venerdì 21 settembre 2012

Paolo Pezzaglia
Condivisione del dolore



Il dolore del mondo era
la coda di ogni creazione,
lo sapeva bene, e lo volle
fare lo stesso il mondo,
pro e contra valutati;
alla fine l’assemblea degli elohim
assentì - corriamo il rischio
la felicità dei nuovi beati
sarà la ricompensa per tutti,
il resto bruci e niente rimanga! -



Dissero all’angelo più triste:
- sei la morte, stai
sulla porta del mondo con la falce,
mandava brividi e lampi:
di lì passeranno tutti e tu,
quando la misura
del loro dolore sarà grande,
li falcerai come erba -.

L’angoscia si genera vivendo:
la morte è l’unica soluzione -.
Sarà capito? - si chiesero gli Elohim
- non si può avere
la beatitudine degli angeli senza
passare dal dolore e dalla morte -
rispose Lui l’unico a sapere tutto
la piccola sfera del cosmo
nella sua benefica mano.

Gli Elohim chiamarono gli Arcangeli
Michele, Gabriele, Raffaele, più tardi
giunsero Uriele e il gigante Metatron:
pensarono a lungo in silenzio poi dissero
ad una sola voce - il dolore sarà più lieve se
condiviso con compassione -.

- Gli manderò il Principe e dopo
il mio stesso santo Figlio!
l’assemblea disse - Amen - e Lui - Fiat Lux -

Nota.
 il ”Principe” è il Principe Gautama cioè il Budda storico. 

16 commenti:

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

Il contenuto di questa mail di Paolo Pezzaglia può essere utile a inquadrare gli intenti di questa sua poesia. La pubblico col permesso dell'autore.

"Caro Ennio,

potrei anticipare – se ti pare il caso - la pubblicazione su Moltinpoesia di questa mia poesia sul tema “Partage”, scritta per la rivista Vents Alizés, che uscirà a dicembre, in inglese.

Si tratta di una delle mie visioni “oltre la fisica” - non dico metafisiche per non dargli troppo importanza.

Un tema molto generale ( mi piacciono solo i massimi sistemi...) che ho cercato di affrontare con l’umiltà dell’ingenuo favolista medievale che parla di cose più grandi di lui. E’ uno stile tra il serio e l’ironico – ma io ci credo davvero a questa ipotesi - che è piaciuto comunque nell’ambito ristretto mitomodernista, e anche a...

La mia ipotesi-visione ha l’ambizione di spiegare nientedimeno che il dolore nel mondo, con una ricetta taumaturgica - la sua condivisione - assai dura! Se fossero ancora virulenti quelli dell’inquisizione il rogo sarebbe sicuro ma ora il concetto sembra finalmente sdoganato: i principi del mondo parlano della stessa cosa!

A proposito, una nota per gli agnostici irriducibili: il ”Principe” è il Principe Gautama cioè il Budda storico. Per chi ci crede. E per chi non crede a niente - per principio, o per disperazione - sia il mio un messaggio da ultimo antistorico missionario.

Avec amitié

Paolo Pezzaglia"

Unknown ha detto...

Confesso di non capire questa poesia e visto che non sono un critico , il mio inte(rve)nto è solo per essere aiutata a collocare lo stile, la trama e le reali intenzioni del poeta Pezzaglia in modo da superare l'effetto negativo che questa lettura mi produce sia a livello emotivo, sia intellettivo. Il ripasso a una seconda volta oggi, rispetto a ieri, non si è modificato con la guida fornita,e di cui ringrazio, contenuta nel carteggio P.P./E.A.

solo in sintesi potrei dire che non trovo sviluppato fin dal titolo, qualcosa che ti mette in aspettativa e poi rimane del tutto inevaso: la condivisione nientepopodimenoche il dolore, uno dei temi più quotidiani e apparentemente lontani dai "massimi sistemi" , totalmente fuggito ( o quasi) dalla condivisione stessa, sia intima, sia politica nonostante, anzi peggiorando, da quando è stato affrontato in ogni salsa di commercio dell'anima ( delle cose e delle persone).

