La poesia in questione:
Dal finestrino
di Marcello Cappelletti
Strade chiese macchine persone
biciclette
sirene rumori luce abbagli clacson
viette e viuzze
angeli
negozi kebab profumo puzza
statue semafori suonerie
voci alte, basse,
bianche e nere
teatri cinema cabine telefoniche
pub ristoranti lavori in corso
mattoni
felicità risate fragorose risate strozzate
risate tristi
fruttivendoli panchine sbadigli folla
follia
antenne paraboliche amore, odio, razzismo
colori oblio alberi foglie.
Sulla poesia "Dal finestrino":
In sintonia con Marcella e Mayoor, anche a me pare enorme lo scarto tra il valore di questo testo e l'impeccabile abito storico-teorico-letterario che Leonardo troppo generosamente gli vuole fare indossare.
Scrive:
"La lista di cui è fatta la poesia “Dal finestrino” dice il brulichio di una metropoli ipermoderna e multietnica come la Londra attuale. La sua esistenza eccessiva trova nella scelta dell’apparente semplicità della lista lo sbocco perspicuo per conciliare quantità e varietà, oggetti e sentimenti, reazioni emotive molteplici e contrastanti, oggettivate nello spettacolo del mondo. Il processo di sintesi è dato dall’inquadramento nel finestrino che stabilizza nella sua cornice istantanea l’instabilità del movimento. Si passa da una visione all’altra, ma anche dal visibile all’udibile, all’olfatto, ai segni dell’organizzazione economica e urbanistica, con una sensazione di stanchezza finale che cerca l’oblio nella natura superstite".
Io questo brulichio da metropoli ipermoderna e multietnica non lo vedo. Né vedo il legame con la "Londra attuale" : "strade chiese macchine persone etc" sono segni genericissimi di migliaia di città otto-novecentesche. La multietnicità la trovo col lanternino in un verso (" negozi kebab profumo puzza"). Concedo che il finestrino inquadri e che le sensazioni siano varie. Ma l'enumerazione è arida e monotona, da vocabolario: una quarantina circa di sostantivi del tutto neutri, una decina di aggettivi. Che sia una lista non c'è dubbio. Che la lista sia una tecnica antica e nobile non ci piove. Ma basta mettere questa lista accanto ad altre (a me veniva in mente New York di Lorca, la trovo sul Web e ve la copio qui sotto) per capire che questa non ha un' "apparente semplicità", ma una effettiva debolezza.
Ciao
Ennio
Federico Garcia Lorca
NEW YORK (OFICINA Y DENUNCIA)
A Fernando Vela
Debajo de las multiplicaciones
hay una gota de sangre de pato.
Debajo de las divisiones
hay una gota de sangre de marinero.
Debajo de las sumas, un río de sangre tierna;
un río que viene cantando
por los dormitorios de los arrabales,
y es plata, cemento o brisa
en el alba mentida de New York.
Existen las montañas, lo sé.
Y los anteojos para la sabiduría,
lo sé. Pero yo no he venido a ver el cielo.
He venido para ver la turbia sangre,
la sangre que lleva las máquinas a las cataratas
y el espíritu a la lengua de la cobra.
Todos los días se matan en New York
cuatro millones de patos,
cinco millones de cerdos,
dos mil palomas para el gusto de los agonizantes,
un millón de vacas,
un millón de corderos
y dos millones de gallos
que dejan los cielos hechos añicos.
Más vale sollozar afilando la navaja
o asesinar a los perros en las alucinantes cacerías
que resistir en la madrugada
los interminables trenes de leche,
los interminables trenes de sangre,
y los trenes de rosas maniatadas
por los comerciantes de perfumes.
Los patos y las palomas
y los cerdos y los corderos
ponen sus gotas de sangre
debajo de las multiplicaciones;
y los terribles alaridos de las vacas estrujadas
llenan de dolor el valle
donde el Hudson se emborracha con aceite.
