martedì 28 agosto 2012

Francesca Diano
Dante Maffìa
o del participio presente



Nel leggere l’Opera di Maffìa, volendo avere una visione d’insieme e iniziando dal principio, si prova innanzitutto sgomento.  E però è uno sgomento felice, perché  ci si affonda immediatamente come in uno di quei piumoni soffici e rigonfi che a premerli con la mano le si gonfiano subito tutt’attorno in uno sbuffo e la mano non la vedi più. Poi però t’accorgi che quella morbidezza in realtà ha dell’inquietante, perché ricorda vagamente le sabbie mobili. Il fatto è che te ne risenti risucchiato e trattenuto.

Questa consistenza semisolida è solo la superficie, perché sotto tutta l’Opera di Maffìa c’è la roccia. Scrivo Opera, con la O maiuscola, perché da Il leone non mangia all’ancora in fieri Poema totale, Maffìa ha scritto un’unica e sola opera che si articola in prologhi, parodoi, episodi, stasimi ed esodi sempre rinnovantisi, secondo insomma una struttura ben solida e antica che si autogenera sempre di nuovo e continuamente e si delinea sempre di più come una struttura che fonde azione drammatica, satira e poema allegorico in un’unità proteiforme. 
La prima cosa che mi ha colpito è stato l’uso frequente del termine “lievito”, che ho notato spesso e me ne sono chiesta il perché. Leggendo tuttavia pur in modo disorganico, come mi piace fare, e spesso iniziando dalla fine, m’è parso che questo termine così spesso affiorante potesse avere valore di sigillo o sfraghìs. E allora ho capito che Maffìa scrive come il lievito fa crescere l’impasto, come lo fa fermentare, essendo la scrittura la sua pasta madre.  Perché mi pare che tutto quello che ha fatto e fa sia non una serie di opere in versi e prosa, ma un’unica opera iniziata molto tempo fa e che si gonfia e, appunto, lievita, crescendo a dismisura a occupare ogni angolo e intersizio del dicibile e ogni mezzo espressivo,  soffice fino a inglobare tutto quello che lo circonda perché fermenti e maturi e sappia di quell’odore un po’ dolce e un po’ acido prima della cottura.
La seconda cosa che mi ha colpito – a parte tutte le cose belle e dotte e profonde che hanno già scritto i suoi critici e prefatori e che diamo per già note e date – è questo ghigno irridente di fondo, che a volte finisce in singhiozzo a volte in riso a volte in sogno. Che mi è piaciuto cogliere nella foto che ho scelto.
 E in questa sofficità lievitante che nasconde un continente roccioso sommerso,  ci sono dentro tutti i secoli che si porta addosso, i picari e gli aedi, Bukowski e Plotino e i poeti morti suoi amici e la Calabria e la Grecia e Roma e l’America e  insomma…. questo io lievitante e lievitato che, come dice il suo nome, gerundio del verbo dare, si rovescia in una piena elegantissima e travolgente – a volte anche pericolosa – che travolge ma non esce dagli argini. Quasi un ossimoro.
Questo gerundio è talmente oceanico, che da io s’è fatto noi e voi e anzi ha rotto ogni argine d’individualità tanto da non poter più distinguere quella che è una biografia poetica registrata quasi ossessivamente in ogni sua atomizzata minuzia, attingendo ad un archivio che registra con memoria prodigiosa, da non poterla dunque distinguere dalla storia di un novello Everyman che, come nella morality play dell’Anonimo inglese, è allegoria dell’umanità tutta nel suo cammino che, alla fine, ha da tirar le somme delle azioni. Ma non inganni questa dissipatio del Sé, perché questa pasta lievitante che si effonde nello spazio e nel tempo, sì, con plotiniana effusione, si risolidifica poi sempre attorno al nucleo. Quell’Io agente e dante.

