sabato 22 dicembre 2012

Leopoldo Attolico,
Quattro inediti 2012.



Per Giorgio


SCENDEVA DALLA SOGLIA DI UNO DI QUEGLI USCI . . .

(. . . ) accade così di fare confusione
per tutta la vita
fra Erba Gramigna e Malerba
e quando, in questa compulsione vegetale
riusciamo finalmente a intravedere un valore infinito ,
il riverbero dell'essenza , dell'assoluto ,
ecco scendere dalla soglia di uno di quegli usci in erba
e venirci incontro
la botanica del sociologo della devianza
a dirci che la poesia è morta
che è stata sepolta dalla Linea lombarda
e che anche da viva , al più
ha sempre lasciato soltanto la buona impressione
e i tre punti,
come nel gioco del pallone




ANTELUCANA

L'ironia nelle risate dei gabbiani sul Lungotevere
raggiunge il poeta rampante
in attesa sotto casa del critico famoso
che porta a spasso il cane
alle cinque di mattina

Alle cinque di mattina
è facile assegnare all'intraprendenza
un decoro , una plusvalenza
ma il solfeggio di gabbiani impertinenti
può rovinare la festa



ON THE ROAD


Al ragazzotto che abbaia a brutto muso
non ti meno giusto perché sei un vecchio babbione
faccio notare sommessamente
che la segnaletica stradale
mi dava la precedenza,
e che mi picchiasse pure
tranquillo, senza remore
perché sono giovanissimo dentro


UNGARETTEIDE


Una intera giornata
con l'assenza di carta e matita penetrata nell'ossa
buttato su una panchina dei giardinetti pubblici
a guardia dei nipotini che si mangiano la ghiaia
ho pianto lacrime laiche da taglio di cipolla

Ma crepuscolosa
annunciata in lontananza dal verde transitivo di un semaforo
e dalla marcia trionfale dell'Aida ,
una figura in nero di straordinaria ineleganza
colmava di futuro la mia disperata inanità :
-Leopoldo , sarai ampiamente risarcito
da trent'anni di poesia à la carte

23 commenti:

Anonimo ha detto...

"la botanica del sociologo della devianza"
Potente, entusiasmante Attolico, mai vecchio,mai vecchio. Grazie . Emy

Anonimo ha detto...

Un tenero presentatore felliniano commenta a modo suo la tragedia che s'intravede sul fondo. Un raccoglitore di primavere per chi amasse l'aria fresca che non costa nulla, quell'aria che sta nei pensieri quando c'è ironia e intelligenza. Non commendabile, fa sorridere.
mayoor

Anonimo ha detto...

L'ironia di questi versi è pari a quella presente nelle "risate dei gabbiani sul Lungotevere", impertinente, lungimirante.
Leopoldo è uno di questi gabbiani, a mio avviso, e ne condivide lo sguardo acuto, il senso di sfida, l'esigenza di libertà.
Un caro saluto, con molti complimenti.
Loredana Savelli

Anonimo ha detto...

Beffarda, intelligente e ironica, pochi appellativi per dire che questa è poesia. Con un cambio di guardia, "un'intera nottata" diventa "un'intera giornata", alle cinque del mattino servono dodici ore per il pomeriggio, e la madre di Cecilia può aspettare il verde davanti ad un semaforo insieme ai ragazzi della beat-generation. Complimenti ad Attolico

giuseppina di leo

Anonimo ha detto...

Leopoldo, queste poesie sono belle. Diventi sempre più bravo. In te rivive un po' lo spirito di Vito, ma sei tu, solo tu. Complimenti e un abbraccio.
Carlo Bordini

Anonimo ha detto...

Scusate, la mia ignoranza, ma la prima poesia non l’ho capita. Meglio. Ho capito che il soggetto poetante è un Noi sottinteso, che da una vita confonde l’Erba Gramigna e la Malerba e che, continuando in questa sua “compulsione vegetale”, quando finalmente riesce a
«intravedere un valore infinito, / il riverbero dell'essenza, dell'assoluto,» (probabilmente ossessioni vissute come positive), ecco «scendere dalla soglia di uno di quegli usci in erba» e venirgli incontro «la botanica del sociologo della devianza». E che fa questa signora o signore?...
Non gli spiega, come ci si attenderebbe, l’eventuale differenza fra l’Erba Gramigna e la Malerba, togliendolo dalla confusione in cui versa da una vita…No. Gli è andato incontro per dirgli che «la poesia è morta / che è stata sepolta dalla Linea lombarda / e che anche da viva, al più / ha sempre lasciato soltanto la buona impressione / e i tre punti, / come nel gioco del pallone ». Un amico, esperto di calcio, mi ha spiegato la storia dei tre punti. Durante un campionato vengono attribuiti alla squadra vincente nelle singole partite. Così, per stare alla metafora, questa poesia, da viva, partecipava ad un campionato. E, visti i punti attribuiti, vinceva pure qualche partita. Ma ora che “la botanica del sociologo della devianza” ci ha dato la brutta notizia della morte e sepoltura, possiamo metterci l’anima in pace ed elaborare il lutto. Ma quale poesia è morta? Fatta da chi per chi?...Questa poesia, ad esempio, questa che ho sotto gli occhi e che sto cercando di capire, questa composizione di Attolico, è viva o morta e sepolta?...
Ciao
Donato

Anonimo ha detto...