Yo denuncio a toda la gente
que ignora la otra mitad,
la mitad irredimible
que levanta sus montes de cemento
donde laten los corazones
de los animalitos que se olvidan
y donde caeremos todos
en la última fiesta de los taladros.
Os escupo en la cara.
La otra mitad me escucha
devorando, cantando, volando en su pureza
como los niños en las porterías
que llevan frágiles palitos
a los huecos donde se oxidan
las antenas de los insectos.
No es el infierno, es la calle.
No es la muerte, es la tienda de frutas.
Hay un mundo de ríos quebrados y distancias inasibles
en la patita de ese gato quebrada por el automóvil,
y yo oigo el canto de la lombriz
en el corazón de muchas niñas.
Oxido, fermento, tierra estremecida.
Tierra tú mismo que nadas por los números de la oficina.
¿Qué voy a hacer, ordenar los paisajes?
¿Ordenar los amores que luego son fotografías,
que luego son pedazos de madera y bocanadas de sangre?
No, no; yo denuncio,
yo denuncio la conjura
de estas desiertas oficinas
que no radian las agonías,
que borran los programas de la selva,
y me ofrezco a ser comido por las vacas estrujadas
cuando sus gritos llenan el valle
donde el Hudson se emborracha con aceite.
________________________________________
Federico Garcia Lorca
NEW YORK (UFFICIO E DENUNCIA)
A Fernando Vela
Sotto le moltiplicazioni
c'è una goccia di sangue d'anitra;
sotto le divisioni
c'è una goccia di sangue di marinaio.
Sotto le somme, un fiume di sangue tenero;
un fiume che scorre cantando
nei dormitori delle periferie,
ed è argento, cemento, o brezza
nell'alba falsa di New York.
Esistono le montagne, lo so.
E pure gli occhiali per la saggezza,
lo so. Ma io non sono venuto a vedere il cielo.
Sono venuto a vedere il sangue torbido,
il sangue che trascina le macchine alle cateratte
e lo spirito alla lingua del cobra.
Tutti i giorni si ammazzano in New York
quattro milioni di anitre,
cinque milioni di porci,
duemila colombe per il piacere degli agonizzanti,
un milione di vacche,
un milione d'agnelli
e due milioni di galli,
che lasciano i cieli fatti a pezzi.
Ma è meglio singhiozzare affilando il coltello
o assassinare i cani nelle allucinanti partite di caccia,
che sopportare all'alba
gli interminabili treni di latte,
gli interminabili treni di sangue
e i treni di rose ammanettate
per i commercianti di profumi.
Le anitre e le colombe,
i maiali e gli agnelli
lasciano le loro gocce di sangue
sotto le moltiplicazioni,
e le terribili urla delle vacche munte
riempiono di dolore la valle
dove l'Hudson s'ubriaca di gasolio.
Io denuncio a tutta la gente
che ignora l'altra metà,
la metà irredimibile
che alza i suoi monti di cemento
dove battono i cuori
degli animaletti che si dimenticano
e dove cadremo tutti
nell'ultima festa delle fosse.
Vi sputo sulla faccia.
L'altra metà m'ascolta
divorando, cantando, volando nella sua purezza,
come i bambini nelle portinerie
che portano fragili bastoncini
ai buchi dove si ossidano
le antenne degli insetti.
Non è l'inferno, è la strada.
Non è la morte, è la bottega della frutta.
C'è un mondo di fiumi spezzati e distanze inaccessibili
nella zampina di questo gatto spezzata dall'automobile,
e io sento il canto del lombrico
nel cuore di molte bambine.
Ossido, fermento, terra fremente.
Terra tu stesso che nuoti nei numeri dell'ufficio.
Che faro’, ordinare i paesaggi?
Ordinare gli amori che poi son fotografie,
che infine son pezzi di legno e fiotti di sangue?
No, no; io denuncio.
Denuncio la congiura
di questi uffici deserti
che non diffondono le agonie,
che cancellano i programmi della selva,
e m'offro per esser mangiato dalle vacche munte
quando le loro grida riempiono la valle
dove l'Hudson s'ubriaca di gasolio
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