lunedì 20 dicembre 2021

Perché scriviamo poesie

 


Per una storia dei moltinpoesia/Appunti

 

Riporto dal sito di POLISCRITTURE l'articolo di Donato Salzarulo e i commenti che documentano la riflessione sul perché scriviamo poesie avvenuta tra febbraio e marzo 2009 nel Laboratorio Moltinpoesia di Milano [E. A.] 

lunedì 13 dicembre 2021

Mappe sì ma non così…


 

Riordinadiario 11 dicembre 2021 di Ennio Abate

Commento lasciato a MAPPA IMMAGINARIA DELLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA di Laura Pugno su LE PAROLE E LE COSE (qui)

“Quindi in Italia ci sono 100 poeti degni di una antologia? Già è difficile trovarne 4 o 5.” (Andrea)

Anche la Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea di Laura Pugno – per carità intelligente, manageriale, sopportabilmente amicale e inclusiva – ripropone di fatto l’eterno, ideologico, arbitrario, crociano, liberale, élitario, taglio tra poesia e non poesia. Il problema non è se i poeti oggi siano 100 o 5. Anche perché non esiste autorità capace di deciderlo in modi convincenti. Il problema è che nella società italiana, passata bene o male attraverso una scolarizzazione di massa, anche l’esercizio della poesia è diventato ambiguamente, nebulosamente, forse democraticamente, di massa. (Ho parlato e scritto, altrove ma anche qui su LPLC, dei “moltinpoesia”). E questo fenomeno andrebbe studiato e capito nella sua complessità. Detto in breve, non mapperemo bene (fingendola “immaginaria”) la poesia italiana contemporanea senza una mappatura rigorosa anche della sua (supposta o reale) “periferia” (i “moltinpoesia”). Come non si capisce bene una città se non si tiene conto dei suoi dintorni, che possono svelare sorprese. Bisognerebbe, perciò, imparare dagli scienziati che inseguono e si scambiano tutti i dati disponibili. Invece, per pigrizia, per rendita di posizione conquistata e gelosamente difesa, si resta a pescare e a pensare soltanto nel proprio bacino di osservazione più o meno ristretto. E così continuano ad uscire periodicamente crestomazie, antologie, annuari e quant’altro. Come si fosse ancora nelle “patrie lettere” ai tempi di Leopardi o negli anni ’50 del Novecento. Aria alle stanze, signori e signore, per favore!

Appendice

Ennio Abate 18 MAGGIO 2012 ALLE 12:05 (qui )

 @  Massimo Gezzi

«considera che ogni recinto ha il suo pastore, ed ha una guardia forestale che sorveglia i cinghiali, tenendoli lontani; ed anche considera che il mondo di fuori riserva sorprese» (Commento di Stan su Le parole e le cose 30 novembre 2011 alle 13:38)

«dentro il recinto ogni scelta conduce all’esaltazione del recinto medesimo» (Commento di Stan su Le parole e le cose 1 dicembre 2011 alle 17:00)

Salto i preamboli e chiedo:
1. perché una rubrica dedicata soltanto ai poeti nati negli anni Ottanta rinunciando in partenza a un bel respiro epocale?
2. perché sempre più spesso si vedono in giro “nuovi critici” che i “nuovi poeti” li cercano (e pare li trovino a credergli) esclusivamente nella loro generazione o in quella appena precedente o successiva?
3. continuare a proporre soltanto le “perle poetiche” che spuntano nel proprio “bacino di coltura” può parere amore per un lavoro artigianale ben fatto, ma non è anche segno di miopia, di pigrizia, di paura?
4. non converrebbe uscire dai recinti, in cui di solito le poesie poste “in vetrina” dal curatore di turno ricevono commenti di solito piattamente apologetici e poco argomentati o contestualizzati?
5. non si può coraggiosamente mettere a confronto le “perle” della cerchia A con quelle della cerchia B o C o D e aguzzare l’acume critico a 360 gradi e non a dieci o a venti o al massimo a trenta?

