tag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post815796179338930724..comments2024-02-22T09:32:06.341+01:00Comments on MOLTINPOESIA : Ennio Abate,Rileggendo "I poeti del Novecento"(3).Fortini sui futuristi.Moltinpoesiahttp://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comBlogger5125tag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-49980643079730675232013-01-21T11:41:19.551+01:002013-01-21T11:41:19.551+01:00caro Ennio Abate
Kant ha impostato un nuovo modo ...caro Ennio Abate<br /><br />Kant ha impostato un nuovo modo di considerare i problemi dell'estetica; si è domandato: Quali sono le condizioni che consentono una vera conoscenza? Da qui, da questo punto di vista (diciamo soggettivistico) sorge tutta la moderna critica della «verità», o «analitica della verità», cioè che sotto intende che la «verità» sia contenuta in qualcosa ceh deve essere dis-velato (Heidegger continua questa impostazione quando parla della «verità» come a-letheia, come qualcosa che va liberata dalle velature che la rendono di difficile ricezione).<br />Ma, mi chiedo, è corretto stabilire questo tipo di «analitica della verità» come se fosse (l'equivalente di) una analitica dell'ontologia? Quasi un metodo e un sistema per il discoprimento di ciò che è la verità (che si nasconde sempre). Ma questo metodo o sistema non è altro che una emanazione della «verità», una categoria derivativa e non fondativa.<br /><br />Nel pensiero moderno c'è poi anche un altro indirizzo (di pensiero) che considera la critica come Domanda, chiedendosi: Qual è la nostra attualità? Qual è il campo attuale delle nostre possibili esperienze? Qual è il riduttore o il traduttore o il traghettatore di queste esperienze nella sfera artistica? - E qui il problema si sposta impercettibilmente dall'«analitica della verità» a una «ontologia del Presente», perché nel Presente ci sono le esperienze che devono essere sviluppate e tradotte sul piano estetico. E allora la domanda si sposta a quest'altra: Che cos'è il Presente? Qualcuno rispnderà: il Presente è l'ente (che si pone davanti a noi con la sua presenza). Di qui sorge l'esigenza di pensare l'estetica come una «Ontologia del Presente».<br /><br />Ora, i futuristi in maniera a-filosofica, vitalistica, se vuoi irrazionale hanno impostato un nuovo modo di fare arte adottando il punto di vista del Presente, della nuova società delle macchine e della velocità, ontologizzando e ideologizzando in modo inconsapevole e acritico il problema Rivoluzione Industriale, Moderno e Presente. Il problema è però che non si può rimproverare al Futurismo di essere stato orfano di un pensiero dell'arte che in Italia era fermo all'estetica di Croce, senza dubbio conservatrice e inadeguata a tradurre in linguaggio filosofico e a recepire le esigenze della nuova società di massa che era seguita alla fine della prima guerra mondiale.<br />Oggi, per venire all'Oggi, la poesia che si va facendo mi sembra che sia orfana e digiuna dei problemi filosofici che stanno alla base del fare arte; ne consegue che se guardo ai migliori poeti contemporanei (dico migliori nel senso di più coscienti delle implicazioni filosofiche ed estetiche della propria poesia), non posso fare altro che esprimere il mio rammarico per la loro incapacità di approfondire (in termini poetici) la questione (o le questioni) che si presentano oggi nel Presente.giorgio linguaglossahttps://www.blogger.com/profile/15496613805588057103noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-26216590845031988562013-01-19T17:23:57.389+01:002013-01-19T17:23:57.389+01:00Ennio Abate (continua):
