domenica 21 dicembre 2025

RIFLESSIONI IN FORMA DI DIARIO SULLE MIE "POETERIE" (1995-2000)


 di Ennio Abate
 

1995

1994-1995  Appunti e disappunti su Manocomete  (qui)

 Primavera 1995

Ladri di ciliegie
Ciclo di incontri a Cologno Monzese del gruppo di lettura su Franco Fortini. 
Interventi di:
Donato Salzarulo, Composita solvantur
Ennio Abate, Il ladro di ciliegie
Luca Ferrieri, Fortini leggere e scrivere
Alessia Meani, Questo muro
Marcello Guerra, Extrema ratio
Carmen Carlotta e Roberto Fabbri,  Fortini autore di testi per canzoni
Ezio Partesana, Verifica dei poteri

 31 maggio 1995

Romano Luperini e i Ladri di ciliegie
Incontro conclusivo del gruppo di lettura su Franco Fortini con la partecipazione di R. Luperini

20 aprile 1995

Sogno. Fortini morente mette la sua firma sotto i miei quadri. Firma con un pennello e io l’aiuto ad intingerlo in un barattolo di bianco. Mentre si piega, guardo il suo volto serio e lo sento mormorare: ho ancora delle idee. 


1996

11 maggio 1995

Del giovane giardiniere e del vecchio scriba (qui)

Poesie, teorie, dicerie. Leggi i testi. Evita le fissazioni e le banalizzazioni di certe discussioni sulla natura della poesia.

18 febbraio 1996

Per una nuova rivista. Perché proporrei POLI-SCRITTURE come titolo:
- per il richiamo alla polis, alla città, alla politica come  problema centrale del lavoro interdisciplinare della rivista (e quindi: d’indagine filosofica, di ridefinizione linguistica, di bilancio storico, di approccio estetico);
- per il suggerimento che questo titolo contiene alla pluralità e varietà di idee, esperienze, stili che i testi dovranno avere;

- per l’accento sulla scrittura-e, come operazione di possibile valore (conoscitivo, comunicativo, produttivo di incivilimento) anche in epoca telematica.

- Il posto della poesia. Il posto dell’arte. Non un cantuccio.  Poesia, non poetese. Poesia come via d’accesso al “reale” alla pari con filosofia, scienza.

dicembre 1996

"Se tu vorrai sapere...". Testimonianze per Franco Fortini (qui)
In collaborazione con Comune di Cologno Monzese, Assessorato alla cultura, Biblioteca civica.
Testimonianze in libretto di: E. Abate, L. Amodio, R. Birolli, S. Bologna, G. Bouchard, L. Calvi, P. Cataldi, I. Della Mea, L. Della Mea, A. De Lotto, A. Grazia D’Oria, R. Fabbri, F. Gianoli Grandinetti, E. Grandinetti, M. Guerra, U. Lacatena, L. Lenzini, F. Leonetti, R. Luperini, C. Preve, F. Romanò, D. Salzarulo, F. Sarcinelli, G. Stocchi, P. Zamboni, D. Zazzi.   


1997 

20 novembre 1997

 
Incontro con Giancarlo Majorino. Dopo la morte di Fortini come interlocutore-poeta mi resta Giancarlo. Mi annuncia che ha deciso (con D’Arrigo) di chiudere l’esperienza di Manocomete. Si sta concentrando sul suo lavoro solitario, un poema. No, non ne fa leggere qualche pezzo. Neppure ad Enrica, alla quale ha dato le consegne su cosa fare, se dovesse mancare (”se dovessi avere un raffreddore”). Mi ricorda che ormai ha 70 anni e si sente isolato (“non ho con chi confrontarmi”). Amodio è tutto preso dal suo discorso sul trionfo economico della borghesia. Accame è chiuso nel suo fortilizio epistemologico. Mi apprezza perché – dice – so porre buone domande. A me dispiace che Manocomete chiuda. Poi torniamo a parlare di Fortini.  È una figura nodale anche per lui. Mi racconta che Roversi, anche lui isolato ma in dialogo con un gruppo di giovani a Bologna, su Rendiconti ha dichiarato la sua nostalgia per la figura di Fortini. Giancarlo si interroga da tempo su Fortini e forse ne parlerà in occasione di un prossimo convegno che si terrà a Milano sulla figura di Elvio Fachinelli. Gli dico che, nel mio caso, la lettura di Fortini  mi ha spinto a tornare alla letteratura dopo il periodo di militanza in Avanguardia Operaia. Sì, vede in me questa voglia di tenere ancora insieme politica e letteratura, ma ritorna sulle sue critiche a Fortini (in sintonia con quelle che gli mosse Amodio). Mi parla anche di una delle sue formule preferite: l’essere «corpo di corpi». Gli dico che, secondo me, questo incontrarsi dei corpi non  è asolo gioia ma  anche sofferenza, lotta, svelamento di ingiustizie. E che, perciò, dovrebbe rifiutare  di chiudersi nel lavoro solitario. Perché smettere con Manocomete? Perché non affrontare e sciogliere i nodi emersi nella discussione della redazione? Mi risponde che non ha più voglia di farsi pedagogo.