La seconda poesia mi è chiara. Ma quando ho letto il primo verso («L'ironia nelle risate dei gabbiani sul Lungotevere») e il penultimo («ma il solfeggio di gabbiani impertinenti»), mi sono chiesto se fosse corretto “personificare” così i gabbiani fino a stravolgere del tutto il loro verso. I gabbiani “ridono”? “solfeggiano”?...I gabbiani gridano, strillano, garriscono in modo cupo, stridulo, minaccioso…Insomma, il loro verso a tutto può far pensare meno che a una “risata” o a un “solfeggio”. Tra l’altro, se la poesia cominciasse con “Lo stridere cupo dei gabbiani sul Lungotevere” sarebbe una colonna sonora più idonea a ironizzare sul personaggio del “poeta rampante”…
A riciao
Donato

Anonimo ha detto...

Anche la terza poesia mi è chiara. Ho qualche dubbio sul “giovanissimo dentro”, sintagma troppo scontato. Capisco, la logica: “se non sono un vecchio babbione, ma un giovanissimo dentro, puoi picchiarmi…”. E’ una sfida disarmante. Ho, però, un’osservazione generale: nel primo testo si polemizza con la Linea lombarda che avrebbe sepolto la poesia. E sia. Ma uno dei tratti di questa Linea non è proprio il farsi cronista degli oggetti, l’andare a prendere lezioni di fantasia dalle cose, dalle situazioni più minute?...Poetare su un ragazzotto che abbaia contro un vecchio babbione non è minimalismo? In una situazione simile si può dire che si riesce a “intravedere un valore infinito, il riverbero dell'essenza, dell'assoluto”? L’unico valore in gioco mi pare che sia la buona educazione. Importante, per carità…
A ririciao
Donato

Anonimo ha detto...

La quarta poesia è sicuramente la migliore. Il titolo non mi convince. Non capisco cosa c’entri Ungaretti. E, però, ci sono “le lacrime laiche” di quest’Io che lamenta “l’assenza di carta e matita” (non scrive, né disegna), buttato su una panchina a guardia dei nipotini che mangiano la ghiaia… Bellissima e tenera immagine. Poi c’è “una figura in nero” “crepuscolosa” (neologismo…da Linea lombarda!) che colma Leopoldo di futuro. Trent’anni di “poesia à la carte” dovrebbe risarcire la sua “disperata inanità”. Speriamo.
Con i miei migliori auguri.
A riririciao
Donato

Anonimo ha detto...

Donato, leggendo "Veglia" si comprende il perché di Ungaretti - dicevo: "con un cambio di guardia"... -
o meglio, Ungaretti c'entra e non c'entra, come pure c'entra e non c'entra Manzoni o Lorca... l'operazione suggestiva di Attolico sta nell'aver attualizzato lacerti "d'epoca", imprestiti che ci portiamo dentro e che interagiscono con i nostri pensieri. La poesia, quando può, continua a parlare ben oltre il proprio tempo e andare oltre. Ma può essere anche che mi sbagli...
giuseppina di leo

Anonimo ha detto...

Una chiosa al commento di Donato , sperando ( non disperando )di chiarire per quanto possibile :

Erba , Gramigna e Malerba - assunti giocosamente per la "botanica" che li accomuna - vengono introdotti ironicamente e iperbolicamente come portatori di un "assoluto di essenza linguistica " e , di conseguenza , come personaggi accreditati di un "uscio in erba" da cui discende , per contrasto , il "sociologo della devianza" con la sua visione luttuosa della Linea lombarda ( calzante/ eccessiva/ ingenerosa ; dipende dalle valutazioni personali del lettore ). Per chi segue negli anni le vicende della poesia non è difficile subodorare che si possa alludere ad un Ceronetti e alle sue diagnosi apodittiche sulle sorti passate presenti e future della poesia italiana .
Certamente avrei fatto bene a porre il suo nome in epigrafe , come dedica , e sarebbe stato chiaro il riferimento polemico .

Il surreale e il paradossale sono rintracciabili nella nostra vita di tutti i giorni . Credo che qualche volta non sia male parlarne .La puntata "minimalista" non mi crea complessi o remore se elaborata con questi referenti .