(C)2012 Francesca Diano RIPRODUZIONE RISERVATA
                                 
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Da SCORCI DALLE FESSURE
da La strada sconnessa, Passigli 2011

1
Potrei, a mio piacere,
girarmi attorno, ma mi chiedo a che vale,
a che vale rivedere le azioni
compiute e incompiute,
le speranze e le cadute.
In fondo di me resta, se resta,
una briciola poggiata
in una tazza che appena lavata
si perderà nel lavandino.
E poi…chi mi ha conosciuto
sa che avrei potuto
fare altro e altro ancora:
la prospettiva da cui guardavamo
era sempre falsa e poco illuminata.

2
Se io sono l’albero fiorito
c’è qualcuno che è terra e sangue,
altri che sono muffa e cenere.
Ma quella luce diffusa
da dove sarà venuta
la caparbia avventurosa.

3
Ho trovato la fiamma oscura e tenera
della parola, era nascosta
nell’effimero d’un ricordo, e in parte,
sopra il piano polveroso
d’un vecchio armadio in cantina.
Avrei dovuto prendere a volo
la rivelazione perfetta
del gelo e del calore,
ma ero così assonnato
che mi rimisi a letto.

4
Fare paragoni e inventare metafore
sembra essere l’esercizio da realizzare
dai poeti, i nullafacenti.
Ma tutto si arena
su un vecchio carrarmato abbandonato
alla periferia del paese.

5
E non continuate a domandarmi chi sono.
Possibile che pensiate che io sia stato
una lunga linea retta
che va da questo punto a quello?
Se non ci fossero stati i mille crocevia
e le salite e le discese, forse…,
invece montagne russe e tempeste sono fiorite
per ammaliarmi e stringermi a me stesso.
E la lontananza si è fatta spessore
d’un quotidiano rimuginare di povere mete
tese al pane e al conforto.
Non mi ero reso conto d’essere morto
da secoli e di errare con un permesso
con la scadenza stampigliata
a lettere cubitali perfino sulla fronte
delle mie bambine.

(C) by Dante Maffìa 2011 RIPRODUZIONE RISERVATA

* Questa nota di Francesca Diano è ripresa dal suo blog Il Ramo di Corallo

26 commenti:

Francesca Diano ha detto...

Grazie Ennio dell'ospitalità. Su Maffìa c'è così tanto da dire e le mie sono delle considerazioni molto generali, tratte da uno sguardo volutamente d'insieme, nel cercare di cogliere insomma quella poetica, quel nucleo centrale e generatore che in Maffìa è molto potente.

Anonimo ha detto...

E' grandissimo. Un poeta sulla cui spalla appoggerei volentieri la testa per ascoltarlo per ore ed ore. Emozionante e potente , chiaro e diretto a quell'io/noi di cui tutti siamo fatti, il resto descritto magistralmente da Francesca. Voi che ne sapete più di me, parlatene, parlatene ancora.Grazie. Emy

Valerio Maggi ha detto...

Trovo mediocre Dante Maffia, forse il peggiore tra quelli proposti in questo blog. E' un poeta che cede al folclore e al pittoresco, è pieno di enfasi e pieno di sè, con il suo io presuntuoso sempre al centro.

Valerio Maggi

Francesca Diano ha detto...

