questo chicchirichì
di gallo ch'io
distinguo/fioco/fra
fruscii meccanici di
motori/e questo so-
gno /due fratelli in
cammino sul ciglio
di un burrone/uno che
procede spedito/ed
è subito in basso/al
sicuro,/l'altro inve-
ce barcollante/sul
viscido manto d'erba/
s'aggrappa ad un uli-
vo contorto o altro
albero storto/pian-
tato proprio là/sul-
l'estremo ciglio/
e guarda/l’abisso
che così facilmente
(pensa) quasi tutti
normalmente discendo-
no/ e guarda vicinis-
sime/ le sue mani in-
debolite mollare la
presa/ sono momenti
che potrei lasciar per-
dere/ o prendere ap-
pena sul serio/ spun-
ti per una poesia (che
ormai é cosa fatta!)/
e d'una particolare
presentazione gra-
fica/ d'uno scritto-
re impietrito sulla
sua olivetti studio
44/ che, voi lettori
avrete adocchiato già
prima di leggere/-
costruttore di questo
muro di parole-mat-
toni/ grafica torre/
oh steimberg!/ che
lo
rinchiuderà
15 commenti:
Bravo! Potresti esse Mayoor ma non ci giurerei. Quella macchina da scrivere ...quanti ricordi... .
emy
da Rita Simonitto
(per associazioni e contrapposizioni)
Fratelli
Insonorità di un’alba senza galli,
il volto già fantasma in controluce,
corpo e anima allacciati in esile consistenza
inginocchiato al margine del prato. Sotto splendeva
il silenzio dell’abisso dove sarebbe caduto
quando la pistola del fratello avrebbe fatto fuoco
e a pancia squarciata le sue budella
- mira alla testa, ti prego, ch’io non le veda –
forse sparse, ma poi le avrebbero raccolte
in degna sepoltura anche se aveva tradito,
ma solo per debolezza. Non nelle intenzioni certo,
ma, nonostante tutto, morte per morte. Negli istanti ultimi
fissò gli stivali del fratello-di-sogni
per un mondo diverso dove però da oggi
posto non ci sarebbe stato per lui perché debole
e in battaglia bisogna essere forti
sopportare le torture, oh come sa torturare bene
il nemico per strapparti le notizie che dovresti
tenere in fondo al cuore. Ma anche l’amico non è da meno
perché c’è la causa, causa giusta, lo dicono tutti.
Meglio allora non avere gli occhi azzurri e i capelli biondi
e avere sedici anni e il corpo sparso di lentiggini
lievi e fugaci come lieve e fugace sarà il respiro ultimo.
Lì ecco il fratello, ancor più che di sangue, sul pianoro dritto/
come un dio vendicatore che ha il potere sulla vita,
perfido dio che ci illude di portare verità e giustizia
mentre solo le eriche sussurrano di morte con scabra intermittenza/
e questo accade sempre nel momento in cui il tenero fiore
si batte con la fine corteccia e inesausto vibra
quando il nero del suo cuore piega sul rosato rosso.
Adesso invece un dito roseo piega sul grilletto nero:
ucciderne uno per salvarne cento.
Ma chi sta ad ascoltare i secoli di storia?
Bisogna solo fare,
bisogna compiere, bisogna salvare.
E l’ancella memoria, raccoglie vesti attorno allo sterile ventre,/
vi tuffa il volto per non mostrare alcun rossore
e il pubblico plaude perché “non nobis, domine”.
“Non nobis”.
(pensieri dopo il film di K. Loach, Il vento accarezza l'erba")
15.06.2012
SORELLE
Sorella che canti al sole
presto arriverà il tuo usignolo
non credergli quando col becco
ti sfiorerà il cuore
Invidia è la tua il suo volo
non sarà di un momento
nè ferirà il mio petto
guarda e vedrai stupida sorella
Nè il vento nè la neve
geleranno il mio cuore
per te che guardi il cielo
io ti veglierò sorella mia
Non fu per caso
quel soffrire insieme
io davanti e tu a seguire
quel passaggio il ponte
che ci aveva preparato
nostra madre.
Emy
da Rita Simonitto
@ Anonimo per prova
Ieri sera, quando ho postato la mia 'associazione' ero di fretta. Ora, con più calma, contemplo con piacevole stupore questa 'dattilografica torre' perchè oltre al contenuto - che mi aveva rinviato, non so per quali strade, al film di K. Loach - la forma mi ha fatto’tornare’ a una certa poesia sperimentale degli anni ’80, credo, quando i testi erano scritti a forma di albero, di freccia, di palla, ecc. ecc. Non so se dietro quello ‘sperimentare’ ci fosse o meno una qualche teorizzazione, un voler sganciare la poesia dai condizionamenti formali esterni in modo tale che essa possa, e debba, rispondere solo ai suoi condizionamenti interni: ogni singola poesia avrà dunque una sua forma.
