sabato 20 novembre 2010

SEGNALAZIONE
Anna Paschetto
Seconda lettera a un pastore delle valli (romanzo)

(Su segnalazione di Leonardo Terzo, Dal sitoLe Aziende In-Visibili di Marco Minghetti & Living Mutants Society)


Anna Paschetto è l’autrice di Seconda lettera a un pastore delle valli (Claudiana, 2003) un originale romanzo che mischia generi e tecniche letterarie, sullo sfondo del confronto culturale fra “italiani” e “valdesi” e fra mentalità di generazioni diverse, formatesi dalla lotta al fascismo al ’68. Anticipiamo qui l’inizio del suo prossimo libro intitolato: Lasciare la casa in ordine.

SCENA DI ZONA AMBIENTE
Una grande stanza vuota fiocamente illuminata. Sulla parete di fondo si aprono due grandi finestre: due rettangoli di luce da cui non si vede nulla. Il pavimento è coperto di pacchi di giornali e cartellette piene di carte. In posizione quasi centrale un tavolo a cui è seduta una donna che scrive ad un computer. Accanto a lei altre due donne che a volte si avvicinano al tavolo a volte girano per la stanza. Sono tutte e tre vestite allo stesso modo: con uno scamiciato lungo grigio – come quello delle piccole donne del film, ma più essenziale e dimesso – sotto maglia nera girocollo e maniche lunghe.

NARRAZIONE: CITTÀ (Eugenia scrive e legge)
Nella città ci sono bellissimi terrazzi in alto sulle case: mondi verdi, piccoli paradisi privati. Con alberi di albicocche e gardenie e clematis e palme e siepi di ligustro. Fontanelle e pergolati e salotti in veranda. Guardando verso l'alto si vedono spuntare le cime di grandi alberi. E si possono ammirare in fotografia sulle riviste di giardinaggio. Doch uns ist gegeben... Le strade sono sporche. Sui marciapiedi si trova di tutto: cacche di cani e sugli angoli tracce verdastre di urina umana, sputi, a volte vomito, profilattici usati; e cartacce, e lattine, e mozziconi; erbacce crescono alte lungo i muri; dai sacchi neri dell'immondizia colano liquidi dei rifiuti in decomposizione; i muri delle case sono imbrattati di scritte tracciate di notte con le bombolette spray; dalle finestre solerti massaie scuotono i loro stracci impolverati sulle teste dei passanti.

VOCE DI BELINDA
Devi parlare degli alberi…

VOCE DI EMMA
Quali alberi?

VOCE DI BELINDA
Dove sono le radici degli alberi che spuntano dall'asfalto? Hanno radici?

VOCE DI EMMA
Il sindaco Moratti per “verde” intende le aiuole.

NARRAZIONE: CITTÀ (Eugenia scrive e legge)
La notte un popolo diverso esce per le strade. Stranieri clandestini. Trafficanti di droga. Strane figure quasi nude si offrono per un commercio sessuale. Ragazze vendute da uomini ad altri uomini. Accanto al cimitero Monumentale bambini venduti dai padri.

VOCE DI BELINDA
Chi c'è dietro ai vetri delle macchine che si accostano per una trattativa? Sono persone umane?

VOCE DI EMMA
Non sappiamo chi sono. Si vedono in tv e nelle foto dei giornali – perché mai gireremmo per quei luoghi la notte.

VOCE DI BELINDA
Sono lì vicino… Sappiamo che ci sono… Praticamente sotto casa… Ma li vediamo come da un periscopio… Sono  umani? Sono mostri? O è il vicino di casa?

NARRAZIONE: CITTÀ (Eugenia scrive e legge)
Nella città la questura  conta 1.500 ragazzi stranieri, quasi tutti destinati a vivere in strada. Privi di documenti, non hanno più un nome e non possono essere espulsi perché minorenni: solo 1 su 10 arriva in comunità. Rubano o si prostituiscono.

VOCE DI EMMA
Escono per le strade la notte anche quelli che un tempo si sarebbero definiti bambini – e che i genitori non pensano di avere il diritto di rinchiudere in casa… E i minorenni  bevono, e si drogano…

VOCE DI BELINDA
 I giornali dicono che i giovani pensano di non avere un futuro.

NARRAZIONE IN ZONA CITTÀ (Eugenia scrive e legge)
Mondi così vicini e così lontani.

VOCE DI EMMA
Noi non abbiamo niente a che fare… Noi non abbiamo niente a che fare…

VOCE DI EUGENIA
E che faceva Ferruccio quando è passata la polizia, in piena notte, lungo la recinzione dell’aeroporto, con un altro ragazzo, e una ragazza, e un tale, adulto, che li aveva portati lì su una macchina rubata?

VOCE DI BELINDA
Pensa se nel prendere mezzo tavor mi rimanesse in gola e mi soffocasse…

CITTÀ (Eugenia scrive e legge)
La città è invasa da grandi scarafaggi dal guscio metallico che si muovono in fila lungo le strade; a volte guizzanti e assassini, per lo più lentissimi o addirittura immobili negli ingorghi, addormentati sui marciapiedi, sulla terra intorno ai miseri alberi, sulle strisce pedonali, ovunque ci sia un minimo spazio. La città è inondata di gas, che esce dal didietro degli scarafaggi e dai comignoli dei tetti, e ristagna in questa grande incrostazione nel mezzo della pianura.

SCENA
(Clara entra in scena – è vestita come le altre donne, ma ha la testa rasata – attraversa la scena silenziosamente e si ferma accanto ad una delle due finestre, guardando fuori – le altre non fanno cenno di accorgersi della sua presenza)

VOCE DI CLARA
Aspetto alla fermata del tram con la mia grossa borsa dorata tra i piedi, sollevata da terra. Come fanno i pinguini con le uova, nella notte polare.

CITTÀ (Eugenia scrive)
Nella città la nebbia non c’è più.

VOCE DI BELINDA
Nella città la nebbia non c’è più. Non so perché.

CITTÀ (Eugenia scrive)
Ci sono invece particelle invisibili che nessun filtro può trattenere e che riempiono i nostri polmoni.

VOCE DI BELINDA
Sì, ci sono, dicono, particelle invisibili…

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