venerdì 8 dicembre 2023

Poesia a partire da luoghi e gente incontrata o dall'immaginario?

 


Tabea Nineo, Ragazzo  donna e pallina, pastello 1992


Lettere ai  moltinpoesia (1): 12 febbraio 2007

di Ennio Abate

Caro S.,
    queste tue poesie (ma, a memoria, anche le precedenti che lessi) si distinguono per una freddezza analitica, che a tratti diventa quasi squisita. Eppure, a volte nei versi, che si allungano verso la prosa e s’affaticano nelle subordinate, colgo - in contrasto e per voglia di dialogare - un ritmo dolce, quasi elegiaco  o toni più andanti e quasi incespicanti. (Sarà «il musichio di morte feste»?).   


    Non farò analisi di singole poesie, stavolta. Mi preme di più un discorso generale, perché mi hanno colpito la diversità della tua poetica dalla mia, collegabile anche alla distanza generazionale tra noi. 
    Io, infatti, credo di essere rimasto tra quelli che costruivano poesia partendo soprattutto da impressioni o sensazioni venute dal contatto fisico e immediato con luoghi e gente incontrata o frequentata. E solo secondariamente a partire dai libri letti o studiati. Invece, tu e altri della tua generazione, di sicuro più “americanizzata”, sembrate costruirla con  estrema naturalezza dall’immaginario, nel tuo caso quello offerto dal cinema.Sì, fonte viva per la tua scrittura poetica è proprio il cinema, anzi un suo genere: il cosiddetto horror.
    Non saprei dire adesso se si tratti di una tua scelta consapevole, ma mi pare che tu ne sia stato particolarmente attratto. Forse perché quell'immaginario s’avvicina di più al contenuto inconscio che ti assilla. E fino a sostituire o a ridurre drasticamente il rapporto con  il mondo che comunemente chiamiamo "reale".
    Questa tua poetica, consapevole o meno, è quella che ricondurrei al concetto di manierismo. E devo dirti che siccome presuppone l'accettazione della equivalenza o coincidenza completa e definitiva tra mondo artificiale e mondo reale, tra finzione e verità, ne diffido. Anche se so di essere considerato un sorpassato, non invidio affatto i molti poeti giovani che ne sono attratti e la giudicano esperienza pregiata e segno della loro appartenenza orgogliosa ai "tempi nuovi". In proposito, ricordo di aver letto anni fa un articolo di Gabriele Frasca: valorizzava al massimo il proprio lavorio poetico a partire dalla “materia massmediale”. Posizione, mi pare, vicina alla tua che dici di partire da forme artistiche già elaborate o – addirittura! – classiche.
    In me resta ancora la pretesa (la chiamo così!) di partire da un mio vissuto legato a luoghi e persone, come detto, che col tempo si è trasformato in un mio ricordare, che è stato e vuole essere pre-letterario(Non posso dire pre-cinematografico, perché di film in fondo nella mia vita non ne ho visti tanti e il fatto non mi pare trascurabile).  Posso dire che questa mia esperienza ha, cioè, preceduto e ha convissuto in modi faticosi e contraddittori con l'"acculturazione" o partecipazione al “mondo dei colti". E, in fondo, so che essa  contiene qualcosa che devo tentare di strappare direttamenteIn altri termini, "lo spunto" che per me conta di più nel fare poesia o arte viene dopo aver chiuso i libri. E, devo aggiungere,  gli occhi. Raramente, infatti, ho preso l'avvio da  scritture altrui.  E anche i miei disegni o le mie pitture li ho costruiti dopo aver per così dire chiuso gli occhi. Partendo, cioè, da uno scarabocchio  o, dall’eco vaga, lontana, di quel che avevo sedimentato  guardando riproduzioni di quadri o libri d’arte.
    Un’ultima cosa. Per quel poco che mi capita di vedere in giro -  (oggi mi è arrivata – mi avranno nel loro indirizzario – Le voci della luna n. 36, novembre 2006) -  il discorso critico che si fa in tante delle attuali  riviste è squallidamente salottiero.
Un caro saluto
Ennio 

1 commento:

Alberto Rizzi ha detto...

Poiché "siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni", come scrisse uno un tantino più bravo di me, questo o quello - come spunto - per me pari sono.
A monte di tutto c'è l'argomento della raccolta che sto scrivendo, se le singole poesie che scrivo partono da agganci reali o immaginari, poco importa. Chiaro allora che raccolte in corso d'opera ("Haiku italici", "Fisse immagini" - vedere per conferma gli inediti sulla mia pagina FB) nascono da un'attenta osservazione della realtà attorno; e che quindi non ce ne sarà una, in tutto il libro, che alla fine non avrà stretta attinenza con essa.
Però nulla vieta che nel testo ci siano rimandi all'immaginario, o altri generi artistici, visto che l'autore del pezzo fa specifico riferimento al cinema; e ciò quanto più lungo è il testo in questione, perché giocoforza gli approfondimenti che detta lunghezza permette, fan sorgere direi in maniera quasi spontanea accostamenti del genere.
E poi tu sai - ti sarà pur capitata fra le mani qualche lirica che mostra tali legami - quanto io ci gioco sopra, a beneficio (spero...) del lettore: le immagini da film e fumetti sono magari appena suggerite, i versi di altre poesie o canzoni parafrasati o "manomessi".
Ma, ripeto, riguardo alla questione sollevata dal tuo interlocutore sono del tutto indifferente. O non mi sono mai posto il problema, se preferisci.