lunedì 26 novembre 2012

Ennio Abate
Fortini ricordato nel 2012
a chi non lo conosce
(e agli smemorati).


Pubblico la lezione che ho tenuto nell'ambito del PaviArt Poetry svoltosi le locale di Santa Maria Gualtieri di Pavia dal 23 al 25 novembre (qui). [E.A.]



Chi era Fortini?

«Un  bel volto caparbio, occhi chiari e indagatori, sobrie le movenze, cappotto blu e taccuino di appunti sotto mano. Siamo prima di tutto il nostro corpo, ed egli si teneva riservato, in guardia, nella sua bella persona, senza concedersi alcuna eccentricità. Non si finse metalmeccanico nei cortei operai né ragazzino fra gli studenti in corsa né un quidam de populo se lo fermava la polizia. Mai si lasciò catturare da un’establishment e mai si travestì da emarginato. Era stato povero, aveva tirato la vita e accumulato saperi con tenacia e diletto, sapeva di essere quello che era. Non si lasciava andare, le sue famose collere erano meditate, gli interventi brevi e mirati; non espose mai tormenti che non fossero della ragione. Salvo forse la pena dell’invecchiare. […] Nel declinare del secolo e dell’esistenza gli era caduta addosso una stanchezza. Non smise di scontrarsi - era un cavallo da combattimento […] E non c’era osso che non gli dolesse al dubitare degli esiti, non della verità, del suo pugnare - il vero, la verità la mia verità, le nostre, ricorrono nei suoi scritti in opposizione al nulla, il niente cui gli appariva trascinato il mondo. […] Rompeva sperati dialoghi e imprese comuni - imprese di ricerca, dunque politiche, dunque di ordine morale, dunque non negoziabili. Che politica ed etica non si potessero separare era un comando della sapienza ebraica e di quella cristiana, le assumeva tutte e due. Non c’è operare lecito se non mira a un più di umanità, a che l’uomo, come scriveva ai posteri il suo amato Brecht, sia finalmente amico dell’uomo».

venerdì 23 novembre 2012

Prossimo incontro
del
Laboratorio Moltinpoesia

alla Libreria Linea d’ombra di Milano

Lunedì 26 novembre 2012 ore 17,30

Futuristi: precursori e testimoni. Di cosa?

Introduce Giorgio Mannacio

Gli incontri curati da Ennio Abate e Giorgio Mannacio sono aperti a tutti

Libreria Linea d’ombra
Via San Calocero 29 Milano
Telefono: 028321175
Fermata MM  Linea verde Sant’Agostino

giovedì 22 novembre 2012

SEGNALAZIONE


Biblioteca comunale di Milano e Milanocosa 
invitano a
PortaperNoi

26 novembre 2012 – ore 17,30

Palazzo Sormani – Sala del Grechetto, Via Francesco Sforza 7

Presentazione degli Atti del Convegno del 9 dicembre 2009
Il giardiniere contro il becchino - Memoria e (ri)scoperta di Antonio Porta

a cura di Adam Vaccaro Milanocosa Edizioni, Luglio 2012
Con contributi di: Francis Catalano, Gio Ferri, Gilberto Finzi, Niva Lorenzini,John Picchione, Maria Pia Quintavalla,  Stefano Salvi, Alessandro Broggi, Italo Testa, Gianni Turchetta, Adam Vaccaro, Patrizia Valduga, Giuliano Zosi E la partecipazione di: Rosemary Liedl Porta e Mario Bertasa che interverranno su Poesie in forma di cosa,  Edizioni del Foglio Clandestino, 2012 Info: Associazione Culturale Milanocosa – c/o Adam Vaccaro, Via Lambro 1 – 20090 Trezzano S/N T. +39 02 93889474; +39 347 7104584 – E-mail: info@milanocosa.it; adam.vaccaro@tiscali.it Ufficio Conservazione e Promozione Biblioteca Comunale Centrale – C.BiblioPromozione@comune.milano.it


Laura Canciani
Lo svantaggio della poesia
rispetto al romanzo

Cito da un articolo del 1 aprile 2012 apparso su “La Repubblica” di Alessandro Baricco a proposito del libro di Fred Vargas La trilogia Adamsberg pubblicato da Einaudi:
«Non vado matto per i gialli, odio i thriller. Lo dico serenamente e senza nessuna fierezza particolare. Semplicemente non fanno per me. Mi dà fastidio fisico trovarmi nella condizione, cara a molti, di divorare un libro per sapere come va a finire. Io trovo già abbastanza inelegante che i libri “vadano a finire”, figuriamoci se mi piace farmi tenere sulla graticola da uno che ci mette cinquecento pagine per dirmi il nome di chi ha tritato il parroco. Devo anche dire che non riesco ad apprezzare la prodezza: fare arrivare un lettore alla fine di un thriller è come far arrivare uno che ha fame alla fine del tubo delle Pringles. Sai che roba. Fategli finire un piatto di broccoli bolliti a merenda, e ne riparliamo.

martedì 20 novembre 2012

SEGNALAZIONE


PAVIART POETRY FESTIVAL
Arte. Poesia. Azioni.
Dal 23 al 25 novembre 2012 - Santa Maria Gualtieri – P.zza Vittoria -  Pavia

