2000.
Qualche notizia su di Eros Alesi l'ho trovata qui:
http://www.ciampinonet.it/archivio/articoli_archivio/scheda_lavagnini_erosalesi.pdf
Sappiamo pochissimo di Eros Alesi.
Ad esempio che è nato a Ciampino (Marino) nel 1951. E che è morto a Roma il 31 gennaio del
1971, a soli venti anni.
Suo padre si chiamava Felice, la mamma Angela Polidoro.
Sappiamo poi, che non ha mai pubblicato poesie in vita.
Secondo Giorgio Manacorda: “… limitandoci alla poesia in lingua, tra i grandi poeti contemporanei
scomparsi ho scelto quelli il cui influsso mi sembra ancora operante: Attilio Bertolucci, Giorgio
Caproni, Sandro Penna, Pier Paolo Pasolini, Amelia Rosselli, Vittorio Sereni. Non ho voluto
dimenticare il caso estremo di Eros Alesi, morto drogato giovanissimo, un vero talento, poteva
diventare il poeta americano del Novecento italiano…” (introduzione a “La poesia italiana oggi”,
Castelvecchi).
Di Eros Alesi, delle sue poesie, delle sue angosce, della sua vita, comincia a trapelare qualcosa
soprattutto grazie all’antologia “Poesia degli anni settanta” (Feltrinelli, 1979) a cura di Antonio
Porta (prefazione di Enzo Siciliano).
Di lui racconta Melchiorre Gerbino ne “I viaggi di Mel”, Shake edizioni. Nel volume c'è anche una
foto di Eros e qui scopriamo un suo nomignolo: “pasticca”.
Suoi testi, in precedenza, erano apparsi nell’ “Almanacco dello Specchio”, n. 2, 1973, con
presentazione di Giuseppe Pontiggia.






5 commenti:

Anonimo ha detto...

Il primo commento è silenzio.
Poi, tra le righe di un adolescente scorgo del talento. Poco all'inizio, poi sempre di più. Talento che si fa ingegno.
Penso anche che se non fosse morto nessuno avrebbe scritto che "poteva
diventare il poeta americano del Novecento italiano". E così ancora una volta c'è chi l'ha fatta franca.
mayoor

Anonimo ha detto...

Ho letto le parole della sconfitta o meglio della morte, che solo chi è arrivato a questo punto può donare. Fermiamole insieme ad Eros . Emy

Francesca Diano ha detto...

Sì, credo proprio che l'unica cosa sia il silenzio. In tutti i sensi. Magari anche per dimostrare del rispetto nei confronti di un infelice che ha cercato di dare ordine su carta al suo dolore, alla sua disperazione e alla sua confusione, e invece lo si vorrebbe trasformare in un poeta. Anzi, come dice il buon Manacorda, in un "caso". Giorgio Manacorda francamente farebbe meglio a stare zitto in certi casi... eviterebbe il ridicolo.

giorgio linguaglossa ha detto...

nelle composizioni di Eros Alesi ci sono tutti i difetti di un certo giovalnilismo di quegli anni, un misto di eterno giovanile ribellismo da borghese anni settanta, un ribellismo adolescenziale tramato di dolore, rabbia e disperazione. Ma, purtroppo la poesia non coincide con la disperazione né con l'angoscia tout court, altrimenti ci sarebbe una corsa generale e generalizzata alla disperazione e all'angoscia, cosa che è riuscita soltanto a Alda Merini negli ultimi cinquant'anni, ma lì almeno c'erano una sagacia e una perizia "innate" nel costruire le composizioni. Insomma, non è sufficiente lo sfogo personale a fare poesia... la poesia non coincide mai con lo sfogo personale né con i personalismi e le pose di cui (ingenuamente) si pavoneggiava Eros Alesi e di cui il solo a non accorgersene è stato il critico Giorgio Manacorda il quale lo ha esaltato fuor di misura.
In definitiva, non bisogna esagerare, Eros Alesi non occupa nella storia della poesia italiana nessuna posizione, neanche di serie B, al massimo occupa una posizione a metà tra il folklore e la memoria di costume.

Anonimo ha detto...

Concordo pienamente con Linguaglossa, non e' sufficiente la disperazione e la consapevole scelta di porre fine all'esistenza per il tramite dell'eroina per fare poesia . Una cronaca di un brano di vita che denuncia e raccapriccia ma che non mi sembra possieda le connotazioni della poesia.
Khiton