di Ennio Abate
1995
1994-1995 Appunti e disappunti su Manocomete (qui)
Ladri di ciliegie
Ciclo
di incontri a Cologno Monzese del gruppo di lettura su Franco Fortini.
Interventi
di:
Donato
Salzarulo, Composita solvantur
Ennio
Abate, Il ladro di ciliegie
Luca
Ferrieri, Fortini leggere e scrivere
Alessia
Meani, Questo muro
Marcello
Guerra, Extrema ratio
Carmen
Carlotta e Roberto Fabbri, Fortini autore di testi per canzoni
Ezio
Partesana, Verifica dei poteri
Interventi di:
Donato Salzarulo, Composita solvantur
Ennio Abate, Il ladro di ciliegie
Luca Ferrieri, Fortini leggere e scrivere
Alessia Meani, Questo muro
Marcello Guerra, Extrema ratio
Carmen Carlotta e Roberto Fabbri, Fortini autore di testi per canzoni
Ezio Partesana, Verifica dei poteri
Romano Luperini e i Ladri di ciliegie
Incontro conclusivo del gruppo di lettura su Franco Fortini con
la partecipazione di R. Luperini
20 aprile 1995
Sogno. Fortini morente mette la sua firma sotto i miei quadri.
Firma con un pennello e io l’aiuto ad intingerlo in un barattolo di bianco.
Mentre si piega, guardo il suo volto serio e lo sento mormorare: ho ancora
delle idee.
1996
11
maggio 1995
Del giovane giardiniere
e del vecchio scriba (qui)
Poesie, teorie, dicerie. Leggi i testi. Evita le fissazioni e le
banalizzazioni di certe discussioni sulla natura della poesia.
18 febbraio 1996
Per una
nuova rivista. Perché proporrei POLI-SCRITTURE
come titolo:
- per il richiamo alla polis,
alla città, alla politica come problema
centrale del lavoro interdisciplinare della rivista (e quindi: d’indagine
filosofica, di ridefinizione linguistica, di bilancio storico, di approccio
estetico);
- per il suggerimento che questo titolo contiene alla pluralità
e varietà di idee, esperienze, stili
che i testi dovranno avere;
- Il posto della poesia. Il posto
dell’arte. Non un cantuccio. Poesia, non poetese. Poesia come via d’accesso al “reale” alla pari con
filosofia, scienza.
dicembre 1996
"Se tu vorrai sapere...". Testimonianze per Franco Fortini (qui)
In collaborazione con Comune di Cologno Monzese, Assessorato
alla cultura, Biblioteca civica.
Testimonianze in libretto di: E. Abate, L. Amodio, R. Birolli, S. Bologna, G.
Bouchard, L. Calvi, P. Cataldi, I. Della Mea, L. Della Mea, A. De Lotto, A.
Grazia D’Oria, R. Fabbri, F. Gianoli Grandinetti, E. Grandinetti, M. Guerra, U.
Lacatena, L. Lenzini, F. Leonetti, R. Luperini, C. Preve, F. Romanò, D.
Salzarulo, F. Sarcinelli, G. Stocchi, P. Zamboni, D. Zazzi.
1997
20 novembre 1997
Incontro con Giancarlo Majorino. Dopo
la morte di Fortini come interlocutore-poeta mi resta Giancarlo. Mi annuncia
che ha deciso (con D’Arrigo) di chiudere l’esperienza di Manocomete. Si sta
concentrando sul suo lavoro solitario, un poema. No, non ne fa leggere qualche
pezzo. Neppure ad Enrica, alla quale ha dato le consegne su cosa fare, se
dovesse mancare (”se dovessi avere un raffreddore”). Mi ricorda che ormai ha 70
anni e si sente isolato (“non ho con chi confrontarmi”). Amodio è tutto preso
dal suo discorso sul trionfo economico della borghesia. Accame è chiuso nel suo
fortilizio epistemologico. Mi apprezza perché – dice – so porre buone domande.