E' davvero interessante leggere: "E' grandissimo....emozionante e potente ecc.", di Emy, seguito immediatamente dal "Trovo mediocre Dante Maffìa, forse il peggiore tra quelli proposti, ecc." di Valerio Maggi. Un poeta o autore che susciti reazioni così viscerali e diametralmente opposte non passa sicuramente nel mondo senza lasciare traccia di sé. Empatia immediata o anti-patia istantanea.
Gli aggettivi che usa Emy - emozionante, potente, chiaro - non sono però sono però solo l'espressione di emozioni. Potente significa che l'impatto della sua scrittura ha "potenza" di trasformazione, tocca corde profonde nel lettore, che possono risuonare in armonia o stridere con effetto cacofonico con il suono di fondo di Maffìa. Chiaro è già un giudizio critico, se la chiarezza è una qualità troppo poco frequentata dalla poesia italiana contemporanea. Diciamo che in Maffìa balza immediatamente all'occhio del lettore l'intero senso della sua poetica. Si può essere chiari nell'espressione poetica (e non solo) solamente se si è fatta chiarezza dentro di sé. Noi comunichiamo - e diamo - solo ciò che siamo e che abbiamo. Non altro. E questa chiarezza interiore nasce soltanto da un lungo processo di evoluzione di sé, della propria poetica e dei propri mezzi. Poi Emy aggiunge, "diretto a quell'io/noi di cui tutti siamo fatti". E' appunto quello che volevo dire osservando quanto mi paia pertinente l'analogia con la morality play inglese, Everyman (che significa Ognuno). La vicenda individuale si fa vicenda universale. E in fondo ciascuno di noi è in grado di vedere il mondo solo e unicamente dalla torretta del proprio io. Conoscere quell'io - un abisso - è conoscere il mondo. Poco importa che lo chiamiamo io o lo oggettiviamo in un voi o un noi. Come si sa, un'opera - qualunque opera, letteraria o artistica che sia - è un autoritratto del suo autore. Persino per Madame Bovary, il più "impersonale" dei capolavori letterari, Flaubert diceva "Madame Bovary ç'est moi". Maffìa semplicemente non lo nasconde e anzi ne ha fatto il suo vessillo.

Nel giudizio estetico di Maggi, "mediocre, peggiore tra" sono espressioni emotive di violento rigetto. Null'altro, perché non esprimono altro che questo. In ciò che scrive di seguito: "un poeta che cede al folclore, al pittoresco" ho notato l'uso, in senso negativo, del verbo "cede", come se inglobare nella propria opera poetica l'esperienza vissuta e le proprie radici fosse un difetto. Perché immagino che, usando il termine folclore, Maggi si riferisca a quella dimensione arcaica e misteriosa che costituiva parte del mondo calabrese contadino e di paese da cui Maffìa proviene, così fortemente presente in Papaciòmme, ma che traluce fortemente nel nostro. Quanto a "pittoresco", il termine indica in realtà quella categoria estetica che, se in nuce in Vasari come "secondo i modi della pittura", diviene poi nell'Inghilterra del 18° sec. una delle direzioni artistiche più feconde. Il pittoresco, contrapposto da Edmund Burke al sublime, è una qualità oggettiva della natura, soprattutto nella pittura di paesaggio, quando la natura sia rappresentata non abbellendola in modo artificiale, ma lasciandone gli aspetti più "rozzi", "imperfetti", ecc.
Il giardino all'inglese del 19° sec. è pittoresco, perché riproduce la "naturalezza" della natura, sia pure ricreandola e senza l'apparente intervento dell'uomo. Dunque, pittoresco è categoria estetica con tutto ciò che il termine ha indicato in arte. Se poi il termine viene da Maggi usato in senso negativo, dovrebbe specificare quale e con che significato.
"Enfasi, pieno di sé, io presuntuoso sempre al centro"... difficile trovare un poeta/letterato/artista che non lo sia. Perché è sempre quell'io che, ponendosi al centro, crea.

Unknown ha detto...

Voglio sperare, Valerio, che per dire cosi, tu lo conosci molto ma molto bene.Io no, ne ho conoscenza frammentaria, queste che leggo di nuovo questa volta non mi sembrano pittoresche o le altre cose che scrivi. Tuttavia, visto che tiri in ballo esclusivamente i lati o elemti "caratteriali", rispetto a contestazioni di considerazione poetica e critica più oggettiva, o comunque meno legata al soggetto, mi piacerebbe capire.

inoltre scusami, ma sei sicuro che dare del peggiore a un altro, chiunque questo sia, escluda la presunzione che in questo caso ti sembrerebbe di contestare a quel "chiunque"? ma poi , siamo al riparo dal non voler essere tutti al centro di qualcosa? e se qualcuno,che è quel chiunque, è centrato nelle proprie energie, può arrivare a scompensare un altro a tal punto da non farlo rimanere con-centrato nelle sue?
etc etc etc

scusa l'impertinenza ma ormai sono sempre piu allergica alle cose che vengono dette, o scritte o trasmesse, in pieno stile contemporaneo senza motivazione e aggressivo. forse sono ormai troppo convinta di vivere in una societa violenta,disegnata appositamente perchè diventassimo così e dove la violenta potrei essere anch'io in questo momento dicendoti queste cose.pertanto accetta se puoi subito le mie scuse.
ciao

Anonimo ha detto...

