Caro Ennio, ho dato uno sguardo ai post sulla
traduzione (qui).
Mi ha colpito che i nodi principali dei discorsi siano esattamente gli stessi
che avevo cercato di toccare quasi vent’anni fa, nel 1994, tenendo una sorta di
lezione ed esercitazione sulla traduzione a quattro classi di quarta riunite
dell’Itsos, Istituto tecnico statale a ordinamento speciale, di Milano. (Il che
mi ha fatto leggere con ironia il titolo che hai dato alla discussione: “A che
punto siamo oggi?”!) Quell’esperienza, isolata, mi era piaciuta: alcuni
studenti mi erano sembrati molto interessati (mentre altri, seduti in fondo,
dormivano) e, quando eravamo passati all’esercitazione, la traduzione di una
poesia di Heaney, qualcuno si era quasi accapigliato su come tradurre questo o
quest’altro. Pensa, degli studenti che si accapigliano su una poesia!
Fantastico. Insomma, ho riletto il testo di quella lezione e te lo mando.
[Massimo Parizzi]
Partiamo da una citazione, o meglio,
dall’adattamento ai nostri scopi di una citazione. L’autore che voglio citare è
André Corboz, uno studioso di urbanistica, architettura e arte (di cui ho
tradotto un libro sul Canaletto) che, qui (nel saggio Dans l’entre-deux,
in AA.VV., Hommage à Raymond Tschumi, Losanna, L’Age d’Homme,
1990), parla dei problemi della ricerca e dell’interpretazione sia nelle
scienze cosiddette esatte sia in quelle (il suo campo) cosiddette umane: che
cosa sia ricercare il significato del fatto che, se mollo la penna, cade, che
cosa sia interpretare questa caduta; come che cosa sia ricercare il significato
di un dipinto del Trecento, interpretarlo. Forse penserete che la prendo alla
lontana, ma a me invece sembra di prenderla da vicino: un traduttore cerca i
significati di parole, frasi, periodi, interpreta testi, e la parola interprete
designa una categoria di traduttori. Sostituirò quindi a volte alle parole
“ricerca”, “interpretazione”, “ricercatore”, “interprete” di Corboz le parole “traduzione”
e “traduttore”.