tag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post9196034850924469370..comments2024-02-22T09:32:06.341+01:00Comments on MOLTINPOESIA : DISCUSSIONEIl vecchio e il giovane. Cosa si muove nella “critica militante" della poesia italiana?Moltinpoesiahttp://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comBlogger85125tag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-87437351035098267112012-09-16T21:48:10.161+02:002012-09-16T21:48:10.161+02:00Іts not my first tіme tο νisit this
wеbѕitе, i am...Іts not my first tіme tο νisit this <br />wеbѕitе, i am ѵisiting this site <br />dailly and tаκе pleasant faсts from heгe everуdaу.<br /><i>Here is my homepage</i> <b><a href="http://Sofa.gr/" rel="nofollow">εφηβικά έπιπλα</a></b>Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-25066365053652071572012-05-09T20:08:09.599+02:002012-05-09T20:08:09.599+02:00P.s. Non mi fraintendere: non chissenefrega, mai c...P.s. Non mi fraintendere: non chissenefrega, mai chissenefrega alle argomentazioni altrui, che devonio essere sempre scavate, con analisi, retorica, maieutica (da cui l'impressione di "spiazzamento" o "paradosso"). Chissenefrega alle sentenze di condanna (e anche alle famose sentenze di condanna ad essere spazzatura).Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-41920788522679613952012-05-09T20:03:15.350+02:002012-05-09T20:03:15.350+02:00Per Rita:
C'è l'esempio illuminante che (...Per Rita:<br /><br />C'è l'esempio illuminante che (almeno noi) siamo condannati alla frammentarietà. Sono disponibili a tutti, sempre, solo frammenti dei miei discorsi, che, in quanto frammenti, sono vittime di contraddizione. L'interezza del mio discorso, con le debite definizioni di "forza" o "annullamento", non trasparirà mai, in un medium molto "veloce" come internet, o in televisione, o nei dibattiti, nei readings, nei convegni. Passando frammenti di messaggi, ognuno è in grado di smentire tutti: e tale situazione di fatto, non reversibile, possiamo: a] ignorare o b] "sfruttare". Che cos'è, inoltre, una contraddittorietà interna? Interna a cosa? Al sistema di frammenti da TE organizzato? Perciò non considero significativa l'attività del critico, che pretende di dare ordine al frammento, attribuendovi, a posteriori, valore "logico". <br /><br />Non credi che in guerriglia, il dhar-i-man (figura stabile), cioè la forma, sia un bagaglio troppo rischioso da mantenere, sopratutto dove il "nemico" sia immateriale? Il tuo "Possiamo allora aspettare?" non è forse un grido di battaglia?Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-1329157053110106412012-05-09T19:39:30.222+02:002012-05-09T19:39:30.222+02:00Io stesso risponderei: chissenefrega.
C'è dif...Io stesso risponderei: chissenefrega.<br /><br />C'è differenza tra vita da carcerato e vita da anacoreta?Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-4724147331214756002012-05-08T00:17:23.879+02:002012-05-08T00:17:23.879+02:00Caro Giorgio Linguaglossa, come immagino tu abbia ...Caro Giorgio Linguaglossa, come immagino tu abbia visto e capito, da quanto sai di me, la mia vita è stata improntata da sempre a questa integrità e libertà, coi prezzi che questo chiede in un paese come il nostro. Ma sono prezzi che, pur duri, ho sempre pagato volentieri e seguito a pensare che ne valga la pena.Francesca Dianohttp://www.emiliashop.wordpress.comnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-81445961068885412432012-05-07T14:43:14.371+02:002012-05-07T14:43:14.371+02:00Rita Simonitto
@ I. Pozzoni
A proposito del senso ...Rita Simonitto<br />@ I. Pozzoni<br />A proposito del senso che do agli “interlocutori, presi nella loro interezza e non con frammenti di essi”, mi tornano molto utili queste frasi – spezzoni di frasi, ossificate frasi, lapidarie frasi - di I. Pozzoni:<br /><br />*in un mondo che ci costringe a muoverci anche se non ne abbiamo nessuna voglia….<br /><br />Cosa serve discutere di rapporti di forza a chi non ha nessuna forza?...<br /><br />Se loro ci silenziano, noi li silenzieremo; se loro ci annullano, noi li annulleremo….<br /><br />Non clonarla a noi: farla sperimentare a loro….<br /><br />Sfido chiunque a conoscere qualche cosa nella sua interezza….*<br /><br />Oltre alla contraddittorietà interna che esse presentano (infatti è un po’ difficile proporsi di annientare qualcuno se poi non c’è la forza per farlo), non è quello il problema: guai se non vivessimo delle (e nelle) contraddizioni! Il problema sta nel fatto di scambiare la parte per il tutto, isolare un pensiero e trasformarlo in reggitore dell’universo mondo. Sarebbe come se valutassi il pensiero di I. Pozzoni, che ritengo ben degno di valore e rispetto, a partire da queste espressioni che, a dir poco, mi sembrano un po’ infantili. E dubito molto che I. Pozzoni sia infantile! Certo, è vero (?!) che Davide sconfisse Golia, è vero che un piccolo granellino di sabbia può bloccare un meccanismo molto complesso, ma non possiamo confondere la possibilità con la probabilità. Possiamo allora aspettare? “Rimarremo marginali? E chissenefrega! Più che ai nostri, meritati, dieci minuti di celebrità, mireremo ad una vita intera d'emarginazione”. Bah!<br /> “Ciò che miriamo, con Limina mentis, è a una resistenza senza forma (il contrario esatto di una resistenza senza contenuti)”: ecco, non sono una kantiana doc ma, sempre a proposito di interlocutori, presi nella loro interezza, ritengo importante questa espressione di Kant che suona pressappoco così: senza la forma il dato è cieco e senza il dato la forma è vuota.<br />E, poi, la scacchiera non gliela lascio, no! <br />R.S.Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-3626658752496645722012-05-06T21:21:53.933+02:002012-05-06T21:21:53.933+02:00Ennio Abate a Ivan Pozzoni:
Capisco che ami i par...Ennio Abate a Ivan Pozzoni:<br /><br />Capisco che ami i paradossi e spiazzare i tuoi interlocutori. Ma di questo passo, troverai sempre uno che a una tua affermazione ("Magari ci scopriranno dopo morti"), ti risponderà, adottando il tuo stile: E chissenefrega!<br /><br />Quanto a "Cosa serve discutere di rapporti di forza a chi non ha nessuna forza?", ribatterei: Non è vero che non si ha proprio NESSUNA forza. E' vero che le forze esistenti realmente sono confuse e disperse. E si potrebbe tentare di riorganizzarle. Si riuscirà mai più? No lo so. Ma si può ritentare.<br />Quanto a quel "mireremo ad una vita intera d'emarginazione", perché fare tanta fatica, se<br />l'emarginazione ce l'hanno già imposta?Moltinpoesiahttps://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-71335500824620916082012-05-06T20:28:48.755+02:002012-05-06T20:28:48.755+02:00Per Rita:
«Ma buttare via la scacchiera significa...Per Rita:<br /><br />«Ma buttare via la scacchiera significa dare partita vinta». Dipende dove butti la scacchiera! Davanti a uno scacco matto, vedo un’unica ulteriore alternativa: stare a guardare, all’infinito, lo scacco matto. «Se loro ci silenziano, noi ci silenzieremo (Luigi Manzi: non pubblichiamo più); se loro ci annullano nelle nostre identità, anche noi lo faremo». No: se loro ci silenziano, noi li silenzieremo; se loro ci annullano, noi li annulleremo.<br /><br />«Allora perché clonare la realtà dato che ce l’abbiamo tutti sotto gli occhi?» Non clonarla a noi: farla sperimentare a loro.<br /><br />«E, a proposito di interlocutori, non sarebbe meglio relazionarsi con degli interlocutori presi nella loro interezza e non con frammenti (ossei) di essi» In un mondo che ci muove, ci scuote, ci chiede costanti accelerazioni, sfido chiunque a conoscere qualcosa nella sua interezza.Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-5589301650823669472012-05-06T20:20:44.718+02:002012-05-06T20:20:44.718+02:00Per Ennio:
Ciò che miriamo, con Limina mentis, è ...Per Ennio:<br /><br />Ciò che miriamo, con Limina mentis, è a una resistenza senza forma (il contrario esatto di una resistenza senza contenuti). Gli operai di lotta continua negli anni settanta, non conoscendo bene le dinamiche della legge di Hume, con l’affermazione «[…] siamo tutti delegati […]» intendevano dire «dovremmo essere tutti delegati». Io con «siamo tutti movimentisti» intendo dire, con ironia, essendo umorismo, ironia, nella pregevole lezione di Guareschi, forme di resistenza bianca, «siamo tutti movimentisti», in un mondo che ci costringe a muoverci anche se non ne abbiamo nessuna voglia.<br /><br />Nell’antologia anonima (io) accetterei chiunque mandi materiale, leggendo, com’è mia abitudine, ogni testo, anche a mo' di arricchimento individuale. Fare cultura è anche arricchirsi (metaforicamente), e fare arte, insieme, è anche includersi reciprocamente in una comunità di artisti. Sinceramente, non ho nessuna capacità / velleità di integrare voci nella "comunità guardaroba" dell’arte istituzionale, non avendo nessun ruolo istituzionale, e nessuna smania da guardarobiere. Rimarremo marginali? E chissenefrega! Più che ai nostri, meritati, dieci minuti di celebrità, mireremo ad una vita intera d'emarginazione. Magari ci scopriranno dopo morti (e, come scrivo, vedremo di farci seppellire col cappotto).<br /><br />Cosa serve discutere di rapporti di forza a chi non ha nessuna forza?Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-60818942166039702492012-05-06T11:20:10.116+02:002012-05-06T11:20:10.116+02:00[continua]
Non “si può andare dappertutto, e con ...[continua]<br /><br />Non “si può andare dappertutto, e con qualsiasi veicolo, verso il rococò, verso la nuova Arcadia, verso la poesia civile, verso un nuovo maledettismo (con tanto di conto corrente dei genitori in banca) e verso lo stile lapidario” (Linguaglossa).<br />O, se si va (dappertutto), si sa che si sta facendo quella scelta e non altra. E’ una limitazione comunque. E dovrei comunque confliggere con questa limitazione, non far finta che non ci sia.<br />Il conflitto negato, non visto, non è che scompare, rimane ed è più micidiale, come esprime bene la bella poesia di Milosz, pubblicata su questo Blog.<br />I. Pozzoni propone che, se la ragione ha subìto scacco matto, bisogna buttare via la scacchiera… “perché si continua a giocare con regole che cambiano più velocemente delle mosse/strategie di gioco”.<br />Ma buttare via la scacchiera significa dare partita vinta. La scacchiera è anche mia ed è questo spazio anche mio che devo difendere.<br />O facciamo come quei politici che minacciano di andarsene da questo paese se….ecc.ecc. e poi rimangono incollati alle loro poltrone anche se traballanti? <br />Ennio Abate ad un certo punto dice: “Resto dell’avviso che si impara anche *studiando* i nostri nemici”. Questa posizione è molto importante perché veicola la curiosità che fornisce una propulsione creativa ed evita gli appiattimenti.