In queste di Maffia e' molto usato il gioco degli opposti, spesso all'interno dello stesso verso. Quel che mi lascia perplesso, rispetto ad altre dello stesso autore, e' l'immagine ripulita, quasi asettica e piena di buoni sentimenti che ne consegue, che e' tutt'altro che pittoresca o folcloristica. Non sembrano poesie di Maffia, insomma, o forse sono il compromesso necessario ad una pubblicazione nazionale sulla scia del Grande Ceto Medio-Mediatico che ingloba questo stile mediano. Forse Valerio Maggi aveva in mente i testi del Maffia verace, mentre scriveva il suo commento, ma con queste poesie (complessivamente indifferenti e dimenticabili) non c'entra niente. Saluti. Giuseppe Cornacchia

Francesca Diano ha detto...

Cara Rò, mentre tu scrivevi il tuo commento ho scritto questo qui sotto, dove cerco di analizzare i motivi e il significato di due reazioni così opposte come quella di Emy e di Valerio. In effetti tu hai confermato, anche se con parole diverse, quello che io ho scritto. Come (quasi) sempre è bello essere in sintonia.
Un abbraccio

Francesca Diano ha detto...

Nota
Il post che leggete qui l'ho scritto per il mio blog ed Ennio ha gentilmente voluto ripostarlo. Poiché mi riferisco a un certo punto a una particolare espressione del viso di Maffìa, preciso che sul mio blog ho accompagnato il testo con una sua particolare foto, che potete vedere lì, mentre Ennio ha scelto un'altra immagine, dunque il mio riferimento non sarebbe chiaro.
La mia scelta di queste poesie non vuole essere specificatamente riferita al mio discorso, che invece è generale sull'opera di Maffìa, ma in questi giorni leggevo "Scorci dalle fessure" e mi sono molto piaciute, proprio per il tono piano e distaccato con cui Maffìa riflette su questioni enormi come la morte, il senso di sé, delle sue scelte e delle sue azioni. Il che mi ha fatto pensare all'Everyman dell'Anonimo inglese.
Non direi quindi che esista un Maffìa "verace" e uno adulterato, né tantomeno che qui ci sia un compromesso per accontentare i palati faciloni. Anzi, proprio tutto l'opposto. Difficile riuscire a dire con tale chiarezza e apparente semplicità cose così centrali dell'esistenza.

Anonimo ha detto...

Il difficile sta nel centrarla,l'esistenza. Lui ne fa un centro netto e poi scappa via. Emy

Dilemma - di Dante Maffia

Perchè in questo paese
in questa terra desolata e stanca
dove anche le stelle hanno il sudore
dei campi ed ogni occho teme
la furia delle antiche risonanze.
Perchè qui e non altrove, in terra di lavoro,
in città d'eccellenza, dove i tram
sognano con gli uomini
e le cicale hanno i monumenti?

Da "Sbarco clandestino"

Unknown ha detto...