La poesia come evento. L’idea è di creare un cortocircuito positivo, una rete di creatività intorno alla parola poetica. Che la poesia possa rappresentare una soluzione a problematiche individuali ci sembra una verità inconfutabile, se questa “chiave” fosse condivisa da molti, allora l’arte poetica potrebbe tornare ad essere, come in passato, di supporto alle narrazioni collettive e alle possibilità di riforma sociale e/o culturale. A questo punto non possiamo permetterci di sottovalutare nessuna espressione creativa.

lunedì 19 novembre 2012

Pietro Peli
Cinque poesie


INTERROGATORIO

A domanda risponde:
se l’odio è di tenebra sono vestito
di raso fino, da dove niente
scivola senza un segno.

Sono venuto a rubare per fame
un pezzo di corpo alle due luci
della fine della notte. L’ho visto
quel morto, non sono fuggito.

sabato 17 novembre 2012

Roberto Bugliani
Da "Versi scortesi"

Aroldo Bonzagni, Il tram di Monza, 1916

 Prologo
(Il rientro in servizio)
Nel sogno mi trovo su di un autobus ferno alla frontiera di un paese sconosciuto. L'ufficiale che controlla i documenti punta gli occhi su di me e mi domanda, con voce modulata dal sospetto: - Lei, dunque, è...?
- Io? Nessuno -, gli rilancio assieme a un sorrisetto ironico, quasi ad alleggerire la tensione.
Adesso l'ufficiale mi fissa ancor più severamente. E innervosito ribatte: - Lei, nessuno? Le ricordo che per essere nessun bisogna aver fatto delle scelte ben precise. Non si diventa nessuno così, di punto in bianco. E lei, caro signore, non è nessuno, semmai è una nullità.

Giorgio Linguaglossa
L’intensita’ innica di Chiara Moimas


In questi ultimi trenta anni il cinema è riuscito ad imporsi come modello di tecnica narrativa non solo nel romanzo ma anche in poesia. Il modo di raccontare le «storie» del cinema detta, implicitamente, la sintassi e i tempi dei modi di raccontare le «storie» sia nel romanzo che, in minore misura, anche nella poesia.
Il modo di raccontare di Chiara Moimas non è affatto semplice, né prevedibile, non è neppure troppo definibile; si ha la sensazione che non sia neanche collocabile temporalmente. Non lascia dietro di sé alcun filo di Arianna mediante il quale ripercorrere a ritroso la strada percorsa. È una poesia che si è dimenticata della modernità, forse perché la poesia non ha alcun bisogno di essere, o di apparire moderna, non ha alcun bisogno di facilitare al lettore il compito della lettura. È una poesia che parte dall’oblio del Moderno. E di qui si dirige, a vele spiegate, verso l’ignoto. Con la maschera della propria impenetrabilità. È il suo modo di offrirsi al lettore.

mercoledì 14 novembre 2012

Donato Salzarulo
Storia della colonna infame.
Il Manzoni di Fortini (Seconda parte)


Il seguito della nota manoscritta è dedicato quasi tutto a «quelle centoventi pagine di prosa che si chiamano Storia della colonna infame». (pag. 1796)

La lingua di Fortini è precisa e densa. Il pensiero si organizza sinteticamente intorno ad alcuni nuclei tematici: l’origine e redazione del libretto, la storicità dell’episodio raccontato, il giudizio estremamente positivo espresso sull’opera (“è un capolavoro”), l’originalità e la nitidezza del dettato, la tragicità dell’accaduto e l’insegnamento morale che se ne può trarre, la sua attualità, le contraddizioni del Manzoni. Poco più di due paginette straordinarie per dire della straordinarietà di un’opera e dell’intensità di pensiero e di scrittura di un autore. Meglio non perdersele. Perciò le ripropongo al rallentatore, seguendo passo dopo passo le frasi fortiniane per enuclearne i problemi, farne un elenco e tentarne un primo commento.

lunedì 12 novembre 2012

Ennio Abate
Sulle «Cinque difficoltà
per chi scrive la verità»
di B. Brecht



«Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l'ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l'accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata; l'arte di renderla maneggevole come un'arma; l'avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l'astuzia di divulgarla fra questi ultimi. Tali difficoltà sono grandi per coloro che scrivono sotto il fascismo, ma esistono anche per coloro che sono stati cacciati o sono fuggiti, anzi addirittura per coloro che scrivono nei paesi della libertà borghese».

domenica 11 novembre 2012

Emilia Banfi
Amore Rabbia Confessione
ANNE SEXTON



Propongo questa poetessa ( novembre 1928, Newton, Massachusetts 4 ottobre 1974) ,dal suo personalissimo verso confessionale.
Trovò presto consensi alla sua poesia. Studiò con Robert Lowell alla Boston University insieme agli illustri poeti Sylvia Plath e George Starbuck.
Figlia di un facoltoso industriale, crebbe con i genitori ma non fu mai a suo agio con la vita che era stata prescritta per lei.  Il padre alcolizzato  e l’aspirazione letteraria della madre fu cancellata dalla famiglia. La biografa di Anne , Diane Middlebrook,ipotizza  un abuso sessuale da parte dei genitori durante la sua fanciullezza.

