A proposito di rose e ricordando ovviamente le rose di Ronsard (Comme on voit sur la branche, au mois de mai, la rose,/ En sa belle jeunesse, en sa première fleur,/ Rendre le ciel jaloux de sa vive couleur...) ecco le mie “rose” tra naturale sboccio di primavera e l’inevitabile entropia (che mi ossessiona). [P. Pezzaglia]
L’APPRENDISTA
E LA ROSA
Legato
alla ruota degli eventi
nel
doloroso smuoversi
dell’eterno
orologio,
spingendo
anch’io la magìa
che
tutto svolge,
si
rivela la mia stessa
morte
abbagliante e certa.
In
una sola realtà, in una sola lusinga
rosa
di donna e fama.
Poi
sgretolamento e ritorno…
……………………………..
LA
MALIA E LA ROSA
Se
nel parlare
il
gioco dei ruoli
s’intrìca
e
la dolcezza si gonfia
come
splendida goccia
e,
sotto i capelli neri,
la
pelle
è
irresistibilmente bianca,
è
luna crescente.
Se
guardi invece
la
mezzaluna nera
è
Lilith che ti attira
nella
sua corrente oscura,
e
improvvisamente
tutto
è assenza:
lontane
e offuscate
non
afferri le parole
che
pure hanno inciso
i
petali della rosa nascosta
O
profumata prigioniera
nel
mio chiostro di Ninive,
tra
tormentati contrasti
breve
sollievo ricorrente,
ti
riconosco mia rosa...
………………………
SATURNO
E LA ROSA
Polvere,
grigia
concrezione
dell’ippogrifo,
gloria
della tua età, Saturno.
Continuo,
progressivo franare
senza
capovolgimento
possibile…
………………….
Senza
la poesia,
che
trae dalla terra
e
dall’acqua vischiosa
il
loto e la rosa?
ROSE
DI SABBIA
Secerne
la mia anima
una
resina strana.
Cristalliza,
nel
mio deserto,
in
rose di pietra.
Più
facile sarebbe
l’incoerenza
dei
granelli di sabbia.
6 commenti:
Giungono come le corrispondenze private di un poeta, di un amico, che abbia scelto l'eremitaggio. Solo nel suo deserto e libero di meravigliarsi senza contaminazioni sociali. Tanto solo e indipendente da trasferire la visione urbana, e se stesso, in luoghi sabbiosi, primitivi e popolati da misteriose divinità. Testimonia di un vissuto onirico, privato, dove l'io è protagonista perché non sembra esserci altro. Tra i Molti, ma con distacco estremo, quasi cercando l'assoluta indipendenza che inevitabilmente lo porterà all'ascetismo.
Arriveranno le parole di grande saggezza che è legittimo attendersi da un eremita? " Sgretolamento e ritorno", sgretolamento dell'io infelice e ritorno... all'eremitaggio, alla vita che facciamo un po' tutti?
mayoor
Traggo dall'altro post di Ennio Abate:
Pedota lo dice a chiare lettere: per sfuggire al linguaggio massmediale imperante, l’unica soluzione è addentrarsi «nella terra di nessuno dell’ignoto del Dopo il moderno» (p. 53). Perciò «la poesia se vuole recuperare il sostrato umano universale non può non tornare alla fase magico-numinosa per aprirsi all’inintellegibile»
Ammettendo d'essere d'accordo ci saremmo, ma Pedota parla di "umano universale". Dunque mi chiedo: in cosa consiste l'universalità?
mayoor
Ah la rosa! Questo fiore così forte,carnoso, bello anche quando sfiorisce. La donna è stata spesso paragonata alla rosa. La rosa nella poesia di Paolo è simbolo femminile di morte e di vita, pensate se morte e vita fossero state al maschile... . Ritornare al mondo con queste belle rose sarà sempre una magnifica sorpresa! Bravo Paolo. Emy
Caro Paolo,molto belle le tue poesie.
Il tema della rosa è stato trattato da te con originalità e novità di contenuti. I riferimenti culturali e filosofici ci illuminano non solamente sul tuo percorso intimo e personale,ma sollecitano una ricerca anche al lettore.
Le poesie, secondo me, sono riuscite anche da un punto di vista stilistico,composte e raffinate.
Maria Maddalena Monti
è un dire troppo piano, stentato, filosofico. Non sento il profumo, non vedo il colore, forse non sono fiori le rose.
Usiamo ancora
una ferma umiltà
contro l'arroganza.
Che cada su se stessa
come l'onda
col suo tonfo
sulla compatta spiaggia.
Paolo Pezzaglia
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