sabato 2 marzo 2013

Lucio Mayoor Tosi,
Poesia di piazza.



Dopo i risultati (sorprendenti/allarmanti?) delle recenti elezioni fervono discussioni accese in mailing list e siti.  Ieri Pietro Peli, oggi Lucio Mayoor Tosi provano ad annusare l'aria che tira e a parlarcene  in diretta e in poesia. [E.A.] 

Non capisco, non conosco la novità
di questo voto
che contiene, sembra, i colori del veleno
e invade
le camere serrate nel gas televisivo.
Sapevo
che le lettere firmate con una sola croce
non dicono
che arriveranno presto volumi di versi
taglienti
sulle mani dei ladri. Non lo credevo possibile.
Credevo
bastasse essere in molti dentro una piazza
farsi vedere
alle finestre ben chiuse del parlamento
e dalla piazza
farsi sentire come folla occupante per un giorno
soltanto
un giorno pieno di fumo e batoste.


Non capivo
la croce ignorante nelle mani di una piazza
di versi
nel gas televisivo per un giorno in parlamento
col voto
nelle mani dei ladri aristocratici che ti spostano
come niente
dal libro rilegato delle Nazioni, volume Italia
pieno di conti
e profitti che se ne andranno sull'alta velocità
europea
e non qui negli ospedali malconci o su questa
terra
senza aironi, dove anche i pesci scappano
e gli altri
animali del macello già prezzati e imbottiti
di conservanti.

Al macello del parlamento il volume dei versi
televisivi
aristocratici per un giorno e poi un altro ancora
ridotti
senza futuro ma come in eterno sulle piazze
delle casseforti
ignoranti e malconci, adesso se ne andranno?
Non lo credevo possibile
guardavo le piazze come fossero le mie mani
e volevo
essere nudo fino ai piedi e libero
da questa
veduta di gente addomesticata e allineata
alle urne
come in sala d'aspetto silenziosa e ubbidiente
al parlamento
per un giorno dove ti spostano come niente
gli aristocratici
che s'azzuffano tra di loro davanti al pubblico
che muore
dalla voglia di vederne uno che vince.

Come servi per bene e senza speranze
scommettitori
del loro futuro che è la sola cosa che gli resta
hanno puntato
tutto sulla fantasia e l'improvvisazione
di un pugno
ben assestato, come quello del poeta che sa
tacere.
Nel buio la luce di una nuova scoperta
l'alternativa
tra soffrire e vivere per la sola ragione
storta
di farla finita una buona volta, ma votando!
Poveri noi.
Non lo credevo possibile: un giorno di croci
e batoste!
Nudo fino ai piedi quello che vince come
un perdente
sull'alta velocità si arresta giurando di avere
sbagliato
il volume dei versi o certe sfumature sul viso
televisivo.

Questo cambiamento non assomiglia
alle rivoluzioni
non ha canzoni ne' progetti eppure come camion
della nettezza
si spazza via il fango azzurrato delle parole
piovute
incessantemente come diluvio nei decenni.
Liberazione
fu il nome semplice che gli diedero i vecchi.
Liberazione
quella interrotta troppo presto dalle gomme
americane
che con l'hula hoop aggiustavano tutto
sulla terra
dove gli aironi potevano stare a meraviglia
e i pesci
venivano alla riva pensando in latino.

Giuro
lo raccontava mia nonna dopo aver recitato
questa filastrocca:

        Ed io eravamo in tre
        seduti su un sasso di legno.
        Lo prendemmo e lo lasciammo stare.
        Poi, dopo lungo patimento
        scavalcammo un muricciolo di fichi
        e mangiammo tante di quelle pesche
        che ci riempimmo la pancia di marasche"

La guerra era finita, faceva ridere il futuro.
E­­­­ la poesia mi piacque.


13 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravo Mayoor! Grande! Cuore e pugni e soprattutto poesia! Hai fatto un capolavoro considerando anche le difficoltà che creano le poesie civili e politiche. Complimenti e grazie. Emilia Banfi

Anonimo ha detto...