Io vivo da sempre a due passi dall'Aniene e le posso assicurare che il verso dei gabbiani sia spesso un ah ah ah ripetuto anche quattro-cinque volte , sonoro , chiarissimo , "umano", molto simile ad una risata . Il "solfeggio" è optional , ma è una variante della risata , ha una cadenza più modulata e ricorre soltanto nei mesi estivi .
Fermo restando il verso da Lei citato , che completa il repertorio.

Rielaborazione in chiave autobiografica di un celebre testo di Ungaretti , con un "fondale" felliniano nitidamente individuato da maior più sopra .


*** Naturalmente un grazie - non formale ma sostanziale ( sic!) ad Ennio Abate , a quanti sono passati di qui e al loro interesse variamente motivato .
A tutti un abbraccione di Buon Natale !

leopoldo attolico -

Anonimo ha detto...

E' sempre triste il dover spiegare una poesia...Grazie. Emy

Anonimo ha detto...

Senza entrare nel merito dei contenuti, ma restando sull'affaccio di una versificazione chiara che dà buonumore. Questo è stato il mio solo commento. Allo stesso modo, come apprezzo chi va sempre in contro-tendenza anche stando in fila all'ufficio postale, ho apprezzato lo spirito combattivo di Donato al quale mando i miei sinceri auguri di buon natale.
mayoor

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

D'accordo in parte. Spiegare una poesia può significare avere la pretesa di entrare nella pelle di chi l'ha scritta e ricostruirne fonti e genesi (cosa quasi impossibile, perché neppure l'autore a volte sa indicarle).
Ma le note aggiunte da Attolico, le parafrasi anche scolastiche, le ricostruzioni o precisazioni in prosa ( di Saba al suo "Canzoniere", di Montale, di altri...) perché dovrebbero essere inutili o superflue?
Servono, eccome. Almeno a chi non capisce tutto di botto alla prima lettura e vede la poesia come atto di conoscenza
che può essere arricchito da buoni commenti.

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

D'accordo in parte. Spiegare una poesia può significare avere la pretesa di entrare nella pelle di chi l'ha scritta e ricostruirne fonti e genesi (cosa quasi impossibile, perché neppure l'autore a volte sa indicarle).
Ma le note aggiunte da Attolico, le parafrasi anche scolastiche, le ricostruzioni o precisazioni in prosa ( di Saba al suo "Canzoniere", di Montale, di altri...) perché dovrebbero essere inutili o superflue?
Servono, eccome. Almeno a chi non capisce tutto di botto alla prima lettura e vede la poesia come atto di conoscenza
che può essere arricchito da buoni commenti.

Anonimo ha detto...

Caro Leopoldo,
la ringrazio. Avevo intuito che ce l’avesse con Giuliano Gramigna, Luigi Malerba e Luciano Erba. Ma ho desiderato che fosse lei a scriverlo. Ciò detto, a maggior ragione, confermo le mie riserve sul primo testo: sono allusioni “corporative”, che possono essere comprese soltanto da chi fa parte del club dei poeti. Anche quella polemica con la Linea lombarda è incomprensibile. Se clicca su Google: “Poeti della Linea lombarda” , il primo titolo che esce è quello di Wikipedia. Vi sono 36 nomi di poeti (dico TRENTASEI) di quattro generazioni: da Alessandro Manzoni a Raffaele Crovi, passando (nientepocodimenoche) per Gian Pietro Lucini (di seconda generazione). Hanno tutti ucciso e sepolto la poesia?...Non è credibile. Tutti si tengono lontani dal “valore infinito”, dal “riverbero dell’essenza”, dall’”assoluto”?...Neanche questo è credibile. So che fu Luciano Anceschi ad inventarsi nel 1952 la categoria “Linea Lombarda”. Lei, però, è un poeta e sa che simili ammucchiate concettuali non servono quasi a niente….
Sì, è vero «il surreale e il paradossale sono rintracciabili nella nostra vita di tutti i giorni». Anche il Valore Infinito, l’Essenza, l’Assoluto…Tant’è che, dopo averla immaginata alle prese con la “compulsione vegetale”, per riuscire a intravedere qualcosa di questi valori-ossessioni, ho scritto tre versicoli:
L’ho sempre saputo:
sono i suoi occhi
il mio assoluto.
Quanto al verso dei gabbiani, non insisto. Vivo in pianura, a Cologno, però mi è capitato di trascorrere settimane al mare e li ho sentiti. E’ lancinante. Più simile al lamento che a una risata. Ma non ha importanza.
Venendo alla rielaborazione ungarettiana, prendo atto. Comunque, questa bella poesia non la intitolerei “Ungaretteide”…E’ tutt’altro che accattivante-
Si tenga i miei più cari auguri di buon lavoro e di buone feste.
Carissimi auguri anche a Mayor e a tutti.
Donato

Anonimo ha detto...