 


lunedì 8 novembre 2021

Moltinpoesia: né neoavanguardisti né heideggeriani

 

Per una storia dei moltinpoesia/Appunti

In questo articolo del 6 febbraio 2013 mi paiono interessanti  due punti:

1.  La lettura di un’intervista in cui Umberto Eco rievocava i caratteri del Gruppo ’63, che servì a capire la distanza abissale del Laboratorio Moltinpoesia da quella esperienza d'élite letteraria.
Scrivevo infatti: «Tra le risposte di Eco mi hanno colpito in particolare i passaggi in cui ricorda: – il rapporto competitivo ma tutto sommato abbastanza cordiale tra vecchi e giovani letterati (gli incontri del sabato al Blu Bar di piazza Meda a Milano); – la condizione sociale benestante e “garantita” dei partecipanti piccoli-medi borghesi del Gruppo ’63 («Noi eravamo già sistemati, tutti lavoravamo già nelle case editrici, nei giornali, in televisione e nell’università») ben distante da quella del precariato intellettuale odierno e dell’attuale ceto medio in via d’impoverimento; – la sua disincantata constatazione della impossibilità cinquant'anni dopo di fare gruppo  («Siamo in un’epoca di cani sciolti»); – l’attrazione  (per lui fatale e condizionante) del mercato («si metta nella situazione di uno scrittore che vede intorno a sé un mercato che può trasformare il suo prodotto in qualcosa che gli permette di vivere»); – «la possibilità e il gusto del confronto», che allora c’era («l’esperienza del Gruppo 47 tedesco, 
scrittori sperimentali che si ritrovavano a leggere i propri testi e poi a criticarsi ferocemente l’un l’altro») e che oggi è irreperibile».
L'esperienza del Laboratorio Moltinpoesia, appena conclusasi, era stata agli antipodi di quella: «sporadici o del tutto assenti i rapporti tra vecchi e giovani; estraneità al sistema delle case editrici dei giornali, della televisione e delle università; estraneità al mercato; difficoltà estrema del confronto e quasi impossibilità di ricucire il legame tra poesia e critica».  Mi accorgevo che non era stato possibile «il passaggio da me sperato e suggerito con insistenza dall’io/noi al noi» (almeno di un gruppo relativamente omogeneo).

sabato 6 novembre 2021

Celan


 

Celan è un poeta che più di tanti altri ho avvicinato muovendomi come in un buio e protendendo verso alcune delle sue poesie le mani (della mente, del cuore) come un cieco che palpa qualcosa di sconosciuto. L’ultima volta lo feci proprio con questo articolo nel 2016 (http://www.poliscritture.it/2016/11/03/celan-e-la-poesia-in-tempi-di-lotta-politica-bloccata/). Poi ho sempre letto – in una sorta di apprendistato illimitato e senza scopo preciso – quel tanto che mi è capitato di trovare in rete su di lui.

Oggi, 6 novembre 2021, mi limito a segnalare un altro testo critico su Celan di un suo appassionato studioso.
L’ho appena letto su ANTINOMIE:

“Siamo una sola carne con la notte”
LUIGI REITANI
31/10/2021
https://antinomie.it/index.php/2021/10/31/siamo-una-sola-carne-con-la-notte-2/

 


venerdì 5 novembre 2021

e era ricascato nella salernitudine

 



E cumme faceve a acchiappà/ a pruvà ancore/ chella cosa/ ca isse sule (quanne?)/ aveve  ncuminciate a chiamà/ a salernitudine/?/
e ca sicure/ fine a quanne stette a Salierne/ nunn’a chiamava accussì/

E ca po che ere?/ e a pruvave sule isse?/ e scumparive appene se guardave attuorne/

 E ere na parole?/ Nu sentimente? /Nu state d’animo? /Nu rulore?/ na  cose/ ere na cose e baste/

Ca spuntave  in mente certi iuorne/ cumm’a oggi che m’ha scritte chiste e Salierne/ per farmi sapere ca pure isse ere e chella parrocchia, / se vuleve fa prevete pure isse/ e ha ditte: ‘i piaceri della carne’/ e m’ha fatte quase rire/ ma m’ha ditte/ e nunn’o sapeve/ ca è muorte Giògiò/ ad agosto/

 E allora è na cosa ca  spunta quenne  se vene a sapé che è muorte quacchune/ ca è muorte pure Giògiò/ e ogni morte  tu o saie/per chi suona la campana/ per te/ e per  i tuoi / per tanti

E sta salernitudine ca è  penziere e morte e è pensiere  e suonno o dormiveglia/ e ca nunn’à niente a che fa cu chist'ate cu  cui se parle e se scrive mo/  e  ca spunte sule quanne scrive a Eggidie/ o penze a Mìneche/ a Nannìne/ e a zia Ludimilla/ che nome!/ e ca nunn’a niente a che fa cu ati discorsi ca fanne G e B e D  e F/

E. A.  3 novembre 2021