Così fosse che cosa accadrebbe? L’anarchia? Ai critici l’ardua sentenza.
Quanto a questa poesia, trovo interessante l’introduzione del ‘doppio a capo’, uno è interno, la barretta che segnala una sequenza ritmica e di senso, e l’altro è esterno, condizionato dal dover stare dentro la torre (che mi ha dato l’immagine di una ‘stele’, da interpretare).
In ogni caso, complimenti all’Anonimo per prova.
andando un po' bel po' indietro nel tempo ci sarebbe la famosa poesia di Gregory Corso a forma di fungo atomico. Credo che il titolo fosse appunto "Bomba". Grande, Gregory si era inimicato anche il movimento pacifista. La protesta nella protesta! Non si capisce l'epoca in cui "Dattilografica Torre" è stata scritta, l'Olivetti potrebbe essere solo un mitico ricordo.Trovo molto utili i doppi accapo che ci suggeriscono un'attenzione particolare del poeta per la precisione o un atteggiamento masochista di chi è obbligato a scrivere in una obbligata dimensione. Ma dipende dall'ottica con cui si guarda. Fa ricordare che ancora oggi è possibile scegliere la forma di una poesia senza essere considerato retro. E' vero che molti pensano che alcune sperimentazioni valgono (e neanche) solo per il periodo in cui nascevano.
L'interruzione del racconto ha una valenza straordinaria che, al di la della sperimentazione, da un significato ulteriore al linguaggi-frammento peraltro deciso con lucidità.
Spero che Anonimo non se la prenda se farò un commento delirante, ma purtroppo o meno male questa tragica lettura ( e rilettura..è quattro volte che passo e medito) è anche molto dinamica, pur se verte su una legge immutabile,immobile, certa quale quella della vita e della morte.
Il problema della mia percezione e meditazione è sicuramente solo mio, può darsi che non sappia tenere il peso di questa torre . Noto anch'io come precedenti osservatori, qualcosa di molto vicino a certe forme , per esempio al mio caro "clandestino" Paul Nougé. Ma l'"impacchettamento" entro le due rette della vita e della morte , che pur da neofita capisco quante fatiche e ricerche implichino in questa "pro...va", sono smerlettate , obbligatoriamente in un solo margine, che non è solo a destra ma anche verso l'alto, quello che peraltro è il meno visibile. A meno che si rovescino gli oggetti, come in parte già il tarocco visionario della torre implicherebbe.
La torre piu direttamente e visibilmente sembrerebbe svettare in altezza, ma in realtà è scavata come un albero all'incontrario..nell'orlo ce n'è un altro altrettanto simbolico e ben annodato. Nodi su nodi quelle mani a cui sfugge la presa, potrebbero addirittura non essere piu quelle del nostro caro anonimo, ma di un qualsiasi "altro" a lui caro o mediamente " pensato" come fratello,alter ego o meno, che attraversa nei secoli le stessi leggi. Quella parentesi del pensare in terza persona è stata per me centrale ad ogni rilettura, ma solo nella terza lettura , quella di ieri, mi si è "scoperchiata" la marcia funebre finale dai tasti meccanici e primi fruscii.
La mancanza di cielo o anche la mancanza di sguardo verso il sù , rispetto al giù del muro all'incontrario, deve avermi portato alla ulteriore porta/consapevolezza su un oggetto caricato di troppo peso,la macchina da scrivere in basso pertanto cede, così come deve essere e così come purtroppo a quel verde meccanico vi si aggrappano le stesse mani che cercano i tasti meno meccanici dell'ulivo..metafora dentro metafora di possibilità che sembrano piu "facili" nella discesa o risalita dalla propria torre, sucessi o insuccessi di saperne riprendere il movimento con le parole.
La forma "imapacchettata" come dicevo aiuta a ribaltare e ruotare i piani, potendosi infine affacciare da ogni angolazione attratti dal pieno e dal vuoto e con un profondo distacco dallo schiacciamento di certi oggetti, macchina e torre compresi, dovuto alla naturale tensione dei soggetti in relazione, tanto che si pensi scivolino facilmente verso la fossa, tanto verso quelli che dimostrino altri attaccamenti, tanto ancora verso quelli che hanno altre verticalità da giocarsi.
