domenica 10 febbraio 2013

SEGNALAZIONE
INCONTRO CON APPENDICE.


giovedì 14 febbraio, ore 18
 Palazzina Liberty, Largo Marinai d'Italia 1,Milano - Ingresso libero

Il futuro dei Moltinpoesia

Ennio se ne va portandosi via la critica e la sua preziosa idea del reale.

Riusciranno i Moltinpoesia che restano a fare gruppo tra la folla?

APPENDICE
Pubblico qui  la lettera inviata agli iscritti alla mailing list dei "moltinpoesia" il 1 febbraio 2013 e, pur augurando sinceramente la riuscita dell'incontro, faccio notare che   la "critica" e la "preziosa idea del reale" me le sono portate via  perché non ben accolte. [E.A.]

Cari/e amici/che, vi comunico in modo semplice la convinzione che ho maturato: per me l'esperienza del Laboratorio Moltinpoesia è esaurita. Incontratevi come volete. Io non parteciperò all'incontro. Se le idee ci fossero state, sarebbero venute fuori. Se le volontà  individuali di collaborazione fossero state autentiche, sarebbero venute fuori. Dal 2006 al 2012 c'è stato tutto il tempo per farle fiorire. Curerò ancora personalmente  e da solo il blog, come ho dovuto in pratica fare finora. E toglierò il sottotitolo "Il blog del Laboratorio Moltinpoesia, Palazzina Liberty, L.go Marinai d'Italia 1, Milano" e la foto della Palazzina Liberty. Resto disponibile a mantenere i contatti individuali con ciascuno di voi e, dove si verificassero le condizioni, a collaborare ad eventuali iniziative o proposte. Ma non a  mantenere in vita un Laboratorio, che laboratorio non è riuscito ad essere. Non è stato possibile. Non mi inoltro in analisi delle cause. Non mi spargo neppure il capo di ceneri. Ho fatto quel che ho potuto. Ora sento di dover dire: basta. Un caro saluto

11 commenti:

Mayoor ha detto...

Penso che questa discussione andrebbe approfondita nella mailin list dei Molti, ma non escludo che potrebbe essere utile per un utile scambio teorico. Copio qui l'intervento che ho or ora inviato all'altro post sul "fare gruppo". L'ho scritto con intento provocatorio anche se so di non essere giunto a conclusioni apprezzabili. Ma s'incomincia parlandone.
"Fare gruppo senza che ci siano affinità, senza un'idea comune, non dico una somiglianza ma almeno una particolare stima reciproca, tenuti insieme unicamente dal rispetto, dalla cortesia e dalle buone maniere, a me sembra un'impresa squinternata per forza destinata a fallimento. Ed è un bene, perché altrimenti si starebbe in un generico contenitore, non in un gruppo di artisti affamati di novità e d'avventura. La città è piena di associazioni culturali dove la gente si ritrova in questa maniera, per forza non ne esce niente. Ci si affida all'insondabile immaginario degli altri che, si sa, stravolge e ingigantisce ogni cosa. Tanta immagine, quando c'è, e poca sostanza. Si potrebbe dire che tutto il novecento sia stato così, gruppi di amici si ritrovavano ad essere protagonisti di movimenti che la storia dell'arte (la critica) trasformava in eventi epocali. E tutt'al più erano faccende che duravano meno di un decennio, e spesso era un metter insieme artisti che tra loro non c'entravano per niente.
Dietro la storia dell'arte si nasconde la storia della critica. Forse è questa l'idea di fondo che ha mosso Ennio Abate nel il suo intento di fare gruppo? Infatti l'obiezione principale mossa da Ennio è quella dell'impossibilità di "ricucire il legame tra critica e poesia". Pochissimi tra i Molti l'hanno seguito per questa strada, ma una ragione ci deve pur essere. Si fa critica anche quando si entra nei problemi specifici della scrittura, non solo alzando asticelle genericamente intellettuali. In un laboratorio conta il lavoro, non solo la teoria. Conta anche il gioco, la scrittura, conta il mezzo con cui ci si vuole esprimere. E' da questo confronto, da questa gara direi, che potranno nascere affinità e comunanza d'intenti. Ma i Molti sono una scommessa, persone che non si uniscono per scelta e ammirazione reciproca cosa possono fare? dove possono andare? ma poi: cosa li potrebbe unire?"
A Ennio: quando scrivo della "poca sostanza" non mi riferisco certo al tuo contributo, ma genericamente alle pratiche collettive basate sul numero e sull'unione che darebbe forza. Di sostanza ne hai messa ogni giorno e personalmente te ne sono profondamente grato.

