sabato 12 gennaio 2013

Anna Ventura
Cinque poesie inedite



LA  POSTA NEL SACCO

Dal mare si avvicina
all’isola, la barca
che porta la posta. La gente
la vede da lontano,
corre all’attracco. La posta
scende in un sacco
che sembra sempre vicino
a cadere tra le onde, e invece
cade a terra, perfettamente asciutto. Il postino
divide le carte tra i presenti, ognuno
torna a casa con le proprie. Il sacco vuoto
giace per terra, poi
viene riportato sulla barca: domani
farà ancora il suo lavoro.


   

IL  SILENZIO  

Nei paesi del freddo,
le vecchie vengono allontanate dalle case,
lasciate sole, nei campi,
a morire nella neve.
Talvolta, dopo morta,
l’anima della vecchia,
tormentata dalla nostalgia,
torna a casa,
si accovaccia accanto al focolare,
stende le mani alle scintille. Chi la vede
non ha ragione di allarmarsi: la vecchia
non chiede nulla. E, se qualcuno le parla,
risponde col silenzio.



TU  QUOQUE   

Cesare nei boschi nordici, d’inverno.
Dorme poco, mangia niente,
se non combatte, scrive; la parola
 si affila come un’arma. Come un’arma
è infallibile. Cesare sa
che sarà il padrone del mondo,
anche se è solo,
 nel bosco innevato. Le guardie
dormono, il fuoco
si va spegnendo in piccole lingue
rosse e gialle. Cesare
non ha rimorsi,
non ha rimpianti,
non ha paura. Ma a Roma,
 nelle quiete stanze
di una casa patrizia,
lì dove si aggrumano
tutti i rimorsi,
tutti i rimpianti,
tutte le paure,
lì dove il condottiero
non indirizza neanche il suo pensiero,
lì un pugnale si affila.



IL POETA  

Capriccioso Nerone,
malavvezzo. Non ci fu Seneca
capace di educarlo. Uccise la madre,
perché le era figlio.
Bruciò Roma, città perfetta per bruciare.
Tra le fiamme, l’onnipotente mostrò il fianco:
recitò i suoi versi,
perché voleva essere detto poeta.
Ma la gente comune
lo chiamò piromane.


LE STATUE 

Adriano contemplava Antinoo,
stregato dalla sua bellezza.
Di cui volle che restasse traccia
nei secoli a venire. Più di un artista
lo ritrasse com’era,
un dio sceso tra gli uomini.
L’imperatore
lo circondò di  laghi e  di peschiere
in cui la sua bellezza si specchiava.
Ma un giorno
apparve una bambola di cera,
immobile nell’acqua silente,
 in mezzo ai petali dei fiori: Antinoo
aveva trovato la libertà
di partire.
Restarono le statue.


ROMINA  

Un povero pescatore possedeva
 solo una barchetta:
con questa usciva al mare,
estate e inverno,
quasi tutti i giorni: lì
era la sua casa,
il suo guadagno,
la sua compagnia. Un giorno un cabinato
con a bordo
giovanotti abbronzati e belle donne
investì la barchetta, la ridusse
a un fasciame di tavole schiodate.
Il pescatore si salvò, ma il suo mondo colò a picco.
Quelli del cabinato attivarono l’Assicurazione,
che pagò puntualmente. Il pescatore
intascò i soldi
e non fece una piega;
in realtà,non sapeva che farsene
e li nascose
in un anfratto della sua casetta.
Dove, in un angolo, conservava
quanto della barchetta era rimasto:
un mucchietto di tavole
buone nemmeno per il fuoco.
Tra queste, una portava dipinta una parola:
Romina.
Nessuno immaginava chi potesse essere
questa sconosciuta il cui nome
aveva tanto navigato.
Ma il pescatore lo sapeva.    


Anna Ventura è nata a Roma, da genitori abruzzesi. Laureata in lettere classiche a Firenze, agli studi di filologia classica, mai abbandonati, ha successivamente affiancato un’attività di critica letteraria e di scrittura creativa. Ha pubblicato raccolte di poesie, volumi di racconti, due romanzi,libri di saggistica.
Ha curato tre antologie di poeti contemporanei e la sezione “La poesia in Abruzzo” nel volume “Vertenza Sud” di Daniele Giancane (Besa, Lecce, 2002).
E’stata vincitrice in molti Premi.
E’ presente in siti web italiani e stranieri; sue opere sono state tradotte in francese, inglese, tedesco, portoghese e rumeno, pubblicate  in Italia e all’estero in antologie e riviste

