lunedì 11 marzo 2013

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sabato 9 marzo 2013

Umberto Simone, Poesie.



UN ORDINE DEL VEGLIO

Un ordine del Veglio della Montagna, sussurrato appena,
e il giovane Assassino scosta la zanzariera
e sorridendo accetta quel pugnale che, desto, brilla come
una selce del Delta al calo della piena. Poi, paese

lo dà a paese, regno a regno; a ogni stazione
trova ostesse materne e cambio di cavalli;
con jeans immacolati pur senza guado passa, con stivali
lucidi pur senza sentiero viene;

pur senza fretta, sciolto, dinoccolato, arriva;
fra quercia e quercia appare ai taglialegna dell’ultimo bosco -
lungo l’ultimo ponte incrocia il carro dei comici - e il cieco
fermo all’ultimo bivio ne sente i tacchi sopra i rovi secchi.

Cremisi d’occidente strapiomba per la valle addosso al campo.
Qualcosa sta accadendo, ma la segale è alta e lo nasconde.


DISCUSSIONE
Giorgio Mannacio,
Su "Come leggere
e interpretare la poesia".


Desidero  intervenire nel fitto dialogo tra Abate, Linguaglossa ed altri (qui). I miei rilievi – che vogliono essere osservazioni su singoli punti (precisazioni, dubbi, aperture su orizzonti paralleli etc.), nella ritenuta impossibilità di una sintesi esaustiva – seguiranno,più o meno fedelmente,l’ordine che hanno assunto,nel blog, i vostri contributi.

LINGUAGLOSSA (1 )

Dici: la poesia apre l’impensato al pensiero. La correzione che farei è questa: la poesia apre all’impensabile. Non c’è mai nulla di impensato nella poesia (questa la mia esperienza ) sia nei contenuti che nelle modalità. Si “ cattura “ l’impensabile – cioè quanto non è definibile in termini concettuali e/o scientifici – nei confini di un dire in qualche modo intellegibile. Tale intelligibilità si raggiunge attraverso una “ scienza “ . In questo senso va inteso l’aforisma “ars sine scientia nihil" attribuito ad uno dei costruttori del Duomo di Milano.
Il rapporto tra l’impensabile e il pensato della poesia si può anche descrivere in termini di mimesis (Aristotole, Tommaso) mediata però dal pensiero leopardiano di cui a Zibaldone, 6
( almeno nella mia lettura ) che privilegia “ la tensione nell’imitazione” piuttosto che il suo risultato.

giovedì 7 marzo 2013

Ennio Abate,
Poesia ed elezioni.


Riprendo e rilancio  la discussione incominciata attorno alla "Poesia di piazza" di Lucio Mayoor Tosi (qui)

Così in questi giorni un amico:

«Caro Ennio, avevo già letto l'articolo di Carlo Formenti (qui), invece quello di Sergio Bologna (qui) non lo conoscevo: semplici, chiari e acuti, come sempre. Io negli ultimi giorni avevo previsto il successo elettorale di Beppe Grillo tanto che ho vinto una scommessa con dei colleghi, però non l'ho votato. E avevo previsto anche l'ennesima sconfitta della sinistra cosiddetta radicale che ormai si è ridotta a un'esigua minoranza.
Seguo con attenzione l'evoluzione del movimento 5 stelle, ma ci sono alcuni aspetti che non mi convincono. Hanno scelto di entrare in Parlamento ma dicono di voler cambiare le regole della democrazia rappresentativa. Vedremo come. Saranno addomesticati pure loro? E' troppo presto per dirlo. Inoltre in questa situazione economica e finanziaria molti dei punti del loro programma sono irrealizzabili senza rovesciare il mondo. Troppi proclami! Comunque sono riusciti a dare uno scossone al sistema politico italiano e questo non può che farmi piacere. Ciao, G. »

Io non ho votato. Il mio scetticismo verso le forze politiche in campo è stato totale. E  non sono né  piacevolmente sorpreso per l’exploit grillino né dispiaciuto per la nuova batosta della sinistra.  Resta il problema di valutare il fenomeno: schiuma del sistema o spina nel suo fianco? Ulteriore segno di crisi (l’ingovernabilità) o iniziale, confusa reazione ad essa?

mercoledì 6 marzo 2013

Rita Simonitto,
Sul dibattito poesia-realtà.



Questa riflessione è stata  collocata come commento (in tre parti) sotto al post "DISCUSSIONE Come leggere e interpretare la poesia. Due opinioni a confronto". Mi sembra più adeguato riportarla  in un post autonomo. [E.A.]
Mi trovo in difficoltà nell’entrare in questa discussione nel senso di far dialogare le tre anime rappresentate dalle posizioni del critico (Linguaglossa, in primis), di quelle del lettore-critico-poeta (Ennio, ad esempio) e quelle mie di interessata alla poesia e scrivente-versi.
Proverò cercando di focalizzarmi sui temi che mi sembrano centrali: uno riguarda ‘il dispositivo’ mentre l’altro riguarda il soggetto (non solo inteso come sub-jectum) e la sua relazione con la realtà; e il nesso con la poesia.

lunedì 4 marzo 2013

Arsenij Tarkovskij,
Poesie scelte.
Traduzione di Donata De Bartolomeo
e presentazione
di Giorgio Linguaglossa




Catalogo delle stelle


Finora non ci avevo pensato.
A che mi serve un catalogo delle stelle?
Nel catalogo dieci milioni
di numeri di telefoni celesti,
dieci milioni di numeri
di telefono di nebbie e mondi,
codice pieno di luminescenza e scintillio,
elenco di abbonati dell’universo.
Io so qual è il nome della stella,
troverò anche il suo telefono,
aspetterò il turno della terra,
girerò l’alfabeto d’acciaio:
L – 13 – 40 – 25
Io non so dove cercarti.
Si metterà a cantare la membrana del telefono:
Risponde Alfa Orione.
Sono in viaggio, io ora sono una stella.
Io ti ho dimenticato per sempre.
Sono una stella – sorellina dell’aurora,
non vorrò nemmeno venirti in sogno.
Di te non mi importa più nulla.
Telefonami tra trecento anni.

(1940-1945)

sabato 2 marzo 2013

Lucio Mayoor Tosi,
Poesia di piazza.



Dopo i risultati (sorprendenti/allarmanti?) delle recenti elezioni fervono discussioni accese in mailing list e siti.  Ieri Pietro Peli, oggi Lucio Mayoor Tosi provano ad annusare l'aria che tira e a parlarcene  in diretta e in poesia. [E.A.] 

Non capisco, non conosco la novità
di questo voto
che contiene, sembra, i colori del veleno
e invade
le camere serrate nel gas televisivo.
Sapevo
che le lettere firmate con una sola croce
non dicono
che arriveranno presto volumi di versi
taglienti
sulle mani dei ladri. Non lo credevo possibile.
Credevo
bastasse essere in molti dentro una piazza
farsi vedere
alle finestre ben chiuse del parlamento
e dalla piazza
farsi sentire come folla occupante per un giorno
soltanto
un giorno pieno di fumo e batoste.

venerdì 1 marzo 2013

Pietro Peli,
Quattro epigrammi postelettorali.



I
Me l’avete stuprata per anni, per secoli
la terra in cui sono nato:
ora i frutti sono intinti
di terra velenosa.
Nessuna croce
basterà a rivangarlo dove altri
con pervicacia di chirurgo
o bocca da merciaio
ne hanno lacerato l’opinione.
Solo il grido, è sciarpa al vento
pronta a strapparsi senza difesa.
Si sconta il non essere sempre stati così.