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda il mio parere sulla scelta di Ennio di lasciare i Molti, ho preferito perlarne con lui personalmente. Continuo a chiedermi quali sono le idee che comprendono il reale? Dove troviamo il reale? Quali sono i limiti del reale? Cerco di rispondermo a queste domande , chiedendo anche ad amici , ognuno ha da dire la propria. Penso che il gruppo debba saper sempre mettersi in discussione per poter collaborare. Per poter fare gruppo, bisogna esporci, farci conoscere, appassionarci, non offenderci alla prima critica se fatta con l'intento di migliorare il lavoro,ci vuole comprensione e tolleranza, infine passione, altrimenti anche le galline fanno gruppo... . UN GRANDE GRAZIE ad Ennio col quale intendo continuare rapporti di amicizia e di interesse per la poesia e la letteratura, per quanto riguarda la sua competenza e preparazione farne come al solito grande tesoro. Emy

Anonimo ha detto...

da Rita Simonitto
Sono molto dispiaciuta per la decisione (che non posso che immaginare molto ‘sofferta’) di Ennio di considerare finita la sua esperienza di coordinatore del Laboratorio di Moltinpoesia, creatura cui lui teneva moltissimo.
Non conosco i retroscena nei dettagli per cui non entrerò nel merito.
Prendo soltanto lo spunto dall'affermazione di Mayoor:
"Fare gruppo senza che ci siano affinità, senza un'idea comune, non dico una somiglianza ma almeno una particolare stima reciproca, tenuti insieme unicamente dal rispetto, dalla cortesia e dalle buone maniere, a me sembra un'impresa squinternata per forza destinata a fallimento. Ed è un bene, perché altrimenti si starebbe in un generico contenitore, non in un gruppo di artisti affamati di novità e d'avventura”.

Un gruppo può anche funzionare pur essendo eterogeneo per affinità e status. Ciò che lo tiene unito e lo porta alla cooperazione è l’investimento particolare sul compito ed è ciò che fa sì che soggetti diversi possano temporaneamente mettere tra parentesi i loro ‘io’, più o meno anarchici, in una specie di epochè husserliana.
Quello che io ho percepito dal lavoro di Ennio (per il poco tempo che ho frequentato il blog - poco più di due anni -), è stata la ricerca incessante di trovare e proporre degli stimoli affinché fosse evidente questo compito: permettere a chiunque si avvicinasse ai Moltinpoesia di poter trovare un terreno in comune da ‘dissodare’, da costruire o anche da criticare, ma in ogni caso ‘comune’. Terreno il cui perimetro era delineato dalle coordinate osservative della poesia e della polis (= della politica) e la cui osservazione era orientata nella direzione di quel magma costituito da una realtà (= il reale) così intesa: quale essa è, quale essa ci viene rappresentata (attraverso le varie funzioni del potere) e quale noi stessi ci rappresentiamo (attraverso le nostre finzioni ideologiche).
Creare dunque quell’humus che permette alla eterogeneità dei partecipanti di identificarsi in prima battuta col compito e, in seconda, far emergere quei rivoli di soggettività e di esperienza individuale che rappresentano il concime opportuno per il terreno comune, vale a dire quegli importanti aspetti “di artisti affamati di novità e di avventura” (Mayoor).
Ma questi tratti, pur vitali, dovrebbero essere al servizio del compito non della parte solipsistica della personalità.
Per la composizione di quel campo comune, mi viene da ricordare le varie proposte di discussione portate da Ennio su Moltinpoesia a partire da “Quale poesia oggi?” (da Poliscritture), o “La critica e i poeti”, o anche “Per una poesia esodante”, “La polis che non c’è”… e, in aggiunta, tutto il lavoro su F. Fortini e tutto il confronto con i critici a partire da G. Linguaglossa, R. Bertoldo ecc. ecc.
Non era dunque un’impresa squinternata, forse troppo ambiziosa tenendo conto dei tempi particolari che corrono… e ci sarebbe da dilungarsi ‘troppo’ solo per definire ‘grosso modo’ di che pasta è fatta questa particolarità, incentrata sulla forma, sul visivo e sul ‘cogli l’attimo’.
“Conta anche il gioco, la scrittura, conta il mezzo con cui ci si vuole esprimere. E' da questo confronto, da questa gara direi, che potranno nascere affinità e comunanza d'intenti”, dice Mayoor.
Ma muoversi con questo programma non rischia forse di farci piombare in un generico contenitore formale che può svanire o modificarsi ad ogni cambiamento di vento?

Finisco con la speranza che la decisione di Ennio non sia irrevocabile e che, qualora lo fosse, lo spirito che ha animato in questi anni Moltinpoesia non vada disperso.
Me lo auguro davvero.


