DOPO IL TERREMOTO *
Tutto adesso
tace.
Copriamo le
terre bianche
di segni
faticosi.
Resta il rumore
amico
delle faccende
domestiche.
Con mani
innamorate
costruiamo
ciechi
ascensori per il cielo.
[*1980, in Irpinia]
AL CENTRO DI SOCCORSO (Nocera Inferiore)
Aspetto
l'arrivo del taxi
per donare il
sangue -
va dicendo una
ragazza.
Sorride con
eccessiva letizia
giù ai campi di
tennis.
Al centro
soccorso
una signora, il
collo avvolto
in una sciarpa
bianca
raccoglie
serena
l'angoscia
della gente.
7 dicembre 1980
Pioggia. Ora 8,15. Si rompe il tergicristallo anteriore,
quello davanti al guidatore. Siamo bloccati. G. incaponito. Vuole attendere che
apra il meccanico dell'area di servizio, che però tarda ad arrivare. D. riesce a ripararlo proprio mentre il meccanico sta arrivando.
Nocera Inferiore. Arriviamo alle 13,30. Primo impatto con il disastro. Il furgone gira attorno ad un palazzo pericolante. Crepe e fessure ai primi piani. A terra mattoni, calcinacci. Negli appartamenti scoperchiati notiamo mobili. Andiamo nella casa della famiglia di P. un nostro collega ITP. Ci accolgono con calore. Saliamo le rampe della scalinata di una palazzina popolare che ha resistito al sisma. Ci preparano un caffè. P. è arrivato da Milano prima di noi, il giorno successivo al terremoto. Ci dice che ha trovato gente che piangeva e si aggirava impaurita per le strade. Suo fratello più giovane è ancora terrorizzato. Era per strada con la fidanzata e ha visto i palazzi oscillare e gli alberi piegarsi. La disorganizzazione degli aiuti è enorme. Il sindaco democristiano si è dimesso subito e non ha nemmeno comunicato a Roma che la città di Nocera era stata colpita in modo gravissimo. L'80% degli stabili sono pericolanti. Molti edifici non sono del tutto crollati e paiono illesi, ma le murature sono gonfie in basso e lesionate all'interno. La distribuzione degli aiuti è sotto il controllo di mafiosi e boss locali. Vogliono evitare ogni ostacolo ai piani che gli speculatori hanno già preparato. La gente si sta armando perché girano sciacalli. Qualcuno si è fatto consegnare con la forza i pochi averi recuperati e conservati sotto le tende o le baracche. Fa molto freddo. E forse le stufe elettriche che abbiamo portato serviranno ben poco. Dopo un giro per il quartiere – un latte tiepido in un povero bar, l'annuncio funebre per un uomo morto d'infarto durante la seconda scossa, un lampione crollato a terra - mi faccio accompagnare in auto dai miei parenti a Baronissi. Durante il viaggio ogni tanto qualche traccia del terremoto: alcuni giovani portano fuori da uno stabile dei lampadari di cristallo; una chiesetta rovinata. Poca gente in giro.
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