venerdì 9 novembre 2012

LABORATORIO MOLTINPOESIA

a cura di Ennio Abate

incontro del 13 NOVEMBRE 2012 ore 18

LA COMPETENZA DEI POETI
«I poeti sono coloro che compongono opere in cui la lingua è insieme sostanza e mezzo;
essi, dunque, sono i conoscitori, i professionisti della lingua
e con questa loro competenza sono indispensabili, oggi, alla società».
È davvero così? Lo è a certe condizioni? Quali?
Ne discutiamo con
GISELDA PONTESILLI

Palazzina Liberty
Largo Marinai d’Italia 1, Milano

(ingresso libero)


Qui di seguito pubblico uno stralcio
significativo di uno scritto di Giselda Pontessilli:

I momenti in cui, attraverso i secoli, la “questione della lingua” è stata posta in Italia dai poeti, sono almeno tre: il Cinquecento, l'Ottocento, e il Novecento.
Nel '900, nel 1964, la “nuova questione della lingua” -come di lì a poco fu definita- fu sollevata da Pasolini, che, dopo averla esposta con una conferenza in varie parti d'Italia, pubblicò questa conferenza su Rinascita.

giovedì 8 novembre 2012

INTERVENTI
Giorgio Linguaglossa
Contro un linguaggio
simil-poetico ed emotivo



Per chi si scrive (oggi) poesia? Mi correggo: perché (oggi) si scrive in poesia? La domanda è meno banale di quanto appaia a prima vista. Non è una domanda in versione sintattica, è una invasione semantica che qui ha luogo: sembra che tutto ciò che ha un ritorno (alla fine del verso) ne debba avere anche uno di senso; ma l’evoluzione semantica in poesia è stata preceduta da processi sociali ben visibili (o invisibili?). Direi che il semantico segue sempre i processi sociali in atto. Il fatto che la più privata e appartata delle attività letterarie, quale la poesia sia scritta da milioni di persone, è rimasta una questione, appunto, «privata» e non è riuscita a bucare il coperchio di ciò che appartiene al «pubblico»; questo è uno spunto di riflessione che non deve essere sottaciuto.

SEGNALAZIONE
Basta così.
Raccolta postuma
di Wisława Szymborska



Basta così è il titolo della raccolta postuma di  Wisława Szymborska curata da Ryszard Krynicki e tradotta da Silvano De Fanti per Adelphi. Poche poesie prima che sopraggiungesse la morte della poetessa polacca avvenuta il 1 febbraio di quest’anno.
Poche poesie che il curatore presenta nella forma autografa: foglietti scritti a mano con una grafia attenta e minuta, attraversata da correzioni e ripensamenti. Piccoli versi che non hanno nulla di prezioso, dove non c’è nessun struggimento dell’anima ma una precisissima attenzione per i dettagli, gli spiragli del quotidiano che ci aprono abissi di senso, cose che vediamo tutti i giorni senza farci caso. Il viaggio nel mondo della poetessa polacca è il nostro viaggio, quello che tutti ogni giorno facciamo. Traduzione in semplici frasi dell’assurdo quotidiano del mondo. L’assurdo di chi mette «tutto in ordine dentro e attorno a lui», chi crede di avere la risposta pronta per tutti i problemi e «appone il timbro a verità assolute,/ getta i fatti superflui nel tritadocumenti/, e le persone ignote/ dentro appositi schedari».
E poi ci sono quelle esilaranti composizioni rivolte come frecce acuminate contro gli intellettuali che si nutrono di «parole» inutili e superflue: «parole per spiegare le parole», «cervelli intenti a studiare il cervello», «boschi ricoperti di bosco fino al ciglio», «occhiali per cercare gli occhiali».

Giorgio Linguaglossa

martedì 6 novembre 2012

Donato Salzarulo
La letteratura è una menzogna
che dice la verità.
Il Manzoni di Fortini (Prima parte)


E’ di notevole interesse la nota manoscritta di Fortini aggiunta, la sera del 22 maggio 1973, al testo della conferenza, tenuta all’Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico, in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte di Alessandro Manzoni.

Si può leggere in «Saggi ed epigrammi» (a cura di Luca Lenzini, Mondadori, 2003) da pag. 1796 a pag. 1799.

Comincia col riferimento al vissuto da ogni studente italiano: l’obbligo di leggere i «Promessi sposi». Per la stragrande maggioranza, «un vangelo di noia nazionale». Confermo. Ho letto con una certa soddisfazione e riga per riga questo libro a trentacinque anni suonati, stimolato da un’amica milanese, manzoniana fervente, e da un saggio di Vittorio Spinazzola che lo definiva «il libro per tutti». Almeno nelle intenzioni dell’autore. In realtà, libro che quasi tutti sono stati costretti a leggere. Al di fuori del canone scolastico, probabilmente, l’avrebbero fatto in pochi o pochissimi.

