lunedì 11 novembre 2024

Consigli al giovin scrittor d’oggi (1998)


 


di Ennio Abate


1.

Se/ obbligato ai tic e vivaci moine
per salotti e soirées/ fra ceti medi e alti
hai corso
qualcosa di grandioso e abietto/ sullo sfondo
e in filigrana
feroci e oscure circostanze
sveli
la tua cartamoneta scritta

Piena di leggerezza/ allor
sarà nel crash delle utilitarie
la tua danza davanti alla ghigliottina

2.

Or che alle domande capitali 
della religione e della storia
ha risposto il Capital (rivista!)
e le Avanguardie
han fatto flop (o Blob)
rifugiati in camera da letto
e goditi la gamba della donna

Ovvio premunirti/ lo puoi
e teco reca in scorta/ fra sensualità e amarezza
fazzolettini della più ricamata educazione letteraria
il tuo io stia / insieme egocentrico e decentrato
comodo/ su un paesaggio di vacuità festiva
o di serenità appena minacciata dalla vecchiaia

3.

Trova critici simili a te
non gemelli/ ma della tua medesima cultura

Dissipa e moltiplica i punti di vista
le fratture/ gli antagonismi storico-sociali
smessi/ abbandonali a quelli del Leoncavallo

Rendi comico/ il Tutto

Di D’Alema il sorrisetto sprezzante
del Buttiglion l’allucinato e scimmiesco viso
il capital di Berlusconi / cafone e illuminato poco

Sii fine insomma/ anche con Fini

Scrivi solo bene/ per nuova plebe
un bel collage alla Eco
o alla Calvino un esatto montaggio/ del Nulla

4.

Giammai nelle tue poesie
la miseria delle latterie

Ma dovessi entrarci a scaldarti
da disoccupato
(cor gentil non scansa/ il suddetto malanno!)
o nelle periferie languissi
per innominabili/ questioni economiche
spargi in crudi romanzi
pedofili da spelacchiati giardinetti
adolescenti cannibali in pubblici cessi porno-graffiti
lolite manipolate su banchi di scuola
nell’ora obbligatoria di sesso a iosa

Più squallide che puoi/ descrivile
americanizzale/ bronxeggiale per benino
e avrai/ in centro/ una mansarda

5.

Non scrivere le verità che porti
nel povero tascapane della tua esperienza

Ai lettor paganti guastan l’ozio
e sol dispersi/ e vaganti/ e in estinzione
critici ancora gustan

Tu dei saper/ che sol procaccia fama
l’Internet de il piacere della lettura

E se l’amena rete/
è già intasata/ insisti

Recati pellegrin/ nei siti del tardo romanzo storico
o della rinomata
apologia del comico e dell’ironia

Frequentali/ seduci/ fai ridere
Dai l’impressione di un livello di cultura
molto alto

Ridi, godi o fingi
e ti comprerà/ il partito di coloro che ridono
poiché il mondo vuole essere ingannato



Nota

«Breve secondo Novecento» è un «libricino» postumo di Fortini uscito nel 1996 da Piero Manni con prefazione di Romano Luperini. Non mi risultano commenti o echi di rilievo, dopo l’annuncio della pubblicazione da parte di Attilio Lolini (il manifesto 10 ottobre 1996). E forse è meglio così, visto che la prima circolazione era stata pensata solo per amici e conoscenti.
A me sta caro: è una tessera in più del mosaico personale che mi vado costruendo dell’opera di Fortini, che rappresenta una singolare scuola di avviamento ad una scrittura critica per intellettuali di massa. Specie per quelli d’oggi, rabbuiati e confusi.
Una lettura attenta  ci mette poi di fronte all’ineludibile conglomerato storico-letterario-politico del Novecento a cui lo stesso Fortini è appartenuto. Eppure anche in queste brevi ritratti di trentasei moderni – da Arbasino a Calvino, Eco, Luzi, Pasolini, Zanzotto – sfora la Letteratura come un palloncino con i suoi spilli critici. E la libera dai miasmi d’accademia, di cenacoli, di gang, di Radio 3. Senza svenderla né restituirla ai Sacerdoti della Parola o del Mito.
Altri hanno compiuto operazioni in apparenza più radicali. Ma, abbassandola fino alla Trivial-literature o dissacrando il già abbondantemente dissacrato e contribuendo a resuscitare, per reazione, orfismi e mode new age, l’hanno resa indovinello, spettacolino, giochino miniaturizzato, merce insomma al contempo più elitaria e più vendibile, ma umanamente inservibile.
Pagine «letterarie» si trovano su tutti i mass media. E il revisionismo letterario è florido quanto quello storico.  I “cattivi maestri” vengono sbeffeggiati e ripesati con la bilancia del buonismo o del cattivismo autorizzato. O liquidati dai loro ex allievi appena approdati alle cattedre, ai salotti, alla TV.
Nulla, perciò, a gran parte del pubblico ancora leggente dice più il nome di Fortini. Tanto meno interessano i problemi teorici, politici e di poetica su cui assieme ad altri spese una vita. E di recente persino una giovane saggista, capace di una polemica non puramente televisiva, come Carla Benedetti, ha preferito parlare di «Pasolini contro Calvino», saltando a più pari la critica di Fortini a entrambi. E, come il barone di Munchausen si volle tirar fuori dalla palude prendendosi per i capelli, così la Benedetti cerca una «via d’uscita dal gioco bloccato della letteratura» scegliendo una delle sue varianti postmoderne: postuma, sciolta (come una Alka Seltzer) o ammaliata dal caos esterno. (Leggi: mercato).
E ornare a pronunciare nomi di scrittori quasi innominabili? Risciacquare problemi in apparenza «superati» per una generazione, che cova tranquilla nella bambagia della fine della storia e non sa che farsene degli antenati? O tirar l’orecchio al giovin scrittore senza staccarglielo, invogliandolo a farsi critico, senza sentirsi chiedere quanto costa e a quale scuola di scrittura bisogna rivolgersi?
Mascherandomi da cinico andante. Miscelando Parini e Fortini. Sgambettandolo ‘sto giovin scrittore mentre corre verso il successo preordinato. Ci ho provato. Prosit.


 * Anche con un lungo sottotitolo: Omaggio camuffato a «Breve secondo Novecento» di Franco Fortini questo testo uscì su «La mosca di Milano» nel1998


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