<br />Impariamo, sì, ma non facciamo come loro. <br />Se loro ci silenziano, noi ci silenzieremo (Luigi Manzi: non pubblichiamo più); se loro ci annullano nelle nostre identità, anche noi lo faremo, saremo soltanto numeri, indistinti: solo le nostre capacità ci faranno emergere dall’anonimato. I. Pozzoni: “L’anonimato non si integra nelle logiche consumistiche di mercato”. <br /><br />I. Pozzoni, descrivendo il progetto di Demokratika, si incammina a ricreare, sulla strada dell’arte, una comunità del dialegesthai, del legame interumano, in direzione della ricostruzione dell’uomo e dei valori, attraverso un esperimento di epigraficità, conformazione e difformazione insieme, volto ad annullare le differenze e a rendere anonimi testi che, lontani da una concezione aristocratica dello stile, dovrebbero scuotere i destinatari unicamente attraverso i loro contenuti<br />E, anche in Frammenti ossei utilizza come correttivo l’idea dell’epigraficità, propria dell’arte aedica, o trobadorica, sconnessa ad ogni riferimento narcisistico al nome dell’autore. Frammenti ossei dipinge sui muri di una antologia, come graffiti sui muri dei bordelli di Pompei, istantanei messaggi di esistenza, indici della fragilità umana, condannata a restare senza nome» [I. Pozzoni (a cura di), Frammenti ossei. Antologia Poetica, Villasanta, Limina Mentis Editrice, 2011]<br /><br />Di fronte a questo desiderio di “annullare le differenze e [di] rendere anonimi i testi” e degli “istantanei messaggi di esistenza, indici della fragilità umana, condannata a restare senza nome”, mi verrebbe da rispondere in veneto (non sono veneta e quindi ci saranno errori ortografici): “ma benedeto dal Signôr, xe proprio cussì che i ne gà ridoti” (“Ma, benedetto dal Signore, è proprio così che ci hanno ridotti”). <br />Allora perché clonare la realtà dato che ce l’abbiamo tutti sotto gli occhi?<br />E, a proposito di interlocutori, non sarebbe meglio relazionarsi con degli interlocutori presi nella loro interezza e non con frammenti (ossei) di essi? <br />[fine]<br /><br />RitaS.Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-65302524818151427302012-05-06T11:16:28.714+02:002012-05-06T11:16:28.714+02:00Giusta la posizione di Linguaglossa : “Quando ero ...Giusta la posizione di Linguaglossa : “Quando ero più giovane avevo una formazione marxiana, adesso non so, seguo sempre il mio istinto quando leggo un libro. Mi considero un eclettico. Ogni volta che leggo un libro mi impongo la norma di mettere da parte tutte le mie precedenti convinzioni estetiche. Credo che chi voglia fare critica oggi debba avere il coraggio di sottoporre le proprie valutazioni a costante e quotidiana autocritica: il mondo è sempre nuovo e offre una grande quantità di cose nuove apparentemente inspiegabili se le guardiamo con gli occhiali che ci siamo costruiti”.<br />Ma se seguiamo l’istinto, o l’eclettismo, mantenendo come unica ‘barra’ la quotidiana autocritica e accantoniamo come inservibile ciò che invece andrebbe messo tra parentesi in una epoché husserliana, per essere ripreso se e quando necessario, diventa più facile cedere a quanto descrive Mayoor: “Ci stiamo abituando alle immagini in movimento, alle comunicazioni brevissime, alle spiegazioni teoretiche in nuce, alle emozioni dovute a contatti rapidi e sensoriali, intellettivamente impreviste, che scuotono nell'immediato. Cambia la velocità d'apprendimento, la velocità del pensiero. Si è formata un'anticamera mediatica dove è possibile sapere di tutto, e chi lo vuole passerà poi all'approfondimento ( se ha la fortuna di trovare i testi che gli servono).”<br />….. L'élite culturale oggi vuole essere popolare, è volta in questa direzione, ne ha i mezzi e non è sempre vero che manchi di cultura”. <br /><br />“L'élite culturale oggi vuole essere popolare…” : gli errori del passato, quando precipitano nel presente, non si mostrano mai con le stesse fattezze. Il mito di Proteo, che cambiava continuamente forma e non si lasciava mai catturare fintantoché Menelao (*con cuore costante*) non lo mantenne forte a terra, ce lo insegna. Ci insegna, in questa società proteiforme, ambigua, per-versa quanto ci sia bisogno di tenere i piedi per terra, la terra del “pensiero critico e dei ‘ragionamenti’”, come dice Ennio Abate.<br />Chi ha dato scacco matto alla ragione? Chi ha irriso Goya, per il suo “il sonno della ragione genera mostri”? Alla ragione si è sostituita l’emozione, non integrata, ma sostituita a piè pari. Evviva allora le emozioni a go-go; oggi è tutto un parlare di emozioni, anzi, di “emozzioni”. Sono invece le emozioni che devono essere messe in sonno, anzi, per la precisione, in sogno, per poter essere sognate, elaborate e utilizzate come utili strumenti anziché propagandate come le sole vere e genuine espressioni del soggetto.<br />L’emozione non tollera ‘critica’, perché la critica appartiene al campo del razionale. Essa, invece ‘è’, appartiene al campo del soggettivo più arcaico, più in-fans. Quindi meno suscettibile alla critica. Vedi anche il detto “Non è bello quello che è bello (universale), ma è bello ciò che piace (soggettivismo)”. Poco diverso da “Ogni scarrafune è bbello ‘a mamma soja”.<br />E non questo il paese delle mamme?... Ma qui significherebbe inoltrarsi in un ginepraio che, oltre ad essere spinoso, ci porterebbe fuori tema.<br />I ‘vecchi’, oggi – a differenza di quelli di ieri – non amano essere contestati dai giovani, non accettano il conflitto generazionale. Vorrebbero lavorare in amicizia.<br />Verrà il tempo che, eventualmente, darà loro ragione… Ma non è il tempo che deve fare chiarezza. Siamo noi. Quelli che, per fortuna generazionale, hanno conosciuto le differenze, le lotte. Il tempo futuro apparterrà a quelli che ci saranno domani: sta a noi difendere le nostre storie e le nostre memorie di modo che il tempo futuro (che tende a vincere su quello passato) non trasformi le memorie in macerie. <br />Così non si fa la sana ‘meglio gioventù’, bensì quella espressa nel film “La meglio gioventù”, quella che, con il beneplacito dei ‘vecchi’, tradisce il suo compito di portare il testimone, tradisce impunemente la Storia e la memoria.<br /><br />[continua]Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-59567261392171389242012-05-06T11:14:09.163+02:002012-05-06T11:14:09.163+02:00Rita Simonitto 06.05.12
