mercoledì 16 aprile 2025

SU "Sotirios Pastakas: In principio era la Poesia"


MIO COMMENTO A UN POST SU FB DI LEA MELANDRI

di Ennio Abate
"La poesia, come le altre arti, ha un urgente bisogno di riscoprire la sua natura: che la spinta propulsiva che ha viaggiato da Omero ai giorni nostri ci possa accompagnare fino alla fine del mondo ... In principio era il Verbo, sarà ancora la poesia a scrivere la parola fine." (Pastakas)
Ancora con questo mito delle Origini o quasi!
Più terra terra, se Pastakas riconosce che "le arti hanno cessato di sorprendere la gente comune" e che "la sorpresa la offrono le scoperte scientifiche", non sarebbe il caso di chiedersi quali siano le ragioni storiche che hanno portato alle "conquiste della scienza, negli ultimi 50 anni così spettacolari", per capirne la causa profonda (e anche i rischi derivanti da una sua subordinazione al Capitale)?
E non sarebbe anche il caso che i poeti imparassero di più dagli scienziati invece di snobbarli? Ad esempio: la regola elementare della cooperazione che è forse una delle molle fondamentali del "successo" delle scienze?
P.s.
Avevo posto così la questione in un Editoriale de IL MONTE ANALOGO, rivista di poesia "milanese", N. 4 nel lontano 2006:
"E sarà pur scandaloso ricordarlo a poeti e critici letterari, ma è bene imparare da microbiologi, genetisti e altri scienziati, da tempo convinti che il sapere e l’informazione non vengono prodotti da singoli individui, bensì collettivamente, attraverso la cooperazione; e che quindi la natura sociale e comune della produzione odierna mette in discussione la loro privatizzazione. Questo principio, anche se si fa finta di non accorgersene e troppe sono ancora le resistenze, vale sempre di più anche per la poesia (o, ad essere prudenti, almeno per il lavoro svolto dalle riviste)."
Sotirios Pastakas: In principio era la Poesia
Ho chiesto a Sotirios Pastakas, che parla bene la nostra lingua, di tradurre l’intervento che ha fatto a un incontro sulla poesia che si è tenuto ad Atene, due anni fa, dal titolo intrigante: “La fisica della poesia”.
Non mi ero sbagliata: “due paginette dinamite”, come le ha definite, e, io aggiungo ‘rare’, nel contesto culturale e politico in cui viviamo: per la convinzione profonda con cui restituisce alla poesia il posto che ha avuto nella storia umana per così lungo tempo, per la determinazione con cui ne auspica il ritorno nell’immaginario e nelle pratiche delle nuove generazioni, per l’appassionato coinvolgimento esistenziale nella sua arte.
La fisica della poesia
L'arte e la scienza sono mondi paralleli. Le molecole che esistono nella loro unicità, quando si attraggono e si respingono contribuiscono alla creazione dell'universo. Sono fermamente convinto che il principio del kosmos è la parola.
La parola dà inizio all'universo. A cominciare da Omero, e ancora di più, prima di lui, da Esiodo, tutta l'umanità ha creduto ed è rimasta entusiasta della poesia. Ciò è continuato fino al 1950 circa, o, per essere più precisi, fino al 6 Agosto 1945: dopo l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima, il mondo è stato affascinato da qualcosa che ha finito per erode lentamente il suo interesse per le arti.
Il rapido sviluppo della fisica e della scienza in generale ha spostato lentamente l'interesse dall'arte alle realizzazioni tecnologiche.
Le conquiste della scienza, negli ultimi 50 anni così spettacolari, sono state scolpite nell’ immaginario inconscio di noi tutti, così profondamente da sostituire la sorpresa fino a poco tempo fa fornita solo dall’ arte.
La mia opinione personale è che la crisi, di cui tutte le arti sono travagliate al giorno d'oggi, non sia dovuta ai luoghi comuni che sentiamo tutti i giorni: la crisi degli autori, la debolezza delle opere, la vista incompleta dei media, i ragazzi che non leggono ecc, ecc.
Per anni ho consolidato la mia convinzione personale che le arti hanno cessato di sorprendere la gente comune. La sorpresa la offrono le scoperte scientifiche che bombardano il nostro quotidiano, e che hanno spostato l’ interesse dell’ immaginario collettivo verso le esigenze della Fisica, della Biologia, della Medicina e dell’ informatica.
Il poeta sembra non esserne toccato: bloccato in una routine che spesso è ancora più misera e petulante dei suoi lettori, dissipa il suo “canto” per esperienze quotidiane banali. Il suo dire non ha più l'alibi dell’ unico e dell’ irripetibile.
La poesia, come le altre arti, ha un urgente bisogno di riscoprire la sua natura: che la spinta propulsiva che ha viaggiato da Omero ai giorni nostri ci possa accompagnare fino alla fine del mondo ... In principio era il Verbo, sarà ancora la poesia a scrivere la parola fine.
Auspico una Poesia escatologica che prenda ancora una volta il primo posto nelle nostre emozioni. Basta farsi cullare dal pensiero che in " tempi di antipolitica”, il compito dell'artista è semplicemente mantenere viva la fiamma della candela, con la speranza che ci sarà una nuova era.
Non possiamo più aspettare. Andrej Tarkovskij è l'ultimo poeta che ci ha indicato la via: il Poeta (con la P maiuscola prego) è il cacciatore testardo dell’ assoluto. Per inseguirlo è disposto a sacrificare se stesso.
Solo quando l'artista sarà disposto a inseguire l'assoluto e offrire in sacrificio per il bene dell’ Arte la sua esistenza personale, solo allora saremo di nuovo poeti. Fino ad allora, fino a quando non si manifesteranno questi giovani artisti (nella musica, nei film, nella pittura, nella poesia, nel teatro), l’ Arte rimarrà comunque un prodotto di consumo ad opera di vari servizi culturali, e continuerà a essere molto indietro rispetto al passo della scienza.

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