Se, invece, pur ricono...Ennio Abate (continua):<br /><br /><br />Se, invece, pur riconoscendo che un’opera non è mai riducibile alla ideologia dell’autore, alla sua biografia, alla sua psicologia, alla sua poetica, ma si nutre di tutto ciò e lo *digerisce* e lo restituisce in una *forma*, che però - interrogata e ben indagata dal lettore ingenuo come dal critico più esperto - mostra tutte le tracce di quella “materia di partenza” e le mostra nella lingua che ha selezionato l'autore e alla quale ha dato il suo stile (o non-stile, quando ci riferiamo alle avanguardie…), arriviamo a ben altra conclusione. Diciamo, cioè, che quella *forma* è storica ( e mai così completamente universale, come si dice...); e che mantiene anche nella *forma* quaclosa della storia del suo tempo e delle sue "sporcizie" (l’antisemitismo di Céline o il bellicismo imperialista fascista per Marinetti, per fare due esempi). E che noi non possiamo, non dobbiamo assolvere e sorvolare usando l'aspersorio dell'estetica. <br />Certo che dal “letame” futurista sono usciti anche i Govoni, i Lucini, i Palazzeschi, ma non accetto chi dice che in quelle opere non si senta proprio nulla dell’odore (o puzzo) di quel letame. Il futurismo è stato “rivoluzionario”, certo. Ma bisogna specificare che è stata una rivoluzione dall’alto e non dal basso (perciò ho riportato la posizione di Gramsci…).<br />Infine, per rispondere a Mayoor, credo che anche lui cada nell’errore di separare troppo drasticamente storia e arte. Esse vanno distinte, ma non separate. Per cui non riesco ad accettare la sua opinione che il futurismo « esteticamente resta un valido precedente, un insegnamento per chi se la sentisse ancora di evadere». Quel risultato estetico - ripeto - non può essere separato disinvoltamente (come fa Marcello Veneziani, ma temo anche Linguaglossa…) dal “letame” del primo Novecento. Nessuno sconto ai futuristi ( come ad altri autori o movimenti, anche di segno politico diverso...). Il che non significa che non abbiano avuto dei meriti, come riconoscono in modi propri sia Fortini che De Chirico.<br /><br />[Fine]Ennio Abatenoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-68885112761084147782013-01-19T17:23:00.490+01:002013-01-19T17:23:00.490+01:00A Giorgio Linguaglossa e a Lucio Mayoor
Dai vost...A Giorgio Linguaglossa e a Lucio Mayoor<br /><br /><br />Dai vostri graditi interventi ho la prova che il giudizio di Fortini sui futuristi è davvero un test per posizionarsi di fronte a una questione importante: quella del rapporto vita/poesia o storia/poesia o giudizio storico-politico/giudizio estetico.<br />Prima di replicare nel merito ad entrambi vorrei ricordarvi che, nel preparare questo post, ho faticato parecchio. C’era in me come una resistenza ad approvare in pieno il giudizio di Fortini (e di Mengaldo). Ho infatti stralciato dalla versione finale una lunga riflessione sull’attrazione che avevano avuto su me giovane i futuristi (soprattutto però i pittori come Boccioni e Balla più che i poeti, che, tranne Palazzeschi, non mi hanno detto granché) e le avanguardie del primo Novecento. Ho anche messo da parte un altro brano, in cui avevo toccato la questione del rapporto tra Gianpietro Lucini e i futuristi; e spiegavo perché nel post precedente me l‘ero sentita di distanziarmi dal giudizio di Fortini su Lucini; e perché, invece, in questo quello negativo riguardante i futuristi, coi ragionamenti che ho esposto, mi trovava d’accordo.<br />No, non mi sfugge «il carattere rivoluzionario del futurismo italiano». Tant’è vero che ho ricordato la posizione del giovane Gramsci. Ma come non vedere il risultato bellicista di quella « AVANGUARDIA TOTALE». Mica un incidente di percorso, eh! E solo separando - secondo me schizofrenicamente - le posizioni ideologiche e la poetica futurista, che sono *coerentemente* «nazionaliste, militariste, antiparlamentari, antisocialiste, favorevoli alla guerra, poi attivamente fasciste», è possibile rivalutare o lodare il futurismo, come fa Marcello Veneziani nel brano che lo riguarda; e sembra fare anche Giorgio Linguaglossa. Lui, contraddicendosi, però, a mio parere. Perché, a voler essere futuristi oggi, a voler riprendere la loro “lezione” ci si dovrebbe schierare con gli attuali Globalizzatori, gli unici e i veri eredi dei piccolo borghesi in bombetta del primo Novecento e che coinciderebbero proprio con quelli che Giorgio stesso ha spregiativamente definito «Ceto Medio Mediatico».