Luna allo spasimo alla finestra
tra listelle e vetri insudiciati,
ginocchia col sale che brucia alle giunture
per scale senza fine, estraneità percettiva
che porta a contare i passi dei gradini
e sale impudica la voglia, segnare i pianerottoli
di piscio come liberi gatti
eppur legati anch’essi a un territorio.
Casa miseria che non dai pace né pur la prendi
dalle pene di un mondo che invano arrota i denti
e invano tu mostri quaderni dove hai segnato
con cognomi e nomi i traditori
ma se nessuno ascolta
si impiglieranno le voci come refoli d’aria
su dai camini spento ogni fuoco. Oramai.
05.08.2011
1 commento:
..che "ritezza bellezza" leggere questa poesia di mattina, la rende più in elle di altre, lirica lunare, quando la giornata di solito , perlomeno la mia, non è.
"la rubo" subito subito ( con tutte le citazioni di autrice e questo blog) per metterla in uno dei miei prossimi ospedali poetici serali dove ne ho già raccolta una un po' spietata ma vera come questa, dove c'era anche il suono di un ola
gli sfioramenti non meccanici sono ancora possibili fra gli umani, peccato che non ci creda più nessuno, o quasi.
saluti a tutti.
r.
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