sabato 13 novembre 2010

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Paolo Pezzaglia
Prese una bolla di vetro












Prese una bolla di vetro
e si predispose ad introdurre
nel buco quello che sapeva fare
non una nave ma una semplice poesia
si trattava di fare un esperimento
ci voleva un supporto
e pensò che la cosa migliore era
ancora una pagina di carta bianca
che fosse riciclata o meno non gli interessava
il mondo era fottuto quindi anche gli alberi
come gli uomini non gli interessava più di tanto
l’importante era mettere insieme delle parole
che stessero l’una al gioco dell’altra
in armonico contrasto
prese quindi il pezzo di carta che
gli era rimasto sul tavolo
il resto era finito nel cestino della carta straccia
(riserva  finita) prese una pinza sottile e lunga e
arrotolato il foglietto lo introdusse delicatamente
nel buco della bolla di vetro
era l’inizio era il foglio bianco di partenza
avrebbe potuto fermarsi lì e proporre una
poesia senza parole ma lui era stufo del
vano cazzeggiarsperimentale e disse fare
tutta questa fatica per prendere in giro gli altri
sono stanco in realtà era ormai sempre
stanco anche all’inizio di una nuova impresa tanto
valeva smettere subito oppure continuare e
così continuò con pazienza prese una parola che
diciamo era così “parola” poi ci vorrebbe un
aggettivo pensò perchè pensava all’antica
anche se forse  ecco “forse” sarebbe l’altra parola
stette zitto a lungo poteva bastare? il problema era
anche la coccoina c’era ancora? era diventato più
complicato  o forse semplificato ma come incollare
quella parola “parola” e poi quel “forse” che
la metteva in dubbio in modo che avessero
un senso sulla pagina bianca era
tutto così fragile e mobile la carta e le parole
da incollare gli tremava la mano e la pinzetta
vagava incerta doveva spingerla e cercare di
incollare ma non riusciva fu chiamato all’improvviso
così si distrasse e cadde la bolla che poi
forse era una bottiglia di vetro solo più panciuta che
si ruppe e il gioco era già finito
pensò avrebbe ritentato la prossima volta che
gli capitava una bottiglia vuota e qualche
parola da mettere insieme e fare una poesia.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

grande custode la bolla di vetro che divide le parole dal poeta un poco deluso ,ma non arreso. Bravo!ciao Emilia

Anonimo ha detto...

Ciao, questa poesia mi è piaciuta molto, è davvero interessante. Forse puoi girare all'autore il mio commento...

Marina Massenz

anna maria ha detto...

tra il 'forse' e la 'parola', il veliero della poesia s'è dissolto nella caduta...
bella grazie

Alessandra ha detto...

In questo fare paziente e amorevole, c'è poesia e c'è vita.
Alessandra

silvano ha detto...

La presunzione di credere di conoscere non solo Paolo ma anche la mia difficoltà a sintetizzare,in pochi pensieri, le sensazioni che riflette il mondo a me esterno,mi ha costretto a diverse riletture,in momenti diversi,di "prese una bolla di vetro".
La deformazione, che pervade la mia mente,prodotta,penso,dalla mia professione, dagli effetti dell'Illuminismo e dall'attuale cultura (sottocultura,per me!)imperante,mi stava portando a razionalizzare quello che Paolo ci stava porgendo.Infatti,per associazione di ricordi,rivedevo il Paolo delle poesie succinte, scandite dalla punteggiatura, alle volte difficimente decifrabili, perchè rivolte a scandagliare l'intima essenza dell'uomo, poesie declamate da Itala,attrice di prosa,con intermezzi di musica da camera e balletti classici,quasi volte a evocare l'impostazione Wagneriana "dell'opera d'arte totale", che qui,nel"prese una bolla di vetro",non ritrovo. Allora mi sono chiesto: vuoi vedere che Paolo permette al lettore del suo scritto di darne una interpretazione personale,modulando la voce fra suoni e pause?Per intenderci,è come chi "gusta" a suo modo,perchè il pianoforte lo consente, un notturno di Chopin. Rileggendo il "prese una bolla di vetro",sono riandato a ritroso di qualche anno(per la verità di una dozzina di lustri!), quando mi sentivo "costretto",al cineforum,a decifrare il messaggio che il Regista aveva necessariamente infilato nella pellicola....a questo punto mi sono ribellato alla definizione che l'Uomo debba sempre agire soggiacendo alla ragione, magari utilitaristica,o a qualche imperativo categorico, quando invece il suo esprimersi potrebbe essere una liberazione interiore determinata da una pulsione inconscia, ancorchè lievitata dallo sguardo disattento dello scenario nel quale è immerso.
Liberatosi da questo "fardello" intimo, è nuovamente pronto per....
Paolo fa,comunque e sempre, meditare.