Non conosco il poeta Mand...Rita Simonitto 06.05.12<br /><br />Non conosco il poeta Mandel’stam ma prenderei come spunto il pensiero che di lui ci propone Linguaglossa a proposito dell’*eclisse dell’interlocutore*: “il poeta russo indicava nell’interlocutore il problema centrale della poesia del Novecento. La poesia moderna aveva, per il poeta russo, perduto il proprio «interlocutore» (concetto da non identificare e appiattire con quello sociologico di «pubblico»), e questa perdita avrebbe condotto la poesia moderna nel vicolo cieco della «scatola acustica», nel «laboratorio per impagliature» della tarda poesia del «simbolismo»”.<br />E, di seguito, “non c’è destinazione senza destinatario, come non v’è destinatario senza interlocutore, essendo questi l’obiettivo ultimo, e quindi più importante, del proprio lavoro di poeta”.<br />Credo che questa perdita abbia molto a che vedere con la trasformazione dell’individualità, che si è ‘persa’ e confusa nell’individualismo numerico: ci differenziano i codici (da quello fiscale a quello sanitario a quello bancario e via via) ma non siamo differenziati noi come persone dotate di una individualità. Essa si dovrebbe configurare tramite relazioni in ‘orizzontale’ (con i pari di cui vengono colte le differenze) e in ‘verticale’ (con i padri, con chi detiene il potere, con il passato – la Storia -, con ciò che è dato e che non può essere manipolato a piacere. Il confronto con i limiti, in poche parole, che può farci sentire ‘in-potenti’).<br />Pedota, parlando del critico scrive “il critico è oggi un controsenso, una controfigura del museo irreale della cultura del conformismo, un don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. Un intellettuale monodico e monadico, senza alcuna «verità» da indagare”.<br />Il critico autentico è oggi (al pari del poeta) rimasto senza interlocutore.<br />Ma anche l’editore, parlando del lettore, sostiene “Per il lettore moderno il bello, l’estetica, non coincide con la cultura ma coincide con quello che gli serve per vivere meglio. tende dunque ad avere un rapporto im-mediato con l’arte, un rapporto personale. Si serve del critico, quando lo fa, per avere una traccia, una chiave per aprire l’opera, e poi va avanti da solo, congettura da solo e deduce quello che gli pare e che gli serve, pregandosene altamente del giudizio del critico”. Nello stesso tempo, questa ‘cosiddetta’ cultura non ostacola, non osteggia l’idea di questo tipo di lettore ma lo asseconda in un perverso gioco di rimandi e di conferme.<br />O Linguaglossa che afferma: “ C’è una libertà sfrenata, una democrazia demagogica…. c’è una indirezionalità ubiquitaria che ha fatto a meno della bussola: il nord equivale al sud, la sinistra equivale alla destra, l’alto sta sullo stesso piano del basso. In realtà, non si va in alcun luogo, si finisce sempre nell’ipermarket della superficie, …”.<br />Che fare in questo panorama che, come Francesca Diano scrive è “frutto non solo del ventennio di berluscoma maligno, ma di molto altro che l'ha preceduto e che ha costituito un ottimo terreno di coltura”. <br />Che cos’è quell’ “altro che ci ha preceduto”? Qui cala il velo della cataratta sui nostri occhi. Perché – chi in un modo e chi nell’altro – c’eravamo anche noi in quella pre-cessione. Noi, quando ci sentivamo “l’ipse dixit” della situazione scippandola ‘di diritto’ (ma quando mai!!!) a chi ci aveva preceduto, senza voler passare attraverso il conflitto intergenerazionale. Così abbiamo azzerato ogni possibilità di confronto con le diversità, producendo un conseguente appiattimento di massa. Si nega il conflitto, si nega la crisi e si nega anche la possibilità di critica.<br /><br />[continua]Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-49988104405784174952012-05-04T10:07:43.625+02:002012-05-04T10:07:43.625+02:00Caro Ennio,
quando Pedota parla di «das Wort, die ...Caro Ennio,<br />quando Pedota parla di «das Wort, die Sprache, die Sage», credo voglia intendere che il mio linguaggio poetico è costruito con i materiali di tutti e tre i modi di intendere il linguaggio (poetico e non), credo, in quanto ormai Pedota non è più tra i vivi. E anche quando parla di «Ereignis», l'Evento da cui muovono i personaggi del mio "Paradiso", sono i momenti in cui la Storia richiede loro l'azione, la lotta in un punto preciso dello svolgimento della Storia degli uomini. Il senso del discorso critico di Pedota non è affatto contemplativo, come non è contemplativo l'atteggiamento degli innumerevoli personaggi che abitano le mie opere (dove non vi si trova mai l'«io»). Al di là della terminologia heideggeriana a me pare che Pedota capovolga, con la sua applicazione concreta, il modo passivo invalso presso i critici epigoni di adoperare le categorie heideggeriane, e lo fa appunto in termini materialistici! Quindi è un Heidegger rivoltato quello che Pedota impiega con un procedimento di traduzione materialistica delle sue categorie...<br /><br />a Francesca Diano, Ivan Pozzoni e altri di buona volontà,<br />dico che l'unico modo per fare argine di fronte allo stragrande numero di letterati riuniti in fratrie e clan è quello di mantenerci integri e liberi da ogni forma di monetarizzazione e di scambismo... una sorta di comunità dei migliori e di leali... perché, non c'è dubbio, Pedota era una persona che non si è mai piegata alle regole del gioco delle fratrie e dei complimenti "virtuosi". Anche caratterialmetne era spigoloso, non era affatto disponibile ai commerci sottobanco.giorgio linguaglossahttps://www.blogger.com/profile/15496613805588057103noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-74887415911699573672012-05-04T09:03:41.494+02:002012-05-04T09:03:41.494+02:00caro Ennio,