Giorgio Linguaglossa
Su "La congiura degli opposti "
di Maria Benedetta Cerro


Maria Benedetta Cerro La congiura degli opposti LietoColle, Faloppio, 2012 

Ha scritto di recente Nicola La Gioia: «Il più squillante e splendido what if che sorge dalle pagine migliori di Aldo Busi è infatti: cosa sarebbe accaduto alla lingua italiana (cioè a tutti noi) se a un certo punto avesse imboccato la via di Boccaccio anziché quella del Petrarca, se avesse conservato la sua forza materica e la sua viva complessità, libera dalla padronalità curiale, poi leguleia, poi accademica, poi ministeriale, infine televisiva e dunque non più la biografia del popolo che avrebbe potuto essere ma il guaito delle plebi di ogni censo e condominio sociale? Non è un caso che Busi consideri una grande occasione mancata la messa al bando della Bibbia di Diodati nel Seicento. Se Lutero, con la sua traduzione, fondava la lingua tedesca, agli italiani toccherà per molto ancora il latino amministrato dalla Chiesa (la Controriforma senza Riforma), cioè una lingua padrona. L’italiano giungerà irrimediabilmente borbonico o savoiardo, fascista o democristiano, poco gramsciano e molto togliattiano di stanza all’hotel Lux. Sempre servo di qualcuno».

lunedì 5 novembre 2012

Enzo Giarmoleo
Maestri, Compagni di viaggio,
Manipolazioni del potere.
Post Beat e Romantici



Aggiungo in un altro post autonomo (ribaltando il detto "chi tarda arriva peggio alloggia") la risposta di Enzo Giarmoleo al tema  "Lista di maestri per i moltinpoesia" (qui). [E.A.]

Negare in assoluto la possibilità di un maestro o di un compagno di viaggio è difficile; accade a tutti di trovare lungo il proprio percorso un punto di riferimento, una luce, un barlume forse anche un verso che si rivela affine al proprio sentire in maniera episodica o anche duratura. 
Anche se viviamo in una società di massa in cui il rapporto tra poeta e maestro è sicuramente cambiato, in un’epoca in cui tutti vogliono essere giustamente poeti e tutti vogliono essere protagonisti, può accadere ancora oggi che un poeta diventi punto di riferimento.
Quello che vorrei però sottolineare è invece il carattere spesso forzato di una scelta, mi sembra che il poeta, cui capita di fare riferimento sia solo l’immagine del poeta così come ci viene trasmessa dal potere culturale.
A volte questa immagine distorta può riguardare interi movimenti letterari, altre volte questo potere addirittura attua un black out su intere generazioni di poeti.

Donato Salzarulo
Sui miei maestri di poesia



Pubblico qui la risposta di Salzarulo al tema proposto nel post sulla "Lista di maestri per i moltinpoesia" (qui). Spigliata e sincera com'è, può  spingere a una rilettura di  tutte le altre pervenute per tentare  qualche provvisoria conclusione. [E.A.] 

Nel laboratorio dei Moltinpoesia abbiamo conversato sulle nostre scritture poetiche. Scopo: confessarci più che le nostre “angosce dell'influenza”, il rispettoso furto di ciliegie operato sugli “spiriti magni”. In altre parole, dovevamo dirci se ritenevamo le nostre scritture sorrette dall'autorità di uno o più illustri maestri o, almeno, di qualche compagno di versi. O ancora, e in breve, con quali poeti morti e vivi avevamo più colloquiato nel corso del tempo.
Il colloquio è scambio d'idee più o meno programmato, relazione fra soggetti di pensieri, agenti di emozioni. Forse, però, prima dei colloqui intenzionali, scelti e/o volontari, nelle scritture poetiche si aziona un contagio della voce che definirei inconscio. Voglio raccontare un aneddoto che, a ricordarlo, suona tuttora sorprendente. Nella mia scuola due maestre diventarono amiche. Nulla di male, si dirà. Vero. La mia meraviglia nasceva dal fatto che la maestra più giovane, ad un certo punto, ripeteva alcune modulazioni e toni di voce dell'altra. Non era forse imitazione consapevole e, meno che meno, frutto di una scelta da attrice. Era probabilmente il risultato di un contagio. Credo che capiti, grosso modo, la stessa cosa in poesia. Si è contagiati.

sabato 3 novembre 2012

Lucio Mayoor Tosi
Guardalo in faccia


Lucio Mayoor Tosi, Ingozzata liberista

Guardalo in faccia. E' nero, è sporco. Fa spavento
nessuno lo vuole. Piace ai maniaci, agli psicopatici
ai consumatori di iPhone, ai bottegai lustrascarpe
ai servi padroni.