Il "Resistere resistere resistere" di Saverio Borrelli dovrebbe produrre ( sollecitare ) in tutti noi poesie come questa : resistenza nei fatti , nelle parole , nella civiltà delle parole .
Grazie a te , Lucio !

leopoldo attolico -

Anonimo ha detto...

da Rita Simonitto

@ Mayoor
Questi versi di Mayoor mi piacciono non solo per i contenuti ma anche per lo stile.
E’ uno stile particolare – che è poi la SUA ‘cifra’, difficilissima da esportare – e che trovo interessante in quanto sembra adeguare, attraverso le sue ‘giravolte’ di cambio prospettico (dove ciò che prima era periferico diventa centrale e così via), lo sperdimento del soggetto di fronte ad una realtà che sembra mutare ma che, come una giostra – o meglio un girone infernale – gira gira ma la musica (dell’Inferno) rimane sempre la stessa.
Quanto ai contenuti, mi sembra che il bisogno di ‘credere’ (certo non più associato all’‘obbedire’ e ‘combattere’) che qualcuno o qualche cosa ci portino fuori da questo pantano, continui comunque a trapelare tra le righe di questo componimento.
E, purtroppo, questa è stata una strada che invece di portarci alla Liberazione ci ha portato alla sudditanza, come tristemente Mayoor osserva (molto pregnante lo ‘scarto semantico’ rispetto alle *gomme americane*, intese sia come le gomme da masticare e sia come le gomme degli automezzi che hanno attraversato il nostro paese) .
@ L. Attolico
Resistere ‘a chi?’, ‘perché?’, ‘per chi?’ e, soprattutto, ‘come?’
Mi viene in mente la poesia di Piero Calamandrei “Ora e sempre resistenza” che definiva la Resistenza come “Patto giurato fra uomini liberi che volontari s’adunarono, per dignità non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo”.
Oggi la libertà che ci tocca è quella di poter avere questa * veduta di gente addomesticata e allineata/alle urne/come in sala d'aspetto silenziosa e ubbidiente/al parlamento/per un giorno dove ti spostano come niente/gli aristocratici/che s'azzuffano tra di loro davanti al pubblico/che muore/dalla voglia di vederne uno che vince*, come scrive Mayoor.
Forse sarebbe il caso di capire che cosa andò storto e perché.
Forse ci aiuterà a capire il senso che venne (e che viene ancor oggi)dato al concetto di ‘uomini liberi’ (= uomini 'liberati'da un tiranno?), perchè esso è più complesso di quello che crediamo.


Anonimo ha detto...

E'un perdersi in una cantilena vetusta, ove non si coglie il minimo della modernità (politica? poetica?). Non fiuto il nesso tra voto e " volumi di versi"... cioè? Il cambiamento ha sempre l'aspetto dell'uomo nero, della non libertà apparente, del credo dunque "forse sono".Il futuro va affrontato e discusso,mai annegato in maniera apriorica. Va ,dunque, odorato, e non col ricordo di una dolce nonna, ma con le mani di un giovine aprico e proclive all'attesa.

Luciano Nota

Mayoor ha detto...

Questa poesia è un labirinto costruito in due giorni. La ringrazio per avermi segnalato quel "voto" e volumi" , in effetti è ben più che un refuso. Basterà scrivere "(d)al libro rilegato", al al poto di dal. Grazie per l'attenta lettura e l'aiuto.

Unknown ha detto...

c'è sempre da divertirsi con le poesie di Mayoor, lasciano molto spazio alla fantasia del lettore, come se la sua ne scatenasse ancora . Io credo che questo sia un bene, perché non toglie nulla all'autore, anzi. Per giunta la parte finale, quella della filastrocca, è un labirinto interno esterno perché io l'ho vissuta ricatapultandomi nel primo..quello primordiale del labirinto della storia (solo d'italia?) riassunto nel primo epigramma della lettura proposta ieri,di Peli.

Non so dire perché ma la nonna non so esiste, né tantomeno se quella filastrocca sia vera o del tutto " invenzione " come l'altro corpo della poesia....sicuramente è la parte che piu mi è piaciuta...vi è un rinvio, ai frutti della storia , che sembrano anticipare quelli transgenici di questi anni..ti nutrono di chissa quali fichi, o credi di risalire chissa quali rami di chissa quali alberi, compresi quelli della falsa resistenza alla borelli, per poi capire che era tutto un reality durante il quale stavano procedendo a lunghissimi passi per farti credere addirittura alle fesserie sulla rivoluzione.

ps
ottimi gli spunti sulla folle

Anonimo ha detto...