Ciao cara Frà..anch'io ti ho letto dopo , scrivevamo in sincronicità senza senza saperlo, molto bello; scusa se avevo fretta e dovevo scappare.
In attesa di Valerio che spero ripassi in modo da aver anche la sua, ringrazio te ed Ennio per averti letto. E' sempre bello leggerti comunque, al di là della sintonia e mi spiego subito con il caso poetico in questione. La tua scrittura sulla sua " scorre " ed entra , la tua e la sua, comunque dentro l'anima. Ora il problema è capire, per una lettrice come me, la molteplicità dei punti di vista, senza spaccarmi dentro fra le cose che scorrono da Maffia a te, da te a noi, o fra te e Giuseppe o fra Emy e Giuseppe o Valerio. E' questo il mio senso di "totalità"? forse o anche. Lo è perché non voglio scegliere da che parte stare? No. In questo caso men che meno. Anzi ringrazio perché anche questo post mi ricorda la mia ignoranza, devo assolutamente approfondire la conoscenza di questo poeta. Ho la sensazione, nel mio semplice essere lettore, che come spiegato da Giuseppe Cornacchia, ha cambiato "stile", come se sia piu facile, vedi esempio immagine della briciola. Fino a ieri me lo facevo piu "incazzato", ora è piu dolce, si direbbe come tao ad una prima lettura più yin ..dovrei leggerlo tutto per capire ogni riferimento alla terra. Ma non sono un critico e poi la poesia non è la mia sola passione.
Il problema grande grande per me, rispetto a voi, è capire la linea di confine, fra sentimentalità e sentimentalismo. Condivido l'approccio sulle emozioni che ha dato Bertoldo in altri interventi, rispetto al sensazionalismo con cui colpiscono l'uomo massa/consumatore, a livello immediato , a mio avviso però su entrambi piani in un caos groviglio o matassa di emozioni e sentimenti "bassi" oppure facili da ottenere, sia per farlo sentire "informato" o "indignato" oppure anche " poetizzato" o "acculturato" . Però io devo capire come lettrice , tanto come cerco di capire come persona, o come cittadino, quando mi manipolano o mi autoinganno vuoi sul piano individuale, vuoi su quello piu plurale / politico . Devo ancora capire in poesia, e con il caso Maffia potrei riuscirci, quando l'emozione, e dunque il sentimento, e infine la riflessione, è "semplice", o invece " semplificata" .sembra andare in profondità immediata, ma invece fa sensazione, appare.
io amo anche il genere popolare, della canzone, o dei vecchi romanzi...è anche se vuoi nel nostro amatissimo omero contemporaneo di Stephen King... devo ancora capire se pur di scalzare ciò che dalla tv all'industria editoriale è stato spacciato come cultura , occorrano poeti "indipendenti" veramente dai gusti predigeriti con cui controllano le masse,e che questi poeti riescano a sovvertire l'ordine ( del consumo culturale prestabilito), garantendo la carne e le ossa della grammatica poetica.
Se in un poeta, possono convivere piu generi come per un regista o per un musicista, forse in questi frammenti di Maffia, c'è un altro genere che lui ha voluto toccare...certo è che se lo ha fatto con gli intenti di scelte di " mercato" per uscire da una nicchia,come da intervento di G.C. bisogna capire se nello stile già si svela un fine ben poco nobile. Facciamo il caso di Arminio. Lui ha pubblicato anche con Mondadori.

Unknown ha detto...

Io non sego "a prescindere" la casa del cavalieronzolo o dell'ex suo padrone finto democratico di largo fighetti repubica. Mi sarei persa non solo alcune di Arminio, ma svariati altri. Dipende sempre da come usi il mezzo. Quindi piu mi fanno conoscere un Arminio, piu non posso che esserne felice. E' evidente che se la qualità , creatività e impegno dei suoi suoni, dovesse risentirne, essere condizionato, pur di diventare lui " popolare", a diminuzione dei temi esistenziali e politici ( vedi il caso scandaloso, di enorme manipolazione mediatica, dell'altra faccia della medaglia mondadori systema, il caso santino santone saviano e non solo, zagrebelsky e compagnia, alla facciazza dei vari saramago), ci saremmo giocati i vari Arminio, o in questo caso Maffia.
un abbraccione

Anonimo ha detto...

Mi piacerebbe davvero sapere quanti scrittori e poeti rifiuterebbero un invito a pubblicare della Mondadori...
Emy

Francesca Diano ha detto...

