sabato 30 dicembre 2023

Da "Riordinadiario" del 1980

 


 

DOPO IL TERREMOTO *

Tutto adesso tace.
Copriamo le terre bianche
di segni faticosi.
Resta il rumore amico
delle faccende domestiche.
Con mani innamorate
costruiamo
ciechi ascensori per il cielo.


[*1980, in Irpinia]




AL CENTRO DI SOCCORSO (Nocera Inferiore)

Aspetto l'arrivo del taxi
per donare il sangue -
va dicendo una ragazza.
Sorride con eccessiva letizia
giù ai campi di tennis.
Al centro soccorso
una signora, il collo avvolto
in una sciarpa bianca
raccoglie serena
l'angoscia della gente.




7 dicembre 1980

Pioggia. Ora 8,15. Si rompe il tergicristallo anteriore, quello davanti al guidatore. Siamo bloccati. G. incaponito. Vuole attendere che apra il meccanico dell'area di servizio, che però tarda ad arrivare. D. riesce a ripararlo proprio mentre il meccanico sta arrivando.

Nocera Inferiore. Arriviamo alle 13,30. Primo impatto con il disastro. Il furgone gira attorno ad un palazzo pericolante. Crepe e fessure ai primi piani. A terra mattoni, calcinacci. Negli appartamenti scoperchiati notiamo mobili. Andiamo nella casa della famiglia di P. un nostro collega ITP. Ci accolgono con calore. Saliamo le rampe della scalinata di una palazzina popolare che ha resistito al sisma. Ci preparano un caffè. P. è arrivato da Milano prima di noi, il giorno successivo al terremoto. Ci dice che ha trovato gente che piangeva e si aggirava impaurita per le strade. Suo fratello più giovane è ancora terrorizzato. Era per strada con la fidanzata e ha visto i palazzi oscillare e gli alberi piegarsi. La disorganizzazione degli aiuti è enorme. Il sindaco democristiano si è dimesso subito e non ha nemmeno comunicato a Roma che la città di Nocera era stata colpita in modo gravissimo. L'80% degli stabili sono pericolanti.  Molti edifici non sono del tutto crollati e paiono illesi, ma le murature sono gonfie in basso e lesionate all'interno. La distribuzione degli aiuti è sotto il controllo di mafiosi e boss locali. Vogliono evitare ogni ostacolo ai piani che gli speculatori hanno già preparato. La gente si sta armando perché girano sciacalli. Qualcuno si è fatto consegnare con la forza i pochi averi recuperati e conservati sotto le tende o le baracche. Fa molto freddo. E forse le stufe elettriche che abbiamo portato serviranno ben poco. Dopo un giro per il quartiere – un latte tiepido in un povero bar, l'annuncio funebre per un uomo morto d'infarto  durante la seconda scossa, un lampione  crollato a terra -  mi faccio accompagnare in auto dai miei parenti a Baronissi. Durante il viaggio ogni tanto qualche traccia del terremoto: alcuni giovani portano fuori da uno stabile dei lampadari di cristallo; una chiesetta rovinata. Poca gente in giro.

 Casalbarone di Baronissi. La casa di mia cugina F. è completamente distrutta. Erano in casa e si sono salvati  restando immobili nella stanza che ha retto alla prima scossa e scappando subito dopo. Anche le villette nuove degli altri miei cugini hanno subìto lesioni. Mi dicono che all'università costruita a Baronissi ci sono accampate una trentina di famiglie.


Nessun commento: