al Circolo De Amicis di Milano.
di Ennio Abate
puliti
miti oscuri nostri gemelli
ancora
vanno, operosi su incerti sentieri
(E.
A., L'albero)
Mi soffermo su un punto. Tra i tratti essenziali della vita di Eugenio ha contato il suo essere nato e l’essersi formato dal Sud, condizione fondamentale per l’emergere della sua attenzione/ passione per la natura, sostenuta poi man mano da sempre più dotte competenze scientifiche della botanica e della zoologia.
Ricordo: “In alcune passeggiate osservai attentamente Eugenio. Era davvero a suo agio. Era nel suo ambiente. Capace non solo di dare il nome esatto a quelle “cose”, che riempivano il paesaggio che io riuscivo a indicare solo con nomi generici (‘erbe’, ‘piante’), ma di descrivercene caratteristiche e usi medicinali “
Una conoscenza della natura che definirei amorosa, perché era legata e si confondeva con l’amore/attaccamento al suo luogo di nascita e d’infanzia; un rapporto conservato e coltivato non solo attraverso i suoi ritorni periodici a Belsito ma diventato intimo nella memoria e nella rielaborazione poetica di quel suo “paese dell’anima”.
Qui dovrei approfondire quale peso abbia avuto nella sua poesia lo scarto tra questa formazione meridionale, e soprattutto calabrese, e l’esperienza, dopo il suo trasferimento al Nord, prima del lavoro impiegatizio e poi d’insegnamento a Milano. La questione è, però, troppo ampia e la salto. Non senza ricordare che ci sono tanti Sud; e che quello di Eugenio era proprio la Calabria; e che il suo “paese dell’anima” era proprio Belsito, con i suoi ricordi d’infanzia povera e le sue storie anche bizzarre di parenti e conoscenti.
Il legame con Belsito era per lui, credo, un modo di far persistere una sua vocazione pagana - forse residuale per quanti si sono adattati ai territori e ai paesaggi industriali o postindustriali - ma per lui vitale, materiale, centrale, realissima, affettivamente incrollabile.
E su questo legame con Belsito si sarà costruita la sua passione - quasi complementare - (c’è dunque un aspetto più vissuto e un aspetto più culturale venuto dallo studio liceale, una esperienza altrettanto interiorizzata e viva) - per il mondo e la cultura classica, per i suoi miti. E poi a rafforzare quel suo rapporto con la natura e con quei luoghi, e in particolare quei boschi, c’era – altra continuità – il legame felice che lì aveva avuto con suo padre.
Esagerando mi è piaciuto pensare ad Eugenio
come un uomo antico del Sud che si è aggirato - mai davvero “trapiantato” come si dice -, sperso per Milano, la metropoli moderna, da lui subìta, temuta, negata, mal sopportata, respinta.
Come curatore di questa antologia ho avuto il problema di scegliere tra la vasta e dispersa produzione delle sue poesie: quelle da lui pubblicate in vita o fatte circolare soltanto tra gli amici.
Primo criterio approssimativo usato: i testi che potevano piacere di più a me e alle amiche – Laura Cantelmo, Rosa De Meo e Anna Maria Grandinetti, sorella di Eugenio - che hanno collaborato a questa curatela.
Secondo criterio: indicare, attraverso una suddivisione in sezioni tematiche, un filo per una lettura più consapevole e l’analisi critica della sua produzione.
Ho fatto, dunque, una scelta (rivedibile da chi dovesse studiare meglio la produzione di Eugenio):
- mettere in primo piano a inizio antologia le sezioni NATURA E ANIMALI (46 testi) e NATURA E COSMO (17 testi);
- in secondo piano le sezioni ESISTENZA/SOLITUDINE (49 testi). VIAGGIO (3 testi)- INFANZIA/CALABRIA/MEMORIA (17 testi) e POESIA/CLASSICITA’(10 testi), che andrebbero lette sia separatamente e autonomamente e sia come insieme con una sua unità sottostante, perché numerosi sono i rimandi dall’una all’altra e da un testo all’altro di quelli selezionati;
- in terzo piano CRONACA/STORIA (5 testi) la produzione di poesia “politica” o “civile” di Grandinetti e l’APPENDICE (un solo testo giovanile).
Problemi aperti Ci sono problemi:
- di sistemazione (va riconosciuto a Luciano Aguzzi il merito di averla avviata sia sul piano della biografia che della datazione dei testi);
- di completamento dei testi reperibili (ad esempio, l’esplorazione più accurata e completa di testi giovanili aprirebbe squarci inediti e permetterebbe un confronto con i testi maturi, quelli pubblicati per volontà di Eugenio e più noti alla sua cerchia di lettori);
- di diffusione delle sue poesie per un riconoscimento del suo valore poetico da parte di un pubblico più ampio che – speriamo - la pubblicazione di questa antologia potrebbe avviare;
- di interpretazione dei suoi significati.
È quest’ultimo il problema per me più spinoso e, però, da tenere aperto. Vi accenno anche se non potrà essere approfondito in questa occasione.
Il punto di partenza dovrebbe essere il ripensamento di una ampia discussione a più voci (compresa quella dello stesso Eugenio), avvenuta, nel giugno 2014, su Poliscritture
a partire dai miei Appunti su “Viaggi” di Eugenio Grandinetti (https://www.poliscritture.it/2014/06/23/appunti-su-viaggi-di-eugenio-grandinetti/).
In quella occasione usai concetti come ‘pessimismo’, ‘solipsismo’, ‘nichilismo emozionale ’; e dissi che la indiscutibile bellezza dei versi di Eugenio non è separabile da quella sua base di pensiero filosofico, scatenando, malgrado le mie numerose precisazioni, equivoci e tensioni.
Ci ritornerei e ci ragionerei ora con animo più pacato, perché credo si tratti di colmare uno scarto: quello tra una lettura, rispettabile ma ingenua, delle poesie di Eugenio, che si ferma al mi piace, ma non sa dire il perché o precisare meglio la qualità di questo piacere, e sorvola sul punto ostico (il fondo filosofico e psicologico di questa poesia), e una lettura critica che colloca la poesia di Eugenio sicuramente in posizione privilegiata, come fa anche giustamente Paolo Giovannetti nella prefazione al libro, e quindi all’ombra di Leopardi, “nume tutelare”, di Montale e dell’umanesimo classicista,
ma mettendo più in ombra un’inquietudine, più legata di quanto si creda alla stessa biografia di Eugenio, alla storia contemporanea - e in particolare al divario esistente in Italia tra Nord e Sud negli anni della maturità umana e poetica di Eugenio; e soprattutto alla sconfitta della sinistra, alla quale era idealmente vicino.
E’ questione difficile, problematica, ma andrebbe esplorata di più.
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