Giuseppe Pedota in "Dopo il Moder...caro Ennio,<br />Giuseppe Pedota in "Dopo il Moderno" scrive: <br />Nel suo libro di memorie, Nadezda, la moglie del poeta russo Osip Mandel’stam, mette sulla carta alcuni riflessioni del marito straordinariamente importanti per la poesia del Novecento. Parlando di alcune poesie del marito, scrive che «Mandel’stam il quale non aveva mai mosso un passo per venire incontro ai suoi lettori, che non si preoccupava mai d’essere capito, considerando ogni suo ascoltatore e interlocutore alla sua stessa altezza e che perciò non diluiva e non semplificava i suoi pensieri, ha reso proprio questi versi accessibili a tutti, facili, aperti». Il problema posto da Mandel’stam con grande chiarezza e perspicuità è il seguente: ogni grande poesia conquisterà i propri lettori nell’avvenire e il poeta non si deve affaticare a ricercare una facile riconoscibilità ed un facile applauso presso i contemporanei. E in un saggio giovanile intitolato «Sull’interlocutore» (pubblicato in traduzione italiana sul n. 1 di «Poiesis», 1993), il poeta russo indicava nell’interlocutore il problema centrale della poesia del Novecento. La poesia moderna aveva, per il poeta russo, perduto il proprio «interlocutore» (concetto da non identificare e appiattire con quello sociologico di «pubblico»), e questa perdita avrebbe condotto la poesia moderna nel vicolo cieco della «scatola acustica», nel «laboratorio per impagliature» della tarda poesia del «simbolismo». Rivolgendosi alla «scatola acustica» dell’ascoltatore o del lettore per edificarlo, sedurlo, corteggiarlo con la narcisistica esposizione della propria musicalità, la voce del poeta simbolista nasce, per Mandel’stam, già sedotta, radicalmente impotente ad esprimere il «messaggio» ultimativo che i tempi richiedevano alla poesia. Per il poeta russo l’eclisse dell’«interlocutore» coinvolge il problema della destinazione finale della poesia; per il poeta acmeista non c’è destinazione senza destinatario, come non v’è destinatario senza interlocutore, essendo questi l’obiettivo ultimo, e quindi più importante, del proprio lavoro di poeta. Questo nesso problematico, che il poeta russo coglie con grandissima chiarezza già negli anni dieci, è di grandissima importanza per cogliere gli snodi fondamentali della poesia del Novecento. E comunque, un esito significativo della crisi dell’interlocutore è dato appunto da un certo tipo di arte, diremmo noi oggi, autoreferenziale, che si rivolge alla «scatola acustica» (dizione di Mandel’stam) del fruitore o del lettore (inteso in senso sociologico). Non si capisce nulla della poesia di Mandel’stam se non si tiene ben fermo il criterio orientativo della sua poesia: la ricerca di un «nuovo» interlocutore e di un «nuovo» «sistema architettonico» della forma-poesia. Ecco qui spiegato il grande interesse che sul poeta russo esercitò l’architettura, da quella semplice ed elementare dell’alveare delle api, fino alla complessità delle facciate neoclassiche di San Pietroburgo, fino allo studio della stratificazione tettonica dei «sassi» trovati a Koktebel, sulle rive del mar Nero, nei tardi anni Trenta, che gli dischiuderanno i segreti della «costruzione» della Commedia dantesca. La ricerca di una nuova configurazione del sistema simbolico coincide con la presa d’atto della scomparsa del mondo in cui il poeta era ancora inserito in una società dove la comunicabilità del suo «messaggio» non era affatto posta in predicato. Insomma, alla fin fine un problema apparentemente secondario ed astruso come quello dell’«interlocutore» coinvolge e trascina con sé quello ben più complicato della nuova configurazione del sistema simbolico in poesia. <br /><br />A me sembra che qui Pedota abbia toccato uno dei nervi scoperti della poesia italiana del Novecento: quanta poesia it. può rientrare nel concetto di «poesia tridimensionale»? A me sembra quasi zero. E non è questo uno dei ritardi storici della poesia it. rispetto a quella di altri paesi?giorgio linguaglossahttps://www.blogger.com/profile/15496613805588057103noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-75469347451001882182012-05-03T10:24:39.528+02:002012-05-03T10:24:39.528+02:00Ennio Abate (Continua):
- Francesca Diano
E se...Ennio Abate (Continua):<br /><br /><br /> - Francesca Diano<br /><br />E se si analizzassero più da vicino, più scientificamente, più storicamente le « cellule cancerose pervasive e proliferanti» che sono al lavoro nelle « Istituzioni, università, case editrici, corti e cortili vari» invece di nutrire «buone speranze per l’avvenire» in compagnia di Eraclito e dell’I Ching? Non sarebbe meglio darci una mossa ricordandoci anche della famosa frasetta di Keynes: “nel lungo periodo saremo tutti morti”?<br /><br />- Ivan Pozzoni<br /><br />«Nuovi modi di resistenza»? Sì, certo. Il rischio è una “resistenza senza contenuti” che diventa retorica. (La stessa cosa vale per il tuo slogan « siamo tutti "movimentisti"».A me fa venire in mente quelli operaisti alla Lotta Continua anni Settanta: «siamo tutti delegati»).