Unknown ha detto...

Da esterna alla "comunità" mi mancano sicuramente elementi di conoscenza , provo solo a dare mie impressioni e considerazioni derivate dalle dinamiche intercettate qui, nel vostro spazio aperto.

in primo luogo una cosa un po' o.t. ma che c'entra con tutti i post. Al rigore "anagrafico" delle poesie, testi riportati, non corrisponde identico rigore per l'accompagnamento artistico / pittorico, assente il nome dell'autore, se disponibile titolo dell'opera , anno ed altri estremi

in secondo luogo ma primo, ho sempre vissuto questo come uno spazio di una sola persona, non di molti, ma di Ennio . Era palpabile soprattutto la sproporzione intellettuale e politica del suo contributo rispetto a tutti gli altri offerti, tanto come era palpabile l'assoluta disarmonia fra le componenti di cui sopra e quelle parimenti importanti emotive -sentimentali...

Non so se tale sproporzione sia stata presente solo in questo spazio, tale da diventare base/input fuorviante per le mie stesse considerazioni, o se invece questa sproporzione sia presente e si senta in tutti gli altri, dal vivo o della lista mail citata, o di altro.

Chi guidava/diceva di cosa parlare e di come parlarne , chi organizzava le proposte/post/testi o argomenti etc etc è sempre stato Ennio. Non ho ben capito, qui dall'esterno dove sono, se perché dominante il suo carattere su tutti gli altri, o perché gli altri ben volentieri deleganti(salvo poi magari lamentarsi per i soliti meccanismi su cui per ora non mi soffermo)

Di solito in esperienze dove è altissima la sproporzione di risorse fra i singoli componenti (concentrate in alcuni sono quelle di tipo emotivo, in altri quelle sentimentali, in altri assenti le prime ma presenti quelle nozionistiche culturali, e in altri ancora assenti entrambe le precedenti ma concentrate quelle strettamente inttellettuali etc etc), prima o poi arriva il corto circuito, da prendere con la massima lievità perché fa parte della vita che le cose abbiano un inizio e una fine. In esperienze analoghe a questa, solo chi è piu avanti nel viaggio della vita o della scala evolutiva , ha saputo mettere fin dall'inzio e all’infinito senza termini e condizioni, un dare senza nulla in cambio. Un rigenerarsi ogni giorno dai semi lanciati al vento. Un dare senza avere, in cui il desiderio/piacere e fatica , è il dare di per se stesso. Ciò implica una “sacralità”, laica da tutto e tutti e da ogni io(per primo il proprio), tale per cui tante cose degli altri nella loro quotidiana ripetizione non ti logorano più , ne hai acquisito il distacco più onesto, così come sai dei tuoi limiti , fra cui credo soprattutto per un intellettuale vi debba essere per primo il fatto che per modificare la famosa realtà non basta “sapere di sapere” di avere tutta la conoscenza del mondo.

un caro saluto a tutti.

Anonimo ha detto...

Quando Rita dice: " il generico contenitore formale che può svanire modificarsi ad ogni cambiamento di vento", ci rifletto e poi mi vien da pensare che il cosidetto fallimento dell'idea che sosteneva il gruppo è proprio data dal fatto che non ci si è accorti del cambiamento del vento.
La libera opinione, il libero confronto forse deve tener conto del modificarsi delle cose, delle idee, Qualcuno forse, avrebbe voluto esprimere qualche criticità e proprio per non offendere qualcuno (grande errore!)non ha parlato, si è ritirato, non ha tenuto conto di tutto il lavoro fatto fino a quel momento, se ne è andato come se nulla avesse avuto importanza. Non siamo tutti uguali, pensiero scontato, ma è qui che casca l'asino. Il gruppo, continua a vivere anche lottando, certo, ma penso che tutti dovrebbero dare il proprio contributo piccolo o grande che sia. Continuo a pensare che solo l'interesse , la passione,la collaborazione unisca e può dare risultati anche eccellenti. Ennio ce ne ha dato un esempio,ma da soli è faticoso, duro e inutile continuare. Emy

Anonimo ha detto...