 Anna Ventura- Via Agnifili, 22- L’Aquila (Italia), 67100
e-mail : annaventura36@hotmail.com
Xoomer.alice.it/annaventura


4 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggo questi versi che ci portano immediatamente al presente e a farci comprendere quanto oggi nulla è cambiato. Le poesie così descrittive mi fanno pensare ai dei racconti poetici l'a capo quasi sembrerebbe inutile, ma così non è perchè la poesia prende il sopravvento ed il racconto diventa quasi un pretesto per portare al lettore la sensazione piacevole, di semplicità per la memoria ma anche di fredda consapevolezza , nonostante tutto ciò resta una scelta precisa , quella di aver trasmesso una forma nobile di sentimento, così lontana da ciò che oggi purtroppo chiamiamo amore. Grazie. Emy cip cip

giorgio linguaglossa ha detto...

la poesia di Anna Ventura è una delle più «oneste» (se mi si passa l'aggettivo infausto) che ci siano in circolazione, non trucca mai le carte, non accenna mai a un reumatismo del cuore o a un sublime raffreddore della zona cardiaca, lì tutto è chiaro e trasparente, il traslato è chiaro e trasparente, il simbolo è chiaro e trasparente, è una poesia della trasparenza che fa trasparire l'ossessione (del reale) della visione che oggi ci assedia tutti, l'ossessione dello sguardo, la dittatura dello specchio e dello sguardo. Paradossalmente, la poesia della Ventura è ottica e oggettiva ma qui non c'è nessuna diplopia o sdoppiamento dell'io, qui c'è un io vigile e attento al dettaglio e all'insieme.
Mi piace quel rimeditare le questioni che la storia ci ha lasciato in sospeso, come cambiali ancora in bianco che attendono di essere liquidate.
Per l'esattezza vorrei correggere la notizia dell'incendio di Roma appiccato da Nerone, come sanno tutti gli storici è ormai acclarato che l'incendio è stato appiccato dalle frange più estremiste appartenenti all'ala messianica dei cristiani per raggiungere finalmente la agognata Città di Dio, la Fine dei tempi, la Fine della Storia, il Paradiso etc. E che il povero Nerone che si trovava a Gaeta si precipitò subito a Roma appena saputo dell'incendio per coordinare i soccorsi e tentare di spegnere l'incendio.
Quindi ritengo che la poesia su nerone vada riscritta, per quelle medesime ragioni che stanno alla base della poetica di Anna Ventura.

Anonimo ha detto...

Flavio Villani:


A quanto pare le vie della critica sono proprio infinite. Il metro di valutazione mi è sempre più oscuro. Dopo una certa assenza leggo nuovi autori (come in questo post), e un profluvio di valutazioni critiche su questi stessi autori. Parole su parole per spiegare cos'è la poesia e chi sono i poeti che (pare) si dovrebbero definire tali. Poi leggo componimenti scritti in una prosa piatta, con a-capo il cui senso sfugge (Quelli del cabinato attivarono l’Assicurazione/che pagò puntualmente.), oscillanti fra "questioni della storia" banalizzate e il libro Cuore, come ad esempio in “Romina”, dove la prosa si appiattisce ulteriormente in una vertigine di sentimentalismo, impalcatura per pensieri che potrebbe formulare chiunque, senza per questo fregiarsi del titolo di poeta pluripremiato. Una "delle più oneste poesie che ci siano in circolazione". Davvero? Addirittura di tutta la poesia in circolazione? Allora davvero siamo un paese culturalmente disastrato. Per quanto apprezzi l'onestà non credo che tale qualità renda poetico ciò che si fa fatica a definire tale. E alla fine mi viene anche da pensare che in qualche caso i "reumatismi del cuore" ci vorrebbero proprio, altrettanto i "sublimi raffreddori nella zona del cuore", almeno potremmo sentire qualcosa. Una qualunque cosa.

Saluti,

Flavio

giorgio linguaglossa ha detto...

@ Flavio Villani,
non metto in dubbio che in qualche poesia di Anna Ventura ci possa essere il rischio di una «caduta di tensione» verso un prosasticismo e verso truismi sempre in agguato... è un rischio credo che la Ventura abbia calcolato e che c'è in ogni operazione artistica... ma quello che personalmente apprezzo di più è la clarté cartesiana, lo sguardo oggettivo che si posa sugli «oggetti» per tentare di illuminarli, l'onestà di non ammiccare a chissà quali diplopie dello sguardo e del cuore. Una poesia che segue un suo filo retto, che va dritta per la via della significazione e della cosa significata, questo è il maggior merito della poesia di Anna Ventura. Questo mi sembrava degno di essere messo in rilievo.