<br />Se te ne stai sempre sulle generali, non capisco cosa voglia dire «scelgo di scegliere tutti» o «essere un buttadentro» invece che un «buttafuori» o non cadere nella «dialettica inclusione / esclusione».<br />Facciamo l’esempio delle antologie dei poeti contemporanei. Ammesso che tu decida di farne una anonima e che anche il curatore sia anonimo e che trovi un editore-finanziatore, cosa fai? <br />Scegli di includere tutti quelli che ti mandano qualche testo e, magari senza neppure leggerli? (Tanto devi includere tutti).<br />Ora, se questi testi ti vengono da autori emarginati o “invisibili”, anche se pubblicati in un’antologia “demoKratica” (come tu la definisci) emarginati e “invisibili” più o meno resteranno. Perché tu ( o io o un altro) non hai nessun potere reale per includerli (= farli riconoscere validi, farli accettare) in quel campo material-simbolico pubblico rappresentato dalle «Istituzioni, università, case editrici, corti e cortili vari» o da quella «casa della cultura», di cui tu stesso riconosci non essere il proprietario («Ma la casa della cultura, è davvero casa MIA?»).<br />Insomma, così si finisce per parlare in astratto e non valutare i reali RAPPORTI DI FORZA; e come "noi" - singolarmente o come gruppi - siamo collocati in essi; e se sia possibile organizzarsi e in modo efficace, eccetera. <br /><br />[Fine]Moltinpoesiahttps://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-67110913965101659722012-05-03T10:24:05.475+02:002012-05-03T10:24:05.475+02:00Ennio Abate a:
- Giorgio Linguaglossa
No, ‘heide...Ennio Abate a:<br /><br />- Giorgio Linguaglossa<br /><br />No, ‘heideggeriano’ non è un insulto. Ma molto astoricismo heiddegeriano e riecheggiamento della critica alla “chiacchiera” massmediologica ho trovato negli appunti di Pedota su «Dopo il moderno». <br />Un solo esempio che riguarda proprio l’analisi della tua poesia:<br /><br />«Gli uomini che vanno *contro* il flusso della Storia sono coloro che Linguaglossa sembra prediligere. È intervenuto *qualcosa che prima non esisteva*. D’ora in avanti il mondo non sarà come prima. L’azione di un singolo muta, può mutare il corso della Storia. Il linguaggio (*das Wort, die Sprache, die Sage*) diventa *discorso poetico, l’Evento ( *das Ereignis*) costituisce l’*individualità* della storia; il *Dichten* e il *Denken* diventano i *Leit-worte*; qui Linguaglossa adotta l’ottica di Heidegger (secondo cui «ogni pensatore pensa un unico pensiero» e «ogni grande poeta poeta movendo da un unico poema») rovensciandone le conseguenze in ambito poetico» (G. Pedota, Dopo il moderno, CFR Ed. p.69).<br /><br />Neppure essere «eclettico» è un atteggiamento astrattamente condannabile (da quale pulpito poi?). E mi pare ottima cosa che nel criticare si abbia « il coraggio di sottoporre le proprie valutazioni a costante e quotidiana autocritica» (che è modalità vicina alla fortiniana «verifica dei poteri»). <br />A patto, aggiungerei, che autocritica sia revisione delle proprie posizioni, della propria esperienza; e non liquidazione di esse. Insomma che l’autocritica non ce la mettano in bocca, senza che ce ne accorgiamo, i nostri nemici (anch’essi da valutare costantemente ecc.).<br /><br />Io pure ho l’olfatto sensibile alla « puzza degli intellettuali di corte, di sagrestia» ( e di Via Montenapoleone invece che dei Parioli). Vorrei solo evitare di generalizzare e di farne un’Unica Puzza (un po’ fantasmatica). Resto dell’avviso che s’impara anche *studiando* i nostri nemici.<br />E sono convinto che le «regole del “gruppo”, del clan d’appartenenza» e i discorsi degli «intellettualini di corte» vadano INTRALCIATI, RIDICOLIZZATI, SMASCHERATI anche nei loro luoghi di ritrovo o di aggregazione di adepti, discepoli, clientes (i siti su nominati o altri luoghi). Il mio motto è ancora «dialogare, criticare, polemizzare». Ovviamente valutando caso per caso quale modalità adottare. Certo, dovremmo essere in tanti a farlo. Uno sciame di "vespe critiche" conta più di una singola. E contemporaneamente non esaurirsi in guerricciole ma avere un “nostro” (virgolette necessarie) alveare. Ma so di sognare per ora…<br />[continuaMoltinpoesiahttps://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-82247651207862475042012-05-02T20:40:54.271+02:002012-05-02T20:40:54.271+02:00Per Ennio:
Non ho mai sostenuto di non voler «sce...Per Ennio:<br /><br />Non ho mai sostenuto di non voler «scegliere». Da studioso del pragmatismo moderno, sono sempre stato molto interessato all’interpretazione della nozione di «scelta», e alle sue applicazioni (sempre che, nel tardo-moderno, sia ancora giustificabile un ricorso alla nozione di «scelta», radice teoretica del concetto di «responsabilità»). Semplicemente, scelgo di scegliere tutti, che non vuole dire “acquistare” a scatola chiusa. La tua interessante discussione sulla «scelta», non si riferisce alla mia posizione (benchè in essa, assai jamesiana, ci trovi molto della struttura di ogni critica fondazionalista, epimenidea, all’affermazione «la verità non esiste», origine, insieme all’inversa critica relativista, di ogni scacco matto al ragionamento)! <br /><br />A casa mia non faccio entrate tutti. Ma la casa della cultura, è davvero casa MIA? Io non ho nessuna intenzione di assumere il ruolo del buttafuori appostato davanti alla casa della cultura; mi trovo meglio ad essere un buttadentro. Chi desideri fare il buttafuori, libero di farlo: è sicuro di star facendo davvero cultura, cadendo nella dialettica inclusione / esclusione? <br /><br />Nelle antologie anonime dovrebbe essere anonimo anche il curatore: è un progetto a cui stiamo lavorando, benchè sia molto difficile reperire un editore disposto a coofinanziarlo. L’anonimato non si integra nelle logiche consumistiche di mercato.