A me dispiace che Manocomete chiuda. Poi torniamo a parlare di Fortini. È una figura nodale anche per lui. Mi
racconta che Roversi, anche lui isolato ma in dialogo con un gruppo di giovani
a Bologna, su Rendiconti ha dichiarato la sua nostalgia per la figura di
Fortini. Giancarlo si interroga da tempo su Fortini e forse ne parlerà in
occasione di un prossimo convegno che si terrà a Milano sulla figura di Elvio
Fachinelli. Gli dico che, nel mio caso, la lettura di Fortini mi ha spinto a tornare alla letteratura dopo
il periodo di militanza in Avanguardia Operaia. Sì, vede in me questa voglia di
tenere ancora insieme politica e letteratura, ma ritorna sulle sue critiche a Fortini (in sintonia con
quelle che gli mosse Amodio). Mi parla anche di una delle sue formule preferite: l’essere «corpo
di corpi». Gli dico
che, secondo me, questo incontrarsi dei corpi non è asolo gioia ma anche sofferenza, lotta, svelamento di
ingiustizie. E che, perciò, dovrebbe rifiutare
di chiudersi nel lavoro solitario. Perché smettere con Manocomete?
Perché non affrontare e sciogliere i nodi emersi nella discussione della
redazione? Mi risponde che non ha più voglia di farsi pedagogo.
Più a suo agio come poeta che legge i suoi versi che come
direttore di rivista. Vedo facce ormai
note di amici e amiche scriventi poesia (che
è anche un po’ la sua corte). Trovo il rituale della lettura in pubblico di
poesie liturgico e invecchiato. Mi ricorda la messa in parrocchia. Uno del
pubblico ha richiamato l’idea del poeta
fingitore. Tra finzione e realtà non c’è ormai distinzione, sosteneva.
Majorino ha sorvolato. Gestisce la sua immagine con misura, con battute
ironiche brevi, a denti stretti, allusive. Non si butta mai in un corpo a corpo
con il pubblico. Altri problemi posti dai presenti: cosa aggiunge la lettura a
voce al testo scritto? Vale di più la lettura del poeta o quella
dell’attore? Alcuni dicono che nella
lettura si coglie più facilmente il
“musicale”. Mi chiedo: e i legami
possibili della poesia con i fatti storici e sociali? Non vengono
offuscati? Resto convinto che la lettura
mentale - (Il lettore silenzioso!) - permette uno scavo del testo che
all’ascoltatore distratto dalla presenza del pubblico, è impedito.
[Sono ancorato ad una stagione poetica – quella della poesia che non si
staccava dalla storia, dalla politica e dal sociale (emblema: quella di
Fortini) - ormai finita? Mi sto perdendo qualcosa di importante?]
[Mi chiedo a quali realtà guarda Majorino poeta. Nomina le
donne, la massa-bambinopoli, la cronaca nera feroce, la morte sempre
incombente. C’è il quotidiano. (Meno o non più la storia). C’è la morte, il
sesso, l’esistenziale, ma cancella (come “ideologia”) un progetto collettivo in
cui l’individuo si possa ritrovare (non
in modi subordinati). C’è la sperimentazione linguistica, preziosa contro la
consunzione massmediale del linguaggio]
1998
21 gennaio 1998
Gruppo poesia proposto alla redazione di Inoltre. Vorrei farne un laboratorio di critica della Poesia. Passare in rassegna tre-quattro antologie (Fortini, Mengaldo, Majorino, Cucchi-Giovanardi).
marzo 1998
Consigli
al giovin scrittor d’oggi
(omaggio camuffato a “Breve secondo
Novecento” di Franco Fortini)
1.
Se/ obbligato ai tic e vivaci
moine/
per salotti e soirées/ fra ceti
medi e alti/
hai corso/
qualcosa
di grandioso e abietto/
sullo sfondo/
e in filigrana/
feroci
e oscure circostanze
sveli/
la tua cartamoneta scritta/
Piena di leggerezza/ allor/
sarà nel crash delle utilitarie/
la tua danza davanti alla ghigliottina
2.