In generale io sarei favorevole al fatto che la poesia esca dai blog dedicati e dalle riviste, per approdare come corpo indipendente ( ma non estraneo) in ogni altro luogo possibile: sui blog di cucina ad esempio, oppure dove si tratta di filosofia, ma anche nelle pagine sportive, nella moda, tra i portali verdi dedicati alla botanica, oltre che naturalmente sulle pagine culturali in genere e nell'attualità, e perché no anche nel gossip.
Infatti questa poesia la vedrei bene bene tra le colonne di un quotidiano.
Apparentemente imparentata allo sperimentalismo degli anni '70 e '80, in realtà a me sembra un gioco ( gli manca l'impronta del linguaggio mediatico tanto cara a Balestrini, per fare un esempio). No, il richiamo è esplicito alla narrativa, e i temi mi sembrano quelli della difficoltà di scrivere poesia oggi... argomento che mi piacerebbe venisse sorpassato in fretta, se non altro perché di qualcosa si dovrà pur morire, prima o poi, ed è impensabile che si possa fare affidamento sul suicidio dei poeti.
E' un gioco, ben riuscito ( anche per l'uso dello slash come punteggiatura), e potrebbe continuare, ma a ben leggere non vi si trova linguaggio nuovo, se non appunto per la forma.
Tornando allo sperimentalismo, io non credo che si debba cercare il nuovo ad ogni costo perché il nuovo è già nel linguaggio in uso, e confido che possa emergere con naturalezza (se non per genio di qualcuno). Ma un atteggiamento positivo dovrebbe poter accogliere le esperienze passate. Che si tratti di rima ed endecasillabo o di "vecchio" sperimentalismo, per me non fa differenza se resta vivo il piacere estetico della lettura. Ma la ricerca di un proprio linguaggio mi sembra altra cosa, assai più complessa, e non si può ridurre ad un esperimento, anche se riuscito e di certo benvenuto come questo dell'amico anonimo. Ufff, questo caldo micidiale sta annientando la truppa delle mie parole.
mayoor
La prima e la seconda parte della poesia: io preferisco la seconda perché il linguaggio fa uno scarto e e sale alle altezze del significato. In qualche modo si scompone, capace di guardare in quanto sta accadendo da altre angolazioni, a tratti assai vertiginose. E' un po' come per il salto con l'asta: la prima parte è la salita possente, la seconda il momento in cui l'atleta sorpassa l'asticella... per cadere più che soddisfatto su una chiusa che è anche trionfo. Ma in generale trovo che sia una poesia davvero riuscita per la compattezza del ritmo della scrittura, che può zittire almeno per qualche secondo i sostenitori della metrica, questo volendo mettere i generi a confronto. Ma mi sembra una vecchia diatriba.
Era da parecchi giorni che speravo di poter leggere, sul blog, anche una nuova poesia Rita Simonitto. Va bene la critica di un critico, ma quella di un poeta ti porta a desiderar di leggere la sua poesia, perché un po' l'intuisci anche nella prosa...
mayoor
E' una poesia davvero bella Emy. Ha il ritmo di una dichiarazione fatta con convinzione. Quasi non servirebbero spaziature, quasi potrebbe bastare il verso breve, magari anche più incurante degli a-capo. Lo dico perché a me piace l'errore (che non vorrebbe essere è lo sbaglio), mi sveglia, mi ferisce. Ma questo sono io.
mayoor
seguendo la scia delle associazioni, vedi Simonitto, l'abisso, nonostante la distrazione della Olivetti ricorda uno dei passaggi più importanti del romanzo di Salinger "Il giovane Holden. Il titolo inglese "The Catcher in the Rye", allude ad una poesia in lingua Scot di Robert Burns e nasce da una storpiatura del 2° verso
Cin a body meet a body
Coming thro' the rye
Gin a body kiss a body
need a boy cry....
C'è un punto del romanzo, in cui il protagonista viene interrogato dalla sorella su cosa voglia fare da grande e lui risponde : colui che salva i bambini afferrandoli un attimo prima che cadano in un burrone mentre giocano in un campo di segale.
Questa immagine metafora che conserva intatte freschezza e invenzione si rinnova ad ogni generazione poiché arriva dopo una storia di disagio.
Qui di seguito un segmento di uno scritto dedicato a Primo Moroni:
Primo accoglie
racconta
sorriso
tono disarmante
Primo in libreria
a guardia della falaise
pronto ad acchiappare quasi sull'orlo
chi attraversa avventato il campo d'orzo
L'orlo della falaise
si mimetizza dietro le piante
la falange del municipio
blitza di notte......