 29 novembre 1997

 Giancarlo Majorino alla libreria “Il trittico” vicino alla basilica di S. Ambrogio.
Più a suo agio come poeta che legge i suoi versi che come direttore di rivista.  Vedo facce ormai note di amici e amiche scriventi poesia (che è anche un po’ la sua corte). Trovo il rituale della lettura in pubblico di poesie liturgico e invecchiato. Mi ricorda la messa in parrocchia. Uno del pubblico ha richiamato l’idea del poeta fingitore. Tra finzione e realtà non c’è ormai distinzione, sosteneva. Majorino ha sorvolato. Gestisce la sua immagine con misura, con battute ironiche brevi, a denti stretti, allusive. Non si butta mai in un corpo a corpo con il pubblico. Altri problemi posti dai presenti: cosa aggiunge la lettura a voce al testo scritto? Vale di più la lettura del poeta o quella dell’attore?  Alcuni dicono che nella lettura si coglie più facilmente il “musicale”. Mi chiedo: e i legami  possibili della poesia con i fatti storici e sociali? Non vengono offuscati? Resto convinto che  la lettura mentale  -  (Il lettore silenzioso!)  - permette uno scavo del testo che all’ascoltatore distratto dalla presenza del pubblico, è impedito.

[Sono ancorato ad una stagione poetica – quella della poesia che non si staccava dalla storia, dalla politica e dal sociale (emblema: quella di Fortini) - ormai finita? Mi sto perdendo qualcosa di importante?]

[Mi chiedo a quali realtà guarda Majorino poeta. Nomina le donne, la massa-bambinopoli, la cronaca nera feroce, la morte sempre incombente. C’è il quotidiano. (Meno o non più la storia). C’è la morte, il sesso, l’esistenziale, ma cancella (come “ideologia”) un progetto collettivo in cui l’individuo si  possa ritrovare (non in modi subordinati). C’è la sperimentazione linguistica, preziosa contro la consunzione massmediale del linguaggio]

 [Il pubblico milanese degli scriventi poesia è più numeroso e compatto di quelli che  operano dispersi nell’hinterland e  in provincia]


1998

21 gennaio 1998

Gruppo poesia proposto alla redazione di Inoltre. Vorrei farne un laboratorio di critica della Poesia. Passare in rassegna tre-quattro antologie (Fortini, Mengaldo, Majorino, Cucchi-Giovanardi).

marzo 1998

Consigli al giovin scrittor d’oggi

(omaggio camuffato a “Breve secondo Novecento” di Franco Fortini) 

1.

Se/ obbligato ai tic e vivaci moine/
per salotti e soirées/ fra ceti medi e alti/
hai corso/
qualcosa di grandioso e abietto/ sullo sfondo/
e in filigrana/
feroci e oscure circostanze
sveli/
la tua cartamoneta scritta/ 

Piena di leggerezza/ allor/
sarà nel crash delle utilitarie/
la tua danza davanti alla ghigliottina 

2.

Or che alle domande capitali /
della religione e della storia/
ha risposto il Capital (rivista!)/
e le Avanguardie/
han fatto flop (o Blob)/
rifugiati in camera da letto/
e goditi la gamba della donna 

Ovvio premunirti/ lo puoi/
e teco reca in scorta/ fra sensualità e amarezza/
fazzolettini ricamati della migliore educazione letteraria/
il tuo io stia / insieme egocentrico e decentrato/
comodo/ su un paesaggio di vacuità festiva/
di serenità appena minacciata dalla vecchiaia 

3.

Trova dei critici simili a te/
non gemelli/ ma della tua medesima cultura/
Dissipa e moltiplica i punti di vista/
le fratture/ gli antagonismi storico-sociali/
smessi/ abbandonali a quelli/
del Leoncavallo/

Rendi comico/ il Tutto/
di D’Alema il sorrisetto sprezzante/
del Buttiglione il viso allucinato e scimmiesco/
il capital di Berlusconi / così cafone e illuminato poco/

Sii fine insomma/ anche con Fini/
Scrivi solo bene/ per nuova plebe/
un bel  collage alla Eco/
o alla Calvino un esatto montaggio/
del Nulla

 4.

Giammai nelle  tue poesie/
la miseria delle latterie/
Ma dovessi entrarci a scaldarti/
da disoccupato/
(cor gentil non scansa/ il suddetto malanno!)/
o per innominabili/ questioni economiche/
nelle periferie languissi/
spargi in crudi romanzi/
pedofili spelacchiati da giardinetti/
adolescenti cannibali in pubblici cessi porno-graffiti/
lolite manipolate su banchi di scuola/
durante l’ora obbligatoria di sesso a iosa/
Più squallide che puoi/ descrivile/
americanizzale/ bronxeggiale per benino/
e avrai/ in centro/ di botto una mansarda 

5.

Non scrivere le verità che hai/
nel povero tascapane della tua esperienza/

Ai lettor paganti l’ozio guastan/
e sol dispersi e vaganti/ in estinzione/
critici ancora gustan/

Tu dei saper/ che sol/
procaccia fama/
l’Internet de il piacere della lettura/ 

Se l’amena rete/
è già intasata/ insisti/

Recati pellegrin/ nei siti del tardo romanzo storico/
o della rinomata/
apologia del comico e dell’ironia

Frequentali/ seduci/ fai ridere/
Dai l’impressione di un livello di cultura/
molto alto/

Ridi, godi o fingi/
e ti comprerà/ il partito di coloro che ridono/
poiché il mondo vuole essere ingannato

* I versi in corsivo sono tratti da Breve secondo Novecento un “libricino” postumo di Fortini uscito nel 1996 da Piero Manni con prefazione di Romano Luperini.

 15 novembre 1998

     Cologno 15 novembre 1998

 Caro Giuseppe [M],

                        sono in fase di bilanci e la tua proposta di rivista letteraria un po’ mi attira e un po’ mi rende perplesso. Esco di fatto (comunque dovesse concludersi o proseguire) fuori dall’infelice esperienza di «Inoltre». Poco prima in sordina s’era chiusa anche quella fatta con Manocomete di Majorino. Di nuove riviste letterarie «al di fuori dell’Accademia» ma in «rapporto di interscambio» con la ricerca universitaria se ne pubblicano a centinaia. Enne erre, La mosca di Milano, Segnali, Alto Fragile sono i tentativi che ho conosciuto più da vicino in questi anni tramite amici e amiche. Sorgono come funghi - generazionali o locali - sotto la spinta di scriventi costretti alla clandestinità o ai margini delle Istituzioni corporativizzate (ma stabilizzate!). Incuriosiscono, sollecitano. E non me la sento di liquidarle anche quando mostrano marchi noti, più o meno indelebili (underground, carrierismo, vassallaggio). Penso a volte anche di collaborarci saltuariamente, ma sempre con minor entusiasmo. So, infatti, che mancano (o io non le vedo più) alcune premesse che a me stanno a cuore: un’idea non puramente letteraria della letteratura; un’attenzione etica e politica seria al mondo extraletterario; una voglia di vedere in faccia e misurarsi senza servilismi con i Poteri (politici, economici, sociali) che disciplinano tra gli altri anche i corpi letterari. Perciò ho preferito finora tenermi alla larga e non promuovere mai una rivista dichiaratamente letteraria, ma impegnarmi in tentativi di riviste che recuperassero la letteratura (assieme ad altri valori necessari) per altra via. (Così avevo pensato all’inizio di «Inoltre» e Manocomete). 
L’ipotesi di rivista che tu ora abbozzi prospetta una possibile identità (e quindi un suo tratto di distinzione dalla massa delle altre riviste letterarie? 
Non derido le buone intenzioni (essere innovativi, autonomi e dialoganti, in cerca di verità non date o datate; rifiutare narcisismo, presunzione e purismi) e ci sto ad un discorso di difesa «della letteratura, del libro e della scrittura» (e della poesia) dall’invadenza massmediale. (E’ lo stesso, a me pare, svolto da Luperini con Allegoria e nel suo ultimo Il professore come intellettuale).Ma a tre condizioni: - controllare le (forse inevitabili) spinte corporative che un discorso del genere trascina con sé (ad es. “umanisti” contro “scienziati” o contro “le nuove tecnologie”); - precisare da subito quale letteratura, quale libro, quale scrittura (e quale poesia) vadano oggi difese e perché; - indicare oculatamente ma senza diplomatismi gli amici e i nemici di questo progetto in fasce.
Il filo di Arianna, titolo «probabile», mi pare abusato. Non ne propongo altri al momento. (Mi veniva Letteratura probabile, ma non so). Il titolo, però, dovrebbe sempre riassumere l’intenzione di fondo della rivista. Sui nomi di collaboratori e interlocutori osserverei: - che prevalgono “i quasi accademici” se non gli accademici. (Preferirei una lista con più clandestini, giovani e sconosciuti o un più equilibrato dosaggio fra noti, ignoti  e poco noti); - che pezzi grossi a livello editoriale o giornalistico (Fofi, Giudici, Raboni, Sanguineti) godono di posizioni di rendita che rischiano di chiudere un discorso critico più che aiutare a riaprirlo; - che, visto che i nomi da te fatti costituiscono probabilmente la rete dei tuoi legami preferenziali, sarebbe bene farmi capire se li hai già consultati e su cosa collaborerebbero o interloquirebbero. Restano poi da capire tanti altri aspetti: economici, direzionali, ecc. che sai bene quanto pesano. Da parte mia ti darò sostegno ampio se mi ritroverò nell’impostazione che tu devi dare, visto che hai pensato tu di prendere l’iniziativa. Se non dovessi condividerla a pieno, sarò un leale collaboratore più o meno saltuario. Partendo con patti chiari, eviteremo ambiguità e incomprensioni, che, come hai visto, vengono fuori col tempo. 
Fraternamente                                             
Ennio