<br /> <br /> Non nego che l’argomento usato da Giorgio («quei piccoli borghesi in bombetta se erano reazionari in politica in letteratura (e nell'arte) furono dei rivoluzionari») abbia una sua forza. Ma è diventato un clichè. Quante volte gli intellettuali di sinistra ripetono il giudizio di Marx su Balzac (reazionario monarchico in politica, ma indagatore spietato e lucido della miseria morale e sociale della borghesia ottocentesca)? E quante volte si è discusso del caso di Céline in questi termini? Io pure ho usato a volte quest’argomento. Ma poi, riflettendoci meglio, mi pare che si perpetui un equivoco dannoso che è da chiarire.<br />Mi chiedo infatti: davvero non c’è nessun rapporto tra vita (in cui vanno comprese anche le idee, le ideologie, le poetiche) di un autore (nel caso i futuristi) e opera? Davvero nulla di quell’essere cattolici, comunisti, fascisti, nazisti ecc. entra nel testo o nell’opera prodotta? Davvero tutto il marcio, lo sporco, l'oscuro della storia collettiva e individuale, si brucia, si purifica, si sublima? Davvero, insomma, l’opera riscatta totalmente un autore?<br />Se si risponde sì, si cade in un paradosso: si verrebbe a dire che un artista (geniale ovviamente, no?) vale sempre indipendentemente dalle idee che sostiene, dalle scelte etiche e politiche che fa, dalle poetiche che propugna (e Marinetti è stato un teorico ed un manager della letteratura coi fiocchi…). Conclusione mia: ma allora perché impegnarsi nella critica? Non avrebbe senso. Avrebbero ragione tutti quelli che la riducno a chicchiera e presentano la poesia o l'alrte come un "miracolo", che avviene per vie mai intraviste dai critici o dai comuni mortali.<br /><br />[continua]Ennio Abatenoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-70450177062399854872013-01-19T09:16:49.360+01:002013-01-19T09:16:49.360+01:00Scriveva Giorgio De Chirico:
" Io non intendo...Scriveva Giorgio De Chirico:<br />" Io non intendo discreditare il futurismo vero e proprio, oggi degenerato e agonizzante, ma che pur giovò immensamente per sbarazzare il terreno dai podagrosi pregiudizi e per spianare le strade agli artefici più maturi e più pazienti, più compilati e più profondi, che dovevano arrivare in seguito. Noi dobbiamo essere sinceramente riconoscenti a questi primi reparti d'assalto che presero l'atteggiamento degli anarchici e dei mascalzoni, che usarono la beffa, la bestemmia e la bastonata, là ove invano si sarebbe tentato il ragionamento o avanzata la teoria. E fecero ciò sacrificando la parte migliore di loro stessi, la parte dell'animale artista, ché nell'ardore della lotta, onde alcuni tra di essi che, più tranquilli, avrebbero sinceramente creato opere durature ci lasciarono solo l'impressione di simpatici agitatori e di utopisti rivoluzionari."<br />Si sa che Giorgio De Chirico fu critico verso verso tutto e tutti, ma quanto futurismo c'è in questa sua poesia? <br /><br />Tetzcatlipoca<br />Specchio lucente e vado<br />Con le speranze più belle che giù<br />dai palmizi lunghi grondano come <br />nella smeria d'autunno scossi<br />iguerros maturi.<br />Non più rotti gli ormeggi sui mari<br />il kàjak vogherà magnetici.<br />Sotto iol cielo rettangolo duro d'azzurro<br />Come l'azzurra a Guadalajana facciata<br />del palazzo gobernatorile il cuore<br />(nell'olio di morsa nella lana)<br />ho portato boreale.<br />Ora traccio sul scialbo dei muri asciutti<br />i segni della mente calculiformi.<br />Cauciuguantato le dita sul telaio<br />lieve la mia gioia disegno come<br />buon artefice azteco il mosaico<br />profondo delle piume iridescenti <br /> ( Giorgio De Chirico, 1916)<br /><br />La scrisse che aveva 26 anni, quando il futurismo era ormai cosa fatta (e finita). <br />Un altro verso degno di nota: "Tutte le case sono vuote / risucchiate dal cielo aspiratore."