Arrivo da un "vuoto", voi lo chiamate "morte".
Ogni cosa è in me in difesa e contemporaneamente in attesa.
Come dire, ho paura di tutto e di tutti, eppure tutto e tutti mi penetrano.
Lascio che ogni cosa si deponga in me come neve.
Io sono il seme che, aspettato, aspetta.
Qualche volta arriva qualcuno violento, che fa male dentro.
Qualche altra volta una mano amorevole mi accarezza,
ed io accolgo, non respingo, fiducioso e pauroso.
Un giorno ho sentito una parola strana,
ha toccato in me qualcosa che non ha nome,
so solo che mi muove.
Una parola che risuona, che ammorbidisce la mia scorza.
Una parola che illumina davanti e dietro la porta.
E’ bello e strano ogni volta.
E una parola mi accompagna all’altra in ascolto in danza.
E diventa perla di collana, filare d’alberi sul fiume
nome di mortali e di immortali
canzone di gioia e di dolore senza separazione.
E a poco a poco la buccia si è sbucciata
una foglietta è sbucata, poi un’altra e un’altra ancora.
Nulla è alto, nulla è basso, nulla è giusto, nulla è sbagliato.
Non c’e nemmeno un dentro e un fuori.
Tutto è musica e io voglio capirla, voglio sentirla, voglio amarla, voglio suonarla.
E così è, e così è stato.
Tutto quello che so è che posso, è che danzo.
Dire è troppo alto, troppo basso, troppo tardi, troppo presto,
è non volere essere seme.
E rifiutare il dono è spezzare l’armonia che ci fa insieme.
Questa è la mia storia.
Da non imparare a memoria, però può aiutare.
E dato che sono nato a Natale, sono un buon seme augurale.
Ricordati però, sono da annaffiare!
1 commento:
Ennio Abate:
Quanta ideologia mascherata da "parole semplici" (pseudoevangeliche) in questa poesia!
Ahimè, quanta voglia d'inebriarsi in questi versi che cancellano il mondo e lo sostituiscono con una "musica totale" che , senza mondo, non si può neppure sentire:
Nulla è alto, nulla è basso, nulla è giusto, nulla è sbagliato.
Non c’e nemmeno un dentro e un fuori.
Tutto è musica e io voglio capirla, voglio sentirla, voglio amarla, voglio suonarla.
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