 2000

13 aprile 2000

Ieri sera ad una cena ho conosciuto Giampiero Neri. Serafico e deciso nei giudizi.

 10 giugno 2000

Maurizio Cucchi. Dopo mesi (perché attorno a novembre ’99 devo avergli lasciato in portineria la bozza di “Scriptorium”)  mi fissa un appuntamento per oggi. Poi, all’ultimo momento, ha preferito parlarmi per telefono. Iscrive il mio lavoro in una non so quanto probabile linea Zanzotto-Majorino. Ha trovato troppo anni ’60 l’uso delle lineette. Ha avuto una buona impressione della varietà metrica del lavoro. Si è stupito che non avessi mai pubblicato e mi ha offerto di scegliere una poesia per l’Almanacco dello specchio.

12 giugno 2000

 Vincenzo Loriga. Mi telefona. Complimenti per le poesie. Gli sono piaciute quelle in dialetto e le proporrà per La ginestra.

13 giugno 2000 

Giampiero Neri. Dopo aver letto Liceo gli vado a far visita. Dapprima diffidente, ha voluto che gli dicessi di me. Poi interessato e coinvolto dalle domande che avevo preparato. Alla fine, mi ha ringraziato per l’esercizio “maieutico” cui l’ho sottoposto. Gli lascio Scriptorium.

18 luglio 2000 

Scriptorium. Dubbi mentre scrivo e riscrivo la scheda di presentazione. Sul titolo (troppo letterario?). Sulla tripartizione: Perché già utilizzata, ma anche perché dopo gli anni ’80 ci sono altre sezioni: Rodii, Psicoscrittoio, Poliscrittoio. Ho imboccato altre direzioni.  E l’unità del tutto? Altro dilemma: questi tentativi di circoscrivere una zona di esperienza in un concetto, in un termine (come salernitudine) o di collegarmi ad un’area culturale pubblica (quella dell'esodo,  ad es.) mi sembrano da isolato e, quindi da ripensare più a lungo. Altro dubbio: non aver proseguito fino in fondo la ricerca in alcuni dei filoni aperti. Ad es. quello di psicoscrittoio.

 27 ottobre 2000

Ciabatti. Mi arriva Allegoria 34/35 e comincio a leggere alcuni interventi su Gianfranco Ciabatti. Ho letto di lui - saltuariamente e un po’ respinto dalla durezza formale programmatica - poesie e qualche saggio. L’ho incontrato una sola volta direttamente al premio Laura Nobile nel ’92. Ci eravamo incrociati in sala dopo la lettura  della mia poesia. Capelli bianchi e mantella nera. Rimase sorpreso quando gli dissi che sapevo il suo nome.


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