lunedì 10 dicembre 2012

Giorgio Linguaglossa
Dames




Madame Tedio


Madame Tedio sfolgora nel salotto color velluto
scrive un trattato di estetica: «La Morte del Sole».
In un angolo Tiziano dipinge sulla tela vuota
l’amor sacro e l’amor profano e la luna non tramonta più
sul mare azzurro.
Un pappagallo sull’asse gorgheggia un insulso «buongiorno».

*

Madame Zorpia e Madame Zanzibar


Madame Zorpia e Madame Zanzibar
hanno siglato un patto d’amicizia.

«Want you meet Miss. Henna?»
«don’t miss a thing!»
«menu di 8 portate e vino a volontà»
«would you like to know him?»
«Robert hai 8 richieste d’amicizia»

Un tappeto persiano troneggia alla parete di fronte
e un nudo femminile di Rodin ammicca da sinistra
ai clienti della locanda del tedio.
«I have missed a thing», pronuncio sottovoce
alla Musa dell’oblio.
Ed entro nel buio del salotto.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Mmm, mmm, mmm...eh,eh,eh...ahi,ahi,ahi...oh,ho,oh...che DAMES! Emy

Anonimo ha detto...

In esoterismo il numero 8 simboleggia la morte, intesa come passaggio, transizione. E' il simbolo dell'infinito e della trascendenza (anche del tempo). Ma proseguire con i significati occulti, senza che sia l'autore a renderli chiari ed espliciti, può essere cosa ardua. Sarebbe come tentar di dipanare un sogno, o come cercare di spiegare un film di David Lynch. Eppure l'8 è anche il numero del pragmatismo: indica il rigore, la regola, la concretezza.
Salotti borghesi fatiscenti diventano stereotipi di circoli letterari di un'aristocrazia che sa di morte e finzione. Dei velluti non si sa più nulla, c'è un'epoca sovrana che sembra pretendere altre modalità d'incontro e di dialogo. Queste poesie sono un incubo! ma questo è il luogo di Linguaglossa, pieno di redivivi del calibro di Tiziano e Rodin, sebbene il primo quanto a tensione per la modernità avrebbe parecchio da insegnare al secondo.
Il significato simbolico secondo me stride con il linguaggio prosaico, quest'ultimo avrebbe l'agio di potersi soffermare maggiormente sui fotogrammi, sul piacere della scrittura. Ma c'è amarezza e sarcasmo per quelle epoche stipate nella locanda. Le metafore sono la continuazione, in forma libera, degli intendimenti del critico. E forse anche, spero, il suo divertimento.
mayoor

Anonimo ha detto...
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giorgio linguaglossa ha detto...

cari Luciana Sanguigni e mayor,
innanzitutto, tutte le vostre considerazioni sono brillanti e di grande competenza, non posso che farVi i miei complimenti... . azzeccata è l'interpretazione sul n. 8, equivoco e contraddittorio nel suo aspetto simbolico e metaforico, azzeccato è il nesso nichilismo con i
colori e i trattato di estetica scritto da una Madame che, in realtà, è una meretrice. La Musa è diventata una meretrice nel mondo mercificato del mercato globale, ed essa si adegua, attende e introduce gli ospiti «i clienti della locanda del buio» all'interno della stanza
buia ove si celebra il rito della fornicazione. La fornicazione (che non è mai detta esplicitametne ma soltanto allusa) è la regola aurea del mondo del mercato globale: la merce primaria è la fornicazione, il suo prezzo stampigliato sul vuoto; la tela vuota di Tiziano è vuota perché il grande pittore non può nulla in un mondo in
cui chi scrive il «trattato di estetica» è una volgare meretrice e l'arte che ne consegue non può essere altro che frutto di copula a pagamento e meretricia.
È l'epoca sovrana del nichilismo che qui dispiega la sua volontà di potenza e che illumina di una luce sinistra gli «interni» dove Madame Zorpia e Madame Zanzibar stringono un patto di alleanza. sulle spoglie del capitale finanziario.

Anonimo ha detto...

caro giorgio,
il perché della poesia consiste, a mio avviso, proprio nella
molteplicità dei perché insiti nella vita, nella insanabile ricerca di esprimere, attraverso le parole, concetti che
non potrebbero essere detti altrimenti.
e non ti nascondo che è stato questo l'imprinting che ricevetti quando mi avvicinai per la prima volta alla poesia
(transtromer usa la parola 'polivocità' -conoscevo Transtromer attraverso poesia - e lo trovo semplicemente splendido).
questo per dire che ci si può confrontare con chi avvertiamo che senta il mondo come noi stessi avvertiamo,
anche se detta così sembra una banalità.
sul narcisismo non ci piove. anche se ogni tanto una piccola dose forse fa pure bene, non trovi? in maniera
ironica, s'intende. fermo restando però che anch'io detesto le smancerie.
ho letto una tua nota bio-bibliografica: che dire? complimenti davvero.
per le due poesie - ti ringrazio molto per avermele anticipate - devo dirti che la mia impressione immediata è stata di inquietudine: le scene descrivono un ambiente desolato, misero nonostante la ricchezza degli arredi.
le immagini della signorina felicita o di nonna speranza (credo si chiamino così, vado a memoria) sono state quelle che ho collegato immediatamente:
il salotto buono, il pappagallo... il messaggio però è stato subito chiaro anche per me, che pure non avevo compreso che si trattasse di una casa chiusa, ed il messaggio è quello dell'antinomia tra un mondo chiuso e la libertà di esprimersi che cozza contro di esso. la crudezza delle immagini serve ad evidenziare lo stacco tra finzione e realtà, tra poesia e artificio
poetico.

