La statistica e la poesia (un tema per le vacanze?)
Le due discipline sembrerebbe del tutto incompatibili. Che sia poi io, che in statistica fui giustamente bocciato, a proporre questo tema, è forse paradossale… ma ammetto di essere curioso di conoscere le vostre risposte sul vostro modo di fare poesia...
In statistica si devono fare – piaccia o non piaccia - delle caselle e le vostre risposte devono per forza rientrare almeno approssimativamente in qualche categoria. Con libertà di fare poi ogni distinguo: oltre alla A e alla B, c’è tutto l’alfabeto..
A. E’ la talentuosa, e subito intelligente, ispirazione a dominarvi: scrivete di getto, ritenete la vostra poesia definitiva e non ci tornate su? Siete anzi convinti che una successiva elaborazione potrebbe portare alla distruzione dell’originale inimitabile genuina ispirazione?
B. E’, per una buona riuscita della vostra poesia, altrettanto importante della necessaria prima ispirazione la successiva intelligente elaborazione? Non ritenete che questo lavoro artigianale sia più decisivo e non escluda, anzi, la creazione di nuove ispirate invenzioni?
Premesso dunque che la scrittura nasce sempre da una prima ispirazione, e premessi i miei complimenti agli ispirati appartenenti alla categoria (A), vi domando - se siete della seconda categoria (B): avete un vostro filtro (discriminatorio, distruttivo e/o ricostruttivo)?
Potete descriverlo? Ne do qualche semplice esempio:
1. E’ un comune (più o meno elevato) patrimonio culturale scolastico, ad esempio la propria laurea in “belle lettere” e quindi la consueta frequentazione di classici antichi e moderni? Quali i vostri poeti preferiti?
2. Oppure il vostro è un sistema culturale personale, evoluto da specifiche letture fatte da autodidatta (ricordo che Montale era ragioniere e Quasimodo geometra). Mi spiego meglio: oltre alle letture di classici e moderni che avete scelto voi, avete fatto quelle specifiche letture di “consigli di grandi poeti sul come si scrive una poesia”? Quali libri avete letto di questo genere?
E’ chiaro che nessuno di noi vuole essere incasellato in una specifica categoria, però si può tentare di avviare con questo prima schema una discussione su questo argomento.
Io personalmente – l’ho già detto - invidio quelli della categoria (A), ed ammetto che scrivo invece con grande difficoltà e le mie poesie non sono mai di getto. Quindi potrei mettermi (con un po’ di claustrofobia) nella casella B-2
Mi piacerebbe anche che quelli che hanno studiato più di me letteratura distinguessero, con esempi, tra grandi poeti efficaci scrittori di getto e i grandi che invece hanno raggiunto la perfezione dei loro componimenti con lunghe, faticose elaborazioni.
Schedato come B2, io ritengo indispensabile l’elaborazione. Ho bisogno di faticose prove e riprove per arrivare a quella che credo giusta espressione in termini di “mia” verità ed armonia. Credo in un laboratorio individuale. Ritengo che un collettivo non produrrà mai una buona poesia, ma posso riconoscere che forse le civili discussioni che nascono in un laboratorio come quello di moltinpoesia possano far meditare ed influire sulla poesia dei singoli, questo sì.
Lontano dai miei libri, e con poca memoria, posso contribuire citando i miei maestri, consiglieri dei “giovani” poeti del 900 (Poe, Eliot, Pound, Dylan Thomas, e forse altri che ora non ricordo).
Se ne avete voglia dite sul blog che cosa ne pensate. Penso che questo passatempo delle vacanze potrebbe non essere inutile.
3 commenti:
Caro Paolo, apprezzo la tua proposta alla quale io rispondo forse purtroppo con molta franchezza: Statistica? disciplina? 1,2,3..A,B,C.. Io leggo e scrivo perchè mi piace e il laboratorio mi stimola molto anche a migliorarmi individualmente, io ho sempre creduto molto nei lavori di gruppo e di ascolto. I miei maestri li sto conoscendo piano piano, non ho fretta devo vivere a lungo e voglio essere libera fino alla morte! Ciao Emy
Possiamo anche essere disonesti: riscrivendo una brutta poesia la si può rendere accettabile. Perché no?
Nella scrittura di getto arrivano anche versi perfetti, questo perché anche la scrittura di getto nasce sorvegliata. Se mai è spesso sovrabbondante e, se decido di sfoltire, spesso lo faccio perché voglio bene al lettore e non mi va di tediarlo.
Ho imparato più dal confronto diretto con i poeti che leggendo, e ho scritto poesia anche grazie alla prosa (i saggi della Yourcenar e il diario di Nijinsky, per fare dei nomi). Confido che la memoria sia una risorsa sconfinata dove tutte le sensazioni, le emozioni e i pensieri, lasciano il segno. Importa che si assorba dalla vita oltre che dai libri.
Il lavoro di gruppo mi piace, sento che l'impegno e l'entusiasmo degli altri poeti mi fa bene. Mi infastidiscono gli accodamenti, la scrittura di genere...
mayoor
... dimenticavo le lettere della Cvetaeva.
mayoor
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