A Rita Simonitto -

"Resistere" contra "desistere" non mi sembra difficilmente interpretrabile : opporsi alla desistenza
- che è rinuncia , inerzia dell'intelletto per appannamento della coscienza civile - di quanti , clonati/anestetizzati da vent'anni di degrado hanno smesso di pensarsi popolo , comunità delle regole , dell'equità , dell'onestà , della pulizia morale .
Recuperare la dignità di Calamandrei non significa andare in giro a fare comizi alla fermata del bus o con la vicina di casa ; significa spendersi come scrittori occupando quelle nicchie di visibilità che promuovono un messaggio antagonista votato con i fatti , con le parole - appunto - a resistere . Combattere contro i mulini a vento ? Mica tanto . Il web è una seconda TV , non sottovalutiamolo .

leopoldo attolico -

Anonimo ha detto...

da Rita Simonitto
sono più che d’accordo con lo spendersi contro l’inerzia dell’intelletto e questo non solo come scrittori (anche se ad essi va una responsabilità maggiore) ma anche come esseri pensanti che oggi si trovano a dover fare i conti con un ripensamento radicale di molti concetti che ci hanno accompagnato, purtroppo, fino ad oggi, e non solo perché *clonati/anestetizzati da vent’anni di degrado*. Quando la feccia viene a galla significa che nel fondo c’è già qualche cosa di torbido, depositato lì da molti più anni prima e nascosto, occultato dalle molte ‘frasche’ (e tresche) la cui funzione ideologica era di farci credere di poter essere ciò che non si poteva essere. Come si può essere cittadini senza uno Stato libero di decidere delle sue sorti, come si può essere popolo senza una Nazione nella quale potersi identificare perché quella Nazione è stata sempre tenuta nella condizione di essere un “pauvre pays”, come la definiva De Gaulle? Quando ci si sgancerà dal valore (più numerico che qualitativo, vedi gli 8 milioni di voti del M5S) dato al concetto di “pubblico”, ameba che non permette l’individualità di un pensiero?
Non sarebbe forse da pensare anche sul fatto che, quando si chiama incessantemente in gioco l’onestà o la morale, ogni battaglia davvero civile e politica è persa, come affermava un filosofo greco?
So che mi alienerò le simpatie di chi la pensa diversamente, ma volevo precisare che il mio pensiero non si sente *antagonista* al pensiero altrui: contiene degli elementi di diversità, di alterità che mi sembrano più orientati a prendere atto della situazione che a perpetuarla secondo schemi 'resistenti' ormai fallimentari. Non si può espungere il personaggio del Don Chisciotte ma riconoscere quello che di importante ci trasmette.

Mayoor ha detto...

Devo esprimere la mia incertezza per l'immagine del Grillo votante messa in copertina a questa poesia. Può sembrare che le mie parole suonino a festa per il successo elettorale del M5S, lo capisco, ma credo che in me sia prevalsa la sorpresa che è andata crescendo nei giorni osservando lo spazio che si stava creando dovuto all'assenza di un'alternativa credibile, dalla mancanza di una iniziativa davvero efficace per poter cambiare qualcosa da parte dei partiti politici. E passi per le destre, ma al pd che dovrebbe essere riferimento per molte aspettative non lo si può perdonare. Non han capito quel che stava succedendo e mascherandosi da persone che avrebbero senso di responsabilità, consegnavano la vita della gente, disoccupati in testa, agli interessi dell'economia internazionale. Senza una critica, senza prospettare una via d'uscita che non fosse quella già messa in atto dal governo Monti. In questa poesia io ho parlato delle persone ben composte che in file ordinate e senza schiamazzi hanno espresso la loro voglia di cambiamento. Se penso che grazie al voto abbiamo avuto quasi 50 anni di democrazia cristiana, più un ventennio di berlusconismo, non c'era ragione di credere che saremmo potuti arrivare a questo risultato. Vorrei tanto che tutto ciò scuotesse anche gli intellettuali, che gli faccia posare gli occhiali per guardare avanti in modo costruttivo. L'ombra del passato è piena di morti e dittature, è vero, ma dalla catastrofe dell'Ilva ( e perché non dire del nucleare di cui nessuno sembra voler più parlare) chiunque può capire che serve come minimo un cambio di mentalità. Tutto quello che so è che il M5S ha saputo dire quel che le sinistre non s'azzardavano neppure a pensare. Da qui in poi forse si apriranno nuove possibilità, tutte da discutere, ma credo che la gente abbia acquisito fiducia sulla propria capacità di voler capire e decidere. Non ho inteso voler parlare d'altro. Se me ne intendessi di economia avrei scritto diversamente, altrettanto se fossi stato uno scienziato, ma mi sento un trovatore, uno che racconta storie sperando che la verità ci s'impigli. Se la modernità sapesse mettere fuori il naso, oltre la soglia dei dieci versi voglio dire, sono sicuro che tutto il silenzio trattenuto da tante belle minutaglie sparirebbe.