A Milano, dove potevano andare a finire i poeti vagabondi ? Solo Abate e forse qualche altro (ma ho dubbi) potevano accogliere gli homeless della poesia (mi scuso con chi non si identifica in questa terminologia). Abate, con la rivoluzionaria teoria dei Molti, che somiglia molto a quella di certi movimenti dal basso iniziati verso la fine del secondo millennio, poteva imbastire un progetto che si scontrava con le lobby o le confraternite della poesia a Milano. Per sostenere il senso di empatia necessario all’apertura e alla disponibilità totale nei confronti dei Molti ci voleva convinzione, tenacia, fiducia nel proprio pensiero.
E’ grazie a queste sicurezze che all'interno dei Moltinpoesia sono avvenuti miracoli che hanno visto molti elementi del gruppo fare proposte portatrici di grande ispirazione che hanno visto svilupparsi un lavoro creativo ma anche di formazione. E di miracoli si trattava se penso a quel tocco di anarchia che permea l'area della poesia e che non permetterebbe un rapporto di empatia fra poeti.
Le cose si complicano però quando l'aspetto ideologico diventa troppo presente soprattutto quando questo si palesa attraverso la critica.
Per aspetto ideologico intendo qualsiasi concezione del mondo non necessariamente politica o qualsiasi punto di vista o convincimento su cosa debba essere la poesia. Preciso che non mi riferisco ad Abate nello specifico poiché l’atteggiamento di cui sto parlando serpeggiava tra alcuni dei Molti. Se la critica è scambio di opinioni e non campo di battaglia, alla maniera dei tedeschi del gruppo 47, dovrebbe assumere vie più discrete non per tema della critica degli altri ma per una forma di understatement e non perché la critica debba diventare didattica, ma semplicemente perché è solo una delle tante cose del fare collettivo di un laboratorio, come sembrava essere quello di Moltinpoesia. Mi pare che questo punto sia cruciale, un laboratorio di poesia non può nascere con al centro di tutto la necessità di far sposare la critica con la poesia. In un ipotetico laboratorio lo scambio di pareri nasce spontaneamente tra individui tra cui può nascere un sodalizio che si basa su corrispondenza di idee o di indirizzi poetici. Il legame tra critica e poesia non si ricuce in un laboratorio. V’è differenza tra un blog che vede la presenza anche di critici di un certo livello che influiscono sullo stile del blog e un semplice laboratorio che non ha nulla a che vedere con il gruppo 47, il gruppo 63 o che so io il flusso che circolava attorno alla “San Francisco Renaissance negli anni 50.
Certo la storia di questi gruppi non è consolante ci suggerisce che difficilmente si può trovare sintonia fra componenti di un gruppo ma nel contempo la differenza può indicare la strada da seguire. Ad esempio intorno alla San Francisco Renaissance si poteva trovare tutto e il contrario di tutto. Da una parte il poeta Rexroth che prendeva bruscamente le distanze dalla “Beat Generation” che non poteva assimilarsi alla Renaissance per questioni quasi antropologiche o più prettamente politiche tra poeti di NY e di S. Francisco. Rexroth ci dice che mentre la gente di NY era composta da intellettuali che non facevano altro che parlare di Marx che non avevano mai letto, a S.Francisco e sulla West Cost la tradizione di base dei poeti era rappresentata dall’IWW (Industrial Workers of the World ) molto pragmatica. Spicer uno dei primi a parlare di Rinascimento a S. Francisco era molto interessato alla funzione sociale del linguaggio e si distingueva per i suoi seminari volanti con il suo Poetry as Magic Workshop. Snyder, Welch, Whalen avevano qualche caratteristica beat ma avevano a cuore la questione ambientale ed erano influenzati dalla filosofia Zen. E’ difficile che tutte queste dinamiche si scatenino in un laboratorio dei Molti del 3° millennio ma tutte queste storie però sono materia da cui attingere per costruire saperi che servono a sganciarsi da pensieri già pronti e precotti.enzo

Ennio Abate ha detto...

A Enzo

Ricordi questo post:http://moltinpoesia.blogspot.it/2011/10/ennio-abate-miss-poesia-e-miss-pecunia.html

e questo passaggio:

5. E invece Cucchi va criticato lealmente perché, facendo queste consulenze a pagamento presso la Casa della Cultura:
- parlerà di poesia solo con quanti si possono permettere di pagare il «contributo di 80 euro»;
- restaura (o simula) una trasmissione del sapere gerarchica, individualistica, semisacerdotale e non controllata da occhi indiscreti (il confronto, infatti, avviene tra il consulente e chi lo paga come in un confessionale);
- avendo alle spalle il marchio Mondadori, tra i «moltissimi poeti o aspiranti poeti, di ogni età», una buona parte andrà da lui non tanto perché poeta, ma perché manager della poesia, quindi per vedere se può “mettere una buona parola”;
- essendo un noto poeta, che dirige con altri noti poeti la Casa della Poesia di Milano, invece di mettersi a fare per proprio conto, in un’altra Casa (quella della Cultura), delle consulenze a pagamento, sarebbe stato meglio che avesse inserito questo suo «servizio di consulenza tecnica» (affiancato magari da altri colleghi) nel programma di quest’anno della Casa della poesia di Milano (e gratis, come finora state le iniziative della Casa della poesia); perché “privatizzare” Miss Poesia a uso dei paganti, non va, non si fa!

