So che morirò, ma non lo credo
J. Madaule
Al termine della lettura dell’ultimo libro di Franco Arminio, «Cartoline dai morti» (Nottetempo, 2010, pagg.137, euro 8,00), mi è tornata in mente una massima di Spinoza. Cito a memoria: l’uomo libero su nessuna cosa riflette meno che sulla morte. La sua sapienza non è meditazione della morte, ma della vita.
In fondo, mi sono detto, i morti non scrivono nulla e chi attribuisce loro delle cartoline è un abile e sperimentato scrittore vivo (io preferirei di più definirlo poeta) che utilizza questa intelligente finzione per parlare d’altro. Della vita, direi. Della vita dei singoli e di tutti che sappiamo tragicamente mortale. Ogni storia deve finire / ogni pigna di glicine sfiorire.
E’ probabile che il filosofo olandese, come Epicuro - ricordate? La morte non ci riguarda, finché viviamo non esiste e, quando sopraggiunge, noi non ci siamo più - , mascherasse dietro quel suo pensiero la disperazione, l’angoscia del dover, comunque, morire. Probabile che volesse convincersi di un pensiero di cui forse non era intimamente convinto; non è escluso che stesse esorcizzando. E’ vero, però, che della morte parlano solo i vivi. In chiusura, è l’autore stesso a confessarlo: «I morti non ti pensano, non ti mandano nessuna cartolina.» (pag. 136)