martedì 14 dicembre 2010

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Eugenio Grandinetti
Due poesie

 

            







 
La rivoluzione

Così non può andare,è necessario
un cambiamento che modifichi
radicalmente l'ordine sociale.
Ma cosa occorre per fare
la rivoluzione?
Occorrono i fucili,non c'è dubbio,
occorre tanta rabbia
e occorre credere che sia giusto
fare la rivoluzione. Ma non basta.
Occorre pure un'organizzazione
sì che ognuno mantenga il proprio posto.
Ma qui sta il pericolo:che il ruolo
poi diventi potere e ci corrompa.
E allora bisognerà rimettersi di nuovo
a fare la rivoluzione,ma stavolta
senza improvvisazioni.
Bisognerà creare
accanto a chi comanda
un gruppo che controlli che il potere
non venga usato a proprio tornaconto
e non si faccia privilegio.
Ma pure così resta il pericolo
che controllati e controllori formino
insieme una nuova classe e che diventino
solo una tirannia più numerosa
e ancora più famelica.
                                 E allora
che cosa occorrerà perché si possa
farla davvero la rivoluzione?
Occorre soprattutto la coscienza
che quelli che chiamiamo popolo non sono
masse da manovrare,ma persone
con i nostri bisogni,le speranze
pure se varie certo però simili
alle nostre,che tutti siamo popolo,
che alle diversità biologiche non si uniscano
le ineguaglianze create dalla nascita
in una società di diseguali.
Occorre che si divida in parti eguali
la fatica e il prodotto,
occorre in parole semplici un progetto
per fare un uomo nuovo,
un uomo il cui egoismo non ritorni
come una molla a espandersi schiacciando
gli altri quando sia esaurita
la forza esterna che lo comprimeva,
un uomo che
per intimo convincimento e non in previsione
di un proprio utile o di una repressione
non senta l'utile comune come limite,
ma sia pago solo se può essere
partecipe di una società
di uomini liberi ed uguali.
Ma allora cosa occorre
per fare una rivoluzione?
Occorre veramente voler fare
la rivoluzione
e non solo sostituire ad un padrone
altri padroni.







              







Adolescenza

Il respiro degli occhi che ti giunge
leggero sulla nuca e smuove appena
le cime dei capelli,che tu senta
dietro le spalle questa mi presenza
discreta che non osa
chiederti di voltarti e corrispondere
almeno con lo sguardo;
le parole sommesse che non sanno
dire e s’appagano
di indicare solamente un esserci
timoroso,un attendere
senza speranza di risposte…
E passano i giorni adolescenti
che hanno insieme la gioia ed il tormento
di vedere sbocciare i desideri
e sentirli appassire come foglie
e cadere nel vuoto e rimanere
aridi e nudi come rami spogli.
        

3 commenti:

Moltinpoesia ha detto...

Osservazioni di Beppe Provenzale per "Rivoluzione":
Ben colorita, ma da bric-a-brac l'immagine del militante rosso (magari convinto)che giganteggia in un panorama di case borghesi e chiesa ortodossa.
Qualche dubbio sulla forma "poetica" data a quello che un tempo (dal '68 in poi e per pochi anni) si chiamava "ciclostile".

Per "Adolescenza":
Sense-and-sensibility e palpitazioni (quasi) sospese in un sussurro "senza speranze di risposte... e passano i giorni adolescenti". Una Speranza? Non c'é, perché li vedremo "appassire come foglie e cadere..."
Inserire allora una diversa destinazione ai nostri sentimenti, slacciarli dalla fisicità contingente ed elevarli in sentimenti nobili?
Questa poesia é poesia e non occorrono altre parole.

Anonimo ha detto...

Mi è piaciuta molto“Adolescenza”. L’accostamento fatto a Jane Austen da Beppe Provenzale è perfetto. Là la donna è ospite non bene accetta nella sua stessa casa, qui la donna non è ben accetta in quella delle attese, delle aspirazioni, delle sospensioni, degli ideali, delle possibilità…….
Veramente bella.
Giuseppina

Moltinpoesia ha detto...

Questa poesia sulla rivoluzione mi è parsa timida, trattenuta, eccessivamente riflessiva, ed anche parecchio ingenua. Passi che non contienga versi di poesia, ma quando scrivi che occorrono fucili non ci stai dentro e sembri avare fretta di argomentare. Il sangue non fa schifo alla poesia, non ti sei imbrattato, hai scritto dei pensierini. Parli della rabbia... ma dov'è? Questa poesia l'avresti potuta leggere in parlamento, perfino lì sono più scafati e sicuramente qualcuno avrebbe perfino applaudito.
La rivoluzione, quella che crea sovvertimento, fa male. Per quelli della mia generazione, ex '68 ed ex tutto quanto, quella rivoluzione è figlia dell'illusione ( e tutti a chiamarla utopia. Tutti, capisci? Tutti a usare le stesse parole... d'ordine. Che scemenza). Fosse per me riconsidererei il giogo e lo sberleffo, dopo di che non farei come è stato fatto con Saddam Hussein che è stato impiccato nel silenzioso consenso di tutti i pacifisti ( io gli avrei dato un posto come lustrascarpe alla stazione di Baghdad. Un po' di creatività, su!). Insomma, se vuoi essere ragionevole guarda a Dalema, lo stratega che ha inventato il recente bisogno di un governo provvisorio. Pazzesco. Si può fare meglio.
Grazie.
mayoor