E hai ricevuto questo messaggio dalla Casa della Poesia?

Cari amici,
La Casa della Poesia organizza un ciclo di 15 incontri sulla poesia, tra lezioni e laboratori, riservato a un numero limitato di partecipanti, che avranno modo di confrontarsi anche sui propri testi.

Le iscrizioni sono aperte.

Di seguito il bando completo:

LA PAROLA DEI POETI: leggere e scrivere la poesia



Ciclo di incontri e laboratori insieme ai poeti della Casa della Poesia di Milano.

Nell’ambito delle iniziative culturali volte a promuovere la poesia e la letteratura in generale, la Casa della Poesia di Milano organizza un ciclo di lezioni e di laboratori sull’analisi della poesia e sulla scrittura poetica.
Se è difficile – sempre che sia possibile – insegnare a scrivere poesia, si possono senz’altro affinare gli strumenti di analisi, di ricerca e ampliare il panorama delle proprie letture.

Per chi?
Il corso, rivolto a un pubblico eterogeneo, da chi si sta avvicinando alla poesia ai lettori esperti, da chi coltiva privatamente la passione della scrittura a chi si ha pubblicato propri testi, è organizzato in conversazioni sulla poesia insieme a poeti e momenti di laboratorio in cui gli iscritti condividono e si confrontano sui propri elaborati.
È rivolto a un numero massimo di iscritti.

Dove e quando?
Il corso, della durata di 60 ore, sarà articolato in quindici incontri, con cadenza settimanale (tendenzialmente il giovedì) dalle 18.30 alle 20.30.

La sede del corso sarà la Casa della Poesia di Milano, la Palazzina Liberty, in Largo Marinai d’Italia 1.

Il primo incontro si terrà il 21 marzo 2013, Giornata Mondiale della Poesia.



I docenti

Le lezioni saranno tenute dai poeti fondatori e sostenitori della Casa della Poesia:

Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Umberto Fiori, Tomaso Kemeny, Vivian Lamarque, Giancarlo Majorino, Roberto Mussapi, Antonio Riccardi, Tiziano Rossi, Mario Santagostini, Cesare Viviani



L’iscrizione:

Posti disponibili: 25

Quota: € 200



Per iscriversi scrivere alla segreteria@lacasadellapoesia.com indicando nell’oggetto “ISCRIZIONE CORSO DI POESIA”.

Verrà stilata un elenco di pre-iscrizioni in base all’ordine di arrivo delle richieste, e quindi contattati i primi nominativi perché completino l’iscrizione versando attraverso bonifico bancario la quota prevista sul conto corrente della Casa della Poesia di Milano (IBAN: IT 40 V 0308401 6000 0000 6521 180).





Seguirà un programma e un calendario dettagliato degli incontri.



Ogni aggiornamento verrà divulgato anche attraverso il sito www.lacasadellapoesia.com

Per ulteriori informazioni scrivere a segreteria@lacasadellapoesia.com

Anonimo ha detto...

Ci provano e ci riprovano in tutte le salse e in tutti gli importi, avevo già notato . grazie Enzo

Maria Rosa Grimaldi ha detto...

Scrivo a proposito della Scuola di Poesia che si terrà alla Palazzina Liberty dal 21 marzo in poi. Conoscendo alcuni degli poeti fondatori della Casa della Poesia di Milano, posso assicurare che vi parteciperanno come docenti a titolo gratuito e con l'unico scopo di mantenere in vita le attività della prossima stagione 2013/2014, dal momento che sono venuti meno i finanziamenti promessi dalle Istituzioni milanesi. La Palazzina Liberty rischia di morire e non ci sono altri modi per farla sopravvivere, almeno si spera!

Cordialmente

Mari Rosa Grimaldi

Anonimo ha detto...

La speranza èl'ultima a morire , ma è anche un buon sonnifero per farci dormire. Lasciamo nelle mani di quegli illustri la salvezza della Palazzina con tanti auguri di buon lavoro ma con la consapevolezza che i miracoli li può fare solo il padre eterno. Gli illustri, ogni tanto ,s'affacino alla finestra della Casa della Poesia e si guardino attorno, vedranno molto di più di ciò che si pensa possa servire per essere poeti. Emilia Banfi

Anonimo ha detto...

e.c.:s'affaccino