Guardalo e guardati in faccia. Sei falso.
Vuoi denaro, sei interessato al denaro, non al lavoro.
Sei interessato ai tuoi figli, a tua moglie
al parmigiano col miele.

venerdì 2 novembre 2012

Ennio Abate
Oggi ho letto…
tre brevi pezzi di B. Brecht




…e mi sono venute in mente, per contrasto, tante farraginose elucubrazioni che affiorano quando si parla dei rapporti che i  sentimenti intrattengono con la poesia. Toh, mi sono detto, per trovarmi d’accordo con un poeta, devo andarmelo a ripescare tra quelli morti e in un paese che poco conosco e in un’epoca ormai lontana. Quanta saggezza ritrovo, però,  in alcuni passaggi di questi tre scritti! Sia quando leggo: «i sentimenti possono essere sbagliati quanto i pensieri»,  un concetto formidabile contro  sentimentalismi  e intellettualismi, entrambi unilaterali. Sia quando rileggo più volte il passo in cui afferma: « Quando il proposito di scrivere una poesia è autentico, sentimento e ragione lavorano in pieno accordo gridandosi lietamente l'un l'altro: Decidi tu!». E grido quasi 'evviva!' per l’elogio che Brecht fa della critica: «l'atteggiamento critico è l'unico produttivo e degno di un essere umano», uno sberleffo ai  vari falsi amici della poesia, che guardano alla critica come fumo negli occhi. Certo questo Brecht è d’altri tempi. E poi era un comunista; e anche qui parla ancora di una «classe Proletaria» (addirittura con la maiuscola!) che avrebbe dovuto diventare capace di «godimento critico» per «entrare in possesso della cultura borghese». Questa classe, lo so, non c’è più in quella forma desiderata/pensata dal marxista Brecht. E   condividere quella sua fiducia oggi sarebbe un errore. Ma spero che quanti non si contentino di usare la poesia come un’utilitaria o un Suv per portare a spasso il proprio individualismo sapranno apprezzare i suoi inviti  alla ragione e alla critica. E, dopo averle rispolverate, si ripropongano col loro aiuto anche il problema ineludibile dei destinatari delle proprie scritture poetiche. [E.A.]

mercoledì 31 ottobre 2012

Marcella Corsi
L'intelletto delle erbe



Pubblico il saggio di Marcella Corsi che esplicita i temi presenti nella sua poesia già pubblicata autonomamente  qui in un confronto con un Fortini  da lei indagato secondo l'ottica dell'ecologia letteraria. [E.A.]


Prove per un approccio ecocritico ai versi di Fortini: Una obbedienza
  
Non di rado scorrendo versi di Fortini ero stata colpita dalla rilevante presenza in essi del mondo animale e di quello vegetale[1]. Ho voluto rileggere quei testi alla luce dell'ottica proposta dall'ecologia letteraria. Forse solo un modo per riproporre versi che mi avevano colpito. Sicuramente un tentativo di far intravedere un modo diverso di avvicinarsi ad un'opera già indagata con approcci differenti.
In estrema sintesi l'ecologia letteraria è un metodo che si situa tra ermeneutica e attivismo, uno strumento con cui l'etica ambientale si esercita criticamente sui prodotti letterari, proponendo un'idea di cultura come strategia di sopravvivenza, motivata da precise esigenze di rifondazione culturale, in continuo esercizio di creatività. Sul versante storico˗ermeneutico si tratta di un approccio volto ad acquisire consapevolezza dei valori ecologici – in senso affermativo o negativo – di cui un'opera, e un autore attraverso le sue opere, si fa portavoce. Da un punto di vista etico˗pedagogico essa vede nel testo letterario, e più in generale nell'opera d'arte, anche uno strumento di alfabetizzazione ambientale volto ad orientare positivamente il modo con cui gli umani si rapportano al mondo non umano[2].   

Giorgio Linguaglossa
Ritornare sulla poesia dell'essenzialità
di Tomas Tranströmer



da 17 Poesie (1954)

Sotto il quieto punto volteggiante della poiana
avanza rotolando il mare fragoroso nella luce,
mastica ciecamente il suo morso di alga e soffia
schiuma sulla riva.
La terra è celata dalle tenebre frugate dai pipistrelli.
La poiana si ferma e diventa una stella.
Il mare avanza rotolando fragoroso e soffia
schiuma sulla riva.

domenica 28 ottobre 2012

Paolo Ottaviani
Il giogo della rima
e l’«homme très-faible»



Treccia della parola nella Poesia

Più bella incatenata da libertà eloquente
sta incisa la parola nel ritmo della mente:
non può vagare alata né far la capriola
ma sarà lei a guidarti con sempre nuove arti

Cosa chiediamo alla poesia?
Due esempi:
Romano Luperini e Francesco Di Leno


Lucian Freud, Autoritratto

L’accostamento dei testi di due autori - così diversi per cultura, condizione sociale e coscienza dello strumento usato per esprimersi (la poesia) - non sembri incongruo  o bizzarro. Li accomuna il ricorso alla poesia in momenti di estrema difficoltà, personale o politica che sia.  Entrambi ripropongono così l’irrisolta  domanda  su cos’è la poesia. Perché ad essa ricorrono un noto studioso di critica letteraria - come Romano Luperini, e un oscuro scrittore come Francesco Di Leno, ex impiegato che si presenta come “poeta politico”? Non lascerei cadere la questione e ci rifletterei  tre volte prima di rispondere. [E.A.]

Poesie. Reparto di oncologia
di Romano Luperini

Ho passato mesi da una clinica all’altra.  Per combattere l’insonnia feroce ho scritto di notte dei versicoli che riporto qui non per esibizione letteraria ma per documentazione diaristica. Solo il distacco della forma mi ha consentito di vincere il pudore della confessione e la coscienza del necessario inganno della letteratura.

giovedì 25 ottobre 2012

UNA LISTA DI MAESTRI
PER I MOLTINPOESIA?
LE RISPOSTE.



