venerdì 1 marzo 2013

Pietro Peli,
Quattro epigrammi postelettorali.



I
Me l’avete stuprata per anni, per secoli
la terra in cui sono nato:
ora i frutti sono intinti
di terra velenosa.
Nessuna croce
basterà a rivangarlo dove altri
con pervicacia di chirurgo
o bocca da merciaio
ne hanno lacerato l’opinione.
Solo il grido, è sciarpa al vento
pronta a strapparsi senza difesa.
Si sconta il non essere sempre stati così.



II
Medio il popolo, la fede, la razza, la storia:
mai ha imparato a credere
in sé solo e non
nei suoi cantori.
Urlare è solo per sciocchi.
Soprattutto è tardi. E siamo pure stanchi.

Mai credevo l'idiotismo avesse una casa
dalle mura tanto di pietra.
E' il seme malato
corrotto, mafioso
che ognuno porta con se.
Convinciamoci: siamo medi, stupidi, grigi.


III
E' il voto d'inverno, freddo disanimato:
l'ultima neve che cricchia
sotto il piede.
Il sole è solo
una beffa (non l'ultima).
Non esiste ancora il partito Qualunque
per un uomo qualunque
per una qualunque merda
da pestare.

IV
Detto in forma sintetica,
politica, economica:
se il popolo muggisce
non è colpa del bovaro.

Se ha rinunciato a farsi
leone, elefante, aquila
è perché non gli s'è dato
artigli, zanne, ali forti.

Intellettuali, penne dure,
un tempo asce ora scudi del potere
in quale torre di sassi eravate
a discettare senza alzare le mani,
a ricapitolare ogni sapere?

3 commenti:

Mayoor ha detto...

Queste sono poesie del furore. Passano come uno sguardo gelido, rasoterra ma abbastanza alte da poter essere ascoltate da tutti. E a tutti rivolte. Danno la sveglia come quando si spalanca una finestra per il vento e fuori c'è l'incendio.
Sempre meglio queste poesie di Peli, nitide nelle metafore che si rivoltano e non temono la durezza, la bruttura. Non evade, non cerca ne' offre consolazione.
Complimenti.

Anonimo ha detto...

da Rita Simonitto

E’ un componimento poetico che non lascia indifferenti. [Domanda: potrebbe essere questa una delle funzioni della poesia, quella di lasciare un segno?].

La parte lirica non serve soltanto a rappresentare il vissuto del singolo poeta (la SUA rabbia - * Solo il grido, è sciarpa al vento/pronta a strapparsi senza difesa* -; la SUA tristezza - * Urlare è solo per sciocchi./Soprattutto è tardi. E siamo pure stanchi* -; la SUA invettiva - * Intellettuali, penne dure,/un tempo asce ora scudi del potere/in quale torre di sassi eravate/*) all’interno di un circuito chiuso autoreferenziale, ma vuole imbastire un dialogo con un pubblico la cui definizione procede da un indefinito “voi” (*Me l’avete stuprata*), al *medio popolo*, per finire agli intellettuali che hanno trasformato, svendendola, la loro ‘vocazione’, ovvero ciò a cui erano ‘vocati’, chiamati.
L’osservazione del reale non si traduce in una fotografia bidimensionale che si limita a raffigurare il presente per quello che ‘è’, ma ne rileva le scaturigini: *Medio il popolo, la fede, la razza, la storia:/ mai ha imparato a credere/in sé solo e non/nei suoi cantori*, e anche * se il popolo muggisce/non è colpa del bovaro*.
Le immagini sono ben calibrate, non vanno alla ricerca di effetti speciali per stupire ma sono funzionali al discorso poetico che viene presentato.
Anche da parte mia, complimenti.



Unknown ha detto...

ben ritrovato a Pietro Peli! ...mi sa che ruberò questi versi, nel senso buono chiaro, con le dovute menzioni di autore e questo luogo (link moltinpoesia)....le ruberò perché rendono perfettamente cosa è stato veramente rubato, di valore enorme, altro che tangenti o mps, spread o crisi...i quatttro tempi delle tue nuove , per come li ho letti io sono nella 1 il passato remoto remoto, nel secondo il presente ma con l'autocritica dovuta come da te riversata nel tuo secondo epigramma; nel terzo la stagione di tutti "i secoli" più invernale a metafora del suono sotto i piedi della terra che viene a mancare nonostante ti spaccino, i manipolatori pseudorivoluzionari, il vento del cambiamento come se fosse brezza di rinascita; il quarto e ultimo tempo è quello che rende esattamente perchè il cervello dei tre tempi precedenti è venuto meno, cosa che giustamente non imputi al "popolo" ma alla sua classe intellettuale divenuta via via pseudo o paraculo intellettuale....il tuo portamento nell'estremo del tuo sguardo è in tutto e per tutto obiettivo..la testa ha enormi responsabilità rispetto alla pancia o al piede di cui comunque alla fine aver paura. Del resto in un periodo in cui dai vari eco, o zagrebelsky, o paolo flores d'arcais, sono diventati sommi intellettuali di grido i vari messora o scanzi,o i vari travaglio o saviano, si "deve" solo aver terrore..anche noi abbiamo la nostra rivoluzione araba, aiuto!