Pistoletto, Venere degli stracci
Cristina Sparagana Solo la terra Passigli, Firenze, 2011
Se si guarda alle diramazioni stilistiche della poesia del
tardo Novecento, molti elementi inducono a ritenere che sul terreno delle
istituzioni stilistiche degli ultimi
trenta anni della poesia al femminile il
tempo non è passato invano. Già la poesia femminile degli anni Novanta aveva
abbandonato le tematiche della rivendicazione del «politico», del «privato» e
del «quotidiano» della generazione immediatamente precedente. Ad un ambito più vasto
della questione della crisi dei
generi narrativi, la poesia si avviava sempre di più verso la radura della
propria irrilevanza culturale
Quello che all’inizio degli anni Novanta si delinea è un
orizzonte del tutto nuovo: la crisi definitiva delle istituzioni stilistiche
esautorate ed occupate dagli uffici stampa degli editori maggiori. Accade così
che nella poesia degli anni Dieci del nuovo secolo, non c’è modello né
secondarietà né retroterra di istituzione stilistica che resti immune da questo
processo che la poesia possa far valere quale suo corrispettivo e/o funzione. Il
perché è chiaro: c’è «funzione» soltanto là dove c’è secondarietà, commissione,
servizio, utenza; là dove invece non c’è una utenza cessa anche,
corrispettivamente, la necessità di una «funzione» poetica, con tutto il suo
bagaglio di retorizzazioni, di stilizzazione e di tematiche che la «funzione» e
la «finzione» poetica comportano.