Nell’ordine in cui mi stanno arrivando dopo la serata del 23 ottobre 2012 alla Palazzina Liberty di Milano, pubblico i riassunti degli interventi che ho sollecitato ai partecipanti all’incontro. Questi sono i primi. Gli altri li aggiungerò mano mano nei prossimi giorni. Nella logica di scambio reciproco che è del Laboratorio Moltinpoesia, pubblicherò anche il mio, che non ho potuto fare per mancanza di tempo, e  tutti quelli di amici e amiche lontani o assenti quella sera, che volessero rispondere brevemente alla (problematica) domanda che apriva la serata. Le considerazioni aggiuntive o conclusive verranno dopo, tenendo così conto anche degli auspicabili commenti dei lettori del blog. [E.A.]

Interventi finora pervenuti: Pezzaglia, Chiarei, Mannacio, Colnaghi, Mayoor Tosi, Accorsi, Moramarco, Provenzale, Villa, Abate.

martedì 23 ottobre 2012

Annamaria De Pietro
Sei poesie
da "Magdeburgo in Ratisbona"



L’albero

A Wilma,
che nell’aria cantava
chiusa dalla ringhiera
a picco sul giardino

Io vidi il muro abitato dall’albero.
Ragionamenti udivo –
ebbi paura che i becchi
troppo nei cerchi in fondo
trovassero originaria la spiga.
Fra loro ne parlavano,
volte le teste a destra,
dentro l’ombra a sinistra
prendevano nozione
e abitavano il chiuso cristallo
che ai confini
batteva dentro il guanto gli ossicini
come uguale un’infanta imprigionata
da un capitano a cavallo.


Marcella Corsi
il mio desiderio è un albero che supera il cielo


tutto da una conchiglia – Erasmus aveva
le sue ragioni – minuscole nel fango primordiale
di oceaniche grotte di perla poi vegetali essenze
dotate di respiro e pinne e ali e piedi (chissà
se Katherine pensava a Darwin quando scriveva
di conchiglie e grotte di perla)

lunedì 22 ottobre 2012

Giorgio Linguaglossa
Sul Meridiano ad Amelia Rosselli



Amelia Rosselli L’opera poetica, I Meridiani,  Mondadori, Milano 2012  


Era tempo che si attendeva questo Meridiano dedicato alla poesia di Amelia Rosselli. Finalmente abbiamo in un unico volume tutte le poesie di una tra le maggiori personalità poetiche di livello europeo del Novecento introdotte da un accurato e ampio apparato filologico di Francesco Carbognin, Chiara Carpita, Silvia De March e Gabriella Palli Baroni, oltre a una puntuale prefazione di Emmanuela Tandello.

SEGNALAZIONE
Ennio Abate
Riflessioni su “Dinanzi al morire”
di Francesca Diano

Vanitas vanitatum - Salvador Dalì

Sul blog di Francesca Diano IL RAMO DI CORALLO uscì il 9 sett. 2012 un suo resoconto (qui) del Convegno internazionale Dinanzi al morire svoltosi presso il Centro Culturale San Gaetano a Padova dal 6 all'8 settembre. Lo lessi il 27 settembre, il giorno successivo alla morte dell'amico Carlo Oliva (qui) e scrissi  alcune considerazioni che Francesca ha avuto la gentilezza di ospitare nel suo blog (qui).  Segnalo la cosa  su Moltinpoesia, invitando chi  volesse commentare a farlo direttamente  sotto il post pubblicato da Francesca. [E.A.]


1.
Ieri sono stato ai funerali di Carlo Oliva. C’era molta gente. Nel salone in sottofondo una canzone anarchica. «Nostra patria è il mondo inter..». Sicuramente molti di questi suoi amici e amiche, oggi coi segni della vecchiaia nei corpi, saranno stati nelle manifestazioni a cui anch’io partecipai nel ’68-’69 per le strade di Milano. Invano cerco di riconoscere  qualche volto. Non siamo più quelli di allora. Tra quanti hanno preso la parola per salutare l’amico morto, le  cose più commosse e amare le ha dette Felice Accame, il libraio della Odradek di Milano, che con Carlo Oliva ha avuto un sodalizio intellettuale durato oltre un quarantennio. Ha accennato alla forza dell’amicizia e alla fiducia che si era costruita tra loro due nel tempo: quello che scriveva uno era condiviso  pienamente dall’altro. Ma ha anche detto che tutto quel lavoro  compiuto assieme in tanti anni è rimasto inascoltato: la società è andata nella direzione opposta a quella desiderata; i nemici si sono dimostrati  più forti. È un atto di coraggio, per me ammirevole, dirselo e dirlo in pubblico davanti alla salma di un amico. Poi ciascuno farà o confermerà la propria scelta: inchinarsi ai forti diventati più forti o continuare a resistere comunque.
2.
Oggi, con ancora nella mente le immagini della salma di Carlo Oliva e del suo funerale, leggo sul blog IL RAMO DI CORALLO «Dinanzi al morire – Un convegno e tre mondi a confronto». È un resoconto dei principali interventi lì tenuti, ma anche una profonda riflessione sul tema della morte che relegata da noi «nel sottoscala, come un parente di cui ci si vergogna». Francesca Diano sostiene, infatti, che «l’occidente non accetta la morte» e non la vuole «guardare in faccia», pur essendo «una delle società più violente, sanguinarie e prive di compassione». Aggiunge che da noi «il lutto diviene spesso una patologia da guarire», per il venir meno di «quelle forme e quei riti codificati che nel corso della storia e delle culture hanno accompagnato il trapasso». E conclude con una sorta di denuncia: oggi si preferisce coprire il vuoto prodotto dalla perdita di senso di quei riti con «l’ossessiva celebrazione dell’eterna giovinezza, dell’eterna efficienza, dell’eterna sopravvivenza a qualunque costo».
[Il testo completo si legge qui]

