Michele Mainoli La nuvola 1956 – olio su tela cm 50 x 60
Arricchita
dalle immagini di Michele Mainoli e dalla sobria quanto incisiva Prefazione di
Roberto Carlo Delconte (oltre che da due brevi note critiche, rispettivamente
di Bruno Galvani per il pittore, di Giorgio Bárberi Squarotti per il poeta),
esce, su iniziativa del Comune di Castelnuovo Scrivia, l’interessante raccolta
di Gianfranco Isetta (Quaderni della Biblioteca “P.A. Soldini” 20).
Congruamente intitolata Dialoghi,
tiene dietro a due fortunate sillogi pubblicate a stampa – Sono versi sparsi (Joker, Novi Ligure 2004) e Stat rosa (Puntoacapo,
Novi Ligure 2008) – entrambe impreziosite da interventi del famoso italianista
e poeta torinese, e al bel quaderno Caravaggesche,uscito in forma di ebook presso la rivista online “laRecherche”.
Come ricorda Delconte, nel
nuovo volume G. Isetta «ha liberamente scelto venti significative opere di
Mainoli, dedicando ad ognuna una sua poesia: vale a dire una sua lettura
poetica o, forse, semplicemente, una sua appassionata, intima e divertita
emozione suscitata in lui da quell’immagine. Il fitto dialogo che ne esce – tra
pittura e parola – non è un salottiero scambio intellettuale tra due
protagonisti dello spirito; né una superba gara tra le loro qualità, e nemmeno
una presuntuosa via per elargire, a noi, sapienti gocce di verità. Direi
piuttosto che il loro dialogo è un dialogo profondo dell’anima, che trova nello
stupore, nell’incanto, nel “rispetto mistico” dell’uomo la sua radice più vera
e più nascosta … Per questo è stato detto che “non c’è via più sicura per
evadere dal mondo, che l’arte; ma non c’è legame più sicuro con esso che
l’arte” (J.W. Goethe)».
Anche nello specifico di questa
raccolta i testi di Isetta – brevi, talora brevissimi, con frequente ricorso
all’enjambement – si rivelano al tempo stesso, per una sorta di giuoco
ossimorico, sorridenti e ironici, drammatici e meditativi. La riflessione
immediata, la suggestione fulminea, il rapido sentire contengono e nutrono in
sé il pensiero, il pacato giudizio. Ma anche, altrettanto solleciti, il
desiderio di contatto o di aiuto, la proposta, la richiesta. Così per esempio
accade in La nuvola: «Quella nuvola
ingombra / contava su di te, sulle tue dita / puntate in alto in cerca / di
fessure, per non avere altezza / e peso, come intorno / le cose a quelle
alture» (p. 14). Oppure in L’uccello:
«Tienimi per la mano / compagna d’avventura, / custodisci il mio volo / Io non
ho più la forza // di salire oltre il cielo / Se tutto è stato scritto /
liberami il destino / che sia pur falso o vero» (p. 34).
Nella varietà di motivi e
figure che animano il volume affiorano qui e là, fascinose, certe immagini
muliebri per cui tramite il poeta, assieme al pittore, ripropone, o non
piuttosto sfiora con cauta, quasi circospetta levità, il mistero (il pericolo?)
dell’Eterno Femminino – penso a Figura di
donna: «Ti vesti e ti rispogli / visione che si scioglie / nel colore per
fondersi / in ignoto volume // e si dischiude fragile / come di neve rosa /
sulla parete grigia / la tua improntitudine» (p. 36); ovvero a La stendhaliana (Le rouge et le noir):
«Ho disciolto i colori / in quel giorno di luce / un po’ strana ed intorno / a
sfogliarti lo spazio // di quel rosso e quel nero / che non si pigmenta / sul
tuo corpo mai sazio» (p. 42). In altri brani, poi, affiorano in maniera più o
meno esplicita reminiscenze bibliche (Adamo
ed Eva, p. 26; Il sacrificio di
Isacco, p. 28; Egli è resuscitato,
non è qui, p. 48), mentre nel bacchico L’otre
non fiocamente riecheggia l’antichità ellenico-romana, con il pagano invito
a bere filtrato da due celebri liriche, del greco arcaico Alceo l’una, del
latino classico Orazio l’altra: «Non affliggerti oltre / lascia, chiusa
nell’otre / grigia, la nutrizione / del dolore, che porti. // Sulla festa, che
allieti / il tuo agire, adàgiala! / Fa che nessuno avverta / il peso della
pena» (p. 44).
In ogni caso, anche per queste
liriche può valere quanto giustamente scrive Bárberi Squarotti nella
Postfazione di Stat rosa: «Il sublime
… coincide con la leggerezza luminosa della parola; e particolarmente suasivo è
lo scatto, in tutti i componimenti della raccolta, della meraviglia, dello
stupore del vero che viene immediatamente fuori dal primo sbocciare delle
affermazioni, delle descrizioni, delle scoperte … Le visioni e le descrizioni
di Isetta sono di minime cose che diventano subito parole, e, così, si
traducono in rivelazioni della vita» (p. 59).
Una valutazione – e un convinto
apprezzamento – al tutto riproponibili per l’opera a due voci, che
armoniosamente coniuga due differenti, e tuttavia complementari, forme d’arte.
La nuvola
Quella nuvola ingombra
contava su di te, sulle tue dita
puntate in alto in cerca
di fessure, per non avere altezza
e peso, come intorno
le cose a quelle alture.
Senza gravità
(di
pensiero)
Posàti in bilico sulla minima
curvatura dell'universo, tesi
alla nostra immortalità futura,
a decretare con pensiero lieve
il tempo e la distanza da quel grumo
di stelle, che ora si va spegnendo,
solo congetture.
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