Da Emy a Ennio:

Ho detto che è triste, non inutile.





Anonimo ha detto...

Variante antropologica.
Almeno per i gabbiani posso testimoniare quanto una personificazione sia possibile. E' successo qualche tempo fa a Roma la notte di S. Pietro e Paolo. Dalla mia postazione fra Metro S. Paolo e Scorrimento Colombo stavo ammirando il paesaggio notturno: la cupola di una chiesa moderna e un gassificatore che facevano pensare più ad una periferia. Improvvisamente un rumore assordante come di una bomba ! Si trattava solo dei giochi d’artificio in onore a S. Paolo e Soci e qualche istante dopo un sollevarsi di gabbiani che esternavano le loro rimostranze contro queste barbare usanze. Erano gli stessi gabbiani metropolitani che avevo visto al mattino ad un metro dal mio naso passare di fronte alla mia finestra del settimo piano e che mi avevano in verità fatto trasalire con grida beffarde. Ora invece esprimevano sdegno quasi con un tono moralistico, dei veri e propri bacchettoni avevo pensato, la dove tutti gli altri volatili, dai merli alle gazze ladre, ben nascosti nei loro nidi si erano limitati solo a qualche bisbiglio. Chiaramente era una aggressività che nasceva da una necessità di difendersi ma chi lo poteva dirlo con certezza. In generale anche l’onomatopea del loro suono è qualcosa tipo "cocòi" e c'è anche un'azienda francese che prende il nome dal verso del gabbiano, “kookai”.
In triestino il gabbiano si chiama "cocài", in alcuni dialetti veneti "corcàl". Come si vede è difficile dare una versione definitiva che definisca con precisione lo stridere di un gabbiano. Mi chiedo “ E se fossero gabbiani ungheresi arrivati qui senza permesso di soggiorno, sorgerebbero dubbi sulla vera interpretazione dei loro messaggi. E poi sicuramente le interpretazioni sono soggettive variano da persona a persona. Ad esempio i linguaggi dei gabbiani degli anni 50 di alcune città costiere inglesi come Dover, Worthing facevano nascere solo associazioni tipo gabbiano–mare, gabbiano-acqua.
Quasi una visione romantica. Oggi le possibilità vocali dei gabbiani si sono amplificate con il cambiamento antropologico dell’habitat urbano. Ad esempio in una città come Bristol alle connotazioni ironiche si sono assommate quelle cannibalistiche di gabbiani che sprezzanti di tutto quasi assalgono gli umani prima di lanciarsi a capofitto sulle carogne dei propri simili. Per fortuna l’ironia tutta romanesca che ancora bivacca lungo le sponde del Tevere dà vita a diverse forme di espressione e contamina anche i gabbiani. enzo

Anonimo ha detto...

A Enzo:

Mi hai fatto venire la voglia di accarezzare un gabbiano, ma lui è troppo libero. Ciao Emy

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

Mi ricoravoo di aver letto dei rilievi all'upupa di Foscolo da parte di lettori positivisti, Non era animale notturno.
A conferma:

Con l'errata attribuzione di uccello notturno l'upupa compare nei Sepolcri di Ugo Foscolo[31], mentre Eugenio Montale ne dà un'immagine solare: Upupa, ilare uccello, alìgero folletto[3
(http://it.wikipedia.org/wiki/Upupa_epops)


Lasciamo, dunque, al gabbiano di Attolico il suo verso variamente decifrato.

Quanto al discorso di Enzo sull'"umanizzazione" ( in peggio o in meglio?) degli uccelli per il mutamento del loro habitat, mi pare di aver letto in Fortini che alcuni uccelli da lui ascoltati ( non so quali) avessero modulato il loro verso su quello dei trombettieri che suonavano la sveglia in una vicina caserma.
Altro che liberi gabbiani in libero cielo (inquinato anch'esso).

PattiS. ha detto...

Mi piacciono tutte, molto. Per la loro tipica leggerezza e ironia. Si capisce chiaramente che la presa per i fondelli parte primariamente da sè. Un gioco allo sfottò che necessita ironia da tutte le parti in causa. Per quel che riguarda i gabbiani, sono i gabbiani poetici e quelli se la ridono sempre, e da sempre, perché piacciono tanto tanto tanto...Leo, lunga vita al Poeta giovine inside....(carino questo Blog)

Anonimo ha detto...

Dalle mie parti si dice: MINCHIATE. Ecco, queste sono le "non" poesie di Attolico.

Carmelo Terano

Anonimo ha detto...

Una congettura "poetica" : non è che per caso Lei è tra quelli che aspettano sotto casa il critico famoso che porta a spasso il cane alle cinque di mattina ?
Se sì , questo spiegherebbe molte cose .

leopoldo attolico -