sabato 20 ottobre 2012

Laboratorio Moltinpoesia

 

incontro del 23 OTTOBRE 2012 ore 18
 a cura di Ennio Abate
Una lista di maestri per i moltinpoesia?
Proviamoci…

Se avete trovato il poeta- maestro che vi ha aperto la mente già dalle elementari, se avete incontrato solo poeti-compagni di strada  coi quali avete fatto brevi passeggiate, se da qualche poeta avete imparato comunque qualcosa, venite e raccontatelo (magari leggendo anche qualche loro testo)…

Palazzina Liberty
Largo Marinai d’Italia 1, Milano
(ingresso libero)
Come raggiungere con i mezzi pubblici la Palazzina Liberty Largo Marinai d’Italia – Milano:
Tram: 12 - 27
Autobus 45 - 60 - 62 - 73
Filobus 92


SEGNALAZIONE
Amedeo Anelli
su Roberto Rebora

23 ottobre 2012 ore 18:30
 Presentazione del volume di
Amedeo Anelli
 Qui sto e tu?
Interrogazioni sulla poesia di Roberto Rebora
 Edizioni Zona Franca - Lucca – 2012
 ne parlano con l'autore
Daniela Marcheschi –  autrice del volume Il sogno della letteratura, Gaffi 
Franca Severini  editore del libro

Roberto Rebora nasce a Milano il 25 gennaio 1910. Il padre Mario Rebora, avvocato penalista e fratello di Clemente Rebora,  muore a Milano il 6 maggio 1925. Roberto, che ha quindici anni, lascia il Liceo Parini e trova impiego come magazziniere ai carboni dell’Officina del Gas della Bovisa, dove lavorerà quattro anni, studiando nel frattempo e riuscendo ad ottenere il diploma di ragioniere. Nel 1932 pubblica la prima poesia in «Circoli. Nel 1938 inizia a collaborare a «Corrente» con recensioni, poesie e scritti sul teatro. Nel dopoguerra si occupa di teatro, critica teatrale e letteraria per giornali e riviste. Traduce dal francese e dallo spagnolo. Insegnerà anche per anni a Milano alla Civica scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro.  Negli ultimi anni di vita, vive in stato d’indigenza nel costante aiuto degli amici. Tardivo arriverà a pochi mesi dalla morte l’ottenimento dell’assegno previsto dalla legge Bacchelli. Muore nel 1992 a seguito di una caduta nella sua abitazione. Oltre a otto raccolte di versi, pubblica in vita uno studio su Giovanni Battista Angioletti (Padova, Cedam, 1944), il volume Scenografia d’oggi in Italia (Milano Görlich, 1974). Postumi escono, a cura di Nicoletta Trotta, Della voce umana e poesie inedite (Novara, Interlinea, 1998) e, a cura di Sergio Bajini, Prose disperse (Milano, viennepierre, 2003).
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venerdì 19 ottobre 2012

SEGNALAZIONE
Francesca Diano
Su "Paradiso" di G. Linguaglossa



Quale sia il senso del mito e del sacro che ogni epoca ha, è compito della storia del pensiero descrivere. Ma persino quando questo senso appaia assente, o svilito, come oggi da noi e quanto più in Italia, tuttavia esiste. In forme inaspettate. Eppure emerge, a volte, in tutta la sua (pre)potenza arcaica, quella che mi piace definire  la sua Urgestalt.
Ho trovato questa Urgestalt  nel Paradiso di Giorgio Linguaglossa (Roma, 2000, Edizioni Libreria Croce). E nel leggere, la prima immagine che mi è apparsa alla mente è stata quella de La caduta degli angeli ribelli di Pieter Breughel il Vecchio. L’immagine si è affacciata alla mente per due motivi. Il primo è la forza visionaria del dipinto, analoga a quella che ho trovato nel Paradiso, il secondo è la sua costruzione su tre piani, che ho ritrovato nella tripartizione del testo; la Città di Lite, la Città di Dite e la Città dei sentieri che si biforcano.
La poesia di Linguaglossa ha una natura (o dimensione) architettonica e allo stesso tempo pittorica. Dunque si muove in uno spazio intermedio tra struttura e visione, fra tridimensionalità e superficie. Questa profondità è lo iato che dà respiro e spazio all’invisibile. Uno spazio ambiguo, nel senso di duplice. Quell’Urgestalt di cui si diceva. Ma è proprio la presenza di questa dimensione architettonica nel testo che testimonia la consapevolezza di Linguaglossa della diversità della lingua poetica rispetto al linguaggio d’uso comune. Il suo poema arde.