la trama proposta dal poeta è detta in ogni religione "patriarcale", non è un caso che i soggetti che partecipano anche a questa poesia siano tutti maschili, compreso l'angelo della morte. Il dolore per come è impostato, è una di quelle trame su cui hanno pilotato la new age, perché potesse far meglio digerire all'umano, dal precedente secolo, la base "comune" del dolore, non come bene comune, ma come estranazione dalle cause di ogni tipo di male/potere. Paradossalmente da questa poesia, a un potere del padre cielo di pre-definizione dei destini della terra, corrisponde perfettamente un potere terrestre che anche in termini religiosi e non solo, può esaltare la dimensione del "sacrificio" necessario.

pertanto non ho capito nulla di questa poesia di P.P., perché forse il poeta voleva prendere in giro , questa la sua ironia, la condivisione che non ha avuto né terra né cielo, se non in quel momento antetempo e ante-spazio.

Anonimo ha detto...

Il mio commento a questa poesia di Paolo Pezzaglia gliel'ho inviato privatamente ( lo fa con me, amichevolmente, ogni volta che mando qui una mia poesia), ed è grosso modo in accordo con quanto ha scritto In soffitta.
Tra l'altro gli chiedevo candidamente perché nessuno si occupi anche della condivisione della felicità. Lo so, la una nota è fuori luogo, ma questo sarebbe il modesto valore aggiunto dalla new age rispetto a parecchie ideologie, a quasi tutte le religioni, nonché a praticamente tutta la filosofia.
mayoor

Anonimo ha detto...

Caro Paolo, il tuo sicuramente prestigoso lavoro, riveste grande novità, eleganza e coraggio...ma devo capire meglio . Ciao Emy

Anonimo ha detto...

Rita Simonitto

Il dolore del mondo era/la coda di ogni creazione,…* (Paolo Pezzaglia)

*Tra l'altro gli [a P. Pezzaglia] chiedevo candidamente perché nessuno si occupi anche della condivisione della felicità*. (Mayoor)

*Ogni capolavoro viene al mondo con una dose di bruttezza congenita.
Questa bruttezza è il segno della lotta del suo creatore per dire una cosa nuova in maniera nuova* (Picasso)

Samael

La coda di Samael vibra nell’aria
che non è né tersa né non tersa;
e il Giardino non è né bello né
non bello, semplicemente è
Immobile, come tutto è immobile
lì, salvo la coda di Samael che vibra.

Freme Samael/cieco che vede ancor prima
di Tiresia accecato dai serpenti attorcigliati,
come i viticchi ai pampini dell’uva,
che “chi sa, morrà”, così sta scritto.
Freme quando sente il graffio con cui
Metatron, lo scriba, fissa in parole
arcani suoni che anche per lui saranno
di condanna: mai porterà la stessa pelle,
morte e rinascita fino a che sfinito
non approderà nel nulla.
Troppo ha saputo per chiedersi se valeva
la pena lallare, parlare, scientire e poi morire.
Samael porta il veleno e Metatron il vero:
ma senza l’uno non c’è l’altro e così
si cercano e lottano fino alla unità iniziale.

23.09.2012
Rita Simonitto

Anonimo ha detto...


Mi sembra che la poesia di Paolo sia realistica, metafisica quanto basta, ma soprattutto terrena;perchè non c'è più nulla di terreno, più nulla di così viscerale se non la gioia e il dolore ad agganciarci alle radici terrene.
Egli lancia uno sguardo dall'alto, per dirci che il dolore poteva essere evitato visto che tutto era stato ormai creato, ma suggerisci anche il modo per attutirlo, per
lenirlo, attraverso quella che è la condivisione con tutti coloro che ne sono colpiti (ovvero l'umanità intera).
E' un messaggio dolce, pieno di pietà, di accettazione umana.
La sua poesia me ne ricorda un'altra, scritta da un altro poeta della mailing list (Mario Mastrangelo) dove egli giunge a riconoscere il dolore come una parte di noi, inscindibile dal nostro vivere quotidiano.
La riporto di seguito.