<br /><br />A me sembra che le preoccupazioni di Ennio Abate, sulle cose da evitare e sulle derive politiche e sociali del Futurismo, siano sensate solo storicamente, ma eccessive se si guarda al Futurismo come al periodo culturale italiano che seppe dare una forte scossa alla tradizione, aprendo la strada al novecento e influenzando positivamente, come si è detto, moltissimi artisti e per lungo tempo. Fino ad oggi, si potrebbe dire, se la critica si prendesse la briga di seguirne l'evoluzione con altre prospettive: quelle post-futuriste appunto, se ce ne fossero. Prospettive per molti versi confermate profeticamente dal moderno attuale (vedi architettura, tecnologia, comunicazioni ecc). Del resto il problema dell'urto tra innovazione e tradizione si ripropone continuamente, continuamente creando schiere di nuovi indecisi. Ma è un periodo che s'è chiuso, morto e seppellito se lo si guarda filosoficamente per la sua mancanza di profondità. Ma esteticamente resta un valido precedente, un insegnamento per chi se la sentisse ancora di evadere. Mayoorhttps://www.blogger.com/profile/10681582953853808743noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-24551098803485891392013-01-18T12:56:35.984+01:002013-01-18T12:56:35.984+01:00caro Ennio Abate,
tu parti da una premessa: «noi v...caro Ennio Abate,<br />tu parti da una premessa: «noi veniamo dopo: dopo l’avanguardia,vii la neoavanguardia, la «crisi del marxismo» (per alcuni totale, per altri non irreversibile) e persino dopo il cosiddetto postmoderno», che ritengo condivisibile, ma mi allontano dalle tue conclusioni quando esprimi, con Fortini, un giudizio riduttivo del futurismo («nazionaliste, militariste, antiparlamentari, antisocialiste, favorevoli alla guerra, poi attivamente fasciste»). Sfugge a te come a Fortini il carattere rivoluzionario del futurismo italiano che si presenta non solo come un movimento letterario ma come una AVANGUARDIA TOTALE, come correttametne scrive Marcello Veneziani ( «Il futurismo é stato il primo movimento globale, sia perché ha avuto una portata planetaria e intercontinentale e sia perché ha preteso di essere non solo una proposta d´arte ma anche di architettura e poesia, cinema e teatro, edilizia e design, musica e cucina, moda e politica, eros e guerra»). È di qui che dobbiamo partire, perché quei piccoli borghesi in bombetta se erano reazionari in politica in letteratura (e nell'arte) furono dei rivoluzionari, anzi, ti dirò di più, tra i poeti futuristi ce ne sono alcuni (oltrre Farfa e Fillia scoperti da Sanguineti), come Cangiullo e altri che sono dei signori poeti, che soltanto il conformismo dei professori universitari it.ni li ha potuti mettere così presto, nel cassetto dell'oblio.<br />Così come bisogna mettere tra parentesi sia il giudizio negativo di Fortini che quello moderato e negativo di Mengaldo. Entrambi i corni di una stessa medaglia.<br /><br />Quando Mengaldo scrive: «E io per mio conto non ho mai avuto il minimo dubbio sull’opportunità di ospitare in questa scelta poeti “conservatori” come Valeri o Solmi. Può anzi darsi benissimo che, in una situazione storico-sociale come quella del nostro secolo, proprio i poeti più cauti di fronte all’innovazione programmata siano quelli che meglio preservano la funzione contestativa o semplicemente difensiva della poesia, sottraendola alla mercificazione e consumo in serie del “nuovo” di cui restano invece vittime le avanguardie organizzate»,* io sono costretto a prendere le distanze da Mengaldo (e non è la prima volta), mi dispiace ma Valeri e Solmi sono poeti del tutto secondari (e modesti) rispetto ai poeti del futurismo e a quello che il futurismo it. ha saputo far germogliare (Govoni, Lucini e Palazzeschi sono impensabili senza il futurismo.<br />Il problema (che Fortini e Mengaldo non vedono) è un altro, e precisamente, che il futurismo it. non si è poi evoluto né in cubofuturismo (come in Russia), né in imagismo (come in Inghilterra e America), né in dadaismo né in surrealismo. E qui occorrerebbe indagare sul perché il futurismo it. non si è sviluppato ma ha dovuto subire il ritorno all'ordine di "La Ronda" e dei poeti alla Caldarelli. Il problema secondo me va rovesciato e reimpostato partendo dalla unicità e poliedricità del futurismo.<br /><br /><br />(P.V. Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, p.LXXVII, Mondadori. Milano 1978)<br />giorgio linguaglossahttps://www.blogger.com/profile/15496613805588057103noreply@blogger.com