di Ennio Abate
- In politica comunque c'eri
anche se ti dibattevi tra brutti fantasmi…
C'ero come in ipnosi.
M'avranno visto altri fare cose.
Quante riunioni,manifestazioni,
feci?
Ne ricordo poche.
E che capivo di fantasmi allora
se da fantasma vivevo?
Facevo, ero presente. Parlai, ascoltai.
Ma a stento dicevo dei dubbi.
E, a rileggerli, quelli che mi segnai
vedi il disagio elementare
di uno che non sapeva cosa farne,
a chi comunicarli.
Avevo attorno a me compagni
ma alle prese con fantasmi simili a me.
E non se ne usciva.
Mi affaticavo su opuscoli complicati.
Trovavo i volantini di AO
lunghi. E distribuirli agli operai quasi inutile:
non li leggevano.
Scrivevo a me stesso raccomandazioni.
Perché sentivo pericoli, ma non avevo soluzione.
E dicevo: forse sbaglio angolazione.
Perché un volantino dovrebbe suscitare
profonde emozioni?
Chi chiede chiarezza e brevità
non vorrà confermare solo ciò che sa?
In disparte cominciai ad allineare
almeno davanti a me stesso i dubbi:
"Grande sfiducia per la genericità
di certe nostre [di AO] posizioni".
"Sul revisionismo
le idee non sono
chiare".
"Sulla questione del Medio Oriente
stento a oltrepassare lo stato emotivo".
Mi tenevo i miei frammenti di sapere.
Diviso, dubbioso, indeciso.
era come una pena, un esser tornati a scuola.
Nella comunicazione tra noi
– oh un po’ di luce! -
qualcosa s'era presto rotto.
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