Di Giorgia Stecher scomparsa nel 1996 di
cui ricordiamo Quale Nobel Bettina (Palermo,
1986), Album (Palermo, 1991), Altre foto per album (Roma, 1996)
presento qui alcune poesie tratte dall’ultimo libro. Ho scritto della sua
poesia in Dalla lirica al discorso
poetico. Storia della poesia italiana 1945-2010:
«abbiamo tutti gli
elementi di disinteressata autenticità che fanno di un poeta un piccolo
classico. Una poesia che interpreta la memoria attraverso la lettura di alcune
vecchie fotografie di famiglia.
Libro compiuto,
adulto, opera di un poeta giunto alla piena maturità, documento artistico e
spirituale tipico di quella sensibilità di fine Novecento che ha trovato nel Manifesto della Nuova Poesia Metafisica
(n. 7 «Poiesis», 1995) una significativa esemplificazione. Poesie nate da
fotografie perdute e poi ritrovate; si badi, non poesie di “derivazione” ma recherche di un “tempo perduto”,
ricostruito con la sensibilità postuma di un poeta che alla poesia chiede la
ricostruzione di un mondo tramontato sotto l’obblivione dell’epoca
tecnico-scientifica. Nella deriva del Tempo, Giorgia Stecher arresta e
ricostruisce l’attimo e la temporalità, i destini individuali e collettivi. La
verità si staglia non alla luce del sole ma alla luce del flash. Nell’epoca del telecomando e del televisore, è la foto
ingiallita dal tempo che rivela il mondo». Con le parole della Stecher: «È
accaduto che, dopo la pubblicazione del mio Album
nel 1991, siano venute alla luce altre foto dimenticate nei cassetti e negli
angoli più riposti della casa e della mente. È pure accaduto nel frattempo, che
altri personaggi ed eventi abbiano richiesto, anzi reclamato, un flash per
entrare a far parte della raccolta, accanto agli attori che avevano avuto la
ventura di precederli. Questo nell’illusione di guadagnarsi così un diritto di
sopravvivenza peraltro arduo se non improbabile ma ben consapevoli che in ogni
caso ciò che non è scritto (o in qualche modo registrato) non esiste. Sono
stati, come si vede, accontentati. Anche perché nell’Album c’erano, e ci sono
ancora, numerose pagine vuote».