Cara Rò, io non credo tu debba lasciarti influenzare (nessuno deve farlo) dai giudizi altrui, del resto molto individuali, per capire cosa pensare di un poeta e come inquadrarlo. Se è cambiato per adattarsi a un più facile mercato o meno. Credo tu debba semplicemente giudicare da te. Cosa che sai fare più che bene. Le affermazioni di Cornacchia si basano solo sul presupposto che un poeta debba essere sempre uguale a se stesso, cristallizzato in un'immagine mentale che ci si è fatti di lui. Tanto più che la poesia - ambigua per sua natura - offre mille possibilità di lettura e interpretazione. Maffìa invece ha proprio come sua unicità quella di essere fin dall'inizio sempre diverso e molteplice.
Tutto si può dire di Maffìa tranne che voglia essere "più commerciale". Se si riflette un attimo su quello che ho scritto nel post ("Perché mi pare che tutto quello che ha fatto e fa sia non una serie di opere in versi e prosa, ma un’unica opera iniziata molto tempo fa e che si gonfia e, appunto, lievita, crescendo a dismisura a occupare ogni angolo e intersizio del dicibile e ogni mezzo espressivo, soffice fino a inglobare tutto quello che lo circonda perché fermenti e maturi e sappia di quell’odore un po’ dolce e un po’ acido prima della cottura.") si capirebbe che uno degli aspetti sorprendenti di questo poeta, la cui produzione è davvero sterminata, è la sua onnivoracità, per così dire. Rappresentare, in versi o in prosa, l'intero dicibile. Dunque usare numerosissimi registri, linguaggi, stili, livelli e non in una sorta di evoluzione o involuzione, ma proprio in simultaneità. Ecco perché parlo di Opera in senso globale. E lo dico a ragion veduta, anche perché quello che sta portando a compimento adesso, ancora inedito, è un lavoro di proporzioni immani che toglierà ogni dubbio sul fatto del suo volersi adattare a palati più facili.
Del resto, trarre delle conclusioni in base a poche poesie estrapolate da una ricca raccolta, proprio per questa sua capacità di assumere vesti, toni ed essenze multiformi, non mi pare un procedimento utile.
Dunque leggi e giudica da sola.

Unknown ha detto...

Credo che il problema sia diverso, Emy. Ergo per una parte lo centri e per l'altra od altre, no.

Nel momento in cui delinei "la pagnotta" e/o "la vanagloria" che colpisce anche quelle/i che vogliono fare le "anime belle" o " i giusti" o "i rivoluzionari" , vuoi perché molto giovani, vuoi perché d'improvviso si trovano nel circuito giusto al momento giusto, etc etc allora dici la grossa verità sulla natura umana e le sue apparenze rispetto a ciò che dichiara...nel momento in cui però escludi che possano esistere in qualsiasi generazione, esperienza, talento, storie che rimangono incondizionabili alle lucette o abbagli dei grandi circuiti, diventi debole anche alla memoria di autoria morti o tuttora viventi, che hanno sempre escluso non solo a parole ma nei fatti i pesci grandi grandi per far vivere i piccoli via via sempre piu mangiati dai primi. Basta vedere il grande rifiuto fatto da Saramago a Einaudi, per quanto riguarda l'italia.

Il problema purtroppo è sempre la sproporzione o proporzione del soggetto e la scelta. Un soggetto come Arminio è nelle condizioni di scegliere, tu no ed è chiaro , umano , non contestabile sotto nessuna bandiera ideologica , che se venisse un agente di mondadori,in questo momento, adesso, da te, non avresti scelta. Non potresti farti tanti paletti di rispetto di questa o quella coerenza ideologica o politica , ma soprattutto quella del primo palletto, della prima domanda, quella che allo stato attuale non puoi porti, non ti hanno dato il potere di poter scegliere , esplicitabile piu o meno nel seguente modo :
questa raccolta che mi pubblicheranno voglio che giri , venga "distribuita", in una rete così capillare come solo loro, i colossi, possono permettersi, perchè voglio raggiungere quanti piu lettori possibili di ogni tipo ,genere, ordine e storia. Non perché voglio salvarmi o salvarli,né per chissa quale primadonnismo ma perchè ne ho bisogno, perché ho qualcosa da raccontargli perchè loro mi raccontino del mio racconto...etc etc non tradirò mai le mie origini , né quei pesci piccoli piccoli, non colossi come loro..faccio poesia ovunque mi trovo.