Or che alle domande capitali /
della
religione e della storia/
ha risposto il Capital (rivista!)/
e le Avanguardie/
han fatto flop (o Blob)/
rifugiati in camera da letto/
e goditi la gamba della donna
Ovvio premunirti/ lo puoi/
e teco reca in scorta/ fra sensualità e amarezza/
fazzolettini ricamati della migliore educazione letteraria/
il tuo io stia / insieme egocentrico e decentrato/
comodo/ su un paesaggio di vacuità festiva/
di
serenità appena minacciata dalla vecchiaia
3.
Trova dei critici simili a te/
non gemelli/ ma della tua medesima cultura/
Dissipa e moltiplica i punti di
vista/
le
fratture/ gli antagonismi storico-sociali/
smessi/ abbandonali a quelli/
del Leoncavallo/
Rendi comico/ il Tutto/
di D’Alema il sorrisetto
sprezzante/
del Buttiglione il viso allucinato
e scimmiesco/
il capital di Berlusconi / così
cafone e illuminato poco/
Sii fine insomma/ anche con Fini/
Scrivi solo bene/ per nuova plebe/
un bel collage alla Eco/
o alla Calvino un esatto montaggio/
del Nulla
Giammai nelle tue poesie/
la
miseria delle latterie/
Ma dovessi entrarci a scaldarti/
da disoccupato/
(cor gentil non scansa/ il suddetto
malanno!)/
o per innominabili/ questioni
economiche/
nelle periferie languissi/
spargi in crudi romanzi/
pedofili spelacchiati da
giardinetti/
adolescenti cannibali in pubblici
cessi porno-graffiti/
lolite manipolate su banchi di
scuola/
durante l’ora obbligatoria di sesso
a iosa/
Più squallide che puoi/ descrivile/
americanizzale/ bronxeggiale per
benino/
e avrai/ in centro/ di botto una
mansarda
5.
Non scrivere le verità che hai/
nel povero tascapane della tua
esperienza/
Ai lettor paganti l’ozio guastan/
e sol dispersi e vaganti/ in
estinzione/
critici ancora gustan/
Tu dei saper/ che sol/
procaccia fama/
l’Internet de il piacere della lettura/
Se l’amena rete/
è già intasata/ insisti/
Recati pellegrin/ nei siti del tardo romanzo storico/
o della rinomata/
apologia
del comico e dell’ironia
Frequentali/ seduci/ fai ridere/
Dai l’impressione di un livello di cultura/
molto
alto/
Ridi, godi o fingi/
e ti comprerà/ il partito di coloro che ridono/
poiché
il mondo vuole essere ingannato
15 novembre 1998
Cologno 15
novembre 1998
L’ipotesi
di rivista che tu ora abbozzi prospetta una possibile identità (e quindi un suo
tratto di distinzione dalla massa delle altre riviste letterarie?
Non
derido le buone intenzioni (essere innovativi, autonomi e dialoganti, in cerca
di verità non date o datate; rifiutare narcisismo, presunzione e purismi) e ci
sto ad un discorso di difesa «della letteratura, del libro e della scrittura»
(e della poesia) dall’invadenza massmediale. (E’ lo stesso, a me pare, svolto
da Luperini con Allegoria e nel suo
ultimo Il professore come intellettuale).Ma a tre
condizioni: - controllare le (forse inevitabili) spinte corporative che un
discorso del genere trascina con sé (ad es. “umanisti” contro “scienziati” o contro “le nuove tecnologie”); - precisare da subito quale letteratura, quale libro, quale scrittura (e quale poesia) vadano
oggi difese e perché; - indicare
oculatamente ma senza diplomatismi gli amici
e i nemici di questo progetto in
fasce.