(Il saggio si legge per intero sul blog di Francesca Diano qui)

giovedì 18 ottobre 2012

SEGNALAZIONE
Annamaria De Pietro
Magdeburgo in Ratisbona


Magdeburgo in Ratisbona, Annamaria De Pietro, Milanocosa Edizioni, Milano 2012

In questo libro c’è, ecco, questa tensione all’aprirsi del bianco della pagina, mentre intreccia forme tra pensiero informante e fatti, nella coscienza del rischio del vuoto di senso. È una tensione che ha corrispondenze, per me, con lo stato di degrado, disgregazione e disperazione impotente, subito e vissuto da larghi strati sociali. Il problema è (è stato già detto) prima di tutto culturale, di una cultura che rielabori un pensiero adeguato ai vari ambiti della prassi, politica, etica ecc., compresa quella poetica.

mercoledì 17 ottobre 2012

Emilia Banfi
Il cantante



E’ nella bottiglia il barlume
ancora una volta, è l’ultima volta
si vede com’era  alla macchina
la mani nere , olio, le impronte
sulla serranda che saliva e scendeva
come il rhum nel bicchiere.
Era il vizio di lavorare svuotato
da chi  non lo voleva autore
di rischiose canzoni,
allora cantava e cantava
anche quando perse le dita.

Con una mano puoi vivere
puoi  bere e sognare
guardare qualcuno avvitare
cambiare candele e motori
sporcarsi di olio e annusare
la vita di un giorno, di un’ora
ma nessuno ti sente cantare
nel vano di specchi
di un ascensore che sale.

Paolo Carlucci
Poesie
da "Dicono i tuoi pettini di luce
- Canti di Tuscia"


Il libro di esordio del romano Paolo Carlucci si segnala per la felice circostanza di uno sguardo lirico che combacia con un paesaggio, insieme intonso e graffiato: «i tuoi pettini di luce» «tra macchine in sosta», «orgoglio di beltà / tra negozi e caffè», in un felice connubio tra il quotidiano e il lirico, tra paesaggio memoriale e scavo interiore, contemplazione e annuncio. Certo, un esordio in contro tendenza, conservativo, aurorale, idillico in mezzo al  mondo della contro riforma della rivoluzione mediatica, è un bel che dire… ci sono qui, a mio avviso, tutti gli ingredienti di una futura implosione tematica e linguistica, che però nell’equilibrio statico della poesia di Carlucci, ancora non avviene. Il tutto è immobile, tout se tient. Ancora, forse per poco, ma ancora.
Giorgio Linguaglossa

Francesco Tarantino
La strage di alberi
del cimitero di Mormanno.
Con una nota di G. Linguaglossa


Mormanno, un piccolo comune della Calabria. Il Cimitero di Mormanno. Un certo giorno il sindaco del comune fa tagliare tutti gli alberi centenari che abbellivano il cimitero di Mormanno. Un atto vandalico. Un poeta calabrese di nome Francesco Tarantino denuncia alla locale Procura della repubblica la strage di alberi. Nulla, non succede nulla. E allora il poeta appone sulla soglia di ogni albero reciso un leggìo con su scritto una poesia di un poeta italiano, ma mani ignote abbattono alcuni leggii e deturpano il luogo. È un affronto sull’affronto, una vergogna alla quale Francesco Tarantino non si arrende, e denuncia e rimette in piedi i leggii abbattuti. È una questione di Memoria. È una questione di barbarie. E la grottesca vicenda diventa una tenzone legale perché il sindaco intima a Francesco Tarantino di ritirare i leggii con le poesie e il poeta risponde tramite un legale che l’apposizione di quei leggii è pienamente legittima.

lunedì 15 ottobre 2012

SCRITTURE DI SCENA
Angela Villa
Su "Push Up (Spintarelle)"


Oltre a dare di tanto in tanto un'occhiata alla narrativa, perché non darla anche al teatro? Angela Villa se ne occupa da tempo e ci darà qualche dritta. Cominciamo da questa...[E.A.]
A Milano il Teatro Filodrammatici apre la nuova stagione teatrale con “Push Up  (Spintarelle)”, dell’autore tedesco Roland Schimmelpfennig. Roland Schimmelpfennig è uno degli autori emergenti della nuova drammaturgia tedesca, nato nel 1967 a Gottinga. Le sue drammaturgie mescolano iper – realismo ed espressionismo, facendo leva soprattutto sull’estrema frammentazione delle unità di tempo e di luogo. Quello che conta è il presente, un eterno presente, dove i personaggi agiscono senza capirsi, ognuno chiuso nel piccolo mondo dei propri desideri insoddisfatti. Legarsi al presente è l’unica sicurezza possibile, ma anche l’errore più grave, sembra suggerire il giovane drammaturgo, l’ossessione per il presente, impedisce di proiettarsi nel futuro, svilisce l’impegno politico e l’azione collettiva che necessita di sguardi futuri, di immaginazione, di “pensiero trasformatore” capace di riesaminare e cambiare lo stato attuale.