Unknown ha detto...

cacchio la buon anima di Jung ci aiuta assai assai , altro che quel "cojoncello" di freud
:-))))

cmq , battute a parte , se fossi li con te , ti canterei i police.

Anonimo ha detto...

Già , cara Rò, certo, si può scegliere c'è chi se lo può permettere. Emy

Francesca Diano ha detto...

Concordo in pieno. Jung, sempre Jung, fortissimamente Jung. Grazie del pensiero!

Anonimo ha detto...

Cara Diano, un poeta ha certamente il diritto di esprimersi come crede. E' altrettanto lecito per chi legge il pensare che questo non sia ne' il miglior Maffia, ne' quello piu rappresentativo.della sua stessa vena poetica originale. Saluti. Giuseppe Cornacchia

Anonimo ha detto...

Io mi turerei il naso solo per Adelphi. Saluti. Giuseppe Cornacchia

Francesca Diano ha detto...

Caro Cornacchia, non metto in dubbio che si debba essere liberi di esprimere il proprio parere. Ci mancherebbe! Volevo solo precisare che si tratta di frammenti di una raccolta nutrita e complessa, di cui queste sono solo delle tappe da leggere nel contesto di qualche centinaio di altri testi. Come fossero delle battute musicali di una lunga partitura. Come saprà Maffìa non è poeta di singole poesie, ma da valutare come appunto dico qui sopra.
Lei dice che questi testi le sembrano asettici, ripuliti e pieni di buoni sentimenti. A me paiono invece molto amari, e quello che mi ha colpita è proprio questo distacco, che lei legge come asettico e ripulito, nell'osservarsi dall'esterno facendo una sorta di bilancio in perdita della propria vita, ma con l'occhio obiettivo di chi ha compiuto un lungo percorso di consapevolezza.
Tuttavia il mio intento era quello di dare una lettura complessiva dell'opera di Maffìa e non tanto di questi testi avulsi dal resto. Su questo aspetto non ho visto commenti più puntuali.
Poi, per quanto riguarda il giudizio personale che uno se ne può fare, questo ovviamente dipende da ciascuno.

Francesca Diano ha detto...

Mi piacerebbe molto ascoltare un parere di Giorgio Linguaglossa, che come nessun altro conosce l'opera di Maffìa e può davvero aiutarci a capire meglio questo poeta.

Anonimo ha detto...