Il filo di Arianna, titolo «probabile», mi pare
abusato. Non ne propongo altri al momento. (Mi veniva Letteratura probabile, ma non so). Il titolo, però, dovrebbe sempre riassumere l’intenzione di fondo della rivista. Sui nomi di collaboratori e interlocutori osserverei: - che
prevalgono “i quasi accademici” se non gli accademici. (Preferirei una lista con
più clandestini, giovani e sconosciuti o un più equilibrato dosaggio fra noti, ignoti e poco noti); - che pezzi grossi a livello editoriale o giornalistico (Fofi, Giudici,
Raboni, Sanguineti) godono di posizioni
di rendita che rischiano di chiudere un discorso critico più che aiutare a
riaprirlo; - che, visto che i nomi da te fatti costituiscono probabilmente la rete dei tuoi legami preferenziali,
sarebbe bene farmi capire se li hai già consultati e su cosa collaborerebbero o interloquirebbero. Restano poi da capire tanti
altri aspetti: economici, direzionali, ecc. che sai bene quanto pesano. Da
parte mia ti darò sostegno ampio se mi ritroverò nell’impostazione che tu devi
dare, visto che hai pensato tu di prendere l’iniziativa. Se non dovessi
condividerla a pieno, sarò un leale collaboratore più o meno saltuario.
Partendo con patti chiari, eviteremo ambiguità e incomprensioni, che,
come hai visto, vengono fuori col tempo.
Fraternamente
Ennio
13 aprile 2000
Ieri sera ad una cena ho conosciuto Giampiero Neri.
Serafico e deciso nei giudizi.
Maurizio Cucchi. Dopo mesi (perché attorno a novembre ’99 devo avergli lasciato in portineria la bozza di “Scriptorium”) mi fissa un appuntamento per oggi. Poi, all’ultimo momento, ha preferito parlarmi per telefono. Iscrive il mio lavoro in una non so quanto probabile linea Zanzotto-Majorino. Ha trovato troppo anni ’60 l’uso delle lineette. Ha avuto una buona impressione della varietà metrica del lavoro. Si è stupito che non avessi mai pubblicato e mi ha offerto di scegliere una poesia per l’Almanacco dello specchio.
12 giugno 2000
13 giugno 2000
Giampiero Neri. Dopo aver letto Liceo gli vado a far visita. Dapprima diffidente, ha voluto che gli dicessi di me. Poi interessato e coinvolto dalle domande che avevo preparato. Alla fine, mi ha ringraziato per l’esercizio “maieutico” cui l’ho sottoposto. Gli lascio Scriptorium.
18 luglio 2000
Scriptorium. Dubbi mentre scrivo e riscrivo la scheda di presentazione. Sul titolo (troppo letterario?). Sulla tripartizione: Perché già utilizzata, ma anche perché dopo gli anni ’80 ci sono altre sezioni: Rodii, Psicoscrittoio, Poliscrittoio. Ho imboccato altre direzioni. E l’unità del tutto? Altro dilemma: questi tentativi di circoscrivere una zona di esperienza in un concetto, in un termine (come salernitudine) o di collegarmi ad un’area culturale pubblica (quella dell'esodo, ad es.) mi sembrano da isolato e, quindi da ripensare più a lungo. Altro dubbio: non aver proseguito fino in fondo la ricerca in alcuni dei filoni aperti. Ad es. quello di psicoscrittoio.
Ciabatti. Mi arriva Allegoria 34/35 e comincio a leggere alcuni interventi su Gianfranco Ciabatti. Ho letto di lui - saltuariamente e un po’ respinto dalla durezza formale programmatica - poesie e qualche saggio. L’ho incontrato una sola volta direttamente al premio Laura Nobile nel ’92. Ci eravamo incrociati in sala dopo la lettura della mia poesia. Capelli bianchi e mantella nera. Rimase sorpreso quando gli dissi che sapevo il suo nome.
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