Anonimo ha detto...

Caro Mayor,
....e prima ancora trent'anni di fascismo e centinaia di dominio clericale, che sia un destino? E NOOO EH!!!!Continuo a pensare che manchi la coscienza individuale. Il gregge continua il percorso indicato , sicuro , un po' d'erba la trova sempre. Emy

Anonimo ha detto...

Mayoor, insieme ai tuoi "non capisco" (condivisibili) trovo molti spunti interessanti. L’incipit, per esempio, o il seguente:
Questo cambiamento non assomiglia
alle rivoluzioni//...

Ma ve ne sono anche altri.
Per essere una poesia scritta 'a caldo’, in due giorni, il "labirinto", come tu dici, rende benissimo l’affastellamento della generale confusione del momento.

Giuseppina Di Leo

giorgio linguaglossa ha detto...

fermo restando la grande abilità di Mayoor di costruire le sue provocazioni poetiche a caldo, cioè a ridosso degli eventi di cronaca, posto e riposto che le abilità tecniche della sua scrittura sono notevoli e dettate da una presa di posizione nei confronti del mondo e del Politico (ciò che costituisce un presupposto di ciò che è posto), non posso però non esprimere il mio personale scetticismo per le scritture che nascono troppo " aridosso" del proprio tempo; mi spiego meglio, tutta la poesia civile nasce a ridosso del proprio tempo, ma difficilmente poi è quella di migliore qualità. Ricordo per esempio che anche Mandel'stam scrisse una poesia contro Stalin, che poi gli valse la condanna al Lager, eppure quella non fu una delle sue migliori poesie: come mai? La risposta è in re. - Va riconosciuto quindi a chi si occupa di poesia civile un grande coraggio, ma coraggio soprattutto per i pericoli di flop piuttosto che quelli del successo aleatorio e venturo. Diciamo che la poesia civile (quella più riuscita) trova il conforto a la partecipazione di coloro che sono "vicini"... ma difficilmente trova il conforto di coloro che sono "lontani".
Comunque, complimenti a Mayoor perché in queste poesie ci sono accenti veri e parole pesanti.
Se a guidare la politica della cd. sinistra ci fossero dei poeti e degli artisti a quest'ora la sinistra sarebbe al governo da almeno mezzo secolo, se invece è mezzo secolo che la sinistra si accontenta di vivacchiare nel sottogoverno e nel sottobosco del Potere, ebbene, poi non mi si venga a dire e a recriminare che il popolo ha consegnato il governo del paese al centro destra! Ciò è la naturale conseguenza della abdicazione della sinistra.

Mayoor ha detto...

Ci sono anche critici coraggiosi come lei, disposti a sfidare il presente senza compromissioni, valutandolo in profondità, contando sull'onestà e l'innocenza delle proprie parole.
A me sembra che la poesia civile comporti una maggiore contaminazione prosastica: le metafore si diradano, il linguaggio è quello del dire. Bertoldo è senz'altro un'eccezione, vorrà dire che affineremo le armi per stare meglio a ridosso degli eventi.