Cara Francesca Diano,
io che sono un amico di Maffìa forse dovrei essere l'ultima persona autorizzata a parlarne, c'è il pericolo che l'amicizia svii troppo in positivo la valutazione critica. Non mi sorprendo però delle disparità di giudizi né delle diversità di approccio alla lettura dei suoi testi, che appartengono a una raccolta pubblicata da Passigli nel 2011. Comunque, per la poesia di Maffìa si può dire che ha cambiato più volte stile, la sua produzione in italiano e in dialetto è davvero sterminata; Maffìa non scrive più con lo stile sabiano del primo libro "Il leone non mangia l'erba" del 1974 né in quello cronachistico di "Passeggiate romane" del 1983... il tempo trascorso ha cambiato la scrittura (e l'uomo). Maffìa non è un autore di un solo libro (come ad es. De Angelis con "Somiglianze" che poi ha vissuto di rendita), è un autore che ha avuto il coraggio di andare in salita, ha tentato con tutte le forze di rinnovarsi e di rinnovare il suo linguaggio, e questo va senza dubbio ascritto alla sua tenacia, alla forza del suo impegno, non si è mai riposato sugli allori di un successo editoriale (anzi lui è uno di quelli tagliati fuori dai grandi editori a diffusione nazionale come con un eufemismo si dice), non si è mai sentito appagato dall'aver raggiunto un traguardo, non è sceso a compromessi, non ha mai scritto per compiacere il gusto dei poeti che contavano (e che contano) e quindi è stato ripagato con la moneta del disinteresse dei grandi editori. Eppure, bisogna dirlo, tra i poeti in dialetto Maffìa è senz'altro, a mio modo di vedere, il più grande tra quelli viventi, e di gran lunga. Per la poesia in italiano due sono i libri fondamentali della «nuova» poesia del Dopo Novecento: "Lo specchio della mente" (Crocetti, 2000) e "La Biblioteca d'Alessandria" (Lepisma, 2004), poesia di straordinario impatto. Ha detto bene la Diano, Maffìa è un autore onnivoro e straripante, vuole esondare con la sua scrittura, vuole allargare il dicibile fino a fare della poesia uno strumento democratico alla portata di tutti i ceti ma non perché Maffìa guardi il gusto del Ceto Medio Poetico, per quello c'è la poesia di de Angelis che sopravanza tutti di una spanna, Maffìa vuole fare una poesia che si basa sul rigore della sintassi, non ricorre quasi mai a piccoli trucchi di bravura ai quali poeti meno dotati (e onesti) di lui spesso cedono, ritiene che un poeta debba fare una poesia, come diceva Saba, «onesta», questo è il suo primo compito, e subito dopo, vuole farsi capire da tutti, letterati e non. Non vuole esibire un'anima dannata o straziata come fanno molti poeti del nostro tempo, non vuole esibire un quotidiano stabilito a tavolino con chiamata a carico del destinatario. Tutto si può dire della poesia di Maffìa tranne che non sia dritta e onesta. E questo penso sia un grande risultato. C'è un forte senso di scetticismo nel Maffìa di questi ultimi anni, uno scetticismo che spesso rischia di incidere negativamente sulla «tenuta» della sua poesia e che però gli conferisce anche quell'aura di umanità sofferta che promana dai suoi versi.
Quello che posso dire è che è un poeta importante. Certi sue prese di posizione contro poeti dell'apparato gli sono valsi ostracismi e inimicizie, questo è un fatto che conferisce maggiore spessore alla sua figura, direi.
Per tornare alla sua poesia, direi che senza dubbio è un poeta con cui si devono fare i conti, si può capire molto meglio il mondo in cui viviamo leggendo la sua poesia che non leggendo molti poeti azzimati e costumati pubblicati dai grandi editori, questo è indubbio.

Anonimo ha detto...

mi scuso, ho dimenticato di firmare il pezzo che precede, sono giorgio linguaglossa

Francesca Diano ha detto...

Caro Giorgio, ti ringrazio. Pur avendo capito la tua delicatezza per i motivi che hai spiegato, nel non essere intervenuto, ti ho chiamato in causa in un certo senso, perché tu potessi dire, con la precisione di linguaggio e la chiarezza mentale che ti sono proprie, quello che io non sono riuscita a dire. E perché davvero nessuno conosce l'opera di Maffìa più di te. Tra l'altro, il non essere intervenuto prima, dovrebbe far comprendere quanto sia grande la tua correttezza in un mondo in cui è tutto un incensarsi reciproco di amici e compagnucci della parrocchietta. Che poi, se non si sostengono tra loro, chi lo farebbe?
Oltretutto devo a te la scoperta di Maffìa uomo e poeta, che non conoscevo, per mia ignoranza, se non di nome e poco altro. Dunque grazie.

Unknown ha detto...

Ammirabile in quanto sincera e diretta dichiarazione.ciao. rò

Anonimo ha detto...

Mi chiedo se in poesia non accada come per i santi: che s'aspetti la loro dipartita per consacrarli. In tal caso si potrà dire che Maffia fu il miglior Montale (l'esempio è futuribile) ma, per essere giunto a cavallo del millennio, non fece in tempo a profittare del clima che gli sarebbe stato più favorevole qualche tempo prima.
mayoor