sabato 28 settembre 2024

Donato Salzarulo

 


Gli esercizi di lettura e gli altri interventi qui raccolti sono stati realizzati in un lungo arco di tempo che va dal febbraio1995 al gennaio 2024. Essi rappresentano la testimonianza di un intenso colloquio con l’opera di un poeta e saggista fra i più importanti del secondo Novecento letterario italiano.

(dalla PREFAZIONE di Donato Salzarulo a IL GATTO DI FORTINI, prima edizione agosto 2024)


domenica 22 settembre 2024

“Dove c’è fumo c’è arrosto”

 


“Un po’ per celia e un po’ per non morir” (Ettore Petrolini)
Riflessioni sotto forma di filastrocche

di Rita Simonitto

A una volpe saputella
Borbottavan le budella.
Da più giorni non mangiava
Le saliva già la bava
All’idea di un bel desco

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sabato 21 settembre 2024

Per Gianfranco Ciabatti

 


di Roberto Bugliani

“La crisi del movimento operaio ha influenzato in maniera eccentrica la poesia italiana che ha poco discusso il chiudersi di un’epoca pur così ricca e intensa come quella segnata dalla lotta di classe. Tra le eccezioni figura l’esperienza di Gianfranco Ciabatti, sindacalista, quadro politico e autore di cinque raccolte poetiche” (Giuseppe Andrea Liberti, “Nel riflusso. Gianfranco Ciabatti tra poesia e critica politica”, abstract; 2002).
Sono trascorsi tre decenni dalla prematura scomparsa di Gianfranco Ciabatti. Questi trent’anni hanno pesato come il proverbiale masso di Sisifo sopra ogni ambito della realtà socio-politica e culturale italiana; in sostanza, essi hanno rappresentato un cruciale lasso di tempo nel corso del quale sono stati portati a termine processi di progettazione strutturale e di ri-configurazione capitalistica, processi le cui peculiari caratteristiche l’opposizione di classe (o quel che ne restava dopo il suo riflusso politico) non aveva saputo cogliere.

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martedì 17 settembre 2024

Poesia e politica


di Ezio Partesana

 Il contenuto politico della scrittura non coincide con il contenuto materiale anche se, quando accade, il problema è risolto; il dubbio resta per quei testi che parlano d’altro, dal timbro lirico o personale. Se ogni forma è un contenuto storico sedimentato, tuttavia non si può rispondere alla domanda di ordine sociale, se un componimento sia o meno “politico”, limitandosi alla ricostruzione interne delle sue ereditate forme; scrivere sonetti nell’età contemporanea, per esempio, è certo una scelta di opposizione e distanza dal poetare di tutti e chiunque, ma si possono scrivere quartine e terzine anche dicendo sciocchezze reazionarie. L’opposizione tra sentimento privato dell’esistenza e impegno civile è appunto una opposizione e in quanto tale non genera nulla; si prende partito, uno tra i disponibili, e se ne rivendicano le ragioni come in sogno di fronte a un giudizio universale. L’astrazione del recente discutere sul tema nasce da questo: dall’ipotesi che ogni individuo sia libero di scrivere, e leggere, quello che vuole, l’illusione cioè che la lingua sia una forma inerte e pura della quale ci si può servire (o a lei ubbidire, a seconda) affinché questa o quella cosa vengano dette. Si dimentica volentieri, insomma, che la trama e le parole, il ritmo e il nome, sono prodotti collettivi di una struttura sociale che nasconde le contraddizioni anche con il linguaggio, e i suoi derivati prodotti. Non si può dire tutto, in fine, non solo perché le condizioni di chi ascolta sono controllate dal lavoro, dall’educazione, dall’etnia, e via dicendo, ma anche perché la scrittura (o il disegno, o la musica) è soggetta alla stessa ideologia entro la quale vivono gli uomini. Però si può sedurre e mentire, vale a dire escogitare una lingua che, in obbligato e apparente ossequio allo stato di cose, lasci però l’amaro in bocca del “non dovrebbe essere così”; una poesia (nel senso più ampio possibile del termine) che avveleni i pozzi del dominio scherzando con le pozzanghere. La mia modesta risposta alla domanda su quale sia una scrittura politica è dunque questa: chi dice la verità in un mondo di menzogna è sempre rivoluzionario.


lunedì 9 settembre 2024

Gli amici morti

 




di Ennio Abate


Da un’ombra gli amici morti
annunciavano: vorremmo aiutarvi.

Impossibile, tra me dicevo. Esitavo,
però, e, per non rompere con loro,
cominciavo: siamo tanto diversi.
(Voi morti ormai, noi vivi, intendevo).

In sogno ancora vi parliamo, dicevano.

Più in allarme, allora, mi chiedevo:
come fossimo vivi? o tutti già morti?
E, per uscire dal dubbio, proponevo:
su, prendiamo un caffè insieme.

Ma no. Volevano restare nel sogno,
non uscirne. E in coro insistevano:
aiutarvi, guidarvi, passarvi la nostra
saggezza.

Sempre scettico aggiungevo: come
riconoscervi? Siete  in una folla
immensa. E stizzito: O avete continuato
a invecchiare e a capire più di noi?
Solo morendo, potremmo darvi retta.

Sorridevano ora: con le vostre guerre
che fate, se non morire e far morire?
Troppo ingrossate il popolo dei morti
e trascinate nella nostra ombra
l’azzurro del cielo e del mare, il vento,
gli amori. Avvertirvi, fermarvi, vorremmo.

(9 settembre 2024)

martedì 3 settembre 2024

La Giustizia

 


“Un po’ per celia e un po’ per non morir” (Ettore Petrolini)
Riflessioni sotto forma di filastrocche

di Rita Simonitto

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domenica 1 settembre 2024

IN UN SOGNO CON ATTILIO

 


Attilio Mangano (1945- 2016) 



di Ennio Abate


Nella stanza da pranzo

di casa mia, di adesso.

Piatti sporchi, posate.

Sparecchiavo la tavola.


Attilio dall’ombra

mi mostrava un giornale

- uno speciale de il manifesto

di una volta.

Oggi è la sinistra che governa:

mi annunciava serio.

Stupito io. Come può essere? - tra me dicevo - E’ cosa contraria a quel che pensiamo da anni.

Non volevo però contraddirlo.
E ho cominciato: Attilio,
siamo diversi ma possiamo
ancora parlare ...
E per farlo più a lungo possibile:
Prendi un caffè con me, gli proponevo.




(31 agosto 2024)