Luciano


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Ancora tanto



N'è rimasto cu nuje ancora tanto,
'e rulore,
'e ffascine r' 'o tiempo
llà vicino se songo accise a spanne
pe' gghiuorne e gghiuorne fuoco,
ma abbrusciato nun l'hanno.

'O lligname s' è sciuoto rint' â fiamma,
ca ogni cosa ca tocca cunzuma,
ma 'o rulore è rimasto,
preta nera e 'nfucata
mmiez' a nu lietto 'e cenere e fumo.

E l'anema ha capito finalmente,
mo nun aspetta cchiù
c'attuorno llà s'appicciano ati vvampe,
piglia pe' terra 'a preta cucente,
s' 'a porta ‘mbraccio e ce pazzéa, e ce campa.
____________________________________________________________



Ancora tanto -



Ne è rimasto con noi ancora tanto, / di dolore, / le fascine del tempo / lì vicino si sono ammazzate / a spandere per giorni e giorni fuoco, / ma non l'hanno bruciato. // Il legno s'è disciolto nella fiamma, / che ogni cosa che tocca consuma, / ma il dolore è rimasto, / pietra nera e infuocata / in mezzo a un letto di cenere e fumo. // E l'anima ha capito finalmente, / non aspetta ora più / che lì attorno s'accendano altre fiamme, / prende per terra la pietra cocente, / la porta in braccio e ci gioca, e ci vive.










Unknown ha detto...

Ciao Luciano, con questo mio "rispondi" non intendo analizzare il tuo intervento né tantomeno ciò che a rafforzamento porti di altri sul tema quale questa di Mastrangelo; credo però che se c'è un diario della vostra comunità in uno spazio senza recinti(alias liste o mail private et simili) ciò con-sente uno strumento notevole a cassa di risonanza sulla vostra comunità di autori(e a vostra volta anche lettori come tutti gli altri). L'intervento in questo "luogo" in primis degli autori direttamente interessati, vedi "pratica" di Banfi o Mayoor o Abate, è il minimo per potersi prendere cura delle proprie creature, se la produzione poetica può essere paragonata in un certo senso alla propria carne.

Spero quindi in uno scambio diretto in questo spazio come è stato per Emy o per Maayor. Altrimenti Abate che ve lo ha dato a fare? Scusa la domanda alla impertinente nonché alla Catalano di quelli della notte.
:-)

Anonimo ha detto...

Posso solamente esprimere la mia condivisione su questa poesia di Paolo Pezzaglia, che con uno sguardo dal'alto ci conduce a avere compassione per chi incontra il dolore,quindi per noi stessi e per tutti gli uomini.
I richiami culturali e la raffinatezza stilistica ne fanno un testo di valore,sul quale meditare.
Maria Maddalena Monti

Unknown ha detto...

Ciao Maddalena , il mio primo intervento e poi successivo a Luciano come questo a te , non era certo a voler diminuire la preziosita o raffinatezza o valore di un testo, o di questo o quell'altro autore..né tantomeno a ridicolizzare un "alto" rispetto al basso o viceversa, dicotomie che peraltro non mi interessano etc etc. Non credo però sia accettabile in ambito poetico, riportare un genere, densamente spirituale, a lemmi preghiera o mantra che implicano un mero "meditare" su cui concludi.
Su questo suono, meditare, di solito diffido, è da quando è stato usato come verbo pubblicitario e poi internettaro, in vari tipi di messaggistica su notizie fondate o infondate, a colncusione del tutto e/o del niente,in cui v'è metodicamente sigla: meditare.. gente... meditare.