ti abbraccio

Giuseppina Di Leo

Anonimo ha detto...

queste due poesie mettono a nudo la problematica borghese dell'intérieur; sono costruite sula decostruzione dell'ideologia dell'intérieur. la questione era già stata intravista, negli anni Venti, da Benjamin il quale aveva notato come gli arredi e il mobilio degli interni della borghesia europea tendevano ad assomigliare alla ammobiliatura dei casini. L'intérieur come casa-madre dell'ideologia della borghesia europea che si avviava all'età dell'imperialismo guerrafondaio delle due guerre mondiali.
Qui gli interni sono nient'altro che una messinscena del mercimonio di scambio tra la merce e la fornicazione... i falsi filosofi che abbondano nel nostro tempo scrivono nientemeno che «un trattato di estetica», e come è chiamato questo trattato? nientemeno che «La Morte del Sole», con diabolica sottilissima ironia qui Linguaglossa con un solo colpo sbaraglia tutti i sentimentalismi della buona poesia dei sentimenti infirmati e le regole di buona convenienza della società letteraria. In queste condizioni, si chiede Linguaglossa, come fare per scrivere poesia? Le due nuove meretrici: Madame Zorpia e Madame Zanzibar aprono le danze del capitale finanziario globale con il rito delle fraseologie di facebook e di twitter, con le formule di rito degli incontri sessuali e le formule ad esca dei venditori di fumo (di merci) di internet. È un universo dalla sordida ed equivoca simbologia che il poeta romano capovolge con un colpo di baccheta magica rendendo palese lo scempio di ogni réclame (che nasconde una ideologia della compra vendita e del partnerariato).
Al poeta non resta che aggregarsi al corteo dei compratori di merce sessuale e si rivolge metonimicamente alla «Musa dell'oblio» per fare ingresso nel bordello dell'intérieur come un cliente che si appresta a scegliere la merce sessuale che più gli aggrada. Dice di aver dimenticato qualcosa:

«I have missed a thing», pronuncio sottovoce
alla Musa dell’oblio.
Ed entro nel buio del salotto.

Dante Maffìa

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

Dico la mia. Sempre partendo da una diffidenza (problematica: nel senso che può aprire squarci inediti, ma può anche occultare verità da cui non disancorarsi) verso l'eccesso di metafora ( o di allegoria).Non è da oggi che la Musa è diventata meretrice.
Ammesso che lo sia, andrebbero spiegate le ragioni e andrebbero individuati gli antidoti. Se non vogliamo cedere tutti al nichilismo o accontentarci di denunciarlo. Ma a chi se tutta la Poesia s'è venduta?

Erasmo ha detto...

Commento per la prima volta qualcosa su questo blog che in realtà seguo da un po'.
Non ho armi critiche per leggere a fondo le due poesie, ma ho l'essere umano a cui la poesia dovrebbe , per la maggiore, rivolgersi.
Tutti hanno visto qualcosa nella Musa, a me richiama le matrone di Campana, e l'aria svenduta, buia ma tracotante di linguaggio ha qualcosa di simile. Certo lì la Musa è un inizio, qui una fine, il simbolo noioso di un tempo vuoto.
La luna che non tramonta più è l'assenza rassegnata di una possibile poeticità del mondo contemporaneo?
Il pappagallo ironico sembra dire «questo è quanto, venite con me nel non pensiero, nell'istintivo ripetere versi».
Versi del pappagallo che se intesi come versi del poeta lasciano pensare ad un poetare che sostanzialmente dice qualcosa, ma come il suo ripetere senza intento buongiorno, intellettualmente mancano di base e di scopo: dicono come il fiume dice il suo frusciare.
Nichilismo della parola dunque, come si è detto.

Nella seconda poesia anch'io sento il conflitto tra i due idiomi, ma dovremmo ormai abituarci a tale suono, passeggiando per una città non è questo il suono che ascoltiamo? Nulla di più reale quindi. E il riferimento al social network ne è un'appendice.
Le immagini hanno un andamento quasi filmico, sa di certa canzone dylaniana (spero per voi non sia un assurdo paragone, confido nella vostra apertura).
È meno densa della prima, forse proprio per questo suo andamento sequenziale e non centripeto come nella prima.
Saluti,
Erasmo