Da Rita Simonitto
*… di qualcosa si dovrà pur morire, prima o poi, ed è impensabile che si possa fare affidamento sul suicidio dei poeti*. Così dice Mayoor.
Mi ha fatto venire in mente un commento che, al liceo, ci fece il ns. Prof. di Filosofia, quando ci introdusse allo studio della stessa:
“la filosofia è quella disciplina con la quale e senza la quale, il mondo resta tale e quale”. Lui sapeva bene che non era così (ce l’aveva più con i filosofi parolai che con la filosofia), ma per noi fu un duro colpo (o, almeno per me, lo fu) circa la messa in moto di spinte idealizzanti sui cambiamento del mondo che, in realtà, ben poco avevano a che fare con lo studio della filosofia. E così è anche per la poesia: se d’un colpo sparissero i poeti, non sparirebbe certo la poesia e la funzione importante che essa ha nel metterci in contatto con il reale.
La sperimentazione, il gioco, pur essendo una delle sfaccettature della poesia è più una necessità del poeta che utilizza quel ‘genere’ per dire qualche cosa e, a maggior ragione, ha bisogno che ci sia qualcuno che *salva i bambini [= i poeti che giocano] afferrandoli un attimo prima che cadano in un burrone mentre giocano in un campo di segale* (secondo la bella citazione di E. Giarmoleo).
Io vorrei che qui, in questo Blog, si mettessero a frutto le competenze singole per mettere in comune, come in questo ultimo scambio di battute, esperienze diverse:
perché è anche lì che si ‘intriga’ la poesia.
Anche in merito all’idea di Mayoor di far approdare la poesia *come corpo indipendente ( ma non estraneo) in ogni altro luogo possibile* mi piacerebbe capirci un po’ meglio perché non credo che voglia introdurre una replica dei ‘Baci Perugina’. In che rapporto starebbe il ‘cosiddetto linguaggio innovativo (o sperimentale)’ con la realtà che dovrebbe rappresentare? La *difficoltà a scrivere poesia oggi*(Mayoor) non ha forse a che vedere anche con la difficoltà a interpretare la realtà oggi in quanto non funzionano più le usuali chiavi di lettura?
Cara Rita, nessun bacio perugina. No, quello voleva essere uno scherzo, ma la poesia ha una sua evidente riconoscibilità tra i linguaggi e credo che si possa muovere con indipendenza un po' dovunque offrendo il suo particolare accento vitale, estetico, emozionale, bizzarro o comunque fatto di verità impreviste o imprevedibili... e credo possa relazionarsi agevolmente in qualsiasi contesto. I quotidiani l'hanno ospitata spesso, ma i media oggi si sono moltiplicati e nessun poeta finora sembra avere avuto il coraggio di farsi pubblicare tra pagine di filosofia, di storia, di scienza, di cultura in generale, ma anche tra cose più amene che abbiano a che fare con la vita di tutti. Eppure sono frequenti un po' dovunque le citazioni tratte da poesie "modernissime" che portano la firma di giovani come Dante, Leopardi, Pascoli, Ungaretti... dei nuovi non si sa nulla da parecchio tempo.
La sensazione è che la poesia si rivolga sempre più a se stessa, e insieme alla poesia anche la critica. Da qualche tempo risento il bisogno di una critica "sociale" della letteratura, meno preoccupata di se' e del proprio esclusivo avvenire.
Quindi sì, credo sarebbe utile usare altre chiavi di lettura.
mayoor
Esempio:
- Si prenda in esame l'ambiente sportivo: website, quotidiani, blog.
- Si cerchi nel proprio arsenale qualche poesia appropriata.
- Si spediscano le poesie ai media interessati, per conoscenza o a firma di fantomatica organizzazione culturale ( tipo iMolti.. che suona come l'iPhone), mettendole a disposizione come intercalare ai loro commenti.
mayoor
Solo le prime saranno gratis, insomma un test. Poi si vedrà. Se vuoi lo facciamo io e te.
mayoor
Sì lo so, potrebbe essere intesa come una mendicanza (ma allora sarebbero mendicanze anche tutte le pubblicità, dai motoscafi alla coccola). Ognuno scelga dove vuol stare: su una zattera nel triangolo delle bermuda, o all'ombra di un piacevole e indipendente atelier.
In entrambi i casi non sarebbe l'immaginazione quella che manca.
mayoor
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