Per conoscere meglio le ricerche che ciascuno dei poeti che ruotano attorno a questo blog ha condotto o va conducendo, pubblico queste altre poesie di Eugenio Grandinetti. Riprendono il tema ispiratore del Savuto (qui) e ampliano, approfondendolo, il suo discorso poetico sulla natura. [E.A.]
Storia
naturale
Il cerambice ha zampe che s'afferrano
salde alle pietre,
e lo si può afferrare per le antenne
e tenerlo sospeso con il peso
di un ciottolo tra le zampe.
E' solo un gioco,come è pure un gioco
ucciderlo,tanto
non gli si toglie nient’altro alla sua vita
che lo spazio di un giorno o forse meno.
Il
nostro attimo
è il battito del cuore:un tempo minimo
ma misurabile.Fuori
di questa misura non ci sono
esseri riconoscibili e individui,
ma vite collettive ed insensibili.
Uccidere un albero o un cerambice
non è uccidere.Possiamo distruggere
questa ragnatela,schiacciare questo ragno
e,dopo un tempo breve,
nell'identico posto un altro ragno,
diverso ma indistinguibile da questo,
tesserà uguale un'altra tela.
E' solo il tempo - il battito del cuore,
il giro del sole nell'arco
del cielo,nel percorso
dello zodiaco,nel circuito
vasto delle galassie - la misura
con cui si riconoscono gli altri esseri
come individui.
Anche
gli altri uomini
visti una sola volta si dimenticano:
non sono persone,sono gente.Le vite,
che si misurano con tempi diversi
dai nostri,sono di esseri
insignificanti.Siamo soli
col battito dei nostri cuori,col sole
che attraversa l'arco del cielo,
che compie il percorso dello zodiaco
con la nostra vita
che è lunga più di quella delle effimere
ma è più breve di quella degli ulivi
che sono altre vite,
anche se sono incomprensibili,
anche se si misurano
con altri attimi,con un diverso
tempo totale.
Questo ragno non è forse lo stesso
ragno dell'anno scorso
anche se ha fatto il nido nello stesso
posto dell'altro e se io non so distinguerli.
Tutti gli esseri
Tutti gli esseri
hanno esistenze effimere,che ognuno
misura però in base alla durata,
breve o lunga che sia,della sua vita.
Questi alberi - queste querce,questi ulivi -
vedranno altre generazioni.
Forse si chiederanno se questi uomini
sono gli stessi che li piantarono
o se anch'essi hanno vite provvisorie
come i ragni,gli anellidi,i cerambici.
Gli alberi hanno
attimi lughissimi e pause
in cui stagna la vita e non s'accresce.
Guardano indifferenti,da cime alte,svolgersi
vicende d'altre vite brevi.Portano sui rami
nidi di una stagione che si disfano
alle prossime piogge.Ed è diverso
dal nostro il tempo degli alberi.Ha la misura
del variar delle fronde,dell'accrescersi
lento di anelli al tronco,e del respiro
alterno di notte e giorno.Gli alberi
guardano alla nostra vita con sufficienza,
non ci considerano se non come cerambici,
minimi e indistinguibili
come noi consideriamo i microbi
nel loro rapido morire,benchè pure
possano ucciderci.
I cerambici
hanno larve che s'annidano
nelle radici degli alberi.Rodono
con mandibole rapide.L'attimo
è lo scatto,non avvertibile
se non dall'effetto,dalle caverne attorte
che scavano nell'albero,
non però come per voler ferire
un nemico : l'albero
non è un nemico,perchè non è un essere
individuo e vivo : è solo
una cosa che non ha un tempo
misurabile,è il cibo
perchè la larva s'accresca,
perchè si faccia immagine,per seguire
un richiamo lontano ed esaurire
in un amplesso breve tutto il tempo
della vita.
Le presenze del bosco
I - Il rigogolo
E' volato il
rigogolo nel folto
del bosco,s'è
nascosto
tra fronda e
fronda ed ora non esiste
più se non al
nostro ascolto.
E il bosco pare
denso di presenze
invisibili e
mute che si perdono
nel verde del
fogliame,tra le chiazze
cupe del
sottobosco.
Estranea è
l'ora e più non ha parole
se non
desillabate.E' tempo
di disfarsi
degli attimi,d'immergersi
tra gli
alberi,per essere
nudi di scorie
di pensieri,vivere
indifferenti a
tutte le vicende
se non delle stagioni,farsi estranei
alle parole
ambigue che s'articolano
provvisorie,che
passano
nell'aria o che
s'incidono
su foglie che
ingialliscono,su pietre
che copre il
muschio,che non dicono
se non di brevi
contingenze,d'ore
che presto
impallidiscono e si perdono
oltre argini
alterni di memorie
dove ha voce
indistinta la corrente
rapida della
fiumara che trascina
oltre la vista
brevi fluitazioni
di presenze
mutevoli.Immutabile
è solo il canto
occulto del rigogolo
tra il folto
degli alberi e la voce
indistinta del
vento ed il silenzio
di presenze
nascoste.
II -Pan
Il bosco non ha
memoria e vive
senza vicende
memorabili.Rinnova
foglie che
cadono,alberi che cadono,
si popola
d'animali,li nasconde
nel cavo dei
tronchi,tra le fronde
opache,nelle
buche
scavate nel
terreno,tra gli argini
della fiumara.
E il Tutto ha
solo un alito ed assimila
ogni essere
inconsapevole
di Vita e di
Morte.Vivere
è solo
metamorfosi.