<br /><br />Sulla natura delle definizioni, intese o meno come ridefinizioni, rischieremmo, sulla scia del dibattito analitico novecentesco (e dall’analitica, io nasco), di dover leggere o dover scrivere migliaia di pagine. Mi auguro che non tocchi a me o a te farlo.Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-28352809184977728322012-05-02T20:20:28.782+02:002012-05-02T20:20:28.782+02:00La rivoluzione, in un mondo sferico, come lo conce...La rivoluzione, in un mondo sferico, come lo concepisce Lombardi Vallauri (nella sua personale visione cattolica del tardo-moderno), è diventata impossibile. Dobbiamo concepire nuovi modi di resistenza.<br /><br />P.s. Comunque, in un mondo che non smette mai di muoversi, siamo tutti "movimentisti", anche a non volerlo.Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-34394414954947087722012-05-02T20:06:49.220+02:002012-05-02T20:06:49.220+02:00No, no, io non ho mai parlato di Heidegger. Dicevo...No, no, io non ho mai parlato di Heidegger. Dicevo solo che la compattezza del sistema dell'esclusione e del silenzio è tale da lasciare poco spazio alla dissidenza. Perché qui si dovrebbe cominciare a parlare di dissidenza. Diciamo che questo sistema si autoprotegge, ha le sue paratie, le sue camere a tenuta stagna. Però anche il Titanic aveva un ottimo sistema di camere stagne e di paratie, ma quando il livello dell'acqua è salito troppo, non sono più servite.<br />Fortini aveva ragione. Il cambiamento deve operarsi altrove. Certo che non è facile, perché Istituzioni, università, case editrici, corti e cortili vari sono invasi da cellule cancerose pervasive e proliferanti. Frutto non solo del ventennio di berluscoma maligno, ma di molto altro che l'ha preceduto e che ha costituito un ottimo terreno di coltura. Ma sono una convinta sostenitrice del divenire eracliteo e dell'eterno mutamento come l'I Ching insegna, e dunque nutro buone speranze per l'avvenire. Vicino o lontano che sia.Francesca Dianohttp://www.emiliashop.wordpress.comnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-37432293843581591312012-05-02T10:24:59.647+02:002012-05-02T10:24:59.647+02:00Cari Francesca Diano e Ennio Abate,
vorrei precis...Cari Francesca Diano e Ennio Abate,<br /><br />vorrei precisare che né lo scrivente né Giuseppe Pedota eravamo (o siamo) heideggeriani; certo Heidegger è un filosofo che non si può eludere ma ritengo che l'impostazione critica mia e di Pedota non possa essere liquidata e inquadrata come heideggeriana (come se fosse una parolaccia!). Quando ero più giovane avevo una formazione marxiana, adesso non so, seguo sempre il mio istinto quando leggo un libro. Mi considero un eclettico. Ogni volta che leggo un libro mi impongo la norma di mettere da parte tutte le mie precedenti convinzioni estetiche. Credo che chi voglia fare critica oggi debba avere il coraggio di sottoporre le proprie valutazioni a costante e quotidiana autocritica: il mondo è sempre nuovo e offre una grande quantità di cose nuove apparentemente inspiegabili se le guardiamo con gli occhiali che ci siamo costruiti.<br /><br />Cara Francesca Diano, hai ragione io non credo di avere nulla in comune con quelli del LE PAROLE E LE COSE, LA POESIA E LO SPIRITO, L'IMMAGINAZIONE etc., e loro lo sanno benissimo che apparteniamo a due razze distinte e separate. Questo lo so, l'ho sempre saputo, avverto sempre la puzza degli intellettuali di corte, di sagrestia e dei Parioli fa lo stesso. Con questa gente non è possibile neanche andare a prendere insieme il caffé al bar.<br /><br />A Ennio Abate dico che non ho il complesso dell'assediato, non mi ritengo un CRITICO DI OPPOSIZIONE o un CRITICO PUNITO, prendo semplicemente atto che c'è una strategia del "silenzio" non soltanto nei miei confronti ma verso chiunque non si attenga alle regole del "gruppo", del clan di appartenenza e di riconoscibilità. A questi intellettualini di corte non interessa alcun confronto o dibattito a loro interessa soltanto recintare con il filo spinato del "silenzio" il loro piccolo potere di corte. Un potere miserabile, ovviamente. A ciascuno il suo. Ma certo io ne traggo le dovute conseguenze. E le conseguenze che traggo sono queste: che io vado e andrò per la mia strada della indipendenza intellettuale e della non appartenenza a nessuna fratria o clan. Certo, c'è un prezzo da pagare. Tutto qui.<br /><br />Ritengo che Ivan Pozzoni, che è giovane e al quale mando i miei saluti, sia ancora nella fase del "movimentismo", condivido il suo proposito "di buttare gli scacchi e la scacchiera per aria", ma per farlo in Italia occorre una vera e propria rivoluzione (non solo culturale). E allora diciamolo: che occorre fare una vera rivoluzione: cioè cacciare le élites dirigenti (sclerotizzate e corrotte) e sostituirle con altre più democratiche. In fin dei conti, la poesia è l'ultima tra le cose, e, come ci insegnava Fortini occorre tornare a cambiare le cose che stanno al di fuori della poesia (le Istituzioni, Le università, le case editrici, gli assetti del potere, le Accademie, le piccole corti...)giorgio linguaglossahttps://www.blogger.com/profile/15496613805588057103noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-30447721475596108132012-05-01T23:25:32.461+02:002012-05-01T23:25:32.461+02:00Ai giovani che amo molto:
ognuno parli per se stes...Ai giovani che amo molto:<br />ognuno parli per se stesso<br />ognuno pianga con se stesso<br />Che nessuno vi ascolti origliando , nemmeno il vostro più grande maestro saprà cosa racchiude il vostro cuore, non fidatevi delle regole, la poesia sarà vostra solo se sarà coraggiosa. Emilia BanfiAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-79275045910211660962012-05-01T23:15:00.205+02:002012-05-01T23:15:00.205+02:00Ennio Abate (continua):
Francesca Diano dice: «S...Ennio Abate (continua):<br /><br /><br />Francesca Diano dice: «Se ammettessero voci dissonanti, se lasciassero dire che l'imperatore è nudo, poi crollerebbe tutto il castello di carte, sarebbero smascherati e tutti loro sanno anche troppo bene che non valgono una cicca schiacciata». <br />A me pare una semplificazione eccessiva. Le vicende politico-letterarie degli anni ’60-’70 hanno prodotto prima fratture e poi rimescolamenti. Non esiste ( e non può esistere per me) una «memoria condivisa» neppure in letteratura o in poesia. <br />Un Cacciatore o un Sanguineti legati al neosperimentalismo davvero non si conciliano con i poeti selezionati da Giorgio nel suo «Dalla lirica al discorso poetico» o da Pedota in «Dopo il moderno» con un’ottica di forte impronta heideggeriana (come ho già detto nel post dedicato a Pedota e dirò nel prossimo). <br />Giorgio e Pedota fanno rientrare nel campo della “buona poesia” certi nomi e ne escludono altri. E lo stesso fanno, dal canto loro, «L’immaginazione» o gli altri siti. Io non mi scandalizzerei per questo. <br />«L’immaginazione» di Manni rifiuta certi scritti, ma non è una delle maggiori case editrici. Io non me la sento di dire che dappertutto «ai posti decisionali ci sono degli imbecilli e degli ignoranti, che però [...] si piccano di far cultura e di guadagnarci. Loro e ovviamente gli amici loro, perché solo a quelli possono affiancarsi». <br />Approfondirei di più le ragioni della contrapposizione tra "noi" e "loro"; e argomenterei sempre più a fondo e meglio le filosofie, le poetiche, i giudizi particolari diversi o contrapposti. Anche se so che possono essere e spesso sono anche paludamenti ideologici che coprono realtà più meschinelle.<br />Se poi vogliamo proprio usare il termine «censura», direi che è reciproca. Anche se la loro conta di più perché opera da una posizione di maggior potere. <br /><br />[Fine]Moltinpoesiahttps://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-2990500074579922602012-05-01T23:14:06.931+02:002012-05-01T23:14:06.931+02:00Purtroppo il blog s'è mangiato due volte una m...Purtroppo il blog s'è mangiato due volte una mia risposta ad Ennio. Mannaggia! Smetto di ritentarci...Ivan Pozzoninoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-54907129502877865182012-05-01T23:13:59.947+02:002012-05-01T23:13:59.947+02:00Ennio Abate:
Continuando a lanciare segnali di f...Ennio Abate:<br /><br />Continuando a lanciare segnali di fumo da questo post a giovani e vecchi, terrei a precisare che:<br /><br />1. il campo della «critica resistente» o dei «critici resistenti» mi pare molto più affollato di quanto si creda e sarebbe davvero fuorviante ridurlo a pochi nomi ( i nostri o dei nostri amici) o a qualche nostra rivista;<br /><br />2. farei attenzione alla contrapposizione che Giorgio fa tra Ottimati e critici “invisibili” o “puniti” per la loro «libertà di pensiero»; insisto su quanto detto in un precedente commento: la buona critica o, se vogliamo essere severi, spunti per una buona critica per me vengono « sia dagli accademici sia da quelli che si chiamavano o si chiamano ancora (con qualche approssimazione) critici “militanti”». Che poi ci siano quelli che “giocano sporco” o che guardano «dall'alto in basso chi non [è] nella ghenga solidamente compatta di […]professorini e professorine graziati da un qualche ruolo universitario», come vedo sottolineato da Francesca Diano, non c’è dubbio. Ho riportato in un precedente commento una citazione dal libro di Emanuele Zinato, che per me è un buon critico e offre ottimi spunti, anche se lavora nell’università e anche se su alcune su prese di posizioni non sono d’accordo e l’ho scritto anche su LE PAROLE E LE COSE. È giusto generalizzare o distinguere? Vorrei la vostra opinione; <br /><br />3. Personalmente non mi sento “punito” per la mia libertà di pensiero. E riconosco anche agli altri, ai miei avversari, un’altra, la loro, libertà di pensiero. Ci sono differenze culturali e politiche non aggirabili che ci fanno trovare su posizioni opposte. Ci sono due o alcune libertà di pensiero. Anch’io ho polemizzato in alcune occasioni con NAZIONE INDIANA o LA POESIA E LO SPIRITO e polemizzo con LE PAROLE E LE COSE. Ma la loro diffidenza o ostilità non me la spiego solo con la loro arroganza o saccenteria. O con una volontà punitiva nei miei confronti. (Ad es. Guido Mazzoni col quale mi sono scontrato sul discorso della selezione Dedalus-Pordenonelegge, poi ha discusso con me e con noi sulla traduzione di Stevens in modi pacati e rispettosi). Credo che veniamo da una storia (letteraria e soprattutto politica, io direi) controversa e la intepretiamo in modi diversi. Le «patrie lettere» in cui avremmo potuto discutere più dialetticamente sono finite da tempo. <br />[continua]Moltinpoesiahttps://www.blogger.com/profile/13401193672691074557noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5618133655638119700.post-55254464673835446252012-05-01T22:56:24.521+02:002012-05-01T22:56:24.521+02:00Ti avevo risposto dettagliatamente. Non so cosa si...Ti avevo risposto dettagliatamente. Non so cosa sia successo: il blog s'è mangiato la risposta. Mannaggia!Ivan Pozzoninoreply@blogger.com