Proprio per le dimensioni che voglio augurarmi presenti anche per questa poesia, avevo solo chiesto lumi per spaziare su ogni verticalità e orizzontalità, "moltiplicabili" su un centro di gravità permamente che dovrebbe essere un dato acquisito come fattore minimale da ogni poeta rispetto a tutti coloro che su quel centro di gravita non si sono ancora sensibilizzati ed intrapreso il relativo viaggio.

la condivisione è una PRATICA del rapporto intimo con se stessi e con gli altri, quindi a questo punto, per dirla come suggerisce Linguaglossa in post piu recente, sicuramente non avrò io saputo interrogare non tanto l'esegesi o la genesi della categoria dolore, non tanto quella della con-divisione, ma piu semplicemente l'autore del tutto scomparso in questo esempio pratico di richiesta lumi per condividere..non esiste condivisione, nè in gioia nè in dolore, se la sua pratica non fa parte, istante per istante, di ogni giorno nel quotidiano basso basso e alto alto, come questo anche in questo spazio che azzera a sua volta ogni alto, se a questo si tiene, nel caso in cui non riuscissimo in andata e ritorno da ogni direzione.
...
comunque sia trovo del tutto umano che tu o altri vogliate buttarla sul mero piano di difesa del testo e del suo operato(ma non era questo il piano sul quale è partito il mio domandare, né voglio rappresentare un elemento di destabilizzazione della vostra comunità).
ciao
:-)

Anonimo ha detto...

Cara Ro' spesso apprezzo i tuoi interventi e tu lo sai, ma di quest'ultimo pochissimo ho capito e siccome detesto non capire potresti in poche parole spiegarmelo?Purtroppo forse io sono troppo elementare , non composta e leggendoti mi son scomposta ti va di ricompormi? Ciao Emy

Unknown ha detto...

ciao Emy cara, mi spiace averti scomposto.devi però chiedermi in modo circostanziato cosa non hai capito,frase per frase o parola per parola.è troppo scarno il tuo interrogarmi e potrei deviare dal tuo bisogno.

Comunque se ti può essere d'aiuto il senso generale che non colgo, è al di là delle "cosmogonie" che anche poeticamente possono essere richiamate pure per il senso del puzzle del dolore, è che ho trovato questa poesia "scontata" come essenza soprattutto in quanto detta da un poeta e siccome non può essere così, ho chiesto lumi.tutto qua. gli interventi a sostegno delle alte dimensioni di questa poesia, purtroppo non mi sono stati d'aiuto ..ma sarà come dice Linguaglossa( vedi suo intervento in post su testo letto da Ennio di Cortelessa) , passo che sicuramente hai compreso quindi come vedi se vorrai articolare più in dettaglio cosa non hai capito del mio intervento ( quale peraltro? il primo? il secondo? il terzo? e ora questo?)

un abbraccione

Anonimo ha detto...

Ok Ro': faccio esempio: "...come anche in questo spazio che azzera a sua volta ogni alto, se a questo si tiene,nel caso in cui non riuscissimo in andata e ritorno da ogni direzione..". Riconosco i miei limiti perciò non ti preoccupare più di tanto. Ciao Emy

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Emy e In soffitta:

Per favore tenete conto che questo è uno spazio pubblico.
Non tutti i visitatori potrebbero essere interessati alle spiegazioni richieste o date.

Unknown ha detto...

L' "alto" a cui rinvia questa poesia, diventerebbe un semplice ALT, nel caso in cui , qui nel basso, dove ci troviamo, ci limitassimo a un solo verso/direzione, calato dall'alto..come di solito pro-cede la cosmogonia, così procederebbe il poeta se si accontentasse di un suo discorso che anziche uni-verso, diventerebbe unilaterale e uninverso. In realtà non credo che il poeta voglia "calare" i motivi da una sola direzione , prestabilita dall'alto per il basso, affinchè quest'ultimo a sua volta prenda la spinta all'in sù anzichè all'in giù. Ma se si assenta dal rispondere ad interrogazioni "pubbliche" tanto come "pubblica" è la cosmogonia, rischia di aver a sua volta calato dall'alto qualcosa che per primo è assenza della parola stessa "condivisione". Già è molto faticoso il viaggio(se lo si vuole fare sul serio) fra gli invisibili pre-mondo o alto, figuriamoci quanto di più se fra visibili adottassimo le stesse logiche monodirezione dall'alto in basso.

Unknown ha detto...

se non sono interssati. la rotella del mousse è il sistema piu semplice e "democratico".

Anonimo ha detto...

A Ennio e a Ro:
Ok e grazie era solo una parentesi colloquiale e vorrei rimanesse tale. Emy