III - Il tempo del bosco
Il bosco non ha
tempo e non ha attese :
è saturnio e
continuo.Vive
senza
consapevolezza d'attimi,
di
catastrofi.Non assomma
a questa
sofferenza di ora la memoria
e il timore.Non
si chiede
il perchè della
vita.Vive
nel respiro
dell'aria,nella linfa
d'acque uranie
e d'umori sotterranei.
IV - L'acqua
La nostra vita
sgocciola per attimi
dalla parete di
una grotta,al chiuso,
dove non giunge
il sole e non evaporano
le gocce
passate e sempre restano
in basso
macchia scura e in alto segno
viscido di
nuove gocce che s'addensano.
Vivere
era fuori dal
chiuso,era percorrere
greti scabri di
ciottoli,pareti
di rocce
pensili,argini di carici,
era sentire a
volo la libellula
come un fremito
breve,era risplendere
al sole e non
avere
memoria della
notte,era riflettere
ombre di ontani
e salici per acque
sempre nuove ed
immemori.O era farsi
bosco,avere
mormorii da fronda a fronda
come una sola
voce,non caotico
sovrapporsi di
voci estranee e dissone
nel chiuso di
un solo essere.
V- Il limite ultimo
Ha mille voci
l'anima,che portano
parole di mille
vite
vissute insieme
o forse non vissute
se non
nell'antro della mente,dove
gli attimi che
sono stati ora ristagnano,
e il senso che
si cerca offusca questo
torbido
raddensamento di vapori.
Fuori il vento
che s'agita disperde
le nebbie rade
del mattino e l'aria
ha trasparenze
liquide che portano
gli sguardi ad
appagarsi e a farsi esausti
a un limite
ultimo.
Il bosco e il sole
I
Il sole elude
gli argini discontinui
degli
alberi,penetra
nel bosco,a
chiazze,e porta
indizi mutevoli
che il vento
altera di
continuo.Gli occhi vanno
nel
sottobosco,incerti,ove s'occultano
tra le ombre i
fiori stenti,le esili
tracce d'altre
presenze,le vite
fragili che si
tendono a una luce decidua.
I passi incespicano
I passi incespicano
per roveti
nascosti,per streppaie
d'altri alberi
che furono,che ora restano
memorie cave e
ostacoli
di formiche e
nidi di necrofori
dorati e dita
di cortinari
cinerei,d'agarici
dai gambi
esili,di polipori
squamosi e
informi : anamorfosi
di marcescenze
opache ove germogliano
attese di farsi
alberi ed ostacoli
al sole e
cortine diafane,per escludere
gli occhi dal
cielo.
II
Passa d'anima
ad anima una pena
diversa,
di disgregarsi
informe oppure accrescersi
a fatica,entro
limiti
di membrane che
escludono,perchè siano
l'una
dall'altra estranea
tutte le forme
della vita,ed isolate
e ostili,in
lotta
reciproca,per
avere
rami più alti
verso il sole,
radici più
profonde per accrescersi
di marcescenze
sommerse,per essere
uniche ed
indiscusse e sole.
III
Ma l'ombra è
dubbia che figura immagini
nuove d'inganni
antichi in cui s'impigliano
pensieri vaghi.
Gli occhi
non sanno più
leggere gli indizi
della luce: Vanno
vaghi per ombre
vaghe a cui modella
contorni
ambigui il vento.E non sappiamo
cosa sia vero :
se l'ombra
sempre mutevole
o le foglie
decidue ad ogni
autunno o il bosco ceduo
oppure
l'insistenza dello sguardo
fino a che il
sole duri e non si chiudano
stanche le
palpebre.
Addentrarsi nel bosco
margini del
bosco,dove le ombre
hanno immagini
ambigue e hanno parole
di fronde
d’aria,alterne si richiamano
voci per
ritrovarsi.Ci allontanano
i labirinti
d’alberi,e speranze
di funghi
nascosti sotto i cespi
del cisto o in
mezzo all’erica.
I funghi vivono
nel silenzio
di cose morte
ed è possibile
trovarli solo
in solitudine,ma occorre
rivisitare
luoghi da tempo noti
con occhi
attenti a indizi lievi e mani
che sappiano
frugare
tra foglie
d’altri autunni e magari
scomporre
equilibri precari e affrontare
pericoli di
pungersi coi ricci
delle
castagne,coi rovi
striscianti che
s’occultano
e poi magari
non trovarne.
Ed inoltrarsi
allora dove il bosco
è più folto e
non c’è traccia
di sentieri che
guidino al ritorno
ed impaniarsi
per alberi ed ombre
uniformi e non
trovare immagini
se non forse
soltanto di memorie
saprofite e non
sentire
se non parole
d’eco che ritornano
da fondi
oscuri,oscure,
e più non
ritrovare la radura
da dove forse
voci ci richiamano
per ritrovarci.
1 commento:
La dolcezza infinita della natura in cui solo l'occhio umano con le sue caducità, vede una crudeltà imperniata di limiti che sfuggono alla natura stessa. Tutto procede senza intoppi o deviazioni, solo la nostra vita, il nostro sguardo, il nostro esistere abituato ai condizionamenti fa si che tutti gli altri esseri esistenti , governati da leggi proprie , diventino simili a noi che mai riusciremo ad essere come loro. Capirli, amarli, seguirli sarà parte indispensabile della nostra e della loro vita. Grandinetti oltre che averci regalato grande poesia , ci ha costretti a pensare alla vita di tutto e di tutti per ritrovarci, sempre. L'ha fatto grande maestria. Grazie Emy
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